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SETTORE AGROALIMENTARE

1.7 I DIVERSI APPROCCI ALLA QUALITA’

1.7.1. Il CONCETTO DI STANDARD DI QUALITA’

Per soddisfare la domanda di qualità, il mercato del settore alimentare ha avuto la necessità di attribuire un carattere di oggettività alla stessa, riconoscendogli una validità che non derivi soltanto dalle dichiarazioni del produttore ma che sia riconoscibile “universalmente”.

Il mercato del settore alimentare presenta pertanto diversi gradi di tutela disciplinati da differenti tipologie di norme [6]:

1) norme che impongono di realizzare i prodotti alimentari in modo da garantire la salute e la sicurezza delle persone, ovvero, “Regole Tecniche” adottate dai pubblici poteri, e come tali obbligatorie, che, come indicato dalla Direttiva n. 83/189/CEE, hanno come fine la disciplina delle modalità di progettazione, produzione e commercializzazione degli alimenti. Regole tecniche sono quelle rappresentate dal sistema H.A.C.C.P., dalla buone pratiche agricole, dalla disciplina igienica sanitaria, etc.

2) norme che impongono di assicurare l’inconfondibilità dei prodotti alimentari. Queste sono rappresentate: a) dai marchi (sui quali si tornerà ampiamente in seguito) che sono strumenti di individuazione dei prodotti non solo nell’interesse diretto del produttore e del consumatore; b) dall’etichettatura che rende possibile al consumatore “conoscere” determinate caratteristiche del prodotto che si utilizza;

3) norme che mirano a garantire la capacità del prodotto alimentare di soddisfare esigenze espresse o implicite.

Le ultime due tipologie sono finalizzate a soddisfare le cosiddette “esigenze accessorie” che sono coperte da “Norme Tecniche” (volontarie) cioè riferimenti normativi equivalenti, adottati da enti privati di normalizzazione, che stabiliscono i requisiti costruttivi, prestazionali e funzionali dell’oggetto della normazione, in relazione alle più avanzate conoscenze disponibili. Secondo la Direttiva n. 98/34/CEE “norma” è la specifica tecnica approvata daun organismo riconosciuto a svolgere

attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cuiosservanza non sia obbligatoria e che appartenga ad una delle seguenti categorie: norma internazionale(ISO), norma europea (EN) e norma nazionale (UNI).

Le Regole e le Norme Tecniche, quindi, rappresentano gli “Standard” della qualità. Gli Standard individuano, attraverso valori, limiti e procedure di misurazione, la classe qualitativa di un prodotto (es.: 1^ e 2^ scelta oppure categoria A B C D e così via). L’uso degli standard implica la definizione di uno standard minimo che esclude dal mercato la produzione di insufficiente livello qualitativo, in modo da assicurare al consumatore prodotti di qualità adeguata. Gli Standard quindi, rappresentano criteri e/o punti di riferimento condivisi e rispettati dalle imprese. A seconda del soggetto che lo ha introdotto e della natura dell’oggetto che si intende regolamentare si hanno standard pubblici e standard nati da iniziative di privati.

Negli ultimi decenni considerate le difficoltà di realizzare regole tecniche per ciascuna tipologia di prodotto e/o servizio, si è assistito ad una proliferazione degli standard privati (per esempio BRC, GlobalGAP,

IFS, etc.) proprio per la necessità delle imprese di utilizzare questi come

strumenti per migliorare la gestione e l’efficienzadei processi e per rafforzare il proprio potere contrattuale sul mercato. Tali standard hanno un impatto così importante sulla sicurezza del lavoratore, del cittadino e dell’ambiente che il legislatore europeo ha spesso dovuto far riferimento ad essi richiamandoli nei documenti legislativi e trasformandoli, quindi, in standard cogenti. In pratica, oggi, si assiste ad una forte integrazione tra Regole e Norme tecniche, con crescente utilizzo di queste ultime come strumento di attestazione di conformità alle prime. In ogni caso, entrambe costituiscono il riferimento primario per i processi di costruzione e verifica della qualità, tanto che la conformità alle norme (siano esse Regole obbligatorie o Norme Volontarie) è considerata sinonimo di qualità (intesa come “consentita dalla norma di riferimento”) [66].

Di seguito sono riportati alcuni esempi di richiamo di norme volontarienel panorama legislativo comunitario.

• all’art. 5 del Regolamento (CE) n. 882/2004 è prevista la delega di compiti specifici riguardanti i controlli ufficiali a condizione che l’Organismo di controllo operi e sia accreditato conformemente alla norma EN 45004 (ora 17020); all’art. 12 è richiesto che i Laboratori ufficiali operino, siano valutati e accreditati conformemente alle norme europee EN ISO/IEC 17025, EN 45002 e EN 45003;

• nella Decisione della Commissione del 29 settembre 2006, che stabilisce le linee guida che definiscono i criteri di esecuzione degli audit a norma del Regolamento (CE) n. 882/2004, si fa esplicito riferimento alla norma ISO 19011;

• nel Regolamento (CE) n. 2023/2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari, viene richiesto agli operatori un sistema di assicurazione della qualità efficace e documentato (art. 5);

• Esempi significativi si rinvengono nel caso dei prodotti a DOP, IGP, STG, in quello dei prodotti da agricoltura biologica, nell’etichettatura delle carni e nel settore vitivinicolo. I regolamenti relativi a questi prodotti prevedono la possibilità di affidare il sistema di controllo ad organismi privati, a condizione che questi siano riconosciuti e sottoposti a sorveglianza da parte dell’autorità designata. Per questi prodotti l’UE ha esplicitamente richiesto l’accreditamento degli Organismi di controllo in conformità alla norma europea EN 45011.

Gli standard possono però rappresentare ostacoli non tariffari all’importazione. Come è noto la realizzazione del mercato unico ha imposto la necessità di eliminare le barriere tecniche; un modo per rimuovere tali ostacoli alla liberta circolazione potrebbe essere quello di estendere alle merci, ai servizi e agli operatori degli altri Stati Membri le stesse condizioni previste per quelli interni [6]. Tuttavia se ogni Stato

volesse imporre le proprie normative tecniche agli altri Stati, si realizzerebbe un condizionamento di questi ultimi agli standard del primo generando effetti negativi sul funzionamento del mercato comune. Il problema può essere risolto o attraverso il principio del muto riconoscimento (sul quale ci si soffermerà più avanti) che presenta il rischio di tempi lunghi; oppure l’Unione Europea può far ricorso ad una norma armonizzata [6].

Una “norma armonizzata” va intesa come la possibilità da parte del legislatore di limitarsi a definire, tramite Direttive, i requisiti essenziali relativi alla sicurezza ealla salute dei cittadini, e a demandaread organismi di normazione l’emanazione di norme che ne precisino le caratteristiche diprestazione ed i metodi di verifica.La definizione di norma armonizzata è espressa nella motivazione dellaDirettiva n. 88/295/CEE, ove è detto che:“...al fine di dimostrare la

conformità ai requisiti essenziali e di garantirne il controllo è opportuno

disporre di norme armonizzate a livello europeo...”, le quali “...devono

mantenere il loro statuto di testi non obbligatori...” e inoltre “…una

norma armonizzata è una specifica tecnica (norma europea o documento di armonizzazione) adottata, su mandato della Commissione, dall'uno o

l'altro, o da entrambi, gli organismi di normalizzazione...”. In sintesi

hanno carattere volontario, sono pubblicate sullaGazzetta Ufficiale delle Comunità Europee. Le norme armonizzate garantisconoa chi le osserva una presunzione di conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza indicati dalle specifiche Direttive CE.

Nell’elaborazione di questi standard sono coinvolti molti attori e diverse sono le loro modalità di implementazione. In questo quadro occorre considerare innanzitutto la natura e l’ambito di rilevanza degli standard in esame, sia nel caso in cui sia relativo ad un’impresa specifica sia che si tratti di un principio generale di ampia portata. In particolare le norme, oltre che da numeri, sono identificate da sigle. La sigla specifica da chi è stata elaborata la norma e qual è il livello di validità. Le principali abbreviazioni che caratterizzano le norme sono:

• UNI, che contraddistingue tutte le norme nazionali italiane (nel caso si tratti dell'unica sigla presente significa che la

norma è stata elaborata direttamente dalle Commissioni UNI o dagli Enti Federati);

• EN, identifica le norme elaborate dal CEN (Comité

Européen de Normalisation). Le norme EN devono essere

obbligatoriamente recepite dai Paesi membri CEN e la loro sigla di riferimento diventa, nel caso dell'Italia, UNI EN. Queste norme servono ad uniformare la normativa tecnica in tutta Europa, e quindi non è consentita l'esistenza a livello nazionale di norme che non siano in armonia con il loro contenuto;

• ISO, individua le norme elaborate dall'ISO (International Standard Organization). Queste norme sono un riferimento applicabile in tutto il mondo. Ogni Paese può decidere se rafforzarne ulteriormente il ruolo adottandole come proprie disposizioni nazionali, nel qual caso in Italia la sigla diventa UNI ISO (o UNI EN ISO se la norma è stata adottata anche a livello europeo).