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Modello φ in funzione d

5.3. Conclusioni e sviluppi futur

Le analisi svolte nella presente tesi hanno permesso di identificare delle tendenze significative:

nell’impatto della qualità dell’habitat nel suo complesso nel determinare la condizione corporea individuale e, limitatamente al topo selvatico, la fertilità media;

nell’impatto di tale condizione corporea sulla probabilità di sopravvivenza individuale. Malgrado non sia stato possibile identificare in modo univoco quale o quali risorse ambientali specifiche esercitino la maggiore influenza, questi risultati sono coerenti con precedenti studi condotti sui micromammiferi in paesaggi frammentati; la risposta dei micromammiferi ad un habitat ricco di risorse, in particolar modo trofiche, sembra esplicarsi tramite un miglioramento delle condizioni individuali, con un conseguente aumento della probabilità di sopravvivenza, oppure in un incremento o estensione della durata dello sforzo riproduttivo (Alcàntara & Dìaz, 1996; Lin & Batzli, 2001; Dìaz & Alonso, 2003). La disponibilità di risorse trofiche riveste il ruolo principale nell’influenzare sia la condizione corporea individuale che la fertilità (Zanette, 2000b; Dìaz & Alonso, 2003), ma anche altri parametri legati alla struttura e

127 alla complessità dell’habitat (in particolar modo alla ricchezza specifica e alla densità dello strato arbustivo nel sottobosco) si sono rivelati importanti per le diverse specie. L’incidenza della condizione corporea sulla probabilità di sopravvivenza degli individui sottolinea l’importanza di tali risorse, in quanto la probabilità di sopravvivenza è, insieme alla fertilità, in ultima analisi fondamentale per determinare la persistenza di una popolazione.

É possibile che tali parametri di qualità dell’habitat esercitino a livello del singolo individuo un impatto maggiore di quello legato direttamente alla perdita e frammentazione di habitat (ovvero, all’ammontare di habitat residuo nel paesaggio e alle dimensioni del frammento) (Wolff et al., 1997; Zanette, 2000b). Tuttavia, passando dalla scala dell’individuo a quella della popolazione, la situazione diviene più complessa. L’entità delle relazioni evidenziate può infatti essere spiegata in un’ottica di interazione tra le conseguenze a livello individuale e quelle a livello di popolazione: è possibile che cambiamenti a livello della struttura della popolazione, permessi dalla generale flessibilità demografica dei roditori, riducano o annullino l’impatto delle condizioni ambientali sulla condizione corporea individuale e sullo sforzo riproduttivo. In particolare, in condizioni ambientali favorevoli la diminuzione delle interazioni agonistiche, fenomeni di rilassamento della territorialità, aumento dello sforzo riproduttivo e riduzione dell’emigrazione potrebbero portare a un aumento della densità tale da ridurre il miglioramento della condizione corporea individuale (Dìaz et al., 1999; Lin & Batzli, 2001; Dìaz & Alonso, 2003). A sua volta l’aumento della densità può portare a fenomeni densità- dipendenti, o legati allo sovrasfruttamento delle risorse trofiche (Zanette et al., 2000a), di inibizione dei processi riproduttivi, soprattutto a carico delle femmine giovani o subordinate (Christian, 1971; Montgomery, 1989; Rödel et al., 2004).

La relazione tra parametri di qualità dell’habitat, condizione corporea individuale e probabilità di sopravvivenza, che risulta corroborata sia dalle analisi sui singoli parametri che dai modelli sulla probabilità di sopravvivenza, risulta particolarmente interessante per le sue implicazioni sulle possibilità di conservazione delle specie. In molte circostanze, soprattutto nei paesaggi frammentati europei, i processi di ripristino dell’ammontare totale di habitat finalizzati all’aumento della quantità di habitat disponibile o di ripristino della connettività tra i frammenti non sono realmente attuabili per limiti logistici o finanziari (Mortelliti et al., 2010b); di conseguenza, la possibilità di determinare l’impatto di un insieme di caratteristiche ambientali sui parametri demografici di una popolazione potrebbe permettere lo sviluppo di strategie gestionali e di conservazione più facilmente applicabili, in quanto basate sull’implementazione della qualità dell’habitat piuttosto che sull’aumento della superficie di habitat disponibile o sul ripristino della connettività. Nella formulazione di tali strategie

128 sarebbe però necessario considerare attentamente le diverse implicazioni per le specie generaliste piuttosto che per quelle strettamente forestali, in quanto il solo miglioramento della qualità dell’habitat a livello di risorse trofiche o strutturali rischia di favorire ulteriormente l’affermazione delle specie generaliste nei paesaggi frammentati a discapito di quelle strettamente forestali; bisogna ricordare al riguardo che per le specie generaliste come il topo selvatico i frammenti di dimensioni limitate possono costituire un habitat migliore rispetto a quelli di dimensioni maggiori, mentre la presenza di superfici maggiori di habitat idoneo risulta comunque necessaria per il mantenimento delle specie forestali e delle reti trofiche.

É tuttavia opportuno sottolineare che nella presente tesi non è stata analizzata nel dettaglio l’incidenza della stagionalità sul peso dei singoli individui, poiché le analisi svolte si sono incentrate sui valori di peso medio e di fertilità media; future analisi saranno volte anche a valutare l’incidenza di tale fattore temporale, per separarla da quella dei fattori ambientali nel determinare la condizione corporea individuale (Fig. 5.2).

129

Fig. 5.2. A e B : Grafico esemplificativo dell’andamento nel tempo (sessione n° 1: aprile 2011; sessione n° 2:

giugno 2011 ecc) del peso medio dell’arvicola rossastra nei frammenti boschivi dell’area di studio (A: femmine, B: maschi). Si nota un andamento stagionale, la cui significatività sarà oggetto di future analisi.

A

130 Un ulteriore aspetto di interesse riguarda l’incidenza dei parametri considerati a livello delle singole specie: in base alle loro differenti esigenze in termini di habitat e al loro livello di specializzazione, si era ipotizzato che la specie più specialista (il moscardino) risultasse marcatamente più sensibile alle variazioni di qualità dell’habitat rispetto alle specie terricole, e che anche tra le specie terricole fosse possibile identificare diversi livelli di impatto della qualità dell’habitat in base a un gradiente di specializzazione (con l’arvicola rossastra più sensibile del topo selvatico a collo giallo, a sua volta più sensibile del topo selvatico) (Dìaz et al., 1999; Montgomery, 1989; Saunders et al., 1991).

Tale ipotesi è risultata parzialmente confermata dalle analisi, in quanto la specie più generalista, il topo selvatico, è risultata in effetti essere meno sensibile delle altre sia a livello di variazioni della condizione corporea individuale che a livello di probabilità di sopravvivenza, mostrando la maggior correlazione tra parametri individuali e parametri ambientali di qualità dell’habitat solo a livello della fertilità media; ciò concorda con l’ipotesi di Dìaz & Alonso (2003), secondo cui in questa specie la risposta individuale a un habitat particolarmente favorevole dal punto di vista trofico risiederebbe in un incremento dello sforzo riproduttivo. Riguardo al topo selvatico, è opportuno inoltre ricordare che data la sua flessibilità ecologica esso è in grado di utilizzare come fonte di risorse anche quella che per le altre specie è da considerarsi “matrice”, e che dunque per il topo selvatico risulta maggiormente permeabile, andando ad assumere, in determinate circostanze come ad esempio durante il foraggiamento estivo, un ruolo affine a quello di un habitat sub-ottimale (Alcàntara & Tellerìa, 1991; Dìaz, 1992). Riguardo alle altre specie, è interessante notare che da uno studio precedente svoltosi nel Centro Italia (prov. di Siena) l’arvicola rossastra era risultata più adattabile ad habitat strutturalmente diversi e più generalista di quanto noto dalla letteratura pregressa, in quanto la probabilità di presenza della specie non risultava influenzata dalle caratteristiche strutturali della vegetazione del frammento (Mortelliti et al., 2009b); viceversa nella presente tesi i parametri individuali della specie – condizione corporea e probabilità di sopravvivenza – sono risultati legati alle variabili strutturali, oltre che a quelle trofiche, relative alla qualità dell’habitat. Ciò sottolinea come i parametri individuali e le loro ricadute a livello di popolazione possano differire rispetto alla sola probabilità di presenza della specie, e come gli studi di tipo demografico possano permettere di ottenere informazioni essenziali a stabilire, al di là della presenza, l’effettiva vitalità e permanenza nel tempo delle popolazioni.

Futuri sviluppi della ricerca includeranno approfondimenti sull’andamento stagionale del peso e sull’interazione tra condizioni ambientali temporanee, legate alla stagione, parametri di qualità dell’habitat e parametri individuali, nonché sulle interazioni tra conseguenze a livello

131 individuale e conseguenze a livello di popolazione delle variazioni della qualità ambientale. Sarà necessario approfondire tali temi e consolidare i risultati già ottenuti prima di poter definire nel dettaglio eventuali implicazioni a livello conservativo e gestionale per le specie considerate.

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