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I fattori chiave per lo sviluppo della strategia aziendale

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 41-46)

4 L’analisi dei casi studio

4.3 Analisi dei risultati emersi per aree tematiche

4.3.2 I fattori chiave per lo sviluppo della strategia aziendale

Al fine di individuare gli elementi determinanti per lo sviluppo di una strategia aziendale si sono utilizzati i consigli dei giovani agricoltori al fine di unirli in un’unica voce che tracci la linea delle buone prassi per il successo aziendale. È da considerare che i consigli dati dagli operatori emergono alla luce di un’esperienza diretta, da fatiche fatte e anche da errori compiuti nel corso della propria storia, rappresentano perciò un’occasione e uno strumento importante per trarre conclusioni sulle scelte da intraprendere per sviluppare una corretta strategia aziendale.

La condivisione dell’impresa

Uno dei primi fattori che emerge è la necessità, dei giovani agricoltori, di condividere il lavoro e le scelte imprenditoriali con qualcuno. Avere uno o più soci appare spesso come un fattore determinante per il successo dell’azienda. Sono molti i giovani che decidono di avventurarsi nell’impresa agricola in solitaria. Nelle fasi iniziali è sicuramente più agile essere da soli, scegliere il dove e il cosa, dipende tutto dalle proprie forze e dai propri interessi. Non serve scendere a compromessi e non bisogna confrontarsi con le altrui ambizioni e necessità. Più si è più si è lenti. Spesso inoltre, è proprio il desiderio di indipendenza a spingere i giovani a cominciare un’attività da zero in luoghi anche isolati. Le imprese individuali spiccano per numerosità nel campione. Tuttavia, con il passare degli anni e dei primi momenti di euforia, sono proprio questi imprenditori a confermare di aver sottovalutato l’importanza della complicità con dei soci. Il lavoro è molto, il tempo libero è poco e la qualità della vita dei giovani agricoltori non regge il confronto con quella di amici e coetanei con molto più tempo e autonomia economica. Soprattutto chi scommette sulla zootecnica, spesso, accusa la fatica e la mancanza di tempo libero: “Se hai un socio puoi darti il cambio. Un giorno o due puoi portare la famiglia al mare. Saranno cinque o sei le volte che non ho munto io gli animali, menomale che mio padre ogni tanto mi aiuta sennò dovrei venire anche quando ho la febbre.” Oltre al tempo libero e alla fondamentale possibilità di avvicendarsi nella gestione dei lavori pratici, un socio appare necessario anche per condividere le scelte imprenditoriali e per raggiungere in modo più rapido obiettivi aziendali difficilmente raggiungibili da un singolo individuo. Un altro fattore che viene a volte sottolineato è l’angoscia dei giovani agricoltori rispetto alla possibilità di costruire una famiglia in futuro. Non è da tutti sopportare lo stile di vita che comporta la gestione di un’azienda agricola. Dietro un’immagine bucolica si nascondono sacrifici e spesso difficoltà economiche. Arriva un momento in cui i giovani, che hanno scelto l’agricoltura, si domandano se troveranno una donna o un uomo che, oltre a scegliere loro, sceglierà il di vivere in quel modo e in quel luogo. La solitudine dei montanari è qualcosa di già visto sulle Alpi e,

38 anche se la montagna sta cambiando, è bene tenere in considerazione un tema delicato da cui sono dipese le sorti della precedente generazione di alpicoltori. Anche per questa ragione, forse, in diversi, all’interno del campione analizzato, scelgono l’attività aziendale come lavoro familiare: marito e moglie decidono di dedicarsi, insieme alla conduzione dell’impresa agricola. Questa scelta appare migliore della scelta solitaria anche se alla coesione dei soci dell’impresa si deve sovrapporre la coesione dei coniugi della famiglia. In questo caso la scommessa è duplice, sarà la famiglia a dover sopportare le fatiche della scelta agricola senza uscirne logorata. Anche in questi casi viene spesso sottolineata la difficoltà di emanciparsi dalle incombenze aziendali che sconfinano in modo invadente negli spazi della vita privata familiare, con l’aggravante che spesso le rendite economiche di un’azienda agricola sono insufficienti a mantenere una famiglia. La strategia che, alla luce delle interviste è emersa come vincente è quella che si colloca in una combinazione intermedia tra le possibilità. Aziende formate da più soci i cui coniugi svolgano un lavoro prevalentemente o del tutto esterno sono le realtà cui in tanti ambirebbero. La diversificazione dei redditi e la maggiore autonomia della famiglia dall’ambiente aziendale facilitano l’esistenza e la sopravvivenza alle imprese di montagna. Non è un caso che le realtà, intervistate che manifestano una maggior tranquillità economica e sociale siano quelle gestite da una molteplicità di soci non legati da un rapporto coniugale. La pianificazione degli investimenti

Un secondo tema, molto citato nei consigli dei giovani imprenditori è quello relativo alla pianificazione degli investimenti. In particolare, sembra che l’aspirante agricoltore all’inizio dell’attività si trovi di fronte a una scelta, spesso mediata da una molteplicità di fattori, tra il ricorso a misure di credito e il ricorso alle proprie finanze, spesso risicate e investite in lavori in economia. In questo tema rientra ovviamente anche l’universo dei finanziamenti europei per il sostegno all’imprenditoria giovanile agricola. La scelta di ricorrere a misure di finanziamento esterne è influenzata dalle ambizioni, dai business plan di ogni singola azienda e da una grande variabilità di considerazioni, tuttavia, come emerge in diverse interviste, alcuni agricoltori pongono delle criticità che è utile analizzare. Il ricorso ai finanziamenti del PSR è spesso un fattore determinante per lo sviluppo delle nuove aziende agricole: il sostegno agli investimenti per chi non ha mezzi e strutture in partenza è un’occasione molto attrattiva. Tuttavia, è bene considerare attentamente le implicazioni che l’uso di questi strumenti comporta, in particolare rispetto al peso degli investimenti sostenuti. Alcuni degli imprenditori intervistati esortano alla cautela, nelle fasi iniziali, consigliando di non farsi prendere dalla smania di investire in business plan che sono del tutto astratti e che si basano su modelli teorici e previsioni ottimiste. Partire con debiti molto ingombranti significa non poter sbagliare nulla in futuro e dover produrre reddito con la spada di Damocle degli istituti di credito che pende sul proprio arbitrio imprenditoriale. Procedere un “passo alla volta”, non fare “il passo più lungo della gamba”, non “pensare che i finanziamenti siano risolutivi” e pianificare attentamente gli investimenti sono adagi che indicano la strada più prudenziale da percorrere.

Non sono poche le aziende che, al fine di guadagnare punteggio nelle graduatorie, si sono lasciate convincere dai consulenti a sottoscrivere combinazioni di misure di finanziamento, sottoponendosi a investimenti elevati resi, in corso d’opera, ancora più gravosi da normative stringenti, da preziari ottimisti e dalle ostilità morfologiche del territorio. Questi giovani si sono trovati negli anni iniziali della propria esperienza aziendale, a guardare il risultato dei propri

39 investimenti (stalle, fienili, magazzini) non con soddisfazione ma con il pensiero dei debiti da saldare e con l’angoscia del fallimento, sentimenti che non giovano certo allo spirito imprenditoriale.

Viceversa, ci sono molti imprenditori che, grazie alle proprie capacità, alla presenza di soci, alle maggiori possibilità finanziarie iniziali, ad una sfiducia nel credito esterno, hanno scelto di sostenere all’inizio gli investimenti minimi, indispensabili per cominciare (l’acquisto di macchinari usati o investimenti di filiera), rimandando gli investimenti maggiori e spalmandoli nel tempo. In questi casi i tempi dello sviluppo delle aziende sono sicuramente più lunghi e dilatati e, sebbene non permettano magari rapidi rientri economici e producano maggiori dipendenze nei confronti di terzisti e strutture esterne, permettono per contro di valutare con calma le reali necessità degli investimenti al momento in cui si presentano e non in maniera approssimativa e aprioristica. Chi proviene da un mondo esterno alle dinamiche del lavoro agricolo spesso non ha l’occhio per il lavoro e non ha idea di cosa in futuro gli servirà e cosa sarà superfluo. È bene dunque, come molti consigliano, procedere con calma e approfittare dei finanziamenti soltanto dopo aver valutato con calma e con l’esperienza la reale necessità degli investimenti. Il premio di Primo insediamento del PSR viene erogato esclusivamente ad aziende che abbiano iniziato la propria attività da meno di un anno. Questo requisito inevitabilmente impone al richiedente di pianificare spese ed interventi per i quali spesso risulta inesperto. Anche per questo motivo è opportuno rivolgersi a consulenti esperti e particolarmente preparati rispetto al settore in cui si colloca l’azienda. Se si decide di iniziare un’attività che opera in un settore poco rappresentato sul territorio è probabile che gli operatori attivi non siano sufficientemente esperti e che magari sia opportuno rivolgersi a enti di altri territori per ricevere la giusta assistenza. Anche fare pratica in aziende sviluppate aiuta a capire quali sono le infrastrutture imprescindibili da sviluppare nel breve periodo e quali invece possono essere rimandate perché utili ma non strettamente indispensabili. Appare chiaro quindi che il primo investimento da pianificare è quello sulla propria esperienza, lavorando, visitando aziende e partecipando ad eventi di incontro e scambio di informazioni all’interno del settore. Questo è uno dei consigli spesso citato che si colloca come fattore chiave per lo sviluppo della strategia aziendale.

La cooperazione

Le difficoltà per l’azienda di montagna non sono poche ma il fatto che molte aziende sul territorio soffrano delle stesse problematiche suggerisce una soluzione. È già stato discusso di come le aziende giovani siano, in generale, maggiormente portate alla cooperazione rispetto a quelle gestite da personale anziano. I giovani si insediano spesso con l’obiettivo di valorizzare il territorio e non unicamente per il proprio guadagno e la propria realizzazione personale. Questo fattore aiuta a generare uno sguardo di insieme sulle problematiche del contesto montano di cui tutte le aziende soffrono ma a cui difficilmente si può far fronte individualmente. Da qui la maggiore attitudine a sviluppare reti di collaborazione tra le aziende agricole giovani, pensare nuovi canali commerciali, occupare insieme gli spazi lasciati vuoti per il bene di tutti. Molte aziende incontrate durante l’intervista partecipano a progetti collettivi di valorizzazione delle produzioni, mercati, associazioni di produttori. Questi spazi spesso si sviluppano all’esterno delle strutture classiche e sviluppate presenti sul territorio; è come se i giovani cercassero di cooperare lontani dalle logiche degli agricoltori più anziani, più fossilizzate e

40 ricche di rigidità e competizione. I giovani soffrono della competizione tra le aziende e dell’ottusità di certi schemi mentali vecchi che permeano i settori produttivi storici della montagna. La cooperazione, la condivisione dei risultati e dei metodi emergono come la ricetta del futuro per riscattare la montagna. I giovani si conoscono tutti, anche se divisi da valli o catene montuose, sanno che il problema dell’altro è uguale al loro e sanno che cooperando potranno superarlo più facilmente. Sviluppare e mantenere un sano rapporto di cooperazione, acquistare insieme i macchinari, scambiarsi manodopera e mezzi, organizzare filiere, scambiarsi i prodotti sono strategie vincenti per la montagna di portata rivoluzionaria. Vanno considerati valori e fattori chiave per la progettazione della strategia aziendale. Su questi le politiche dovrebbero investire in modo prioritario.

La diversificazione e la multifunzionalità

Un altro fattore chiave per lo sviluppo di un’azienda solida è rappresentato dalla diversificazione colturale e dalla pianificazione di una multifunzionalità. L’imprevedibilità climatica, individuata come minaccia da molti agricoltori, rappresenta un ostacolo per il quale è fondamentale disporre di strategie di difesa che aumentino la resilienza dell’azienda agricola tamponandone gli effetti inevitabili e drammatici. La diversificazione colturale e delle fonti di reddito è una risposta efficacemente collaudata. Molte delle aziende intervistate fanno ricorso a un’ampia diversificazione sfruttando le occasioni che il territorio offre. È così che si accoppia l’orticoltura, alla produzione di pollame e uova; l’allevamento alla produzione di piccoli frutti; l’apicoltura alla vendita di ortaggi. Quasi tutte le aziende intervistate hanno almeno due produzioni diverse. Anche l’agriturismo e le attività di agricoltura sociale sono rappresentati, numerosi sono gli agri tour che uniscono la produzione di cibo allo sviluppo di strutture per l’ospitalità, e diverse sono le iniziative sviluppate dalle aziende per socializzare l’agricoltura. L’utilizzo di animali per passeggiate e trekking, laboratori nell’orto, asili e scuole in fattoria. L’offerta di beni e servizi spazia attraverso un vasto range di potenziali nicchie per differenziare il più possibile l’economia aziendale.

La diversificazione, unita alla multifunzionalità, è un’opzione consigliata e che sempre di più dovrà essere adottata dalle aziende che vorranno sopravvivere in un ecosistema squilibrato fatto di annate pessime e avversità biotiche e abiotiche sempre più sconvolgenti e deleterie. Unitamente a questo è bene progettare sistemi aziendali tenendo conto del possibile inasprirsi delle condizioni climatiche. Le nuove aziende si sviluppano in un’epoca di pesante crisi dell’ecosistema in cui le certezze relative all’andamento stagionale vengono meno e l’intensificarsi di fenomeni estremi riduce la possibilità di pianificare strategie difensive per le produzioni agricole. È bene progettare le aziende del futuro dotandole di strutture difensive efficaci, immaginando gli scenari peggiori. Un esempio è quello degli allevatori della Provincia di Trento che stanno fronteggiando l’imprevedibilità stagionale introducendo nei loro fienili impianti di essiccazione per la disidratazione in azienda dei fieni sfusi. La gestione efficiente dell’acqua, la difesa dalle avversità biotiche, la protezione da eventi atmosferici dannosi, così come la programmazione di piani colturali flessibili e che tendano alla massima resilienza sono fattori chiave di primaria importanza nello sviluppo della strategia aziendale.

41 La scelta del luogo e del modo di starci

Un altro tema spesso messo a fuoco dagli imprenditori nei loro consigli è quello della scelta del luogo in cui insediarsi. Sono molti i fattori che concorrono a determinare la scelta del posto più adatto. Spesso, come suggerito nel capitolo precedente, sono motivazioni legate al contesto sociale in cui si è cresciuti o motivazioni familiari. Tuttavia, raccogliendo gli stimoli forniti dagli agricoltori nei loro consigli, si sottolinea il fatto che la scelta del luogo in cui sviluppare un’attività produttiva deve essere compiuta in relazione a cosa, ragionevolmente, si prevede di produrre. Il territorio montano è un contesto provvisto di forti barriere morfologiche e geografiche e la progettazione di un’attività economica deve considerare necessariamente questi aspetti. Molte aziende lamentano la distanza di elementi della filiera essenziali rispetto al proprio centro aziendale. La lontananza o l’assenza sul territorio di macelli, centrali del latte, laboratori di trasformazione, centri di analisi, sono ostacoli rilevanti che spesso influiscono sulle scelte aziendali dei gestori, costringendoli a rinunciare a comparti produttivi o a scelte di internalizzazione per evitare gli oneri necessari per raggiungere strutture lontane.

Anche la vocazione del luogo individuato in relazione alle strutture necessarie alle attività produttive deve essere considerata attentamente in fase preliminare. Molte volte si incontrano situazioni in cui, per far fronte a necessità di spazi e strutture, ci si è scontrati con altissimi costi di rimodellamento del territorio, sbancamenti e movimenti di terra. Costruire strade, stalle, magazzini, laboratori è costoso già di per sé, se si rende necessario scavare la montagna per ricavare lo spazio per queste opere i costi lievitano e i prezziari per il computo dei finanziamenti sono spesso sottostimati. Capita sovente di incontrare aziende che ammettono che la voce di spesa più onerosa per la costruzione di strutture aziendali sia stata rappresentata dallo scavo per la realizzazione del piano su cui edificare e, spesso, gli imprenditori raccontano di essere rimasti sorpresi non aspettandosi, in principio, le conseguenze economiche di tali operazioni. Questo tema vuole sottolineare l’esigenza di trovare un compromesso tra le necessità dell’uomo e l’essenza della montagna. Le vallate alpine sono state rese coltivabili dal lavoro dei nostri antenati. Lavoro e fatiche inimmaginabili che hanno modificato il territorio creando superfici pianeggianti sui dirupi, strappando terra dalle rocce e le rocce dalla terra. Questi interventi faraonici oggi sarebbero spesso giudicati come antieconomici e quei luoghi sarebbero lasciati alla natura dall’uomo moderno. Le aziende agricole ancora oggi si trovano di fronte agli ostacoli della montagna, ma è bene che sappiano che pretendere di modellarla a seconda delle proprie esigenze ha un costo elevato e che forse sarebbe più conveniente, economico, e in generale più sensato sviluppare strategie aziendali moderne, che si adattino al territorio senza pretendere di sconvolgerlo radicalmente.

La forza della motivazione

L’ultimo fattore de esaminare, ma che forse è il primo da considerare al momento della scelta di intraprender l’attività agricola, è la forza della motivazione. Le aziende agricole di montagna sono in difficoltà. Il pionierismo che le caratterizza le pone continuamente a contatto con difficoltà e sfide. I primi anni in particolare sono i più duri, quelli in cui tutto è da creare, alcune cose sono da distruggere e tante da rifare. Le normative spesso sono d’intralcio, i capitali da investire finiscono presto, la vita agricola, soprattutto per chi viene da fuori, è dura e i sacrifici sono molti. La consapevolezza di questi aspetti non può venire celata da un’immagine bucolica

42 della vita in campagna. Chi decide di investire sulla terra alta deve crederci ed essere guidato da una grande passione per il proprio lavoro al punto da non percepirlo quasi come tale. Uno dei consigli riportati dice: “Mai mollare e considerare di non avere un piano b”; questo è possibile se si ha la consapevolezza che la vita, sulle terre alte, non sia regalata ma che al prezzo di sforzi quotidiani conceda piccole ma preziose soddisfazioni.

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 41-46)