La gestione della vegetazione spontanea, che alla Fortezza è cresciuta rigogliosa sui bastioni approfittando dell’indifferen- za generale, è un tema che costantemente si pone nei pro- getti di “spazi ad alta diversità temporale”21 e profila aspetti diversi. Da un lato, è necessario intervenire (ma, gli esperti ci insegnano, in modo critico poiché talvolta le piante, sebbene infestanti, hanno funzione protettiva nei confronti del manu- fatto contribuendo a ridurne il degrado) per eliminare le spe- cie non idonee o dannose per l’integrità delle rovine, al fine di garantire la conservazione ma anche la leggibilità del bene in quanto documento vivente. Dall’altro, occorre orientarne progettualmente la presenza sapendo che la vegetazione di- venta nel tempo parte integrante (senza visioni nostalgiche di matrice ruskiniana che la vedono accompagnare la morte del monumento) del valore d’immagine del luogo22, ma so- prattutto strumento per il progetto paesaggistico che mira a definire una nuova configurazione spaziale e semantica, con-
sapevole della dimensione storica e sensibile alle interazioni e alle compatibilità, anche nella scelta delle nuove specie da inserire23. Il recupero dei bastioni della Fortezza di Firenze può configurarsi una palestra interessante per un progetto di paesaggio che esalti la peculiarità di questa “natura urbana”24. Un luogo che deve la sua unicità proprio alla presenza del- la vegetazione nella sua manifestazione perlopiù spontanea, che merita di essere considerata in nome di un’altra idea di bellezza, legata alla diversità biologica, seguendo una strada progettuale diversa, ad esempio, da quella scelta a Prato sul bastione delle Forche, ancora disegnato dal Sangallo. Qui, probabilmente per esigenze conservative del monumento e di fruibilità (per creare una terrazza panoramica che ospi- tasse eventi e iniziative) è stato preferito al mantenimento di qualunque traccia di vegetazione ruderale, il ripristino della continuità della pavimentazione rinvenuta sul terrapieno.
Riflessione n.3: incrementare la biodiversità urbana
La Fortezza è un luogo in cui l’oblio ha creato dentro la città un microcosmo del tutto singolare, un habitat peculiare dove possono trovare rifugio specie botaniche spontanee e “vaga- bonde”, specie nomadi che ci mostrano il “valore progettua- le dell’imprevisto”25 come accade ad esempio sul tetto della ex-base sottomarina di Saint Nazaire in Francia26. I territori abbandonati, come le aree di rilevanza stratigrafica, Gilles Clément insegna, costituiscono spazi in cui si concentra una elevata biodiversità. Se la conservazione di questa diversità è una priorità a livello mondiale, la “biodiversità urbana”, cioè la varietà e ricchezza biologica in ambito urbano, ha un signi- ficato particolarmente rilevante poiché in grado di incidere direttamente sulla qualità ambientale delle nostre città. Per questo motivo, dall’inizio del XXI secolo sono state nume- rose le iniziative sul tema e una di queste, il convegno Urban Biodiversity and Design svoltosi a Erfurt in Germania nel 2008, ha incluso proprio la visita al bastione St. Petersberg della città come sito esemplare. I bastioni della Fortezza di Fi- renze sembrano spazio ideale per mettere in pratica i principi di Clément dove l’uomo, giardiniere (planetario), si inserisce nel flusso di energia che si sprigiona dall’ “incolto addomesti- cato”, dove “le specie possono darsi all’invenzione” 27.Antonella V
alentini |
L’incolto addomesticato: passeggiar
Fir
enze, la trasformazione del centr
o antico
1L’ingresso avveniva allora attraverso il mastio. Il terzo accesso era la Porta del soccorso o Sortita verso la campagna, a metà della cortina tra i
bastioni Bellavista e Imperiale.
2Sono state riportate alla luce con i restauri del mastio negli scorsi
anni ‘80.
3Cfr. P. Mello, Il concorso per la Fortezza da Basso (1967), in Firenze e le avanguardie radicali. Un seminario di ricerca, DIDAPress, Firenze,
2017, pp. 56-67.
4P. Giustiniani, V. Maschietto, Il Parco degli scambi a Firenze, Ed. Poli-
stampa, Firenze, 1995.
5Progetto di Dezzi Bardeschi e il gruppo Zziggurat, 1972. Cfr. P. Mello, op. cit., 2017.
6Breschi, 2009. Cfr. A. Breschi, Amata città. Un progetto per il centro storico di Firenze, Alinea, Firenze, 2010.
7P. Portoghesi, Ricerca progettuale sulla Fortezza da Basso, in P. Gior-
gieri (a cura di), Firenze il progetto urbanistico. Scritti e contributi 1975-
2010, Alinea, Firenze, 2010, pp. 314-324.
8Cfr. O. M. Ungers, Tre proposte per la fortezza da Basso in Un tema, due architetti: Arata Isozaki, Oswald Mathias Ungers, in P. Giorgieri (a
cura di), op. cit., pp. 325-326.
9F. Gurrieri, P. Mazzoni, La fortezza da Basso. Un monumento per la città, Ponte alle Grazie, Firenze, 1990.
10Citato in F. Gurrieri, P. Mazzoni, op. cit., p. 125.
11G. Maggi e I. Castriotto, Della Fortificatione delle città, Venezia 1564.
Citato in A. Pirinu, Il disegno dei baluardi cinquecenteschi nell’opera dei
fratelli Palearo Fratino la Piazzaforte di Alghero, Università di Alghero,
Dottorato di ricerca in Ingegneria Edile Ciclo XXIII 2009-2010, p. 66.
12Cfr. R. Martinelli, Le mura di Lucca, luogo del vivere, in A. Varni (a
cura di), I confini perduti. Le cinte murarie cittadine europee tra storia e
conservazione, Editrice Compositori, Bologna, 2005, pp. 349-362. 13“6 sul Bellavista, 13 sull’Imperiale, 15 sulla cortina dall’Imperiale a
tutto il Bastione Strozzi” in F. Gurrieri, P. Mazzoni, op. cit., p. 167. 1997, pp. 93-112. A Lucca sappiamo addirittura che si coltivavano le verdure e si portavano a pascolare le bestie.
14 Cfr. A. Rinaldi, Sull’orlo della città. Mura urbane e natura a Firenze
tra ’700 e ‘800, in C. Acidini Luchinat, G. Galletti, M.A. Giusti (a cura
di), Il giardino e le mura. Ai confini tra natura e storia, Edifir, Firenze, 1997, pp. 93-112.
15Museo di Palazzo Vecchio. Riprodotta in G. Fanelli, Le città nella storia d’Italia. Firenze, Laterza, Roma-Bari, 1980, p. 122.
16Riprodotte in G. Fanelli, op. cit. 1980, p. 127 e in F. Gurrieri, P. Maz-
zoni, op. cit., p. 120.
17Riprodotte (dettaglio fortezza) in F. Gurrieri, P. Mazzoni, op. cit., pp.
126, 122, 124.
18Museo di Palazzo Vecchio. Riprodotta in G. Fanelli, op. cit., pp. 242-
243.
19Cfr. S. Salvadori, F. Violante, Antonio da Sangallo il Giovane: la genesi del progetto per la Fortezza da Basso, in F. Gurrieri, P. Mazzoni, op.cit.,
pp. 198-204.
20 Sul tema cfr. C. Acidini Luchinat, G. Galletti, M.A. Giusti (a cura di), op. cit., 1997.
21Espressione usata da T. Matteini per definire i luoghi archeologici.
Cfr. T. Matteini, Nature archeologiche, in M. Corrado, A. Lambertini (a cura di), Atlante delle Nature Urbane. Centouno voci per i paesaggi
quotidiani, Editrice Compositori, Bologna, 2011, p. 168.
22 A partire dalla fine del ‘700-inizi dell’800 la flora ruderale assume
progressivamente il ruolo di complemento della rovina. Cfr. M. Benen- te, M. Mattone, Il verde e il rudere: un legame indissolubile, in M. A. Giusti (a cura di), Le mura di Lucca. Dal restauro alla manutenzione
programmata, Alinea Firenze, 2005, pp. 207-214.
23 Per l’approccio paesaggistico al progetto di luoghi archeologici si
veda T. Matteini, Paesaggi del tempo. Documenti archeologici e rovine
artificiali nel disegno di giardini e paesaggi, Alinea, Firenze, 2009.
24 Per il significato di “natura urbana” si rimanda alle teorie di Anne
Whiston Spirn, Dieter Kienast, Dixon Hunt e si veda la trattazione di questo concetto fatta da Anna Lambertini in M. Corrado, A. Lamber- tini (a cura di), op. cit., 2011 e in A. Lambertini, Fare parchi urbani.
Etiche ed estetiche del progetto contemporaneo in Europa, Firenze Uni-
versity Press, Firenze, 2006.
25Si fa riferimento alle note teorie di Gilles Clément sul ricchezza
dell’incolto e la potenzialità generativa delle piante vagabonde.
26 A. Lambertini, Spazi di resistenza e giardinieri planetari. The third
Landscape Garden, Saint Nazaire, France, “Architettura del Paesaggio”,
33, 2017, pp.75-79.
27 G. Clément, La friche apprivvoisée, “URBA”, 209, settembre 1985, in
G. Clément, Piccola pedagogia dell’erba. Riflessioni sul Giardino Plane-
tario, DeriveApprodi, Roma, 2015, p. 22.
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