Conclusioni: un bilancio
Nel corso di questo lavoro si è osservato il percorso del diritto di asilo nella storia degli ultimi due secoli circa e si è notato come l’evoluzione di questo istituto sia soggetta alle mutazioni degli agenti in azione. In particolar modo si è posto l’accento sull’importanza di quella che è stata definita la logica nazionale; ora, è necessario svolgere al riguardo alcune considerazioni generali circa tale riferimento.
Se prendiamo in considerazione il periodo che va dalla rivoluzione francese alle guerre mondiali, per logica della nazione intendiamo tutti quei fattori che regolano la costruzione delle identità nazionali e che quindi interessano il nostro discorso in quanto consentono di definire gli inclusi all’interno delle comunità nazionali e allo stesso tempo gli esclusi (ad esempio i dati naturali come l’elemento etnico geografico, i fattori culturali come la lingua la cultura, la religione e/o la continuità dello stato, la coscienza la volontà e il sentimento nazionale) A questo proposito possiamo riferirci alla definizione di nazione proposta da Anderson:
“si tratta di una comunità politica immaginata, e immaginata come intrinsecamente insieme limitata e sovrana. È immaginata in quanto gli abitanti della più piccola nazione non conosceranno mai la maggior parte dei loro compatrioti, né li incontreranno, né ne sentiranno mai parlare, eppure nella mente di ognuno vive l’immagine del loro essere comunità (…)
Infine, è immaginata come una comunità in quanto, malgrado ineguaglianze e sfruttamenti di fatto che possono predominarvi, la nazione viene sempre concepita in termini di profondo, orizzontale cameratismo. In fin dei conti, è stata questa fraternità ad aver consentito, per tutti gli ultimi due secoli, a tanti milioni di persone, non tanto di uccidere, quanto di morire, in nome di immaginazioni così limitate. “137
Dobbiamo distinguere da questo concetto quello che possiamo definire Stato-‐nazione che rappresenta l’apparato di diritto e di forza, burocratico e amministrativo nel quale si organizza la nazione.
Si tratta di una definizione approssimativa forse, ma che ci aiuta a comprendere le
differenze esistenti tra le due nozioni. Nella storia del diritto di asilo entrambe queste idee
giocano un ruolo fondamentale: se la logica della nazione è una sorta di leit motiv sempre presente che influisce sui sentimenti, sui valori da veicolare e sulle immagini che creiamo di noi stessi e dell’altro, l’apparato burocratico della macchina statale è quello in cui si
sostanzia il diritto, la normatività e le politiche legate all’asilo. Fino alle guerre mondiali per certi versi questi due elementi coincidono e collaborano, tanto che nel periodo dei conflitti mondiali assistiamo all’exploit del tentativo di ciascuno Stato di imporre la propria
sovranità.
Il diritto di asilo inevitabilmente si trova inserito in questi meccanismi. Basti pensare all’acceso dibattito che ha luogo durante tutta la Monarchia di luglio in cui si sottolinea l’opposizione tra stranieri e cittadini francesi; da una parte vengono rievocati i valori
repubblicani di diritto universale alla libertà dall’altra si sottolinea però che gli stranieri, che si stabiliscono in Francia, non potranno mai essere considerati alla stregua dei francesi “veri e propri”, saranno sempre visti “ comme un peuple au milieu d’un peuple (nouvelles rumeurs),
comme une nation qui ait droit de s’organiser en abrégé sur notre territoire et y réclamer de haute lutte, non seulement des bienfaits, mais tous les bienfaits, mais tous les droits politiques attachés à la nationalité française”138. Le contraddizioni tra i principi universali evocati dalla
rivoluzione francese e i particolarismi suggeriti da una stretta adesione alla comunità nazionale sono evidenti e lo saranno anche nel corso dei dibattiti che seguiranno ma
soprattutto sono alla base di tensioni che accompagneranno la storia della Francia per tutto il secolo successivo139. Non è solo la logica della nazione che ci interessa osservare ma anche
quella dello Stato-‐nazione, di quell’apparato burocratico e amministrativo che inizia ad utilizzare i propri mezzi per far valere la sua forza che a quest’altezza può essere osservato soprattutto nella messa in pratica di meccanismi volti a creare quella coesione interna, quell’union nationale necessaria per gettare le fondamenta di uno Stato forte e inattaccabile. Questo si può notare soprattutto con il passaggio dallo Stato liberale ottocentesco allo Stato sociale novecentesco, quando l’apparato statale inizia ad interessarsi all’integrazione e alla coesione della comunità nazionale, utilizzando mezzi come la moneta, la stampa e il diritto che mirano non solo alla coesione nazionale ma anche al tenere fuori coloro che non vi appartengono.
Con il clima che si instaura a partire dalla prima guerra mondiale, in cui inizia ad essere fondamentale avere un documento di riconoscimento, il regime dei passaporti diventa rigidissimo
138Cfr. capitolo 2, p. 41.
I passaporti interni vengono eliminati tramite l’erogazione di un unico documento per tutti i cittadini si dichiara l’appartenenza ad una stessa comunità.
La guerra del 1914 accelera il processo di chiusura delle frontiere, rendendo questo regime dei passaporti sempre più rigido; ormai circolare da un paese all’altro senza documenti diventa impensabile.
E’ solo lo Stato ormai che controlla i flussi di popolazioni e che può emettere documenti che permettano il riconoscimento dell’individuo, che sia appartenente alla comunità o che sia solo temporaneamente autorizzato a circolare sul territorio della nazione. La questione dei documenti è molto rilevante perché essi sanciscono un riconoscimento dello status del soggetto e testimonia, inoltre, l’esistenza di comunità chiuse con meccanismi di inclusione regolati da norme rigide.
Basti pensare alle misure prese da Nansen per risolvere la questione dei profughi di guerra. Egli decise infatti di erogare un passaporto, un documento d’identità appunto, per ridare dignità a tutti coloro che avevano perso l’appartenenza alla propria nazione di origine. Si stratta della legittimazione e della dichiarazione di appartenenza necessaria in un clima di chiusura delle frontiere nazionali in cui le origini e la provenienza dell’individuo sono il primo fattore di riconoscimento, di classificazione e di identificazione, più importante della propria destinazione. L’erogazione di questo documento, che in realtà non rappresentava la vera soluzione al problema dell’inserimento dei richiedenti nel paese di destinazione, rispondeva ancora alla logica della transitorietà e temporaneità della situazione che un giorno si pensava si sarebbe risolta con il rimpatrio dei soggetti in questione. Il tema dei documenti, della necessità di avere un riconoscimento formale, di appartenere ad una categoria è capitale e di certo si può osservarne l’importanza anche oggi.
In Francia, con l’espressione “sans-‐papiers” si indicano tutti gli stranieri che vivono sul territorio nazionale senza titolo di soggiorno. Si tratta di un termine forgiato dagli stranieri stessi per denunciare la propria situazione, l’uso di questa espressione si generalizza a partire dagli anni ’70 in particolare al momento in cui vengono promulgate le circolari Marcellin-‐Fontanet (1972-‐1973) che legano il contratto di lavoro al titolo di soggiorno.140
Oggi per risiedere anche solo temporaneamente in un paese è necessario e vitale possedere dei documenti che permettano allo straniero tanto l’ingresso quanto la permanenza nel
140 http://www.histoire-immigration.fr/histoire-de-l-immigration/questions-contemporaines/les-mots/qu-est-ce-qu-un- sans-papiers
paese e un tenore di vita dignitoso141 ad esempio garantendo l’accesso all’assistenza
sanitaria. Non tutti gli stranieri, certo, entrano in Italia o negli altri paesi già provvisti di un titolo di viaggio e di soggiorno; tale è la situazione dei cosiddetti “boat people”, dei potenziali richiedenti asilo che fuggendo dalle persecuzioni entrano nel territorio di un altro paese per richiedere la protezione internazionale, certo riconosciuta sulla base della storia individuale consentendo quindi di non dichiarare l’identità del richiedente per paura di ripercussioni sulle famiglie rimasta magari nel paese di origine o sulla persona stessa. 142
Non sono quindi semplicemente le logiche della comunità nazionale, o degli stati-‐nazione ad esigere la necessità di un riconoscimento ufficiale ma è soprattutto il sistema delle relazioni internazionali che non può più essere definito alla stregua di rapporti di forza tra le
sovranità degli stati-‐nazione perché oggi entrano in gioco nuove entità e nuovi organismi sovranazionali che dettano le nuove regole a cui, almeno in linea di principio, gli Stati devono sottostare.
Dopo il secondo conflitto mondiale la comunità internazionale inizia a rendersi veramente conto della necessità di una norma globale per il problema degli spostamenti di popolazioni e dei profughi. È in seguito alla seconda guerra mondiale infatti che iniziano ad essere messi in pratica i primi sforzi a livello internazionale per garantire la cooperazione su tutti i fronti creando organismi sovranazionali e impedire che si ripetessero eventi simili a quelli
traumatici appena vissuti. La chiusura delle frontiere e i sentimenti che spingono a vedere lo straniero come altro da sé sono retaggi della chiusura delle comunità nazionali ancora oggi esistenti ma dal 1945 gli sforzi per creare organismi e spazi comunitari che tentino di abbattere le barriere non sono da sottovalutare143. L’impegno per gestire la questione delle
141Il Visto di ingresso in Italia può essere richiesto per qualsiasi motivo, esistono poi varie categorie e tipologie di visti che necessitano di requisiti diversi( ad es. il VSU, Visto Schengen Uniforme, Il Visto Schengen per un paese
europeo, con varie tipologie, per lavoro autonomo, subordinato, pre-ingresso, per studio, per ricongiungimento
familiare, per turismo.) http://sportelloimmigrazione.it/richiedi-documenti/visto-di-ingresso.html . IN Francia si disingue semplicemente tra visa court sejour che corrispondo ai Visti Schengen e visa long sejour che sono emessi da uno dei paesi dell’Unione europea ed hanno durata massima di un anno. Inoltre la Francia distingue tra visa emessi nello spazio Schengen che non sono spendibili nei dipartimenti d’oltremare e quelli concessi nei suddetti dipartimenti che invece non sono utilizzabili nel territorio metropolitano.
http://www.immigration.interieur.gouv.fr/Immigration/Les-visas 142 http://www.odg.it/content/carta-di-roma
143L’Organizzazione delle Nazioni Unite nasce proprio in seguito alla seconda guerra mondiale con l’esplicito obiettivo “del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale” dopo il fallimento della League fo Nations che comunque aveva messo in evidenza per la prima volta l’importanza di porre il problema della cooperazione internazionale su base globale e coerente. Il fallimento fu dovuto alla persistenza di particolarismi rispetto alle visioni internazionalistiche. La necessità di un sistema di sicurezza internazionale risultò evidente con la seconda guerra mondiale e fece nascere questa nuova organizzazione promossa dagli alleati vincitori e promuoverne la coesione. Anche in questa organizzazione si deve ammettere che il peso delle nazioni non è equipollente tanto che i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono quelli a detenere di fatto maggior potere all’interno
migrazioni a livello internazionale sono sicuramente notevoli. È vero che se prendiamo in considerazione la Convenzione di Ginevra non possiamo fare a meno di evidenziarne le contraddizioni interne e gli aspetti mutevoli e ambigui ma è vero anche che la Convenzione così come la creazione degli organismi internazionali a carattere umanitario danno il via alla nascita di una rete di associazioni e organizzazioni che affrontano il tema e la gestione dei profughi. L’influenza delle norme internazionali sulle legislazioni nazionali inizia a farsi sentire sempre più forte nel corso dei decenni successivi, tanto che oggi la questione dell’accoglienza dei rifugiati deve necessariamente adeguarsi alle normative comunitarie oggi regolate sulla base del Sistema di Dublino. 144
Se consideriamo quanto osservato con la questione della decolonizzazione in Francia e le influenze che i funzionari e la tecnocrazia hanno avuto tanto nel veicolare l’immagine degli stranieri, quanto nella gestione stessa dei meccanismi di accoglienza possiamo osservare un fenomeno per certi versi simile. La questione dei rifugiati è tuttora affidata ad una rete di tecnocrati che si occupano della valutazione delle richieste caso per caso, al cui fianco si è creato un tessuto associativo e organizzativo, universitario in cui operano figure formate e specializzate che svolgono attività legate alla questione degli immigrati e contribuiscono alla diffusione di valori che combattono la retorica tradizionale. Prendendo il caso italiano esistono organizzazioni su scala nazionale come ad esempio il CIR (Consiglio Italiano per i
un’unione politica ed economica di carattere sovranazionale che comprende 28 paesi membri del continente europeo. Garantisce la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone grazie agli accordi di Schengen del 1985. Proprio questi ultimi risultano fondamentali per comprendere gli sforzi a livello internazionale per garantire la circolazione delle persone all’interno di un territorio coeso. Ricordiamo anche la creazione del sistema di Dublino nato a partire dal 1990 con la Convenzione di Dublino con modifiche fino al 2008 ed oggi è costituito
sostanzialmente dal regolamento di Dublino II del 2003(2003/343/CE) e dal regolamento EURODAC. Con questo sistema si mira a riconoscere con rapidità lo stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo che sarà lo Stato in cui il richiedente ha fatto il proprio ingresso nell’Unione Europea tramite il sistema delle impronte digitali. L’obiettivo è quello di evitare il cosiddetto fenomeno dei “rifugiati in orbita” secondo cui i richiedenti fanno domanda in più Stati.
Potrebbero essere ricordati moltissimi altri provvedimenti o la nascita di numerose altre organizzazioni soprattutto in situazioni di “emergenza” internazionale ma lo scopo di queste citazioni è sostanzialmente di ricordare l’importanza dell’impegno e del riconoscimento a livello internazionale della necessità di cooperazione. Nella normativa
internazionale ricordiamo La Convenzione di Ginevra, Il Protocollo relativo allo Status di Rifugiato, la Convenzione contro la Tortura, la Convention Governing the specific aspects of Refugee Problem in Africa, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Cartagena Declaration on Refugees.Per una trattazione completa anche della normativa europea, dei regolamenti e direttivecomunitarie , dellanormativa nazionale e del recepimento direttive comunitarie vedihttp://www.cir-onlus.org/it/?option=com_content&view=article&id=429&Itemid=189&lang=it 144Il regolamento di Dublino II o regolamento 2003/343/CE, è un regolamento dell’Unione Europea in tema di
diritto di asilo e insieme al regolamento EURODAC, una banca dati europea con le impronte digitali degli immigrati nei paesi europei, costituisce le fondamenta del sistema Dublino. L’obiettivo principale era quello di risolvere il problema dei “rifugiati in orbita”, per cui i richiedenti asilo facevano domanda in più paesi membri, con la messi in pratica di questo sistema si stabiliscono delle norme per la decisione del paese incaricato dell’esame della domanda di asilo. Questo spesso mette una pressione eccessiva nei territori di confine dove è più difficile garantire assistenza e protezione, inoltre, coloro che vengono trasferiti in un altro paese in virtù di Dublino a volte non sono in grado di richiedere l’asilo. Questo pone il problema per cui i richiedenti asilo spesso non hanno garanzie sul loro esame della domanda.
Rifugiati), 145 oltre all’UNHCR, che opera a livello internazionale, poi associazioni private
come l’ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà-‐ufficio Rifugiati Onlus)146 o la fondazione
Centro Astalli-‐ JRS (servizio dei gesuiti per rifugiati in Italia).147 Questi sono solo alcuni
piccoli esempi delle numerose organizzazioni esistenti. Non vanno dimenticate poi tutte quelle associazioni ed enti che operano a livello locale che svolgono attività a favore degli immigrati. 148
In Francia ad esempio troviamo l’associazione France terre d’asile149 che dal 1990 gestisce il
dispositivo nazionale di accoglienza e detiene il segretariato della Commissione nazionale di ammissione presieduto dalla Direzione della popolazione e delle migrazioni, oppure
l’OFPRA (Office Français de protection des réfugiés et apatrides)150, esistono inoltre
numerose associazioni sia di aiuto giuridico che sanitario che di altro genere.151
Questa sorta di rete parallela e sussidiaria al tessuto amministrativo e organizzativo
tradizionale rappresenta l’altra faccia della medaglia della gestione delle migrazioni e della attività ad esse legate ed apre diverse prospettive e canali di informazione alternativi.
145Il Consiglio Italiano per i Rifugiati è un’organizzazione umanitaria indipendente costituitasi nel 1990 in Italia, su iniziativa delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di difendere i diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Il CIR lavora per favorire l’accesso alla protezione delle persone che fuggono da guerre e persecuzioni e per contribuire a costruire condizioni di accoglienza e integrazione dignitose, nel pieno rispetto dei diritti umani.
Il CIR è una onlus, dotata di personalità giuridica, ed ha una struttura leggera di operatori legali, sociali, mediatori culturali, medici e psicologi. Il CIR opera a livello nazionale ed europeo nonché in Nord Africa, in maniera coordinata con altre organizzazioni della società civile.
Il CIR non ha uno specifico finanziamento statale ma opera sulla base di progetti approvati e finanziati dall’ONU, dall’Unione europea, dal Governo italiano, da Regioni, Comuni e Fondazioni private. Attualmente questi progetti sono circa una trentina ed hanno lo scopo di favorire l’accesso alla protezione, l’accoglienza, l’integrazione, la fruizione dei diritti, il sostegno sociale e psicologico, e il ritorno volontario. Dal 1996 il CIR porta avanti anche progetti specifici a favore di rifugiati sopravvissuti a tortura. I temi e gli obiettivi concreti di questi progetti sono illustrati sul sito del CIR.http://www.cir-onlus.org/it/chi-siamo/chisiamo3
146 ICS - Consorzio Italiano di Solidarietà - Ufficio Rifugiati Onlus è un'associazione privata, laica e senza
scopo di lucro che svolge un'opera di tutela a favore di richiedenti asilo, rifugiati e persone titolari di protezione temporanea o sussidiaria presenti a Trieste e in Friuli Venezia Giulia e organizza servizi di accoglienza ed integrazione nell'area nord orientale. Ha le sue origini nel 1993 durante la guerra nella ex jugoslavia. Oggi opera nell’ambito della rete dello S.P.R.A.R. (Sistema nazionale di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che codifica in legge l’esperienza che prese vita nel 2001 su iniziativa dell’UNHCR e dell’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) che danno il via al PNA( Programma Nazionale Asilo), un
programma di sperimentazione che coinvolge circa 63 città sul territorio nazionale.
http://www.icsufficiorifugiati.org/
147Questa fondazione fa parte della rete internazionale dei Jesuit Refugee Service, un’organizzazione cattolica internazionale attiva in più di 40 nazioni con l’obiettivo di difendere i diritti dei rifugiati.
148 Per un elenco completo delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli immigrati vedi: http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Immigrazione/associazioni/Documents/SEZIONE%20PRIMA%20elenco%20a ggiornato%202014%20sito.pdf
149http://www.france-terre-asile.org/
150Si tratta di un ente pubblico amministrativo creato dalla legge del 25 luglio 1952 incaricato dell’applicazione della Convenzione di Gnevra decide in tutta indipendenza sulle domande d’asilo che gli sono sottoposte. Inizialmente era posto sotto la tutela del ministero degli Esteri fino al 2007 oggi invece è sotto il ministero degli Interni.
Analizzando il caso francese l’altro aspetto che emerge è che la storia di questo istituto e più in generale dell’accoglienza degli stranieri è ricca di contraddizioni interne che
rappresentano un po’ la chiave di lettura del modello di integrazione francese.
Già i principi della rivoluzione del 1789 non mancano di incoerenze interne, basti pensare alle dichiarazioni dell’abate Syeiès che, appunto, riprendendo uno dei fondamenti del modello della democrazia liberale esteso a tutta l’Europa distingue tra cittadini attivi e passivi e all’interno dei cittadini passivi, quelli che cioè non hanno diritto alla partecipazione attiva, individua anche gli stranieri.152.Questo ci mostra come in realtà l’uguaglianza
professata dalla rivoluzione non sia un concetto totalmente universale, si tratta di una uguaglianza che prevede degli esclusi tanto all’interno della comunità stessa di
appartenenza (ad esempio le donne) e tanto più al di fuori di essa. Queste contraddizioni sono ricorrenti nella storia dell’integrazione francese, soprattutto per quanto riguarda la creazione di nuove categorie di “indesiderabili” a seconda dei cambiamenti politici e delle necessità. L’esempio più lampante riguarda l’accoglienza degli algerini; le migrazioni delle popolazioni algerine e africane in generale sono incoraggiate nei momenti in cui si aveva la