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La tutela della concorrenza e il sistema di riparto delle competenze tra Stato e Regioni con riguardo ai servizi pubblici d

Nel documento Servizi pubblici e tutela della concorrenza. (pagine 121-126)

CONCORRENZA E SERVIZI PUBBLICI NELL’ORDINAMENTO INTERNO

4.2. La tutela della concorrenza e il sistema di riparto delle competenze tra Stato e Regioni con riguardo ai servizi pubblici d

rilievo economico

Com’è noto il sistema di riparto delle competenze tra Stato e Regioni è stato modificato per effetto della citata riforma operata con la già menzionata227 legge costituzionale n. 3/2001228.

Quest’ultima, infatti, non solo ha espressamente menzionato la “tutela

della concorrenza” tra le materie riservate alla potestà legislativa

esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117 Cost., secondo comma lett. e), ma ha anche posto come limite esplicito alla legislazione statale e regionale il rispetto dei “vincoli derivanti dall‟ordinamento

comunitario”229.

Sul citato sistema di riparto ha poi profondamente influito l’opzione interpretativa adottata dalla giurisprudenza costituzionale.

227 Cfr. par. 4.1. del presente capitolo.

228 In dottrina si è osservato che con la novella del titolo V della Costituzione operata nel

2001 sono stati introdotti nella Costituzione un consistente numero di termini e nozioni economiche.

Tra detti termini si possono ad esempio annoverare lo “sviluppo economico” che giustifica gli interventi perequativi di cui all’art. 119 Cost.; l’ “unità economica” ex art. 120 Cost.; l’individuazione di materie quali la “tutela della concorrenza, del risparmio e dei mercati

finanziari, perequazione delle risorse finanziarie” riservate alla competenza legislativa

esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, Cost; il sostegno all’innovazione nei settori produttivi indicata tra le materie di competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost.

In particolare questo complesso di disposizioni avrebbe arricchito, per mezzo delle regole sul riparto di competenze, il diritto costituzionale dell’economia fino ad allora focalizzato sulle garanzie individuali dei diritti economici e sociali.

Così: L. Cassetti, La Corte e le scelte di politica economica: la discutibile dilatazione

dell‟intervento statale a tutela della concorrenza, in: federalismi.it, 2004, n. 5.

Sul riparto della potestà legislativa tra Stato e regioni alla luce della riforma costituzionale del 2001 vedasi: G. Verde, Alcune considerazioni sulla potestà legislativa statale e regionale nel

nuovo art. 117 della Costituzione, in: Diritto e società, 2002, 4, p. 549;

Innanzitutto la Consulta230, come anche la dottrina231, hanno qualificato la “tutela della concorrenza” quale materia trasversale.

Più nello specifico, si tratterebbe di una materia-funzione, la cui estensione non è rigorosamente determinata, che incide trasversalmente i diversi oggetti relativi a competenze non solo statali, ma anche regionali, quali il commercio, l’industria, la produzione e la prestazione di servizi232.

Peraltro, come già sottolineato 233 , sin da subito la nozione di concorrenza adottata dalla Corte si è presentata dilatata finendo per legittimare gli interventi legislativi dello Stato, sia in funzione di difesa dell’assetto concorrenziale del mercato, che in funzione di promozione dello stesso234.

230 Cfr, ex multis, Corte Costituzionale, sentenze: 13 gennaio 2004 n. 14; 27 luglio 2004 n.

272; 4 maggio 2005 n. 175; 3 marzo 2006 n. 80.

231 Sull’inquadramento della “tutela della concorrenza” tra le competenze trasversali non

riconducibili alla nozione tradizionale di materia, si vedano: L. Cassetti, Potestà legislativa

regionale e tutela della concorrenza (10.12.2001), in: federalismi.it, 2001; A. D’Atena, Materie legislative e tipologie delle competenze, in: Quad. cost., 2003, n. 1, p. 15 ss; S.

Mangiameli, Sull‟arte di definire le materie dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione, in: Le Regioni, 2003, n. 1, p. 337.

232 Un’affermazione del medesimo tenore si ritrova nella sentenza del 13 gennaio 2004 n. 14,

ove la Corte Costituzionale ha così statuito: “tale competenza, (…) presenta i caratteri di una

materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui più diversi oggetti”.

Cfr. sull’argomento tra gli altri: G. Corso, La tutela della concorrenza come limite della

potestà legislativa (delle Regioni e dello Stato), in: Dir. pubbl., 2002, n. 3, p. 981 ss; L.

Buffoni, La “tutela della concorrenza”dopo la riforma del Titolo V: il fondamento

costituzionale ed il riparto di competenze legislative, in: Le istituzioni del federalismo, 2003,

n. 2, p. 345 ss; R. Caranta, La tutela della concorrenza, le competenze legislative e la difficile

applicazione del titolo V della Costituzione, in: Le Regioni, 2004, n. 4, p. 990 ss; F. Pizzetti, Il sistema costituzionale delle autonomie locali (tra problemi ricostruttivi e problemi attuativi), in: Le Regioni, 2005, n. 1-2, p. 49 ss.

233 Cfr. par. 4.1.

234 Cfr., ex multis, Corte Costituzionale, sentenza 27 luglio 2004 n. 272; 24 giugno 2005 n.

In particolare la Corte Costituzionale ha precisato che nella materia “tutela della concorrenza” innanzitutto rientrano quegli interventi legislativi di tutela in senso proprio, con cui vengono disciplinate le modalità di controllo, ed eventualmente anche di sanzione, degli atti e dei comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati.

Parimenti ricomprese sono, ad avviso della Consulta, anche quelle misure legislative di promozione, che “mirano ad aprire un mercato o a

consolidarne l‟apertura, eliminando barriere all‟entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, rimuovendo, cioè, in generale, i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche”235in funzione di garanzia della concorrenza “nel mercato”.

Infine, rientrano nell’ampia nozione di concorrenza anche le misure legislative che perseguono il fine di strutturare e assicurare procedure concorsuali di garanzia volte ad assicurare “la più ampia apertura del

mercato a tutti gli operatori economici”236.

Il Giudice delle leggi, enucleando tali possibili interventi, ha dimostrato di conoscere lo spettro dei possibili interventi in nome della concorrenza eppure li accomuna, attribuendoli tutti alla competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost.

235 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 15 maggio 2014 n. 125. Nello stesso senso si vedano

ex multis: Corte Costituzionale, sentenza 14 dicembre 2007 n. 430; 22 maggio 2009 n. 160; 22 luglio 2010 n. 270; 24 giugno 2010 n. 232.

Occorre a questo punto chiedersi quale siano gli spazi di intervento riconosciuti al legislatore regionale in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica.

Analizzando la giurisprudenza della Corte Costituzionale è possibile ricavare che i pochi spazi di intervento in capo al legislatore regionale, in materia di affidamento di servizi pubblici locali di rilevanza economica, sono riconosciuti purché la legislazione statale lasci spazi di integrazione, la regione possa vantare di un titolo di legittimazione materiale e il suo intervento esplichi effetti pro-concorrenziali237.

Più nello specifico l’intervento del legislatore statale a tutela e promozione della concorrenza è legittimo se e in quanto persegue finalità di rilievo macroeconomico238.

237 Cfr. sul punto, Corte Costituzionale, sentenze: 1 febbraio 2006 n. 29; 20 novembre 2009 n.

307.

Con la prima sentenza la Consulta ha dichiarato la legittimità costituzionale delle disposizioni legislative regionali che ponevano il divieto, non previsto dalla legge statale, per le società proprietarie delle reti di partecipare alle gare per la scelta del soggetto gestore del servizio. La Corte ha statuito che, poiché nel caso in questione si versa in una materia (quella dei servizi pubblici locali) rientrante nella competenza legislativa residuale delle regioni, “può ritenersi

ammissibile che queste ultime, esercitando la loro discrezionalità legislativa, integrino la disciplina dettata dallo Stato” purché il loro intervento sia coerente con l’obiettivo della

tutela della concorrenza.

Con la seconda sentenza citata la Corte ha parimenti dichiarato la legittimità costituzionale delle disposizioni legislative regionali che, prevedendo l’affidamento del servizio di erogazione idrica solo mediante gara, tutelavano in maniera più intensa la concorrenza rispetto alle norme statali.

Il Giudice delle leggi ha in tale sentenza affermato che le norme impugnate “in quanto

emanate nell‟esercizio di una competenza residuale propria delle regioni, quella relativa ai «servizi pubblici locali»” ed essendo “più rigorose delle norme interposte statali” possono

essere ritenute costituzionalmente legittime.

238 Invero, si è osservato, che la rilevanza macroeconomica dell’intervento pubblico “non

potendo essere di volta in volta misurata dalla Corte alla quale è precluso il sindacato nel merito della scelta legislativa di politica economica, possa trasformarsi in un parametro assolutamente sfuggente e dunque suscettibile di essere utilizzato a svantaggio della valorizzazione delle competenze concorrenti e residuali riconosciute alle regioni dal nuovo Titolo V su materie che attengono al governo dell‟economia.”

Così: L. Cassetti, La Corte e le scelte di politica economica: la discutibile dilatazione

Inoltre, occorre che la legge statale rispetti i principi di proporzionalità ed adeguatezza239, in modo da non incidere sulle competenze regionali al di là di quanto strettamente necessario per raggiungere la finalità specifica della tutela della concorrenza240.

Invero non sembra opportuno riconoscere una portata così ampia alla tutela della concorrenza perché, così facendo, si riducono notevolmente gli spazi di intervento che andrebbero, invece, riconosciuti al legislatore regionale.

239 Proprio il mancato rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza ha condotto la

Consulta a dichiarare l’illegittimità costituzionale di una disposizione legislativa statale (l’art. 14, comma 1, lett. e) del d.l. n. 269/2003, convertito con modifiche in l. 326/03) in quanto talmente dettagliata e autoapplicativa da determinare una illegittima compressione dell’autonomia regionale. Tale intervento risultava, quindi, sproporzionato e ingiustificato rispetto allo scopo sotteso all’intervento statale.

Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 27 luglio 2004 n. 272.

Per un commento alla citata decisione vedasi: F. Casalotti, La Corte Costituzionale e i criteri

di riparto delle competenze con riferimento ai servizi pubblici locali dopo la riforma del Titolo V Parte II della Costituzione: la sentenza n. 272 e l‟ordinanza n. 274 del 2004, in: Le

Regioni, 2005, n.1, p. 262.

240 Apparterrebbero, invece, alla competenza legislativa concorrente e residuale delle regioni

“gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva locale”.

Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 13 gennaio 2004, n. 14, cit.

Sulla base della riferita interpretazione “dinamica” della competenza statale in materia di concorrenza ed applicando le regole sul sindacato di ragionevolezza delle norme legislative sospettate di ledere le competenze regionali, la Corte ha dichiarato legittime le norme statali censurate che prevedevano misure di sostegno e agevolazioni: per i rischi in agricoltura (art.52, comma 83, l. 448/2001); nei settori produttivi del tessile e dell’abbigliamento e calzaturiero (art.59, l. 448/2001); per le aree svantaggiate (art.60, c.1, lettera d) della l. 448/2001). Ha, altresì, dichiarato la legittimità costituzionale delle regole sul finanziamento di nuovi patti territoriali e contratti di programma riguardanti taluni settori produttivi (agroalimentare e pesca) (art. 67 l. 448/2001).

Tali misure sono state ritenute assimilabili agli aiuti di stato e ricondotte a una concezione pro-attiva di concorrenza che fonda la competenza legislativa esclusiva dello Stato. Quest’ultima sarebbe giustificata, secondo la Corte Costituzionale, anche sulla base del rilievo macro-economico di tali misure. Tuttavia, seguendo il percorso argomentativo della Consulta, non si coglie il nesso tra l’intervento macro-economico e la sua finalizzazione alla tutela della concorrenza.

Per un commento in chiave critica della citata sentenza vedasi: G.P. Dolso, Tutela dell’interesse nazionale sub specie di tutela della concorrenza, in: Giur. Cost., 2004, p. 269 ss; L. Cassetti, La Corte e le scelte di politica economica: la discutibile dilatazione

Infatti gli interventi di “promozione” della concorrenza, solitamente incidono su situazioni in cui non sussiste un mercato concorrenziale per ragioni attinenti alla presenza di condizioni di monopolio naturale. In tali casi gli interventi incidono su settori di mercato aventi caratteristiche tali da rendere inefficace o insufficiente il controllo antitrust a difesa della concorrenzialità del mercato.

Del resto il riferimento esplicito contenuto nell’art. 117, secondo comma, Cost., alla “tutela della concorrenza” mostra la consapevolezza del legislatore costituzionale in ordine a tale distinzione.

Pertanto, nonostante l’orientamento contrario della Corte

Costituzionale, appare opportuno ritagliare in questi casi uno spazio di intervento legislativo in capo alla regione nelle materie attribuite alla sua competenza.

Nel documento Servizi pubblici e tutela della concorrenza. (pagine 121-126)