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Conclusioni: gentrification fiorentina, un caso di specie o di genere?

Nel documento Firenze, la trasformazione del centro antico (pagine 160-164)

L’interesse del sociologo, specializzato in turismo e acco- glienza urbana, si concentra spesso sugli aspetti di abita- bilità, o di estetica, ma sfugge a riflessioni sul modello di sviluppo territoriale disperso così comune in Italia. Ecco allora, che approfondendo il contesto italiano pare impietoso notare sino a che punto il dibattito di questi giorni sembri ignorare il problema del rapporto fra terri- torio, ambiente e sviluppo, pur con qualche lodevole ecce- zione (come quella, di qualche tempo fa, del DDL sul con- sumo di suolo). Anche nella Lombardia piagata da lustri di città infinita, dove ancora si spinge per il famoso emen- damento che consentirebbe ai privati del project financing di costruire fuori da ogni regola future strips commerciali che poi saranno abbandonate come quelle di Dallas, di tutto si parla salvo che del modello territoriale e socio- economico connesso. Colpa di chi ne capisce e dovrebbe spiegare meglio al pubblico le cose, invece di avvitarsi in linguaggi quasi iniziatici? Dunque la domanda è: oggi in Italia siamo di fronte a processi di Commonground o di Battleground? Ossia in che misura abbiamo parti di città che si conformano come spazio d’intesa e di comunità o abbiamo parti di città strutturate come spazio di conflitto? La domanda ha una risposta ancora aperta.

Sicuramente secondo alcuni Autori e Progettisti, parec- chie realtà urbane (tra cui Venezia ed anche Firenze) han- no intere parti di città scivolate verso derive urbane ca- ratterizzate da separazioni spaziali assai pericolose. Come

Chiara Odolini, Erich Roberto T

revisiol

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Gentrification, nuovi pilastri per un vecchio dibattito. Conoscer

e per rilevar

Fir

enze, la trasformazione del centr

o antico

argomenta l’autrice Lucia Tozzi14 si può affermare che: <<la Città attuale tende ad aumentare la segregazione spazia- le>>? Se a suo tempo anche Haussmann ricostruì Parigi a suon di boulevards con il duplice obbiettivo di plasmare la città dei consumi “separata” ed eliminare al contempo la possibilità di elevare barricate rivoluzionarie, oggi sono i capitali della finanza globale a imporre da un punto all’altro del mondo progetti urbani fatti di grattacieli, residence plu- ripiano, villette, tutti recintati con il medesimo obbiettivo di separare ricchi e poveri, di farli incontrare il meno pos- sibile. Ossia sembra che più è grande la distanza fisica tra le classi, più cresce la capacità di estrarre valore. La strategia dell’enclosure in generale paga: eliminando i luoghi accessi- bili a tutti, trasformando le piazze in rotatorie, le strade in sequenze di dehors, i cinema in centri commerciali, si riesce effettivamente ad offuscare la vita urbana, la partecipazione della società civile, insomma quello che negli anni ’70 era stato definito, con una felice espressione, come “il diritto alla città15”. “Diritto alla Città” come bene comune che è stato inserito nella Costituzione brasiliana nel 2001, attra- verso un apposito articolo sul tema del diritto collettivo alla Città. Sul piano dei possibili strumenti di soluzione, biso- gna anche chiarire bene il concetto di operato o di Buone Pratiche di Comunità (spesso presenti nei progetti di Rige- nerazione urbana con forte housing sociale). Una posizione

apparentemente radicale, ma che in realtà, oltre a indebolire l’opposizione alla smisurata forza del “paradigma proprie- tario”, si rivela a volte profondamente conservatrice. La ge- stione comunitaria di uno spazio implica, spesso, chiusura ed esclusione di chi non fa parte della comunità o non ac- cetta le regole che la comunità si è data. Inoltre più piccola è la comunità più si moltiplicano le recinzioni, che non sono migliori per il solo fatto di essere state erette “dal basso”. Ne- garlo equivale a narrare la favola della celeste armonia, non molto attraente dal punto di vista sociale. Possiamo con- cludere con una frase di Irene Ranaldi16 che ben riassume le caratteristiche della gentrificazione italiana: <<Penso che ogni processo di rigenerazione urbana e di riqualificazione contenga in sé sempre il rischio della gentrification intesa come espulsione delle fasce più fragili della popolazione sia in termini economici sia in termini culturali. Per que- sto motivo è importante, durante il processo, mantenere un tessuto di prossimità>>. In una prima approssimazione, ne- cessitiamo di Piani, in riferimento alla recente letteratura di piano soprattutto anglosassone, che possiamo definire “ge- nerazione di Piani Urbanistici di Adattamento” come Piani di Adattamento Trasformazionale.

Questi sono piani in sintesi caratterizzati da alta operatività, alta partecipazione, alta adesione al contesto specifico ed in- fine alta capacità di trasformazione in corso di applicazione. 1D. K. Levy, 2006 e L. Less, op.cit., 2017.

2I. Ranaldi, op.cit., 2014. 3Fondazione Cini, 2016.

4Fonte: K. Levy Diane et Alii, op.cit, 2006.

5P. Baldeschi, op.cit., 2009 <<Chi leggesse oggi il Piano Regolatore per

Firenze del 1962 rimarrebbe colpito dalla straordinaria distanza fra il dibattito in corso sul Piano strutturale fiorentino adottato nel 2007, (…) o su quello del 2014 e la cultura e la qualità politica di quei tem- pi>> oppure <<In uno scenario radicalmente diverso rispetto a quello previsto, la strategia pubblica del piano del ‘62 venne presto abbando- nata e anche Firenze procederà per licenze singole e lottizzazioni pri- vate; le scelte infrastrutturali rimangono sulla carta; il trasferimento dell’aeroporto da Peretola, ferocemente avversato per opposti motivi dalle classi dirigenti fiorentine e pratesi, è accantonato sine die>>.

6ibidem. 7ibidem. 8ibidem. 9A. Fiorentino, op.cit., 2016. 10ibidem, 2016. 11ibidem.

12Verso la “Carta del Rilievo Architettonico”, Valmontone, 1999. 13Come Gustavo Giovannoni nel suo “ambientalismo storico”, estende-

va il valore di monumento non soltanto ai singoli edifici isolati, ma ad interi brani di città, anch’essi monumenti culturali e sociali.

14L. Tozzi, op.cit., 2012. 15 H. Lefevre, op.cit., 1968. 16A. Mucci, op cit., 2014.

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Bibliografia

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VISIONI PER IL CENTRO STORICO

Nel documento Firenze, la trasformazione del centro antico (pagine 160-164)