• Non ci sono risultati.

Il ruolo del contesto istituzionale e delle politiche

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 48-51)

4 L’analisi dei casi studio

4.3 Analisi dei risultati emersi per aree tematiche

4.3.4 Il ruolo del contesto istituzionale e delle politiche

I giovani agricoltori di montagna confidano nella politica. Sperano che essa mantenga al più presto le promesse, tanto propagandate, di rilancio delle vallate alpine tramite misure concrete. Chi fa agricoltura in montagna sa cavarsela da solo, è abituato a risolversi i problemi con i pochi mezzi che ha a disposizione e cerca il più possibile di non chiedere niente a nessuno. Tuttavia, la società di oggi non è quella di cinquant’anni fa ed essere un’azienda agricola oggi vuol dire rispettare normative oppure cessare l’attività. Il rispetto delle regole però ha costi spesso elevati e se la montagna deve rispettare le stesse regole di territori più ricchi e avvantaggiati resterà indietro un’altra volta e alle promesse non seguirà il sostegno annunciato. Sta ai legislatori sviluppare formule che colmino i divari e pongano tutti su un livello di parità, riconoscendo agli agricoltori di montagna il merito di custodire e difendere un territorio prezioso per tutti. Questo sostegno non potrà tuttavia basarsi solo su pagamenti e iniezioni di denaro, che molto spesso portano allo sviluppo di sistemi malati con logiche di dipendenza e accaparramento di aiuti al fine del profitto. Da dovrà anche provvedere a creare un substrato normativo che agevoli le piccole produzioni e permetta a gli enti locali di fornire servizi e infrastrutture vitali per una qualità della vita moderna anche in montagna.

Le politiche che favoriscono l’accesso a finanziamenti per i giovani agricoltori sono una risorsa di grande utilità, è dimostrato dal frequente ricorso che si fa, anche all’interno del campione d’analisi, alle misure del PSR. Tuttavia, l’abbondante numero di agricoltori critici o insoddisfatti dell’esperienza con queste forme di sostegno indica che qualcosa possa essere migliorato. Una delle problematiche, relative a questo tema, molto spesso emersa, è quella legata all’esclusione dalla possibilità di partecipare ai bandi per via della mancanza delle superfici minime per il raggiungimento della Produzione Standard. Il Piano di Sviluppo Rurale

45 afferma che: “devono essere soddisfatte al momento della presentazione della domanda le soglie minime e massime definite in conformità dell’articolo 19, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1305/2013. Le soglie minima e massima per l’ammissibilità delle aziende agricole al sostegno verranno calcolate in base alla produzione standard di cui al regolamento (CE) n. 1242/2008, articolo 5”. Le tabelle della Produzione Standard infatti stabiliscono, su base regionale, valori di Produzione Standard/ha che sono utilizzati come parametro di ammissibilità per le aziende in tutto il territorio regionale, senza distinzione tra pianura, collina e montagna. Rispetto al caso della montagna, in particolare, il parametro non tiene conto della potenziale valorizzazione che un prodotto agricolo di montagna può raggiungere anche se prodotto in piccole quantità e, inoltre, è cieco di fronte alla difficoltà di reperire superfici elevate nei contesti agricoli alpini. Questo mette ben in evidenza come una normativa uniforme, che non tiene sufficientemente conto delle differenze tra i territori, crei svantaggio alle aziende di montagna rispetto alle aziende di pianura. Un’altra implicazione negativa emersa da diverse interviste nell’areale di Trento mostra come ad aggravare questo fenomeno vi siano anche logiche di interesse da parte dei proprietari dei terreni, i quali, essendo beneficiari del contributo per lo sfalcio dei pascoli, sono restii a concedere regolari contratti d’affitto per i terreni che tuttavia sono ben felici di cedere a giovani allevatori per esonerarsi dallo sforzo del mantenimento. In questo modo molti proprietari di fatto impediscono ai giovani agricoltori di inserire nel proprio fascicolo aziendale i suddetti terreni, e molti giovani, oltre a non poter beneficiare del premio per lo sfalcio eseguito, si vedono costretti a rinunciare alla domanda di insediamento per l’assenza delle superfici per le produzioni standard. Questo è un esempio di come le istituzioni frenino lo sviluppo di un sistema sano a seguito degli effetti secondari di misure che dovrebbero avere come fine la tutela del territorio.

Un tema molto discusso all’interno del settore è quello della speculazione sulle misure di pagamento diretto perpetrate da operatori che guadagnano le indennità compensative o le misure greening non contribuendo al mantenimento del territorio. È spesso balzato alla luce della cronaca il lamento delle popolazioni agricole di montagna nei confronti degli scandali sui “pascoli d’oro”, in cui si raccontava dell’invasione dei pascoli alpini da parte di grandi aziende di pianura. Il meccanismo è tristemente semplice: per soddisfare gli obblighi del greening previsti dalla PAC 2014-2020 molte aziende includono nella superficie aziendale grandi aree EFA rappresentate da pascoli alpini che vengono affittate per diversi anni (il contratto base è in genere di 6 anni) tramite aste in cui le aziende speculatrici hanno molto più potere economico rispetto alle aziende locali. Questo sistema, favorito da Comuni che non si dotano di strumenti normativi adeguati ad impedire l’accesso da parte di soggetti esterni al territorio montano, produce l’esclusione delle piccole aziende di montagna e il degrado del territorio che spesso non viene presidiato o viene sottoutilizzato, con compromissione della sua produttività negli anni successivi. Anche questa situazione è frutto di un sistema politico che ancora dà molta importanza al ruolo dei pagamenti diretti agli agricoltori, provocando spesso squilibri e speculazioni da parte di un mondo agricolo che persegue logiche lontane da quelle di chi oggi investe realmente le proprie risorse sul territorio di montagna.

Un altro tema che scalda i giovani agricoltori, relativamente ai finanziamenti per l’insediamento, è quello dei prezzari regionali che sono utilizzati per la redazione del computo metrico estimativo delle opere ammesse a finanziamento da parte del PSR. Questi prezzari

46 riuniscono al loro interno le voci di costo unitario relative ai costi ammissibili previsti dalle misure del PSR, in relazione a opere di varia natura che possono riguardare il settore agricolo comprese le opere edili. È attraverso di essi che si generano storture che creano difficoltà alle piccole imprese. È ad esempio spesso sottolineato come questi prezziari siano molto ottimistici rispetto ai costi delle operazioni, tanto che le aziende spesso vedono crescere notevolmente l’onere complessivo della spesa rispetto a quanto stimato. Le cause sono legate sicuramente alle condizioni del territorio montano e alle difficoltà di descrivere con metodi standard la variabilità che un contesto montano può offrire. Tuttavia, alcuni prezzari includono la possibilità di incrementare i costi delle operazioni nel caso di accessi sfavorevoli o luoghi inaccessibili tamponando in parte le difficoltà. Un caso che fa molto discutere è quello del prezzario di riferimento della regione Piemonte all’interno del quale, ai prezzi unitari delle opere, è sottratta la parte dell’importo relativa alle spese generali e agli utili d’impresa, in misura del 24,30%, in ragione del fatto che molte opere, nel settore agricolo, sono svolte direttamente dal conduttore dell’azienda che quindi non deve incassare utili di impresa. Il disappunto è dovuto al fatto che all’interno del prezzario piemontese sono inserite anche le opere edili per le quali il conduttore dell’azienda ha l’obbligo di ricorrere ad un’impresa con regolare licenza alla quale assegnare la gestione dei lavori. È così che, per le operazioni più onerose, il giovane imprenditore deve considerare di veder sostanzialmente ridotta la percentuale di contribuzione inizialmente dichiarata da parte dell’ente finanziatore. Quello della regione Piemonte è un caso esemplare delle dinamiche, legate alle politiche, che portano i giovani a dichiararsi insoddisfatti della loro esperienza con queste misure, tanto da invitare alla prudenza e alla diffidenza i giovani colleghi che si apprestano a farne ricorso.

I contesti alpini sono preziosi anche perché ricchi di peculiarità paesaggistiche, sia negli ambienti naturali ché in quelli artificiali. Le borgate e i paesi sono esempi di come l’uomo abbia adattato la forma delle proprie comunità al territorio montano, creando esempi di rara bellezza ed armonia con il paesaggio naturale. Se l’intenzione delle politiche è di opporsi alla gentrificazione e di restituire una funzionalità dignitosa ai nuclei antichi è importante che si adattino le normative alle peculiarità dei contesti montani individuando formule che preservino gli obiettivi delle norme conciliandoli con l’importanza di una produzione in loco. Il consumo di suolo, tramite la costruzione di nuovi fabbricati, è un fenomeno che il territorio montano deve evitare ad ogni modo. Tuttavia, spesso le normative bollano come inadeguate le strutture antiche preesistenti, impongono modifiche impossibili, condannano al ruolo di cimeli e musei strutture che ancora potrebbero svolgere il compito che hanno svolto per secoli. I ricoveri per gli animali sono troppo bui, le cantine hanno altezze inadeguate, mancano vasche per i liquami, superfici aereo illuminanti, i servizi, gli accessi disabili, tutto deve essere riprogettato e piastrellato. Legno e pietra che per millenni hanno rappresentato l’alpha e l’omega della manualità contadina, dall’edilizia all’utensileria, sono esclusi dalle normative e condannati al museo. Spesso queste condizioni risultano insuperabili e i giovani decidono di costruire ambienti ex novo snaturando il paesaggio e consumando suolo prezioso, consegnando gli antichi locali alla memoria e alla tristezza simbolica di episodiche rievocazioni storiche degli antichi costumi. La tradizione alimentare della montagna è il ciclo chiuso e l’autoproduzione, i montanari si approvvigionavano in loco di tutte le risorse necessarie alla sopravvivenza e rari erano alimenti e materie prime che dovevano provenire dall’esterno. Un pregio dei sistemi

47 alpini è proprio questo, la tradizione di un’economia incredibilmente circolare. Oggi è il momento di costruire riferimenti normativi che spianino la strada da ostacoli, che dispensino gli imprenditori da fare chilometri per macellare i propri animali o per conferire pochi quintali di frutta ad un laboratorio di trasformazione per portare a casa qualche vaso di marmellata. Non si può nemmeno pretendere, però, che ogni azienda costruisca un suo macello o un laboratorio di trasformazione aziendale sostenendo costi impensabili e sottostando a normative che bocciano le strutture preesistenti tipiche del patrimonio architettonico locale. È importante considerare la peculiarità e variabilità degli ambienti montani e le difficoltà che essi si portano dietro considerando caso per caso le soluzioni migliori per modernizzare senza snaturare una cultura millenaria di cui andiamo fieri nel mondo.

Dal mondo delle istituzioni provengono però anche segnali di speranza e aiuti. Come è già stato abbondantemente sottolineato, uno dei problemi principali dell’agricoltura di montagna è la frammentazione fondiaria. Un esempio di risposta legislativa a questa problematica viene dalla L.R. 21/2016 della regione Piemonte che istituisce l’Associazione Fondiaria: una possibilità per fare fronte alla parcellizzazione del territorio agricolo e forestale tramite l’istituzione di associazioni di proprietari. Questo prezioso strumento legislativo rappresenta un terreno sperimentale importante per i tutti i territori alpini che può essere copiato e replicato in altre zone. Un altro esempio di politiche fruttuose è rappresentato dalla L.R. 20/2012 della Valle d’Aosta relativa al riordino fondiario. Le operazioni di riordino sono portate avanti dai Consorzi di Miglioramento Fondiario che hanno permesso, grazie ad azioni di accorpamento di lotti, la creazione di appezzamenti unificati e l’installazione su gran parte della superficie prativa Valdostana di impianti di irrigazione. I risultati di queste azioni legislative testimoniano come il territorio montano abbia bisogno di un supporto normativo specifico che premi le sue diversità tamponando e annullando le sue difficoltà.

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 48-51)