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Sulla distinzione tra servizi di interesse economico generale e servizi di interesse generale: la posizione della Corte Costituzionale

SERVIZI PUBBLICI E ORDINAMENTO EUROPEO

3.4. Sulla distinzione tra servizi di interesse economico generale e servizi di interesse generale: la posizione della Corte Costituzionale

e della giurisprudenza amministrativa.

La Corte Costituzionale ha affermato in più occasioni179 che la nozione comunitaria di SIEG in ambito locale e quella interna di servizio pubblico locale a rilevanza economica hanno “contenuto omologo”180. La Corte ha fondato il suo ragionamento basandosi sulla considerazione che in entrambi i casi viene in rilievo un’attività consistente nell’offerta di beni e servizi sul mercato, le cui prestazioni sono considerate “necessarie” ed erogate nei confronti di una “indifferenziata pluralità di

cittadini a prescindere dalle loro particolari condizioni”181. Inoltre si

179 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza del 27 luglio 2004 n. 272.

Il medesimo orientamento è ribadito dalla Corte nella sentenza del 17 novembre 2010 n. 325. Per un commento alla sentenza appena citata vedasi: A. Lucarelli, La Corte Costituzionale

dinanzi al magma dei servizi pubblici locali: linee fondative per un diritto pubblico europeo dell‟economia, in: Giur. cost., 2010, f. 6, p. 4645.

180 Ad avviso della Corte, le due nozioni hanno contenuto omologo, dal momento che si tratta

di un servizio che: “a) è reso mediante un‟attività economica (in forma di impresa pubblica o

privata), intesa in senso ampio, come qualsiasi attività che consista nell‟offrire beni o servizi su un determinato mercato»; «b) fornisce prestazioni considerate necessarie (dirette, cioè, a realizzare anche “fini sociali”) nei confronti di una indifferenziata generalità di cittadini, a prescindere dalle loro particolari condizioni (Corte di giustizia UE, 21settembre 1999, C- 67/96, Albany International BV)”.

Cfr. Corte Costituzionale nella sentenza del 17 novembre 2010 n. 325 cit.

181 Cfr. Corte Costituzionale sentenza del 17 novembre 2010 n. 325 cit.

In particolare la Corte ha affermato che l’art. 23 bis d.l. 112/2008 dettando una disciplina a tutela della concorrenza più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto europeo non si pone in contrasto con quest’ultimo poiché il diritto dell’Unione Europea costituisce per gli Stati membri solo un “minimo inderogabile”.

Insomma secondo la Corte Costituzionale il contrasto tra disciplina interna rispetto a quella europea sarebbe escluso in presenza di una identità di scopo, quello appunto pro- concorrenziale, differenziandosi le due discipline solo per intensità di tutela.

Il conflitto non sussisterebbe, inoltre, neanche con riguardo al prospettato contrasto con la Carta Europea dell’ autonomia locale in cui è previsto tra l’altro che le “competenze affidate

alle collettività locali devono di regola essere complete ed integrali [e] possono essere messe in causa o limitate da un‟altra autorità, centrale o regionale, solamente nell‟ambito della legge”. Nella ricostruzione operata dal giudice delle leggi tali norme concernono

l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e ineriscono alla materia di competenza legislativa esclusiva statale della “tutela della concorrenza” ex art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.

tratta di servizi la cui gestione è orientata al fine di tutelare la concorrenza.

Ad avviso del giudice delle leggi l’omologia sussisterebbe, inoltre, anche tra la nozione interna di rilevanza economica e quella europea di “interesse economico generale” così come interpretato dalla Commissione europea e dalla giurisprudenza comunitaria.

Si tratterebbe, infatti, in entrambi i casi di una nozione oggettiva di interesse economico dovendosi valutare la possibilità di immettere sul mercato, reale o potenziale, il servizio in questione.

Con riguardo al tema oggetto di analisi nel presente capitolo assume particolare interesse la precisazione contenuta nella sentenza in commento.

In particolare la Corte Costituzionale dopo aver affermato la suddetta omologia ha effettuato un passaggio ulteriore.

Il giudice delle leggi, infatti, ha distinto tra una valutazione dell’economicità del servizio ex ante da effettuare cioè prima dell’immissione del servizio sul mercato e una che interviene ex post, quando il servizio è già esistente sul mercato.

Solo in quest’ultimo caso è utile l’indagine sulla sussistenza degli indici empirici dell’economicità del servizio elaborati dalla Corte di Giustizia e richiamati anche in alcune sentenze della Corte Costituzionale, quali lo scopo lucrativo, l’assunzione dei rischi dell’attività, l’incidenza del finanziamento pubblico.

Nel diverso caso in cui - invece - si decida di immettere sul mercato un servizio pubblico la Corte si è spinta ad affermare la necessità di prendere in considerazione l’apertura del relativo mercato. Tale

possibilità andrebbe valutata obiettivamente secondo un giudizio di concreta realizzabilità “a prescindere da ogni soggettiva valutazione

dell‟ente al riguardo”182.

Il giudice delle leggi sembra in tal modo ridurre ulteriormente quello spazio di discrezionalità dello Stato nella valutazione della rilevanza economica o meno del servizio e nell’eventuale esercizio del potere di deroga alle regole di concorrenza.

Un tale margine di manovra, peraltro, è riconosciuto allo Stato dal diritto europeo e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia183.

A ben vedere la caratterizzazione economica o meno del servizio non dipende da un atto ricognitivo della sua natura posto in essere dalle istituzioni a ciò deputate.

Si tratta, infatti, di una scelta politica la quale, proiettandosi sul piano giuridico, determina un ventaglio di conseguenze che vanno dall’applicazione integrale delle regole di concorrenza a una loro graduale o totale esclusione.

Riconoscere, pur nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, agli enti rappresentativi tale margine di discrezionalità

182 E così la rilevanza economica sussiste, nel ragionamento della Corte Costituzionale, anche

quando, non essendo sufficiente l’automaticità del mercato per superare le difficoltà del contesto territoriale di riferimento e garantire prestazioni di qualità a categorie di utenti disagiate, sia necessario un pubblico intervento o un finanziamento compensativo degli obblighi di servizio pubblico a carico del gestore. Ciò sempre che sia possibile creare un mercato a monte in cui le imprese contrattano l’erogazione dei servizi con l’autorità pubblica.

183 Poiché la rilevanza economica costituisce criterio che determina l’applicazione delle

regole concorrenziali e concorsuali europee in materia di affidamento e gestione del servizio, è rimessa alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “tutela della

concorrenza” l’individuazione delle condizioni di rilevanza economica del servizio. Inoltre la

concezione in senso oggettivo di tale interesse nell’ordinamento europeo vieta non solo agli enti infrastatuali ma anche allo Stato di decidere soggettivamente e a loro discrezione in ordine alla sussistenza di tale interesse. Cfr. Corte Costituzionale sentenza del 17 novembre 2010 n. 325 cit.

consente loro di distinguere tra bisogni che possono trovare soddisfazione sul mercato e quelli la cui immissione sul mercato, pur se astrattamente possibile, non garantirebbe accesso uguale e universale al servizio184.

Da questo punto di vista apprezzabile è l’orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa che, nel riconoscere carattere economico o meno del servizio, tiene conto delle specifiche modalità con cui il servizio è organizzato ed erogato185.

Del resto qualsiasi attività può essere esercitata in forma di impresa e rivestire dunque carattere economico, non sussistendo tra servizi economici e non economici differenze di carattere ontologico. Per tale ragione risultano inidonei al fine di distinguere le predette categorie di servizi eventuali criteri di natura astratta mentre maggiore utilità presenta l’approccio di tipo empirico adottato dal Consiglio di Stato.