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Conclusioni

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 51-58)

Nessuno sa cosa sarà della montagna nel corso di questo secolo, ma molti sono concordi nel sostenere che essa sarà molto diversa da come è stata in quello passato. La presente ricerca mostra e descrive uno specifico fenomeno che sta interessando la montagna: quello del ritorno dei giovani agricoltori. Il fenomeno considerato non è l’unico a manifestarsi come rivoluzionario. Altri fenomeni portatori di imprevedibile e radicale cambiamento stanno interessando le nostre montagne: cambiamenti sociali e, forse ancor più preoccupanti, cambiamenti ambientali, come il dissesto idrogeologico, la perdita di biodiversità, lo sconvolgimento climatico. La crisi ambientale è alle porte e considerare il ritorno alla montagna degli agricoltori immaginando previsioni rosee di rinascita delle Alpi senza considerare l’ombra incombente di un clima che cambia è un atteggiamento cieco ed imprudente. Gli agricoltori producono in continuo contatto con clima e andamento meteorologico, e proprio da questa relazione giungono alcune delle difficoltà percepite già citate nei capitoli precedenti. Per questo motivo si ritiene indispensabile, per immaginare l’esito del ritorno alla terra sulle Alpi, contestualizzare la ricerca e i temi da essa trattati nell’epoca climatica che il pianeta e le sue montagne stanno attraversando. Rispetto ai giorni dell’esodo alpino il mondo è cambiato e insieme ad esso le leggi ecologiche che lo dominavano. La pianificazione del nuovo sviluppo

48 agricolo alpino dovrebbe tener conto dei probabili scenari che la comunità scientifica prospetta per le Alpi della crisi climatica.

Numerosi scienziati sono concordi nel sostenere che gli effetti dei cambiamenti climatici si riveleranno molto accentuati nei contesti montani (Kohler e Maselli, 2009). Ne sono e saranno espressione: lo scioglimento dei ghiacciai, la riduzione della copertura nevosa, l’aumento di eventi climatici estremi, la crescita delle precipitazioni e delle temperature. Questi comporteranno l’erosione dei versanti e dei letti fluviali, la scarsità idrica, il crescente rischio di incendi, il verificarsi di frane e l’aumento di infestazioni di insetti fitofagi e patogeni non più limitati dal clima rigido delle vallate. Le conseguenze di questi fenomeni potrebbero colpire infrastrutture alpine vitali e danneggiare l’agricoltura limitando fortemente la sicurezza alimentare delle aree alpine. Per affrontare un futuro portatore di siffatti cambiamenti e difficoltà è bene che la montagna si doti delle necessarie precauzioni. Al fine di garantire la sicurezza alimentare, gli scienziati Kohler e Maselli nel libro “Mountains and Climate Change - From Understanding to Action” propongono delle linee guida per la produzione agricola di montagna: considerare il crescente rischio di dissesto idrogeologico nella localizzazione delle aree produttive; puntare sulla diversificazione produttiva e sulla multifunzionalità dell’agricoltura; investire su metodi produttivi che mantengano l’agro-biodiversità e aumentino l’efficienza nell’uso di risorse; favorire lo scambio di conoscenze tra territori, utilizzando le vecchie conoscenze per migliorare ed adattare le tecnologie più innovative; favorire la crescita di consapevolezza rispetto alle prospettive del cambiamento climatico da parte di tutti gli stakeholder della catena alimentare; incentivare e compensare economicamente gli agricoltori tramite sussidi, riconoscendo loro il ruolo di produttori di servizi ecosistemici.

Il mercato e le politiche di sviluppo giocano un ruolo determinante e hanno la responsabilità di adottare la giusta prospettiva. Molto spesso oggi sono proposti messaggi e campagne pubblicitarie che sottolineano il legame delle produzioni agricole di montagna con la tipicità di prodotti tradizionali antichi, con un legame storico con la cultura ed il territorio. L’attuale modello territoriale che ispira le politiche di sviluppo rurale ha un fondamento importante nel recupero e nella valorizzazione delle tradizioni e degli elementi identitari delle produzioni locali, per il ruolo che viene loro attribuito nel rappresentare occasioni economiche per i territori più marginali (Arfini 2005; Belletti 2000). Si è arrivati al punto di creare razze sulla base di caratteristiche morfologiche di antenati estinti per poter assicurare a territori di montagna il proprio prodotto tipico “antico” su cui costruire uno sviluppo rurale. Più in generale, gran parte delle strategie di valorizzazione commerciale dei prodotti del territorio si basano su elementi di “tipicità”. Tuttavia, se un tempo la montagna era il tempio delle tradizioni e dell’attaccamento alle consuetudini di sempre, oggi essa deve essere sinonimo di innovazione e di flessibilità. Come già detto gli eventi climatici futuri saranno probabilmente più estremi sulle Alpi. Alcune delle interviste presenti in questa tesi si sono svolte in luoghi panoramici sulla devastazione lasciata dall’uragano Vaia, un evento forse premonitore rispetto agli scenari metereologici futuri. Per sopravvivere nella montagna di domani non potremo affidarci unicamente alle colture di ieri, ciò che si è sempre coltivato porta con sé il legame con condizioni pedoclimatiche passate, condizioni che difficilmente insisteranno in futuro. È bene dunque che il giovane agricoltore non si affidi unicamente alla favola del prodotto tipico e della ricetta tradizionale, ma che educhi il suo consumatore all’idea che montagna sia sinonimo di legame con il territorio

49 e di sostenibilità a prescindere dai cliché della tipicità. È forte il rischio che il consumatore preferisca un prodotto tipico, magari realizzato con materie prime provenienti da sistemi produttivi esterni al sistema perché incompatibili con il clima montano, rispetto ad un prodotto locale originale frutto dell’innovazione. Molti agricoltori, come emerso dalle interviste, l’hanno capito e si sono mantenuti distanti da etichette e denominazioni rigide, che vincolano il produttore ad uno standard in un’epoca in cui le variabili meteo, con le quali si lavora, sono tutt’altro che standard. “Adattarsi per non estinguersi” dicono gli evoluzionisti, ma siamo sicuri che i riferimenti commerciali su cui sta investendo la ruralità alpina vadano verso un adattamento? Le antiche varietà sono preziose e vanno custodite, ma non perché sono trendy ed evocano storie e sapori antichi, ma perché contengono i geni e i saperi per l’adattamento ai cambiamenti del clima. Questo potenziale biologico e culturale di adattamento non dovrà mai allontanarsi dai territori e le popolazioni contadine, come hanno sempre fatto in passato e possono oggi fare attraverso la selezione genetica partecipata, dovranno continuare a gestirlo (Ceccarelli et al. 2007; Ceccarelli 2015).

Molte delle aziende incontrate sono testimoni di grandi processi di innovazione tecnologica. Le Alpi hanno il vantaggio di confinare con Stati in cui la ricerca sull’agricoltura di montagna appare prioritaria, come Svizzera e Austria, e il passaggio di conoscenze e di buone pratiche mostra spesso, nelle aree di confine, la sua internazionalità. Molte stalle del Trentino sono costruite sul modello di quelle austriache e molte aziende valdostane si ispirano ai cugini francesi o svizzeri per sviluppare tecniche agronomiche di coltivazione orticola moderne e sostenibili. È infatti sull’evoluzione e sulla plasticità che l’azienda di montagna oggi deve investire, guardando ai segnali che vengono dal contesto ambientale e considerando che la vocazionalità di un territorio per un certo prodotto potrebbe un giorno anche venire meno. In questa prospettiva, l’innovazione, unita alla diversificazione e alla multifunzionalità, potrà garantire sempre un’alternativa al reddito aumentando la resilienza delle imprese alpine.

È stato descritto precedentemente come attualmente la montagna sia al centro di una ripresa demografica significativa, legata alla migrazione interna di individui in cerca di un luogo migliore della città dove sviluppare le proprie vite. In un’ottica di previsione non è troppo difficile immaginare come la crisi climatica porterà a flussi sempre più consistenti di persone in fuga da città calde e invivibili, a cercare rifugio in luoghi più freschi e temperati che per il nostro Paese potrebbero essere le regioni alpine. Negli Stati Uniti si sta iniziando a parlare di “gentrificazione climatica” (Keenan et al. 2018) e sui giornali appaiono annunci di municipalità che si presentano come “rifugio climatico” in cui progettare la propria residenza al riparo dai cambiamenti del clima (Pierre-Louis, 2019). Non è da escludere che le montagne diventeranno in futuro i luoghi dove fuggire dalle ondate di calore durante l’estate e che anche questo fattore concorrerà ad accentuare il fenomeno demografico già in atto. Il problema sta nel fatto che la montagna del futuro potrebbe essere un luogo molto meno ospitale di come si presenta oggi, con una molto minore capacità di sostenere una crescita demografica a causa della scarsità delle risorse idriche e alimentari.

Questo lavoro si è proposto di fungere da strumento ad aspiranti agricoltori di montagna, per comprendere meglio le dinamiche che riguardano l’insediamento nel settore primario nel contesto alpino. Uno sguardo, attraverso l’esperienza di giovani e le riflessioni da questi

50 sollecitate, sulle potenzialità ma anche sulle difficoltà e criticità nascoste dietro alle prospettive bucoliche di una vita in una cartolina. La poca bibliografia presente su questo tema mostra che ancora poco è stato studiato e capito. I lenti segnali che provengono dal mondo delle istituzioni dimostrano tuttavia un interesse crescente e una consapevolezza sempre maggiore: in molti PSR sono stati inseriti premialità superiori per gli insediamenti in montagna e normative di riguardo nei confronti delle maggiori difficoltà riscontrate nella produzione alpina. La legge sui Piccoli comuni (158/2017) così come la legge sulle Associazioni Fondiarie In Piemonte (L.R. 21/2016) sono esempi di come le istituzioni possano favorire il processo di ritorno alla terra in montagna. Tuttavia, abbiamo visto come i problemi da affrontare sono molti e si renda necessaria un approccio integrato nella pianificazione per le terre alte, non solo rivolta alla gestione delle singole emergenze attuali ma anche capace di uno sguardo globale sull’universo alpino, tenendo anche conto dei probabili scenari futuri. L’analisi delle minacce e delle opportunità che vengono dall’esterno e dei fattori endogeni, in termini di punti di forza e di debolezza della giovane agricoltura di montagna, hanno permesso, in conclusione, di realizzare un’analisi SWOT che mira a riassumere le strategie che i giovani agricoltori dovranno mettere in atto. L’analisi è schematizzata nella tabella 2.

Abbiamo compreso chi sono e cosa vogliono i giovani agricoltori di montagna. Quello che sono disposti a fare per risollevare il loro territorio ce lo mostrano quotidianamente al prezzo di enormi fatiche. Starà a chi governa, a chi acquista, a chi li circonda fare la differenza per spianare simbolicamente i pendii in cui i giovani si muovono e mettere la montagna in condizione di ricominciare a vivere nel modo più rispettoso della natura e degli esseri umani che ne fanno parte.

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Tabella 2 - Analisi SWOT

Fattori endogeni

Fattor

i es

ogen

i

Punti di forza: Attitudine alla cooperazione

Attitudine all’innovazione Capacità comunicative

Interesse per la qualità del prodotto Rispetto per il territorio

Legame con le tradizioni

Debolezze:

Inesperienza tecnica

Ridotta consapevolezza delle difficoltà Mancanza di capitali da investire Dipendenza dai contributi pubblici Costi di produzione elevati

52 Opportunità:

Marchi collettivi Contesto territoriale attrattivo

Nuove filiere nascenti Vecchie filiere già attive Aumento degli attori presenti

Crescita dell’attenzione del consumatore

Incentivi pubblici per i giovani

Nuovi mercati

Presenza di istituti di ricerca

Strategie F-O

fare rete tra le aziende per sviluppare filiere diffuse

favorire l’ingresso di nuovi agricoltori all’interno delle

reti e promuovere l’insediamento agricolo

sfruttare la fama delle produzioni tipiche per

avvicinare consumatori sensibili

sfruttare il potenziale dei prodotti di montagna riducendo la distanza tra produttore e consumatore e veicolando una nuova idea della qualità di tali prodotti, sviluppando così economie maggiormente integrate nelle caratteristiche (evolutive) del territorio

conciliare l’innovazione con la tradizione

sfruttare gli incentivi pubblici per potenziare le filiere e la collaborazione tra le aziende

stimolare gli istituti di ricerca a proporre soluzioni innovative ad hoc per il contesto locale.

Strategie D-O

fare rete tra le aziende per ridurre gli investimenti necessari

appoggiarsi a strutture e aziende presenti sul territorio per delegare le operazioni più onerose e particolari

ricorrere a contoterzisti per evitare investimenti in

meccanizzazione

acquisire conoscenze ed esperienza lavorando in altre aziende

sviluppare business plan realistici e concorrere a finanziamenti pubblici per piccoli investimenti e con gradualità

ricercare altre forme di crowdfunding solidale tramite le reti di consumatori consapevoli (GAS, GAT)

puntare sul rapporto diretto con il consumatore per educarlo rispetto al rapporto costo/plusvalore ecosistemico dell’agricoltura di montagna

approfittare di programmi formativi offerti dagli

53 Minacce:

Cambiamenti climatici Nuove minacce biotiche e abiotiche

Ostacoli amministrativi Concorrenza con aziende più grandi

Concorrenza sleale legata a truffe

Diffidenza del contesto sociale locale

Frammentazione fondiaria

Strategie M-F

sfruttare l’attitudine all’innovazione per sviluppare sistemi agricoli resilienti basati sulla diversificazione genetica e produttiva

fare rete tra le aziende per promuovere il

superamento degli ostacoli amministrativi e delle condizioni politiche che permettono le truffe

mantenere un buon rapporto con le tradizioni per

vincere la diffidenza della collettività locale

collocarsi su mercati innovativi basati sulla vendita

diretta (es. attraverso GAS) per valorizzare al meglio i prodotti

interagire con le amministrazioni locali, le comunità e i consorzi per promuovere il riordino fondiario e esperienze di ASFO.

Strategie D-M

puntare su un’agricoltura dinamica basata sulla multifunzionalità e sulla diversificazione

investire su una buona preparazione tecnica

investire sullo sviluppo di consapevolezza delle

minacce del cambiamento climatico sul contesto alpino

essere aperti all’innovazione dei processi produttivi

sviluppare rapporti di cooperazione con gli altri attori

coinvolgendo le istituzioni

investire nelle relazioni positive con la popolazione locale mantenendo una presenza commerciale e sociale sul territorio

collaborare con gli enti pubblici per influenzare scelte di governo del territorio al fine di aumentare i servizi e le infrastrutture che permettono di superare gli ostacoli.

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Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 51-58)