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L’esecuzione, la risoluzione e l’annullamento del concordato preventivo.

La fase successiva all’omologazione è costituita dall’esecuzione del concordato. Il commissario giudiziale e il giudice delegato assumono compiti di sorveglianza, mentre il debitore deve adempiere agli obblighi assunti con il piano anche in presenza di opposizioni, stante la provvisoria esecutività del decreto.

A seconda del contenuto del concordato omologato il debitore deve trasferire il possesso delle attività d’impresa al liquidatore (che sia da lui scelto o che sia un liquidatore giudiziale nominato dal tribunale con il decreto di omologa), cedere i beni all’eventuale assuntore, eseguire i pagamenti secondo le modalità e i termini previsti, gestire l’impresa secondo quanto previsto dal piano concordatario con continuità aziendale.

Il commissario giudiziale mantiene un ruolo centrale anche in questa fase: egli sorveglia l’adempimento del concordato e riferisce al giudice “ogni fatto

dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori”. Questo può accadere

quando le modalità con cui viene eseguito il concordato differiscano da quelle previste e approvate dai creditori fino al peggiore dei casi, che è quello del mancato adempimento delle obbligazioni concordatarie. Laddove il commissario ravvisi la sussistenza di queste situazioni deve informare il giudice delegato, il quale convocherà in udienza i creditori, l’eventuale liquidatore giudiziale e il commissario stesso. Sulla base di quanto dichiarato in udienza, ciascun creditore potrà chiedere la risoluzione del concordato e, in presenza dei presupposti di legge, il fallimento del debitore.

Nel caso di concordato con cessione dei beni il tribunale può, ove non previsto dal debitore, disporre la nomina di un liquidatore giudiziale211. Il

soggetto su cui ricadrà la scelta non è opportuno sia il medesimo commissario giudiziale, in quanto potrebbero poi sorgere incompatibilità fra i compiti di liquidazione e di sorveglianza sull’adempimento del concordato212.

Per quanto attiene l’ampia libertà e autonomia nella scelta del contenuto del nuovo concordato preventivo non è più possibile – come s’è visto – per il tribunale disporre nel decreto di omologa modificazioni o integrazioni al piano. Sovente, sotto il regime della precedente disciplina, accadeva che i tribunali ingerissero in tutti gli aspetti non previsti dal debitore e che si spingessero fino alla previsione di specifici adempimenti per il commissario giudiziale e per il comitato dei creditori; talvolta al commissario competeva la predisposizione di veri e propri piani di riparto, la riscossione dei crediti e l’esecuzione dei pagamenti213.

Una volta eseguito il piano, la legge non ha previsto l’accertamento della completa esecuzione da parte del tribunale o del giudice delegato; tuttavia sembra applicabile per analogia il procedimento previsto all’art. 136, comma 3, l. fall. nella disciplina del concordato fallimentare.

Può accadere che il debitore, a seguito dell’omologazione, non osservi in tutto o in parte gli obblighi assunti nel piano concordatario o li adempia in maniera difforme da quanto pattuito. Tale inadempimento, di per sé, può costituire causa di risoluzione del concordato; tuttavia per le procedure aperte

211 Secondo Cass. 15 luglio 2011, n.15699, in Fall., 2011, 1291, con nota di NISIVOCCIA

N., Impugnazione dei decreti resi nel giudizio di omologazione: autonomia privata e poteri

del giudice, considerata l’importanza della figura del liquidatore in determinati tipi di

concordato, se il debitore non vi abbia già previsto oppure se la scelta sia ricaduta su un soggetto che non abbia le caratteristiche previste dall’art. 28 l. fall., richiamato dall’art. 182 l. fall., dovrà nominare un liquidatore giudiziale.

Nulla impedisce la nomina dell’amministratore o del liquidatore della società o di altro professionista che sia disposto a rinunciare al compenso al fine di limitare i costi della procedura.

212 Cass. 18 gennaio 2013, n. 1237, in Fall., 2013, 555. 213 D’ORAZIO L., op. cit., 278.

successivamente all’emanazione del “Decreto Correttivo” occorre prestare attenzione alla rilevanza del fatto. L’art. 186, comma 2, l. fall. ben specifica infatti che “Il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa

importanza”.

Tra i vari tipi di inadempimento si possono enumerare l’omessa esecuzione di operazioni previste nel piano, il mancato raggiungimento degli obiettivi programmati nella proposta concordataria omologata, il mancato rispetto delle modalità, pattuite nel piano o indicate dal tribunale nel decreto di omologazione, o delle relative scadenze. Affinché sussista una causa concreta di risoluzione del concordato l’inadempimento deve tradursi in un ostacolo al soddisfacimento dei creditori; e affinché ne venga pronunciata la risoluzione l’analisi della proposta concordataria diviene imprescindibile214.

Per il concordato con cessione di beni l’inadempimento può aversi con la mancata consegna di una parte o della totalità dei beni oggetto della programmata cessione ovvero qualora i beni non siano disponibili perché gravati da diritti di terzi; se il concordato è con garanzia, motivo di inadempimento può essere un soddisfacimento in misura inferiore rispetto a quanto promesso, o addirittura inesistente, nonché al di fuori delle tempistiche pattuite; certo è che con l’avvento della nuova disciplina del concordato preventivo, caratterizzata dalla atipicità del contenuto della proposta concordataria, una puntuale individuazione dei parametri a cui legare la valutazione dell’inadempimento appare molto difficile215.

Ogni creditore può richiedere la risoluzione del concordato per inadempimento del debitore con ricorso da depositare entro un anno dalla scadenza del termine previsto per l’ultimo adempimento programmato nel

214 Sul tema v. funditus NARDECCHIA G.B., La risoluzione del concordato preventivo, in

Fall., 2012, 253 ss.; rileva D’ORAZIO L., op. cit., 75, che “è necessario indicare la

percentuale di soddisfazione promessa per verificare la corretta attuazione del piano di concordato preventivo”.

piano del concordato216. Al contrario, a seguito dell’intervento del “Decreto

Correttivo”, non è più possibile che a richiedere la risoluzione del concordato siano il tribunale, d’ufficio, o il commissario giudiziale.

Il tribunale fallimentare può pronunciare la risoluzione del concordato solo a seguito di un’analisi fra il programma del concordato e gli inadempimenti rilevati dagli istanti, sentiti il ricorrente, il proponente e gli altri soggetti che si renda necessario convocare per il giudizio, e verificata la non scarsa importanza degli inadempimenti.

La risoluzione del concordato opera retroattivamente e comporta la caducazione degli effetti modificativi ed esdebitatori prodottisi con l’omologazione. Permane il principio generale per cui rimangono salvi gli atti legittimamente compiuti nel corso della procedura e in esecuzione del concordato217 . Con ciò i creditori possono lecitamente trattenere quanto

hanno fino a quel momento riscosso sulla base dell’esecuzione del concordato e hanno diritto a quanto ancora loro spettante per giungere all’importo originario del credito, comprensivo degli interessi maturati218.

Non si hanno effetti nei confronti dei garanti, invece, i quali rimangono obbligati agli adempimenti del concordato219.

Avverso la risoluzione del concordato è possibile proporre reclamo dinanzi la Corte d’appello.

216 È possibile che il ricorso sia depositato nella fase esecutiva qualora gli inadempimenti a

cui fa riferimento pregiudichino la fattibilità del piano, ovvero nel caso di concordato con cessione dei beni quando sia palese l’impossibilità di rispettare la percentuale di soddisfacimento promessa o comunque assicurare un pagamento non irrisorio: cfr. AMBROSINI S., Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., 152; MARANO P., Commento all’art. 182, cit., 1894.

217 Conf. GUGLIELMUCCI L., Diritto fallimentare, Torino, 2008, 331.

218 Secondo MAFFEI ALBERTI A., Commentario breve alla legge fallimentare, cit., 1112, i

creditori che abbiano ricevuto beni a titolo di datio in solutum per il soddisfacimento parziale del loro credito possono chiedere il pagamento del residuo, così come restituire il bene ed ottenere l’integrale pagamento del credito originario sulla base del principio della totale restitutio in integrum tipica della risoluzione ex art. 1458 c.c.

Diversa fattispecie è quella dell’annullamento del concordato, che si ha qualora risulti che un concordato omologato ha ottenuto il consenso del ceto creditorio a seguito di comportamenti dolosi del debitore preordinati a offrire una falsa rappresentazione circa la convenienza della proposta.

Gli atti in questione possono essere una falsa esagerazione del passivo, la prospettazione di privilegi inesistenti, l’occultamento o la dissimulazione di beni e diritti facenti parte dell’attivo patrimoniale220.

Legittimati alla proposizione del ricorso sono il commissario giudiziale e ciascun creditore anteriore all’emissione del decreto di omologazione.

Anche in questo caso il metro di paragone del tribunale che si trova a giudicare sull’annullamento del concordato è la non scarsa importanza degli atti compiuti dal debitore in relazione alla formazione della volontà dei debitori221.

8. Il concordato preventivo con cessione dei beni e il concordato con