Indice
Introduzione 3
1. Il diritto di asilo: tra storia e storiografia 7
1.1. Evoluzione storica. 7 1.1.1. L’asylon greco 8 1.1.2. L’exilium romano 9 1.1.3. L’asilo ebraico 10 1.1.4. L’asilo canonico 11 1.1.5. L’asilo laico 14
1.1.6. Il soggetto del diritto di asilo: tra diritto di asilo statuale e diritto di asilo individuale. 17
1.1.7. Precisazioni terminologiche 17
1.2. Il diritto di asilo come problema storiografico 27
1.3. L’evoluzione delle politiche di asilo. 35
2. Dalla rivoluzione alla guerra mondiale: nuove identità collettive. 45
2.1. Il soggetto collettivo rivoluzionario 48
2.1.1 I diritti inalienabili dell’uomo: verso un nuovo ordine 51
2.1.2 Dall’Ancien Régime al nuovo ordine. 53
2.2. L’epoca post rivoluzionaria. 55
2.2.1. La costruzione dell’identità nazionale 61
2.3. Il trionfo della logica nazionale: il diritto dei popoli a disporre di loro stessi. 66
3 “L’emergenza” dei profughi di guerra: prime prove di gestione. 71
3.1. Nansen e la questione dei profughi. 71
3.2. Alla ricerca di uno statuto per i rifugiati: verso la Convenzione del 1951. 75
3.2.1 Xenofobia e antisemitismo alla ribalta. 77
3.2.2 Il periodo tra le due guerre: tra protezione e protezionismo. 84
3.3. La seconda guerra mondiale e la Convenzione di Ginevra. 87
3.3.1. Lo spazio “deterritorializzato” dei rifugiati: l’approccio dei refugee studies. 90
4. Verso una nuova era nella storia del diritto di asilo 97
4.1. diritto di asilo, diritto dell’asilo, libertà di circolazione. 97
4.2. 1960: l’anno mondiale del rifugiato. 104
4.3. UNHCR: l’emblema della malleabilità del giudizio tecnocratico. 107
4.4. La chiusura delle frontiere. Quale interpretazione? 114
4.5. Il controllo dei flussi migratori: divergenze di opinioni. 117
4.6. L’inflazione del tasso di rigetto delle domande d’asilo. 121
4.7. Xenofobia del governo o Xenofobia del popolo? 124
Conclusioni: un bilancio 128
Bibliografia 137
Introduzione
“Tous les jours, au nom des idéaux de justice et de vèrité proclamés par la Révolution français,e se fabriquent des nouvelles categorie d’exclus-‐ ceux qu’on appelle, selon les cas, les “débouteés” ou les “réfugiés sur orbite”-‐ que les Etats occidentaux refusent de recevoir mais qui ne peuvent etre renvoyés dans leur pays d’origine et qui errent ainsi de pays en pays.”1
In questo modo Gérard Noiriel spiega come le democrazie, nel tentativo di preservare il benessere nazionale, mettano in pratica quotidianamente delle misure per tenere fuori le mura “les nouveaux indésirables”. In ogni epoca si fabbricano delle nuove categorie di esclusi che ogni volta sostituiscono i precedenti indesiderati.
Ripercorrere le tappe evolutive del diritto di asilo può essere utile sotto questo punto di vista non solo perché ci aiuta a restituire la memoria storica di un tale istituito e a conferirgli una dimensione concreta a dispetto delle astrazioni e anacronismi di cui spesso è vittima, ma ci permette anche di fare chiarezza sui meccanismi che oggi contribuiscono a mantenerlo in vita. Si può osservare, inoltre, quali influenze ha ed ha avuto sulla vita nella società e
soprattutto quali componenti e fattori ne condizionano inevitabilmente il corso (ad esempio l’evoluzione del diritto in materia, gli interessi nazionali e le evoluzioni dei rapporti tra individuo e società) . Se esaminiamo, infatti, il diritto di asilo moderno e lo consideriamo da una parte soggetto agli interessi delle singole nazioni e dall’altra schiacciato dalle necessità e dalle sfide che si impongono invece sul piano internazionale oggi, possiamo constatare che in ogni epoca fattori diversi hanno contribuito alla sua evoluzione ma che in ogni caso si tratta di un diritto che non può essere mai avulso dal contesto e che non può mai prescindere dalle numerose influenze esterne e interne che subisce.
Innanzitutto è necessario fare una distinzione tra asilo e migrazione. Il diritto di asilo si ascrive all’oceano delle migrazioni ma concerne quegli individui che fuggono dal proprio paese in quanto vittime di persecuzioni, i cosiddetti rifugiati, dei soggetti il cui status è chiaramente espresso dalla definizione data dalla Convezione di Ginevra del 1951 che definisce il rifugiato come una persona:
Gérard Noiriel, Réfugiés et sans papiers. La Republique face au droit d’asile, XIXe-XXe siècle, Paris, Calmann-Lévy (Pluriel), 1991p. 239
che, a seguito di avvenimenti verificatisi anteriormente al 1° gennaio 1951, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.2
È vero che nel corso della storia gli spostamenti di popolazioni si fanno sempre più complessi e quindi anche coloro che sono costretti a fuggire dal proprio paese a causa di persecuzioni si uniscono ai migranti in cerca di lavoro o vogliono semplicemente
ricongiungersi alle loro famiglie; a si tratta di una distinzione importante dal punto di vista storico e metodologico perché proprio da questa ripartizione scaturiscono delle
conseguenze fondamentali per la nostra analisi.
Se parliamo infatti di diritto alla fuga è chiaro poniamo sullo stesso piano tutti i tipi di migrazione, in quanto si tratta si un diritto che si esplica tanto nella miseria quanto nella guerra, nelle malattie e nelle persecuzioni per affermare la propria libertà di movimento. I migranti tentano di riappropriarsi della loro “nuova” soggettività in un contesto
internazionale dominato dagli interessi degli Stati-‐nazione. Anche nel diritto di asilo esiste questo processo di soggettivazione transnazionale, che si esplica però proprio nella richiesta di un riconoscimento universale, quello appunto dello status di rifugiato, e di rientrare in una determinata categoria che accomuna solo una determinata e distinta percentuale di individui.
In quest’analisi mi propongo di ripercorrere appunto le tappe dell’asilo politico e di restituirne la complessità storica nel vasto quadro del fenomeno migratorio al fine di comprendere perché in determinati momenti è più semplice considerare i rifugiati alla stregua dei migranti, come ad esempio nei periodi di crisi economica e quindi stigmatizzare lo straniero senza distinzioni di sorta e perché invece, in altri momenti storici, si è sentita l’esigenza di fare chiarezza tanto da adottare a livello giuridico delle distinzioni
terminologiche universalmente valide.
2http://www.unhcr.it/sites/53a161110b80eeaac7000002/assets/53a164240b80eeaac700012f/Convenzione_Ginevra_19
Tutta la storia del diritto di asilo può essere analizzata come prodotto di conflitti di forza tra i meccanismi in azione nella formazione e nel consolidamento degli stati-‐nazione prima e le pratiche politiche di rafforzamento delle istituzioni e organizzazioni internazionali poi. La risultante di queste forze varia a seconda della contingenza e fa variare le politiche migratorie adottate (che spesso non fanno distinzioni tra richiedenti asilo e migranti per ragioni economiche) che saranno favorevoli nel momento in cui lo Stato necessita di nuova forza lavoro ad esempio o sfavorevoli nei periodi di crisi e quindi di aumento della
disoccupazione.
Dal punto di vista metodologico ho scelto di occuparmi e di analizzare l’evoluzione del sistema delle politiche migratorie, per così dire tradizionali e ufficiali, come si rapportano alle relazioni tra gli stati e tra stati e individui. Credo che uno studio dei meccanismi di gestione ufficiale permetta di comprendere meglio quali fattori entrino in gioco tanto nella formazione di una normativa globale in materia quanto nella veicolazione di valori e percezioni verso il fenomeno migratorio dato che la promulgazione di leggi, norme e
direttive soprattutto in questo ambito, proviene spesso dall’empirismo e dalle necessità che vengono a crearsi nella contingenza degli eventi. Inoltre, una tale analisi ci dà la misura dell’importanza che ricopre ormai l’essere riconosciuti dalla comunità internazionale, l’appartenenza ad una categoria specifica cui si può universalmente dare un nome. Si prenderà a modello la Francia data la tipicità di questa nazione in materia di accoglienza. Si tratta di un paese che tra alti e bassi è stato sempre considerato come “France terre d’asile” ma che, nonostante ciò, è anche stato spesso promulgatore di politiche di chiusura tanto a livello popolare che governativo.
Lo studio si articola in quattro capitoli: nel primo si tratterà di ripercorrere le tappe storiche ed evolutive del diritto di asilo a partire dall’antichità greca e romana, passando per l’istituto religioso dell’asilo fino alla concezione dell’asilo laico e moderno. In questo percorso si metterà in evidenza il passaggio dalla concezione di un asilo come protezione associato al luogo deputato all’esercizio di un tale istituto a quella moderna dell’asilo conferito
all’individuo che diventa il soggetto beneficiario della protezione.
Nella seconda parte di questo capitolo si affronterà l’argomento da un punto di vista più specificamente storiografico, tentando di comprendere le ragioni di un’indagine storica e trarre un bilancio dello stato attuale delle ricerche.
Il secondo e il terzo capitolo possono essere considerati l’uno il proseguimento cronologico dell’altro: partendo dalle elaborazioni concettuali della rivoluzione francese che porta ad elevare lo statuto dell’asilo al rango di diritto umano al servizio della libertà, si porranno due
interrogativi metodologici cui si tenterà di dare risposta nel corso della pagine successive: prendendo in considerazione il dato che il diritto di asilo nel corso della sua storia si trova inevitabilmente a dialogare con gli interessi particolari e il bisogno di mantenimento della sovranità nazionale ci si deve chiedere come e perché “l’elemento nazionale”, questa idea di appartenenza comunitaria che ci aiuta a definire gli inclusi e gli inclusi, inizia ad assumere il suo ruolo principe nella storia delle società?
In secondo luogo, come e perché ad un dato momento si sente la necessità di dare una definizione universale ed univoca del rifugiato e come ci si arriva?
Nel rispondere a queste domande si terrà conto dell’evoluzione da una parte del diritto nazionale e internazionale in materia le cui elaborazioni concettuali rappresentano un riconoscimento giuridico necessario per regolare i rapporti tra gli individui nel
“microcosmo” della nazione e tra gli stati nel macrocosmo delle relazioni internazionali. Saranno individuate dei momenti periodizzanti fondamentali, che costituiscono delle importanti cesure in questo sviluppo storico: la rivoluzione francese e le guerre
napoleoniche, la prima guerra mondiale e la seconda che rappresenta forse la cesura più importante perché proprio in questo contesto la società internazionale si trova a dover affrontare l’emergenza dei profughi su una scala così ampia per la prima volta. In questo contesto si elaborano delle misure e dei modus operandi nel campo delle politiche
migratorie e della gestione dei flussi e dei profughi che giungeranno pressoché immutati fino a noi (come ad esempio il sistema di gestione delle emergenze concepite come situazioni transitorie, visione dello spazio “deterritorializzato” dei profughi e internamento in campi per il controllo e la coordinazione.)
Si ripercorreranno inoltre le tappe che hanno portato all’elaborazione dello status dei rifugiati così come viene enunciato nella Convenzione di Ginevra del 1951 e si cercherà di analizzare la Convenzione alla luce dei rapporti di forza che la influenzano e di metterne in evidenza le contraddizioni e i punti di forza.
Nel quarto e ultimo capitolo patendo dalla decisione di chiusura delle frontiere nazionali presa dal governo francese nel 1973 si analizzeranno le relazioni esistenti tra i periodi di crisi e la rinascita di sentimenti “xenofobi” e a livello governativo di politiche securitarie. Prendendo in considerazione la crisi del decennio 1970-‐1980 si tenterà di dare una spiegazione ai cambiamenti nelle politiche migratorie che ponga il fenomeno del tornante nazional-‐securitario che travolge l’Europa in quegli anni su un movimento di lungo periodo. Verranno presi in considerazione soprattutto gli eventi del decennio precedente e in
migratori quanto nella nascita di stigmatizzazioni legate a determinati gruppi di popolazioni (ad esempio gli algerini in Francia).
In conclusione si proverà a comprendere se i sentimenti xenofobi diffusi sono frutto di un riflesso di politiche e diffusioni ideologiche governative o se piuttosto le politiche
governative sono uno specchio dei sentimenti dell’opinione pubblica. In entrambi casi si analizzeranno i fattori specifici in ballo che contribuiscono a propendere per l’una o per l’altra ipotesi.
Infine si trarrà un bilancio che permetterà di evidenziare le contraddizioni interne nella storia del diritto di asilo.
1.1. Il diritto di asilo: tra storia e storiografia.
Il diritto di asilo è un istituto giuridico antico le cui origini possono essere rintracciate in una lunga tradizione di cui sarà utile ripercorrere le tappe fondamentali per comprenderne l’evoluzione e la sistematizzazione in tempi moderni.
1.1.1 L’asylon greco:
Il termine asilo deriva dalla lingua greca, asylon, parola composta dalla particella privativa a-‐ e dal sostantivo sylon, derivato dal verbo sylan, termine con cui i greci inizialmente indicavano l’azione predatoria dei pirati. In seguito cominciarono ad utilizzare la parola asilo per riferirsi a qualunque tipo di offesa a cose o persone. Nell’antichità greca in realtà l’asilo indicava un luogo cui si attribuiva il privilegio di proteggere chiunque vi si fosse rifugiato, e il diritto di asilo era appunto l’immunità di cui godevano questi luoghi, la ragione di questo diritto consisteva nella credenza primitiva per cui la santità di un oggetto o luogo si comunicava per contatto, quasi per irradiazione, quindi chi si trovava in un luogo sacro o nella sua immediata prossimità diveniva partecipe di quella sacralità. 3
Il beneficiario del privilegio era un luogo ma è evidente che dietro questo luogo si celasse un soggetto che necessitava di protezione. Gli altari, ad esempio,
godevano di questo privilegio e la loro inviolabilità era garantita dal fatto che fossero consacrati alle divinità; in effetti erano le divinità a usufruire del diritto di asilo, come soggetti, ossia si avvalevano del diritto di proteggere chiunque si fosse trovato presso quei luoghi. In questo modo i destinatari diventavano gli oggetti beneficiari del diritto. Il timore della vendetta divina nel caso della violazione di questi luoghi contribuì ad alimentare la fortuna che ebbe il fenomeno dell’asilo.4
Questo primo tassello della ricostruzione ci permette di porre alcune domande: gli uomini erano dei semplici oggetti beneficiari dell’asilo divino oppure erano anche soggetti di un’autonoma richiesta?
Ossia, la protezione della vita umana era lo scopo ultimo dell’asilo o un mero effetto casuale dell’intangibilità della sfera divina?
Il fatto che l’asilo fosse concesso, senza distinzione di sorta a chiunque, condannati, ladri, schiavi, innocenti compresi, ci fa protendere verso la seconda ipotesi.
Lo scopo era tutt’altro che la protezione dell’individuo, si trattava piuttosto di ribadire la sacralità e inviolabilità della sfera divina e del timor dei; chiunque avesse osato violare un luogo sacro sarebbe incappato nella vendetta divina. Proprio per questo gli dei non facevano differenza tra innocenti e condannati. Questa ipotesi ci aiuterebbe, dunque, a spiegare perché la protezione fosse limitata a certi luoghi come ad esempio gli altari: essi rappresentavano il potere divino e strappare un “asilato” a questi luoghi era un crimine contro la divinità, non un‘offesa alla vita umana.
La totale mancanza di valore attribuita alla vita umana può essere dimostrata anche dal fatto che qualora fosse stata scatenata la vendetta divina, essa si sarebbe scagliata su tutta la comunità e non solo sul soggetto autore della violazione.
Fatte queste considerazioni, possiamo propendere verso l’ipotesi per cui il richiedente asilo in epoca greca fosse un semplice oggetto del diritto di asilo divino e non un soggetto di un’autonoma pretesa.
4 Francesco Cherubini, L’asilo fra diritto internazionale e diritto interno, “pubblicazioni centro studi per la Pace” www.studiperlapace.it, Luiss, facoltà di giurisprudenza , cattedra di diritto internazionale, a.a., 2001/2002., pp.14-‐15
Da questi primi passi risulta evidente quanto il diritto di offrire un luogo di protezione per le minacce posasse sulla capacità divina di mantenerlo tale, inoltre il potere divino era effettivamente involabile perché si consumava al di là del controllo della vita umana: da questo punto si evince uno dei principi fondamentali dell’asilo, ossia l’idea che questo istituto sia costruito sull’equilibrio di due poteri, uno cui si cerca di sfuggire e l’altro invece cui viene formulata una appello., entrambe le fondamenta indipendenti l’una dall’altra.
1.1.2 L’exilium romano.
I Romani conobbero l’asilo così come i Graci ma lo praticarono molto meno, la tendenza degli imperatori era di limitare l’abuso dei templi preposti all’esercizio dell’asilo e di ridurne il numero.
Per fini comparatistici si può prendere in considerazione più che l’asilo romano un istituto più simile a quello dell’asilo greco: l’esilio.
L’esilio era un istituto del processo penale che consentiva all’imputato di evitare la pena capitale scegliendo di non tornare mai più nei confini romani. La differenza tra asilo greco ed esilio romano consiste sostanzialmente in uno spostamento di soggetto; il diritto di asilo spetta alla divinità mentre l’esilio al cittadino imputato prima che venga condannato.
Il risultato finale di entrambi è comunque la difesa della vita umana, solo che nel primo caso la tutela della vita era un puro accidente mentre nel secondo è il fine primario.
Nell’esilio viene a mancare il potere indipendente da cui si fugge perché lo Stato romano controllava tanto il luogo da cui si fuggiva tanto quello verso cui ci si rifugiava.
Gli dei non erano più temuti e il posto della divinità era stato preso dalla legge di Roma, che costituiva l’alternativa alla vendetta umana. E’ alla giustizia quindi, alla legge che si appella l’imputato. È questo il punto fondamentale del passaggio dall’individuo oggetto del diritto di asilo all’individuo soggetto autonomo: sparisce l’impedimento accidentale alla violazione della vita umana, ossia la difesa della vita non è più semplicemente un accidente nel raggiungimento del fine ultimo che serve a garantire l’inviolabilità e la superiorità divina, piuttosto diventa la difesa stessa dell’esistenza umana, il fine ultimo dell’istituto che garantisce il rispetto alla vita stessa. Questa tesi è avvalorata anche dal fatto che
questa tutela era prevista solo per i cittadini, idea che rientra perfettamente nel sistema giuridico romano, 5mentre per i Greci poteva essere concesso anche a
degli oggetti che si trovavano nei luoghi deputati all’asilo.
1.1.3. L’asilo ebraico.
Anche l’asilo ebraico, come quello romano, era praticato meno diffusamente che in Grecia.
Il dato da confrontare in questo caso è l’istituto ebraico per cui l’autore di un omicidio involontario poteva rifugiarsi presso delle città specifiche.
Mentre l’esilio romano aveva un’ispirazione prettamente umanitaria, quello ebraico aveva origini religiose e scaturiva da una chiara esigenza di giustizia. Quest’ultima infatti era un principio fondamentale nella cultura del popolo ebraico, quindi, nel caso di un presunto omicidio involontario l’autore del crimine trovava rifugio in delle città-‐asilo in via provvisoria e a scopo cautelativo al fine di evitare una vendetta iniqua.
A questo punto, in questi luoghi, si svolgeva un processo presieduto dagli anziani, in caso d’innocenza l’imputato poteva tornare nella sua città d’origine, nel caso di colpevolezza era scacciato dalla città ospitante e poteva subire la legittima vendetta dei parenti della vittima.
La protezione quindi anche in questo caso non era garantita dalla divinità ma dall’esterno come appunto nel caso romano.
Inoltre la stessa legge che accusava l’omicida fuori dai luoghi che conferivano protezione ne garantiva la protezione all’interno in modo tale che se la vendetta dei familiari si fosse consumata all’interno della città-‐rifugio lo stesso autore della vendetta si sarebbe macchiato lui stesso di un crimine di omicidio, questa volta, peraltro, volontario.
1.1.4 L’asilo canonico.
L’istituto dell’asilo arriva fino alla chiesa cristiana.
Anche il Dio dei cristiani aveva dei luoghi sacri a lui consacrati, così come le divinità greche e allo stesso modo di queste ultime aveva il diritto di ospitare presso questi luoghi chiunque ne avesse avuto bisogno. Andando oltre le similitudini si possono evidenziare le differenze e gli apporti dell’asilo canonico rispetto ai precedenti:
Innanzitutto diventa ancora più evidente che l’efficacia dell’asilo dipendesse dal potere esercitato sui luoghi deputati all’esercizio di questo istituto. Nei periodi di grave crisi politica l’asilo canonico non conosceva eccezioni, nei momenti in cui l’impero diventava più forte vennero introdotte restrizioni sempre più ampie a questo istituto ecclesiastico finché con la nascita degli Stati Nazionali esso non scomparve del tutto. L’elemento più importante e sostanzialmente nuovo introdotto dall’asilo cristiano era il fatto che l’asilo era basato su un sentimento di pietà: il principio della carità e della penitenza erano alla base dell’asilo canonico. Non era più il timore di Dio a costituire il fondamento, la garanzia e l’efficacia dell’asilo ma piuttosto questo nuovo sentimento religioso la pietas cristiana. L’autonoma pretesa di giustizia che avanzavano i richiedenti asilo presso i romani, muove un altro passo in avanti con l’asilo ecclesiastico; l’individuo si sposta da una situazione accidentale e precaria verso l’autonoma pretesa di trovare perdono presso Dio. Inizia a diventare più evidente l’affrancamento dell’asilo dalla protezione generica del territorio.
Infatti dopo che le autorità secolari avevano arrestato il fuggitivo sul suolo sacro esse erano chiamate a verificare se il crimine commesso rientrasse o meno nelle eccezioni dell’asilo e nel caso di una violazione dei magistrati la pena era la scomunica o l’interdetto, certo pene non abbastanza forti per impedire queste violazioni. L’importanza attribuita al soggetto più che al luogo può essere evidenziata anche dal fatto che diventa ancora più netta la distinzione tra la protezione offerta a chi sfuggiva alle autorità secolari e quella offerta a chi era in pericolo di vita. Il diritto di asilo canonico distingueva tra chi chiedeva asilo perché era accusato di un qualche crimine e allora la chiesa intercedeva e chiedeva alle autorità magistrali di verificare che il crimine rientrasse tra quelli che facevano eccezione all’asilo, e tra chi in una situazione di generico pericolo riparava nelle abbazie dalle zone limitrofe. E’ come se l’asilo canonico avesse ampliato il raggio d’azione dell’asilo non riferendosi più esclusivamente a chi era in pericolo di vita imminente, la soglia di protezione degli individui si era alzata.
L’asilo canonico scomparve con l’avvento degli Stati nazionali. In un passo di De’ delitti e delle pene del 1764 leggiamo:
L’impunità e l’asilo non differiscono che di più e meno, e come L’impressione della pena consiste più nella sicurezza d’incontrarla che nella forza di essa, gli asili invitano più ai delitti di quello che le pene non allontanano.6
Nel Regno Sabaudo l’asilo fu soppresso ufficialmente dalla legge Siccardi del 1850 ma probabilmente cadde in disuso già molto tempo prima
1.1.5 L’asilo laico.
Con l’ascesa del potere monarchico e delle strutture civili, la forma di protezione dell’asilo religioso cominciò pian piano a cadere in disgrazia fin quasi ad essere del tutto estromesso dalle legislazioni europee ed a ricomparire sotto vesti, per certi versi, molto differenti.
Si deve attendere la Rivoluzione francese perché si riesca a rintracciare nella legislazione una definizione di asilo concessa di maniera generale.
È pur vero che né la Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 né la prima Costituzione del 1791 prendono in considerazione l’asilo; in compenso l’articolo 120 della costituzione del 1793, facendo eco ai principi di tolleranza e apertura esposti nella dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789 dichiara che “Le peuple français donne asile aux étrangers bannis de leur patrie pour la cause de la liberté et il le refuse aux tyrans “.7
In questo testo si può notare come asilo, libertà e lotta politica siano messi in stretta connessione. Alla prova dei fatti, in realtà, questo testo non è mai stato applicato e per molto tempo la Francia ha fornito tanti rifugiati quanti ne ha accolti: antibonapartisti durante il Secondo Impero, aristocratici, rivoluzionari o ancora i gollisti che fuggivano l’occupazione e il regime di Vichy ecc.
6 Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene, a cura di Renato Fabietti, Murisa, Milano, 1973, p.96.
7 http://www.conseil-‐constitutionnel.fr/conseil-‐constitutionnel/francais/la-‐constitution/les-‐constitutions-‐de-‐ la-‐france/constitution-‐du-‐24-‐juin-‐1793.5084.html
Tuttavia la nuova fortuna dell’asilo non costituisce una vera e propria inversione di tendenza rispetto all’asilo canonico se ci si pensa bene. Se si considera l’asilo alla luce dei soggetti in esso coinvolti e ai relativi spostamenti di potere che nei secoli hanno caratterizzato questo fenomeno si comprenderà come l’asilo laico sia il frutto di un’ennesima transizione, in questo caso dall’asilo canonico governato dal soggetto-‐chiesa allo stesso ma governato dal
soggetto-‐stato.
Con l’affermarsi delle identità nazionali gli Stati tendono ad agire in conflitto e ciascuno mira ad affermare la propria indipendenza: in questo contesto l’affermarsi dell’asilo laico non è altro che la conseguenza del tentativo di ciascuno stato di consolidare la propria identità politica come appunto il potere secolare aveva fatto con quello ecclesiastico.
La differenza sostanziale risiede nel fatto che per la Chiesa il sentimento che muoveva l’asilo era la pietà cristiana mentre per gli Stati Nazionali questo sentimento si tramuta in quel principio che di volta in volta emerge dalle vicende storiche della nascita di ciascuno stato, ad esempio nei paesi occidentali con costituzioni liberali l’asilo s’ispirava al principio della legittimità dell’insurrezione contro la tirannia, mentre nei paesi d’ispirazione socialista il principio movente dell’asilo (primo fra gli altri) era ad esempio l’interesse del lavoratore.
Questa forma di asilo oggi si può dire che sia caduta in disuso in quanto i rapporti tra gli Stati tentano d’ispirarsi a principi internazionalisti generalmente basati sulla cooperazione. Inoltre, non esistendo più blocchi politici contrapposti nella comunità internazionale, questa forma di asilo politico perde sempre più di significato.
E’ un’altra la forma che oggi l’asilo assume, più consona all’ispirazione del tempo, ossia l’asilo ispirato da una matrice umanitaria derivata dalla fine dei regimi totalitari e dell’espansione dei modelli liberali.
L’esempio più calzante che si può fare per comprendere questa nuova direzione è prendere in considerazione il percorso di formazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati dopo la fine della seconda guerra mondiale nel 1951 cui nel giro di dieci anni partecipano tutti gli stati del blocco occidentale. La Spagna vi aderisce dopo la fine della dittatura franchista nel 1978 mentre gli stati del blocco sovietico dopo la caduta del muro di Berlino.
Questi fatti ci mostrano come la caduta dei regimi totalitari e il tentativo di cooperazione internazionale siano stati fattori determinanti per le mutazioni di questo istituto, infatti quanto più esso si colloca in un ambito internazionale di cooperazione tanto più gli stati saranno disposti a rinunciare in parte alla propria sovranità verso una caratterizzazione individuale dell’asilo.8
Il testo dello statuto in realtà non parla di asilo ma per la prima volta pone le basi per una protezione internazionale dei rifugiati e definisce il rifugiato come ogni persona che:
“ …craignant avec raison d’être persécutée du fait de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son
appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques, se trouve hors du pays dont elle a la nationalité et qui ne peut ou, du fait de cette crainte, ne veut se réclamer de la protection de ce pays ; ou qui, si elle n’a pas de nationalité et se trouve hors du pays dans lequel elle avait sa résidence habituelle à la suite de tels événements, ne peut ou, en raison de ladite crainte, ne veut y retourner…”9
La Convenzione riconosce al rifugiato il diritto al lavoro, alle prestazioni sociali, all’alloggio, alla proprietà, all’insegnamento, alla libera circolazione e alla libertà di associazione.
Lascia, inoltre, ai paesi firmatari, la cura di determinare le condizioni di acquisizione della qualità di rifugiato che scaturisce, in principio ma non obbligatoriamente, dall’asilo accordato dagli Stati. 10
1.1.6 Il soggetto del diritto di asilo: tra diritto di asilo statuale e diritto di asilo individuale.
Vediamo, dunque, quale ruolo comincia ad assumere l’individuo piuttosto che il potere dello Stato che certamente mantiene la sua sovranità ma ora a godere del diritto alla protezione è l’individuo stesso ed è probabilmente questo il vero cambiamento rispetto alle forme d’immunità concesse in antichità.
Il punto fondamentale è che l’essenza giuridica della forma di asilo che si afferma a partire dalla Convenzione di Ginevra è non solo la sovranità degli stati ma anche
8 Cherubini, L’asilo fra diritto internazionale e diritto interno., cit.,pp.20-‐27. 9 http://www.unhcr.fr/4b14f4a62.html art 1°, A (2).
il rispetto dei diritti dell’uomo ed è a questo punto infatti che s’inizia a tracciare la possibilità di un autonomo diritto di asilo individuale.
Fino ad allora, come detto in precedenza, il diritto di asilo seguiva il percorso segnato dal principio di sovranità, basato sul potere di ciascuno Stato di fornire protezione agli individui che si trovano entro i suoi confini.
Unica eccezione esistente era l’asilo presso le ambasciate. Spostamento quindi sul soggetto e sulla sua autonoma richiesta, la domanda che occorre porsi a questo punto è appunto chi è questo soggetto? E cos’è veramente questa autonoma pretesa che egli può avanzare?
Innanzitutto bisogna cercare di capir bene cosa significa spostamento sul soggetto, è vero che lo spostamento verso l’individuo è avvenuto anche come abbiamo visto grazie alla definizione del rifugiato con la Convenzione di Ginevra, ma la ricostruzione storica e le evoluzioni del diritto di asilo ci hanno fornito un dato importante: è veramente l’individuo oggetto del diritto di asilo o anche quando queste norme si riferiscono agli individui il soggetto del diritto non è propriamente l’individuo? In tal caso come si può definire questo soggetto?
Il dato fondamentale da cogliere per comprendere la natura del soggetto è fornito dall’analisi della ricostruzione storica: si capisce infatti da queste ricostruzione che con il termine asilo ci si riferisce sia alla pretesa di fornire protezione, sia a quella di ottenerla.
Inoltre bisogna anche tenere in considerazione che l’ambito nel quale viene esercitato il diritto di proteggere non è interno al territorio ma esterno perché la pretesa ad esso annessa consiste nell’obbligo di non turbare la protezione degli Dei o della Chiesa. Se s’incappa in una violazione è l’autorità stessa a muoversi perché è stato messo in pericolo il fondamento stesso dell’autorità, questo è appunto l’antecedente storico di quello che viene chiamato “diritto di asilo” inteso come il diritto di ciascuno stato di offrire un rifugio “ratione loci”.11
Il tassello successivo ci spiega come il diritto di asilo (statuale) trovi la sua sede in un contesto in cui i destinatari della norma che impone il rispetto dei luoghi di asilo siano in un rapporto di uguaglianza nel senso che il soggetto attivo e passivo devono essere in grado rispettivamente di pretendere il rispetto dell’asilo e di contestarne l’esercizio.