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Il ruolo del rapporto con il mercato

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 46-48)

4 L’analisi dei casi studio

4.3 Analisi dei risultati emersi per aree tematiche

4.3.3 Il ruolo del rapporto con il mercato

Come è emerso dai risultati delle interviste la vendita diretta è sinonimo del mercato per la maggior parte delle aziende di montagna. Sono casi abbastanza rari quelli in cui i giovani agricoltori scelgono di conferire il proprio prodotto ad un grossista o ad un consorzio. Questo atteggiamento risulta particolarmente diffuso in aree dove sono presenti marchi di denominazione di origine o settori molto specializzati, come nel caso della Val di Non per le mele o dell’areale della Val di Cembra per il vino. La diffusione di questo tipo di scelta deriva anche dalla presenza sul territorio di una tradizione legata alla cooperazione, molto presente per esempio in Trentino.

Rispetto all’adesione da parte dei giovani imprenditori a marchi collettivi e a denominazioni d’origine emergono una serie di criticità. Molto spesso le aziende non aderiscono per motivi pratici: non rientrano per poco nei territori previsti dai disciplinari o non rispettano requisiti relativi alla provenienza dei foraggi, ma capita anche frequentemente che essi scelgano di produrre alimenti non aderenti alle logiche di standardizzazione di questi sistemi collettivi e desiderino inseguire una tipicità più aziendale che territoriale. I marchi di denominazione di origine spesso sono legati a sistemi produttivi di notevole importanza, legati spesso a mercati lontani dal territorio. I giovani produttori comunemente si impegnano in produzioni di nicchia, dove possano essere ben remunerate anche le piccole quantità e capita che proprio questi prodotti siano sovente non rappresentati dai grandi e storici marchi collettivi. Questo fenomeno, frequentemente richiamato durante le interviste, fa sorgere dei dubbi su come certi sistemi di valorizzazione delle produzioni locali e dello stesso territorio possano in un futuro rappresentare le tendenze e le esigenze dei produttori alpini in questa fase di lento rinnovamento dell’agricoltura di montagna. Nell’ambito della vendita diretta, secondo l’opinione di diversi operatori, pare avere più appeal un prodotto le cui caratteristiche qualitative sono legate all’azienda produttrice, anziché un prodotto con caratteristiche standard, riconoscibili e certificate, che possa essere trovato anche in un centro commerciale.

Il tema del rapporto con il consumatore è di fondamentale importanza. La quasi totalità degli agricoltori intervistati ha un rapporto diretto con il consumatore e si interfaccia direttamente con la vendita. Chiaramente questo comporta degli oneri in termini di tempo e delle capacità da mettere in gioco. Per questo motivo alcune delle aziende scelgono, nelle fasi iniziali del proprio sviluppo, in cui il prodotto è poco e le incombenze economiche e lavorative sono molte, di conferire il proprio latte, la propria uva o la propria carne a soggetti che trasformano e rivendono al consumatore. In questo modo sono risparmiati i tempi, spesso consistenti, dedicati ai mercati o i costi di trasformazione e conservazione, nonché, le difficoltà legate al rapporto con l’acquirente. Alcuni agricoltori hanno appunto manifestato fatica nella vendita, proprio per via della loro incapacità di far comprendere al consumatore il valore aggiunto del proprio prodotto a giustificazione del prezzo maggiore rispetto alla concorrenza. Durante il rapporto diretto di vendita il produttore ha l’occasione di spiegare al consumatore le caratteristiche peculiari dei

43 suoi prodotti, i motivi di un incremento di prezzo, nonché di arricchire il prodotto di numerosi significati simbolici legati alla tradizione a alla storia di chi lo ha realizzato. Il consumatore così porta a casa, insieme al prodotto, una scelta consapevole e un rapporto di fiducia con il proprio produttore. Nel caso in cui la vendita avvenga nei locali aziendali, presso un punto vendita, l’esperienza del consumatore può risultare ancora più arricchita in contenuti e apprendimenti. Si ha il piacere di osservare i fattori produttivi dal vivo, comprendere il contesto territoriale e culturale ed accorciare la distanza, spesso epocale per quanto riguarda i sistemi delle GDO, tra produttore e consumatore.

Tra i canali di vendita diretta particolare significato è rivestito dal sistema dei Gruppi di Acquisto Solidale. I GAS sono gruppi auto-organizzati di consumatori che acquistano collettivamente attraverso una relazione diretta con i produttori, con riferimento a principi etici condivisi (Brunori et al. 2007). Alla base della loro azione c'è primariamente un bisogno di cibo di qualità ad un giusto prezzo, ma c'è anche insoddisfazione e sfiducia nei confronti del sistema di produzione-distribuzione convenzionale e un conseguente desiderio di riacquistare autonomia e controllo sulle proprie scelte di consumo; c'è un bisogno di coerenza tra valori e comportamento; c'è un bisogno di “ripersonalizzazione” e “risocializzazione” dell'atto del consumo; c'è, in molti casi, un bisogno di forme accessibili di partecipazione politica (Rossi e Brunori, 2011). I consumatori, nella partecipazione alle attività di un GAS, devono recuperare/acquisire abilità e conoscenze, ma prima ancora devono aderire a basi diverse di valori e principi e sviluppare senso di responsabilità e solidarietà. Inoltre, spesso devono modificare le proprie abitudini di consumo con influenze spesso legate al proprio stile di vita. Tutti questi cambiamenti, come si è detto, implicano processi di apprendimento. All'intero del gruppo i consumatori vivono questa esperienza collettivamente e quindi l'apprendimento diviene sociale, parte di uno schema comune di pensiero e azione, che rafforza il percorso dei singoli e crea sinergie. Il tema dell’educazione del consumatore è cruciale, molto spesso gli agricoltori lamentano come i consumatori, soprattutto delle aree metropolitane siano ignoranti rispetto ai temi della produzione e alle sue fatiche, pretendendo articoli fuori stagione e prezzi scontati. Il sistema GAS prevede un alto livello di consapevolezza nel consumatore, che è chiamato a porsi nei panni di un intermediario tra sé stesso come consumatore e il produttore. In questo contesto i consumatori imparano nuove regole di consumo (ad esempio, rispettare la stagionalità delle produzioni riscoprendo la varietà dei prodotti e dei sapori stagionali), risolvono i dilemmi che incontrano nello sperimentare le nuove modalità di consumo (es. il prezzo vs. qualità, comodità vs. salute, libertà di scelta e convenienza vs. etica, gusto per sapori artificiali vs. gusto per prodotti naturali) e riflettono su questioni etiche (Rossi e Brunori, 2011). Partendo da questo presupposti è chiaro che il GAS non si configura unicamente come un modo per raggiungere acquirenti lontani che vivono in aree urbane, ma rappresenta un fenomeno che, partendo dall'approccio al cibo, può innescare un processo di cambiamento di mentalità e pratiche in grado di diffondersi anche ad altri aspetti dello stile di vita, contribuendo ad un ulteriore sviluppo di senso critico, creando il terreno per la crescita di cittadinanza e consapevolezza politica.

Nell’ottica di cogliere l’importanza di questi modelli relazionali-commerciali per lo sviluppo di un’economia consapevole e solidale risulta determinante il supporto tecnico da parte delle normative. Evidente appare quanto poco utili siano le attuali forme di intervento, ancora in gran

44 parte espressione di un approccio politico tradizionale di tipo top-down, settoriale e incapace di una visione integrata (es. i vari tentativi di definire uno specifico quadro normativo per i GAS o l'economia solidale, senza agire sulle condizioni che ne favorirebbero lo sviluppo; la frequente interpretazione riduttiva dei bisogni espressi dai consumatori dei GAS). Sempre in una logica di democrazia alimentare, questo fa sorgere la questione di come consentire a queste istanze di cambiamento di emergere e trovare risposta (Rossi e Brunori, 2011).

Appare chiaro come il mercato, nelle sue espressioni di relazione diretta, sia il luogo dove il giovane agricoltore incontra il suo acquirente e si relaziona con esso. Questo incontro è fondamentale per lo sviluppo di una corresponsabilità della gestione della montagna. Il consumatore acquista insieme al prodotto la garanzia della tutela del territorio montano e remunera gli sforzi del produttore nel conservare un ecosistema fragile ed essenziale. È importante quindi che questo rapporto sia il più efficace possibile, nella consapevolezza che la restituzione di fiducia da parte del consumatore si traduce in sostegno economico e condivisione delle istanze della montagna nell’ottica di sostanziare una democrazia alimentare.

Accanto all’impegno degli agricoltori e alla crescita di consapevolezza e responsabilità dei consumatori, l’affermarsi di questi modelli relazionali-commerciali vede comunque anche l’importanza del supporto che può venire da parte delle normative, attraverso la creazione di un contesto favorevole e aperto all’innovazione.

Nel documento Il ritorno alla terra alta (pagine 46-48)