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I presupposti soggettivo e oggettivo dell’istituto

Il testo legislativo dispone chiaramente quali siano i soggetti che possono avvalersi di questo strumento di composizione della crisi: necessariamente gli imprenditori.

L’utilizzo di questo singolo lemma, laddove nella stessa legge fallimentare è rinvenibile una definizione più puntuale e precisa dei presupposti soggettivi per altre procedure, dà adito a dubbi interpretativi.

Molto problematica si è rivelata la formulazione originaria della norma del 2005, che conteneva un generico riferimento al “debitore”.

247 V. TRENTINI C., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Milano, 2012, 26 ss.

248 Per una ricostruzione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali a favore di ognuna

delle due tesi v. VALENSISE P., Commento all’art. 182-bis, in AA.VV., Il concordato

preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Commento per articoli a cura di Nigro

A., Sandulli M. e Santoro V., Torino, 2014, 397.

249 Conf. RENZULLI M., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in AA.VV., Il fallimento

e le altre procedure concorsuali a cura di Caiafa A. e Romeo S., III, Assago - Padova, 2014,

Con il “Decreto Correttivo” del 2007 il termine viene sostituito con quello di “imprenditore”, ma questa scelta pur circoscrivendo la platea dei soggetti interessati all’utilizzo di questo strumento, continua a destare perplessità in ordine alla sua genericità. I primi commenti propendono maggiormente per una coincidenza tra il presupposto soggettivo degli accordi e quello del fallimento: un imprenditore commerciale “non piccolo” di natura privata. Le argomentazioni a favore di questa tesi sono le seguenti: innanzitutto il rimedio ex art. 182-bis l. fall. non può essere inteso come una “procedura

passpartout” rivolta ad ogni forma di indebitamento, perché organicamente

inserito all’interno della legge fallimentare, e dunque da quest’ultima condizionato nell’ambito di applicazione250; oltre a ciò bisogna considerare

l’effetto dell’esenzione dell’azione revocatoria, il quale non avrebbe alcun rilievo nel caso in cui il soggetto che avesse tentato la soluzione della crisi invano con la proposizione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, non avesse poi la possibilità di accedere alla procedura fallimentare251.

Ad oggi i dubbi sui soggetti legittimati all’accesso a questo strumento persistono ancora. L’assimilazione al presupposto soggettivo del fallimento non si può dare per scontata, in quanto il legislatore non ha utilizzato la tecnica del rinvio o del riferimento esplicito ad altra norma, nello specifico l’art. 1 l. fall.; inoltre, un successivo provvedimento legislativo ha sancito la possibilità di utilizzo degli accordi di ristrutturazione anche per gli imprenditori agricoli, che dal fallimento sono esonerati. L’art. 23, c. 43, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con modif. in l. 15 luglio 2011, n. 111, ha innovato la panoramica delle soluzioni alla crisi d’impresa disponendo che “In attesa

di una revisione complessiva della disciplina dell'imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza possono accedere alle procedure di

250 V. ROLFI F., I presupposti, in ROLFI F. - STAUNOVO-POLACCO E., op. cit., 17. 251 V. per tutti BONFATTI S., Pluralità di parti e ruolo del Tribunale negli accordi di

cui agli articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni”.

Questa novità è stata vista come eccezionale rispetto al tessuto della disciplina fallimentare252, anche se potrebbe invece rappresentare un primo

passo verso un nuovo scenario legislativo del diritto delle crisi – a maggior ragione a seguito dell’introduzione della disciplina delle crisi da sovraindebitamento, qui separatamente trattate.

Alcune figure di imprenditore sono state oggetto di specifica analisi per verificare la loro possibilità di proporre un ricorso ex art. 182-bis l. fall.. È il caso, per esempio, dell’imprenditore che non risulti iscritto al Registro delle imprese, come le società di fatto o quelle irregolari.

Occorre tenere presente che nel procedimento di omologazione viene richiesta la pubblicazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti proprio nel suddetto registro e questo è da considerarsi un elemento necessario della procedura; appare dunque stridente la previsione di pubblicazione nel Registro delle imprese di un atto relativo all’impresa, senza che quest’ultima ne sia preventivamente iscritta.

Secondo alcuni autori la mancata iscrizione dell’imprenditore costituirebbe condizione di improcedibilità degli accordi, o addirittura di inammissibilità253. L’opinione di altri è, al contrario, più conciliante e

252 Così si sono espressi ROLFI F., op. ult. cit., 18, i quali hanno visto in questa previsione

normativa una dimostrazione di come l’art. 182-bis l. fall. sia generalmente applicabile agli imprenditori assoggettabili a fallimento: “la predisposizione di strumenti specifici per le ipotesi di crisi o insolvenza dell’imprenditore non fallibile, e del soggetto non imprenditore viene ad indebolire l’impostazione favorevole ad una applicazione estensiva degli accordi di ristrutturazione”.

253 In favore della tesi di improcedibilità v. BUCCARELLA G., I “nuovi” accordi di

ristrutturazione dei debiti, Milano, 2013, 75 s., il quale propone anzi che “in presenza di un

accordo presentato da impresa di fatto o irregolare, il tribunale può fissare un termine entro il quale il ricorrente regolarizzi l’iscrizione nel registro delle imprese”. Sulla tesi di inammissibilità v. VALENSISE P., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella legge

fallimentare, Torino, 2012, 185, il quale evidenzia come “la pubblicità nel registro delle

imprese riveste rilevanza centrale nell’economia del funzionamento dell’istituto di cui all’art. 182-bis, essendo prevista per una serie significativa di passaggi come per l’istanza di protezione e per la connessa operatività del blocco (comma 6), per l’efficiacia dell’accordo (comma 2), per l’attivazione dell’ulteriore blocco automatico di cui al comma 3, per la

permette anche al debitore non iscritto – purché imprenditore, sia beninteso – di accedere allo strumento degli accordi, altrimenti si opererebbe un immotivato distinguo con la disciplina del concordato preventivo, quando invece il presupposto oggettivo dei due istituti è il medesimo254.

Rimangono perplessità per quegli imprenditori che non raggiungono le soglie dimensionali previste per l’esonero dal fallimento e quelli le cui attività sono regolate da normative speciali, come l’attività bancaria, di intermediazione mobiliare, di gestione del risparmio, di investimento e assicurativa.

Il “piccolo” imprenditore – leggesi “sotto-soglia” – è ritenuto legittimato a proporre ricorso ex art. 182-bis l. fall. da quella parte di dottrina che non riconosce la concorsualità dell’istituto degli accordi di ristrutturazione e che vede dunque in questo rimedio l’unica soluzione all’impossibilità di ricorrere alla procedura del concordato preventivo per questa categoria di imprenditori255.

Le imprese bancarie sembrerebbero invece escluse dal tenore dell’art. 80, c. 6, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 secondo il quale “Le banche non sono

soggette a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta”256 e non

farebbe altro che accrescere le incertezze la seconda parte della norma, che si esprime a favore dell’applicazione di altre disposizioni “per quanto non

espressamente previsto” e solo “se compatibili”.

Per espressa disposizione dell’art. 57, c. 3, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che rinvia all’art. 80, c. 6, d.lgs. 385/1993, la regola sopra riportata si applica anche alle società di intermediazione mobiliare (SIM), alle società di gestione

decorrenza del termine per presentare opposizione avverso all’omologazione (comma 4) ovvero per il reclamo alla Corte d’Appello (comma 5)”.

254 Così FRASCAROLI SANTI E., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Un nuovo

procedimento concorsuale, Padova, 2009, 113.

255 V. RONCO S., La tutela dell’imprenditore nella crisi d’impresa. Strumenti sostanziali e

processuali, Milano, 2013, 129 ss.

256 Il problema naturalmente non si pone per i sostenitori della tesi della non concorsualità

dell’istituto ex art. 182-bis l. fall., i quali ammettono tranquillamente l’applicazione dagli accordi di ristrutturazione anche alle imprese bancarie.

del risparmio (SGR) e alle società di investimento a capitale variabile (SICAV).

Il Tribunale di Bologna257, non molto tempo fa, si è espresso a favore dell’applicabilità dell’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti nel caso di una società esercente l’attività di intermediazione finanziaria ai sensi dell’art. 113, d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, anche se già in amministrazione straordinaria.

L’imprenditore che esercita attività assicurativa è per legge escluso dal ricorso a concordato preventivo o accordi di ristrutturazione dei debiti in conformità con quanto disposto dall’art. 238, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209. Chiaro è che il c.d. debitore civile non può accedere a questo strumento di soluzione della crisi d’impresa avendone a disposizione uno ad hoc introdotto dalla l. 27 gennaio 2012, n. 3 e dedicato alla composizione delle crisi da sovraindebitamento e si può tranquillamente affermare che neppure gli enti pubblici possono avvalersene, perché assoggettati a legislazione speciale e per una incompatibilità di fondo con un istituto basato principalmente sull’autonomia privata258.

Il presupposto oggettivo degli accordi è per legge lo “stato di crisi” dell’imprenditore259. Questa formulazione è identica a quella scelta nella

disciplina dell’art. 160 l. fall. relativamente concordato preventivo. L’univocità del presupposto oggettivo di questi due strumenti è oggi ancor più evidente dato che le due procedure sono state dichiarate fungibili e rese fra di loro intercambiabili a seguito della concessione di misure di protezione anticipata da parte del tribunale260.

257 Trib. Bologna, 17 novembre 2011, in Fall., 2012, 594 ss., con nota di BONFATTI S.,

Pluralità di parti e ruolo del Tribunale negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

258 Conf. TRENTINI C., op. cit., 174 ss.

259 Per l’approfondimento del concetto di stato di crisi nell’impresa si rinvia al capitolo 1. 260 Così è previsto all’art. 182-bis, c. 8, l. fall., a seguito della modifica introdotta dall’art.

Lo stato di crisi deve risultare chiaramente nel ricorso per l’omologa del piano sia dai documenti allegati dal ricorrente, che specificatamente nella relazione del professionista attentatore. L’opinione concorde degli studiosi della materia è che se non risultassero elementi sufficienti per il tribunale a pronunciarsi sull’esistenza di questo presupposto, gli si debba riconoscere il potere di richiedere qualunque integrazione alla documentazione ritenuta opportuna per pronunciarsi nel merito dell’omologazione del piano. L’indagine dei giudici, volta a verifica la sussistenza del presupposto oggettivo, ha anche lo scopo di assicurare che lo strumento degli accordi non sia utilizzato al fine di rinegoziare l’indebitamento dell’impresa per ottenere esclusivamente vantaggi economici.