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Il concordato preventivo con cessione dei beni e il concordato con continuità aziendale.

Il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, ha delineato due forme distinte di concordato, in controtendenza con la assoluta libertà e autonomia negoziale prevista dagli artt. 160 e 161 l. fall. a seguito degli interventi legislativi del trienno 2005-2007: il concordato con cessione dei beni, regolato all’art. 182 l. fall., e il concordato con continuità aziendale, disciplinato all’art. 186-bis l. fall.

La prima tipologia di concordato a contenuto vincolato è quella del concordato con cessione dei beni. Si tratta di un piano con cui il debitore si impegna a cedere beni di sua proprietà per avere la liquidità necessaria ad

220 DE FERRA G., Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2002, 304; MAFFEI ALBERTI

A., op. cit., 1116.

221 SATTA S., Diritto fallimentare, Padova, 1996, 432; MAFFEI ALBERTI A., op. cit.,

affrontare il pagamento dei debiti d’impresa. Mentre in precedenza il procedimento era assimilabile allo schema previsto dall’art. 1977 c.c., ossia un mandato irrevocabile a gestire e liquidare tutti i beni facenti parte del patrimonio del debitore, senza il trasferimento della proprietà agli organi della procedura o ai creditori222, e prevedeva la nomina di uno o più

liquidatori, nonché di un comitato composto di tre o cinque creditori, ora esso gode di ampia libertà di forme e finalità e la relativa disciplina rimanda sovente alle disposizioni tipiche della liquidazione fallimentare223. Rientrano

ora in questa fattispecie tutti i concordati che prevedano la cessione, anche parziale, di beni del debitore o di beni di terzi messi a disposizione del concordato, a condizione che il ricavato dell’operazione sia destinato al soddisfacimento delle pretese creditorie224.

La finalità dell’attuale concordato con cessione dei beni può essere tanto la liquidazione dell’impresa del debitore, quanto il suo risanamento, ad esempio con la dismissione dei rami aziendali improduttivi nel contesto di una riorganizzazione del business d’impresa225.

222 V. in dottrina BOZZA G., La fase esecutiva del concordato preventivo con cessione dei

beni, cit., 767; in giurisprudenza Cass., 27 luglio 2004, n. 14083, in Fall., 2005, 131; Cass.

11 agosto 2000, n. 10738, ivi, 2001, 781.

223 Si rileva, su quest’ultimo aspetto, che non è mancata l’osservazione su come la

liquidazione concordataria sia stata “fallimentarizzata”: v. AMBROSINI S. - DEMARCHI P.G. - VITIELLO M., op. cit., 256.

224 Per AMATORE R., Il concordato con cessione dei beni, cit., 200, non si è in presenza di

un concordato con cessione dei beni quando “la proposta preveda una cessione traslativa della proprietà alla massa con la creazione di una comunione con indeterminatezza soggettiva” né quando “il trasferimento è in favore di un assuntore che si accolla i debiti”. Secondo LO CASCIO G., Il concordato preventivo, cit., 582, non è qualificabile come concordato con cessione dei beni neppure quello ove i beni del debitore fungano da garanzia per l’adempimento di un concordato da realizzarsi con differenti operazioni, considerato che la liquidazione è solamente eventuale.

225 In questo senso BOZZA G., op. ult. cit., 767; PACCHI S., La riforma del concordato

preventivo. Uno sguardo al passato, in AA.VV., Il nuovo concordato preventivo. Dallo stato di crisi agli accordi di ristrutturazione a cura della stessa, Milano, 2005, 90;

TEDESCHI G.U., op. cit., 544; FABIANI M., Concordato preventivo per cessione dei beni

Gli elementi essenziali del piano sono le modalità e i tempi di esecuzione della proposta. Le prime si hanno con l’indicazione della percentuale di soddisfacimento dei creditori prevista226 o degli accordi per il trasferimento dei beni o delle tecniche di liquidazione degli stessi; mentre i tempi, se non stabiliti dal programma del debitore, possono essere sollecitati dal tribunale con la richiesta di integrazioni al piano.

Ogni indicazione circa il programma deve essere inserita nel piano da allegare al ricorso previsto dall’art. 161, comma 2, lett. e), l. fall.

Se la proposta contiene tutti gli elementi suddetti si parla di “concordato chiuso”. In tutti gli altri casi vi è spazio per integrazioni da parte del tribunale.

Gli interventi del tribunale si limitano al caso in cui il debitore non abbia individuato nella proposta le modalità della liquidazione227, mentre non pare

accettabile l’imposizione di termini per l’adempimento, ove non presenti228.

Con l’omologazione di questa particolare forma di concordato preventivo viene a formarsi un patrimonio separato che è destinato al soddisfacimento dei crediti sorti anteriormente al decreto di apertura della procedura, nonché di quelli sorti legalmente nel corso della stessa. Questo patrimonio è protetto dalle eventuali azioni dei creditori successivi all’omologazione, proprio in quanto vincolato al pagamento degli altri creditori.

Altra novità è il concordato con continuità aziendale inserito all’art. 186-bis l. fall., in quanto figura di concordato “tipizzata e formalizzata”229. Infatti, già

226 L’obbligatorietà dell’indicazione di una misura del soddisfacimento dei crediti nel

concordato con cessione di beni è discussa: vi è chi sostiene l’indispensabilità di questo riferimento a pena di inammissibilità del concordato (v. Trib. Milano, 28 ottobre 2011, su www.ilcaso.it; FERRO M., Commento all’art. 160 l. fall., in AA.VV., La legge fallimentare a cura del medesimo, Padova, 2011, 1724 ss.), chi invece la interpreta come una facoltà (v. per tutti Cass. 23 giugno 2011, n. 13817, cit.).

227 Secondo AMATORE R., op. ult. cit., 203, il tribunale ha “esclusivamente un potere

sostitutivo e integrativo diretto a sopperire alle carenze dell’iniziativa del debitore nella nomina di uno o più liquidatori, del comitato dei creditori e nella indicazione delle modalità della liquidazione”.

228 AMBROSINI S., Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit.,

nella vigenza della precedente normativa, i concordati con prosecuzione dell’attività d’impresa esistevano ed erano leciti: venivano nell'ipotesi definiti “concordati di ristrutturazione” o “di risanamento”230. La vera novità della novella legislativa è rinvenibile nella tipizzazione del concordato con continuità aziendale e nella previsione di una specifica disciplina.

Non tutti i concordati con continuità si possono collocare sotto l’egida dell’art. 186-bis l. fall., ma solamente quelli che prevedano una prosecuzione dell’attività d’impresa231 da parte del debitore stesso o di terzi attraverso la

cessione dell’azienda in esercizio o ancora il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche neocostituite. La dottrina distingue il primo caso della c.d. “continuità diretta” dagli altri due, di c.d. “continuità indiretta” a seconda di quale soggetto imprenditore si prevede proseguirà l’attività d’impresa232.

Vi è spazio anche per quello che generalmente viene indicato come “concordato misto”, laddove – sempre e comunque in presenza dei requisiti di cui sopra – sia prevista la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.

Oltre a quanto appena indicato per aversi un concordato con continuità aziendale, il piano allegato al ricorso deve obbligatoriamente contenere

229 AMATORE R., Il concordato con continuità aziendale, in AMATORE R. - JEANTET

L., op. cit., 276.

230 V. ARATO M., Il concordato con continuità aziendale, in ilFallimentarista.it, 3 agosto

2012. Aggiunge D’ORAZIO L., op. cit., 81, che era diffusa la prassi di presentare “un piano industriale, della durata di un quinquennio, con la prospettiva di conseguire ricavi attraverso la gestione imprenditoriale, non solo per coprire i costi correnti di gestione, ma anche per pagare i creditori concorsuali”.

231 In questo senso LAMANNA F., La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit.,

58, osserva che più che aversi una continuità dell’azienda è corretto riferirsi alla continuità dell’attività d’impresa.

232 V. ex multis LICCARDO P., Commento all’art. 161 l. fall., in AA.VV., Il concordato

preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Commento per articoli a cura di Nigro

A., Sandulli M., Santoro V., Torino, 2014, 51 s. Con un parallelo alla procedura fallimentare ARATO M., Il concordato con continuità aziendale, cit., definisce il concordato con continuità aziendale come una sorta di “esercizio provvisorio” in vista del ritorno in bonis dell’impresa o del suo trasferimento a terzi.

“un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione

dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse

finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura”233. Essenziale è

pure che la relazione del professionista resa ai sensi dell’art. 161 l. fall. attesti che “la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato

è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”; una volta soddisfatti

questi requisiti prescritti dalla legge, il concordato ricade nella disciplina in esame.

Secondo la dottrina l’analisi di costi, ricavi, risorse finanziarie e modalità di copertura dovrebbe estendersi entro un arco temporale pari al tempo necessario all’impresa per ritornare in bonis, se l’esercizio d’impresa rimane in capo al debitore, mentre può arrivare fino al trasferimento, ove sia prevista una cessione o un conferimento dell’impresa stessa234.

Le principali peculiarità di questo tipo di concordato sono individuabili nei benefici indicati dagli artt. 186-bis, commi 3 e 4, e 182-quinquies, comma 4, l. fall., secondo cui “i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito

del ricorso, anche se stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura”. È ammissibile la

partecipazione a gare per la concessione di appalti pubblici con autorizzazione del tribunale e il tribunale può autorizzare il pagamento di crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi essenziali alla prosecuzione dell’attività.

La partecipazione a gare pubbliche è ammessa solo se ricorrono le seguenti condizioni: innanzitutto un professionista in possesso dei requisiti prescritti per l’attestatore ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. deve redigere una relazione sulla conformità al piano e sulla ragionevole capacità di

233 Proprio il fatto che debba essere presentata un’analitica indicazione di alcuni elementi

essenziali del piano porta una parte della dottrina ad escludere la possibilità di presentare una domanda di concordato con continuità aziendale con riserva, mentre altra parte ammette questa eventualità in forza del testo dell’art. 182-quinquies l. fall.: v. LO CASCIO G., Crisi

delle imprese, attualità normative e tramonto della tutela concorsuale, in Fall., 2013, 13.

adempimento del contratto; e poi un operatore avente i requisiti generali, finanziari, tecnici, economici e di certificazione idonei all’affidamento dell’appalto deve dichiarare di impegnarsi a mettere a disposizione per tutta la durata del contratto le risorse occorrenti per l’esecuzione dell’appalto, nonché a subentrare all’impresa ausiliata in caso di fallimento di quest’ultima. L’imposizione di queste condizioni serve a tutelare l’esecuzione delle opere pubbliche, ma consente anche di superare il divieto per l’impresa concorrente che si trovi in stato di concordato preventivo o sia nelle more del procedimento, contenuto nel Codice dei contratti pubblici. L’impresa in concordato con continuità aziendale può concorrere anche se parte di un raggruppamento temporaneo di imprese, a condizione che non rivesta la posizione di comune mandataria e le altre imprese non siano soggette ad alcuna procedura concorsuale.

La norma sul concordato con continuità, inoltre, nega il diritto di voto ai creditori muniti di cause di prelazione se il piano prevede per il loro pagamento una moratoria della durata massima di un anno dall’omologazione, sollevando qualche perplessità: considerato che i tempi per il pagamento di tali crediti dovrebbero semmai essere vincolati alla liquidazione dei beni sui quali insiste il privilegio, l’eventuale dilazione dei tempi attraverso la moratoria dovrebbe essere controbilanciata dal diritto all’espressione del voto in sede di approvazione del concordato, e non il contrario235.

Il tribunale che verifichi i requisiti per l’omologazione e ritenga sussistenti tutti i requisiti ex art. 186-bis l. fall. potrà omologare il concordato preventivo come concordato con continuità aziendale, ed anzi risulta apprezzabile che tale denominazione compaia nel provvedimento236; se, invece, manchino uno o più connotati per definire il concordato con continuità, ma sussistano i presupposti per l’omologazione, esso potrà procedere con l’omologazione di

235 Conf. LO CASCIO G., op. ult. cit., 13. 236 LAMANNA F., op. ult. cit., 58.

un concordato ordinario, privo pertanto dei benefici assegnabili al tipo specifico con continuità.

Anche per il concordato con continuità aziendale vale la tutela dei creditori costituita dalla revoca dell’ammissione al concordato, così come previsto per il concordato preventivo ordinario ex art. 173 l. fall., che per il concordato con continuità opera solo in presenza della cessazione dell’esercizio dell’attività d’impresa o nel caso in cui risulti palese che la prosecuzione dell’attività comporti un danno al ceto creditorio. In questa situazione è rimessa al debitore la facoltà di modificare la proposta concordataria.

C

APITOLO

III

GLIACCORDIDIRISTRUTTURAZIONEDEIDEBITI

SOMMARIO: 1. Inquadramento dell’istituto. – 2. Natura e concorsualità dell’istituto. – 3. I presupposti soggettivo e oggettivo dell’istituto. – 4. Finalità e utilizzo dell’istituto. – 5. Formazione del consenso. – 6. Gli accordi e il loro contenuto. – 7. Il perfezionamento degli accordi e la loro efficacia. – 8. L’attestazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti. – 9. Il deposito, la pubblicazione e le modifiche successive. – 10. Il trattamento dei creditori estranei. – 11. Le opposizioni e il giudizio di omologazione.

1. Inquadramento dell’istituto

Fra i rimedi preordinati alla soluzione della crisi di impresa si trovano gli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento giuridico nel 2005 all’interno del corpo normativo della legge fallimentare al titolo III, dedicato appunto a concordato preventivo e accordi di ristrutturazione. Negli anni seguenti al suo ingresso nella disciplina concorsuale ha subìto plurimi “aggiustamenti” da parte del legislatore237, che hanno riguardato

237 Gli accordi di ristrutturazione dei debiti hanno fatto il loro ingresso nel nostro

ordinamento con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. con modif. dalla l. 14 maggio 2005, n. 80. Sono stati successivamente oggetto di modifiche con il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, con il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con modif. dalla l. 30 luglio 2010, n. 122, con il d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con modif. dalla l. 15 luglio 2011, n. 111, con il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modif. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, e con il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 6 agosto 2015, n. 132. Delle modifiche relative a

principalmente l’art. 182-bis l. fall., norma originaria che ne contiene i connotati essenziali, e aggiunto nuovi articoli, che mantengono il medesimo numero arabo, ma proseguono con la numerazione latina.

La regolazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti non si esaurisce nella norma appena citata, ma si ricava anche da altre disposizioni contenute sia nel r.d. 267/1942 sia in altre fonti di legge. Più precisamente il legislatore disciplina ulteriori aspetti degli accordi:

- all’art. 67, c. 3, lett. e), l. fall., in materia di esenzione dall’azione revocatoria;

- all’art. 161, c. 6, l. fall., il quale disciplina il concordato preventivo con riserva;

- all’art. 182-ter, cc. 6 e 7, l. fall. in materia di transazione fiscale;

- all’art. 182-quater l. fall. in materia di prededucibilità dei finanziamenti; - all’art. 182-quinquies l. fall., il quale regola le autorizzazioni al debitore del

tribunale;

- all’art. 182-sexies l. fall. in materia di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale;

- all’art. 217-bis l. fall., che determina l’inapplicabilità delle disposizioni in tema di bancarotta preferenziale e semplice;

- all’art. 88 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. Testo Unico delle Imposte sui Redditi in materia di tassabilità delle sopravvenienze attive. Questo strumento giuridico è finalizzato al superamento della crisi d’impresa sia nell’intenzione di proseguirne successivamente l’attività, sia di liquidarne il patrimonio più efficacemente. Lo scopo viene perseguito attraverso l’attuazione di un piano di ristrutturazione dei debiti che deve essere perfezionato con una parte dei creditori rappresentanti una maggioranza

quest’ultimo intervento legislativo, che hanno sostanzialmente introdotto l’art. 182-septies l. fall. e modificato le disposizioni penali degli artt. 236 e 236-bis l. fall., non si terrà conto in questo capitolo, ma esclusivamente nella postilla conclusiva di questo lavoro in considerazione della quasi contemporaneità dell’entrata in vigore di quest’ultima “mini- riforma” e della chiusura della tesi.

qualificata dei crediti, e deve essere poi omologato dal tribunale secondo un

iter procedurale ben definito.