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La condizione degli armeni durante il governo dei Giovani Turchi e la Guerra dei Balcan

L’instabilità politica nell’impero russo che ha messo in discussione la legittimità dello zar Nicola II è stata parallela alla crisi della legittimità politica nell’impero ottomano che ha minato l’autorità del sultano Abdul Hamid II177.

Le condizioni degli armeni anatolici furono sempre precarie e destinate a peggiorare alla fine del XIX secolo, come abbiamo visto, e culminare nella tragica soluzione rappresentata dal genocidio del 1915, perpetrato dal governo dei “Giovani Turchi, funzionari e militari di educazione occidentale, liberale, laica e nazionalista, riuniti nel Comitato Unità e Progresso (Ittihad ve

Terakki)”178.

L’impero ottomano di inizio Novecento conobbe uno stato di acuta crisi. Il 24 luglio 1908 vi era stato il colpo di Stato da parte dei Giovani Turchi, che insorsero imponendo così il ritorno alla Costituzione del 1876 . Tale evento portò all’avvicendamento tra il sultano Abdul Hamid II ed il fratello Mehmet V nel 1909; questo contesto non fece altro che inasprire i conflitti interni, e in modo particolare la situazione degli armeni.

Nel 1908, i popoli dell’Impero Ottomano supportarono i Giovani turchi, nella speranza di stabilire un governo democratico nel paese. Inizialmente, i rappresentanti dell’influente partito

Dašnakcutyun appoggiarono anche loro il Comitato Unità e Progresso dei Giovani turchi, sperando

che in un impero ottomano laico, figlio del rinnovamento, la loro condizione sarebbe considerevolmente migliorata. Emerse nei Dašnak la convinzione che per porre fine al dispotismo era necessario l’intervento solidale dei popoli dell’Impero; di qui il loro tentativo di trovare un’alleanza con i riformisti ed i rivoluzionari turchi179.

Gli Hnčak, invece, rifiutarono qualsiasi trattativa con il governo turco; furono consapevoli sin da subito dell’ideologia dei Giovani turchi180.

Gli armeni partecipavano alla vita politica del paese, avevano anche alcuni deputati alla Camera, erano stati coinvolti inizialmente dai Giovani Turchi nel movimento di riforma dello Stato. Erano considerati millet-i sadika («la nazione leale»)181.

Tuttavia, il governo dei Giovani turchi sin da subito guidò una politica di assimilazione degli altri popoli: panturchismo (espansionismo etnico) e panislamismo (espansionismo religioso),

177 Cfr. S. Payaslian, The history of Armenia. From the origins to the present, cit., p. 123.

178 A. Ferrari, La Turchia e il genocidio del popolo armeno. Un problema storiografico? [pp. 227-237], presente in Id., L’Ararat e la gru. Studi sulla storia e la cultura degli armeni, cit., p. 232.

179 A. Ter Minassian, L’Armenia e il risveglio delle nazionalità (1800-1914), [pp. 343-378], presente in G. Dédéyan (a

cura di), Storia degli armeni, ed. italiana a cura di A. Arslan e B. L. Zekiyan, cit., p. 376.

180 Cfr. J.S. Kirakosyan, Mladoturki pered sudom istorii, cit., p. 167.

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panturanesimo (espansionismo culturale) divennero la politica ufficiale. Avendo incontrato resistenza ai loro piani, il governo dei Giovani Turchi iniziò ad agire violentemente. L’inizio dei massacri di Adana182 (in Cilicia), che ebbero luogo nell’aprile del 1909, provocando circa 25 mila

vittime di nazionalità armena, rese evidente la precarietà della rivoluzione costituzionalista dei Giovani turchi183.

La politica di repressione del partito Comitato Unità e Progresso (İttihah ve Terakki Cemiyeti) contribuì a far scoppiare la guerra nei Balcani nel 1912 e in questo contesto la Questione armena entrò in una nuova fase. La sopravvivenza dell’Impero ottomano era strettamente connessa alla questione delle nazionalità – alla Questione d’Oriente, innanzitutto – ma anche al conflitto armeno- turco, poiché la Questione armena era indubbiamente divenuta un prolungamento di quella d’Oriente. Durante la prima guerra dei Balcani (1912-1913), i popoli balcanici, unendo le forze, distrussero il nemico giurato e liberarono i loro territori che un tempo erano stati occupati dai turchi. La sconfitta della Turchia risvegliò le speranze negli ambienti politici armeni per una rapida risoluzione di questa questione.

Nel 1913 la fazione estremista dei leader ittihadisti, trovando intollerabili ulteriori perdite territoriali, era pronta a prendere le redini del potere. Il 23 gennaio 1913, con un colpo di stato da parte di Ismail Enver. noto anche come Enver Pasha, contro il governo del partito politico d’opposizione più liberale Hurriyet ve Itilaf (Libertà e Associazione) fu stabilito un regime militare che governò l’impero fino alla fine della Prima guerra mondiale. Mehmet V era il trentacinquesimo sultano dell’Impero ottomano asceso al trono nell’aprile 1909 ed ebbe come Gran visir ottomano dal 1913 al 1917 Said Halim Pasha, uno dei firmatari dell’alleanza turco-tedesca che determinò l'entrata dell’Impero ottomano nella prima guerra mondiale al fianco degli Imperi centrali. Mehmet V era privo di potere effettivo: le decisioni venivano in realtà prese dal triumvirato militare di Talaat Pasha (ministro degli interni), Enver Pasha (ministro della guerra) e Cemal Pasha (ministro della marina)184.

Con la mediazione delle principali potenze europee, il 30 maggio 1913 fu firmato il trattato di Londra che pose fine alla prima guerra balcanica: l’Impero ottomano perse quasi tutti i suoi territori europei che furono spartiti tra gli Stati della Lega balcanica185; i dissensi circa la spartizione della regione della Macedonia provocarono attriti e contrasti tra i coalizzati, sfociati poi nella

182 Cfr. V.N. Dadrian, Il duplice massacro di Adana nel 1909, presente in Id., Storia del genocidio armeno – Conflitti nazionali dai Balcani al Caucaso, Guerini e Associati, Milano, 2003, pp. 207-212.

183 Cfr. M. Flores, Il genocidio degli armeni, cit., p. 69-70.

184 Cfr. S. Payaslian, The history of Armenia. From the origins to the present, cit., p. 124. 185 La Lega balcanica era composta dalla Bulgaria, Regno di Serbia, Grecia e Montenegro.

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seconda guerra balcanica nel giugno-luglio 1913186. La Bulgaria, insoddisfatta per la spartizione dei territori, sopravvalutò le proprie forze e attaccò la Serbia, provocando la Seconda guerra balcanica: l'intervento di Romania, Grecia, Montenegro e Turchia a fianco della Serbia portò alla sua sconfitta. Con il trattato di Bucarest (10 agosto 1913) furono sottratte alla Bulgaria le conquiste fatte nella precedente guerra: la Macedonia venne spartita tra Grecia e Serbia, la regione costiera della Dobrugia passò alla Romania, e la Turchia rientrò in possesso di Adrianopoli e di parte della Tracia. Già dal 1912 la Russia aveva riaperto la Questione armena. Nell’ottobre di quell’anno il

kat’ołikos Gevorg V richiese l’intervento russo a favore degli armeni dell’Impero ottomano in una

supplica che il viceré del Caucaso Voroncov-Daškov fece sollecitamente giungere allo zar accompagnandola con una lunga lettera con cui ripercorreva la politica governativa verso gli armeni invitando Nicola II a riavviare la Questione armena nell’Impero ottomano assicurandogli che in questo modo avrebbe rialzato il prestigio imperiale in Transcaucasia.

Nello stesso anno, la Russia sollecitò le grandi potenze europee affinché richiedessero al governo dei Giovani Turchi di realizzare alcune riforme nell’Armenia occidentale. Alla Russia fu affidata la missione di monitorare l’attuazione delle riforme.

L’8 febbraio del 1914 fu firmato ad Istanbul l’accordo russo-turco sulle riforme nell’Armenia occidentale187. Secondo l’intesa raggiunta, dalle regioni abitate dagli armeni dell’Anatolia orientale (l’ex Armenia turca) dovevano essere formate due unità territoriali-amministrative (Van ed Erzurum), dirette da governatori europei188. La discriminazione sulla base della nazionalità e della religione doveva essere abolita, e doveva essere introdotta l’uguaglianza di tutti i cittadini; tutte le nazionalità dovevano avere pari rappresentanza negli organi amministrativi, nella polizia e in tribunale189. La Russia riaprì dunque la Questione armena, mossa dal suo antico desiderio di

raggiungere e possedere gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli. La Gran Bretagna e la Francia non apprezzarono l’attivazione della politica russa nella Questione armena relativa all'accordo russo- turco del febbraio 1914, con cui l’impero russo prendeva in mano l'iniziativa delle riforme armene e la Questione armena in generale; dopo l’insuccesso al congresso di Berlino, questa fu la rivincita della Russia contro gli stati europei.

Nell’estate del 1914, i governatori europei erano già stati nominati ma non ebbero nemmeno il tempo di iniziare i loro compiti; approfittando dell’inizio della prima guerra mondiale, il governo dei Giovani turchi si rifiutò di portare a termine le riforme programmate.

186 Cfr. V.N. Dadrian, L’espulsione dei Turchi dalla penisola balcanica: un nuovo senso di pericolo per l’Anatolia [pp.

213-266], presente in Storia del genocidio armeno – Conflitti nazionali dai Balcani al Caucaso, cit., pp. 213-226.

187 Ibid., pp. 220-222.

188 Cfr. A. Ferrari, La Russia, la Prima guerra mondiale e il genocidio armeno [pp. 57-68], presente in A. Arslan, F.

Berti e P. De Stefani (a cura di), IL PAESE PERDUTO. А cent’anni dal genocidio armeno, Guerini e Associati, Milano, 2017, p. 62.

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Dopo la guerra dei Balcani (1912-13), come abbiamo visto, la Questione armena era stata nuovamente inserita nell’agenda della diplomazia internazionale da parte della Russia. Il kat’ołikos Gevorg V autorizzò il noto filantropo e personaggio pubblico armeno Poghos-Nubar Pasha a tenere colloqui con i governi delle grandi potenze per risolvere la Questione armena.

Voroncov-Daškov, rispondendo il 2 settembre 1914 alla lettera del kat’ołicos Gevorg V, in cui chiedeva che gli armeni fossero presi sotto la protezione della Russia, chiese che le azioni degli armeni russi e occidentali fossero necessarie per coordinarsi con loro. Riteneva inopportuno fare qualsiasi passo verso una rivolta degli armeni turchi190.

Inoltre, nel novembre 1914 il kat’ołikos fu ricevuto dallo zar Nicola II a Tiflis e riferì che la salvezza degli armeni era strettamente connessa allo zar e alla Russia. L’imperatore russo assicurò che un “brillante futuro attende gli armeni e confido che l’Armenia non seguirà l’esempio della Bulgaria in futuro”191.

I turchi, in seguito alla sconfitta subita nei Balcani, acquisirono una certa consapevolezza concernente quanto potessero essere pericolosi per l’impero le minoranze maltrattate. Le guerre balcaniche portarono un elemento ulteriore: la fine di ogni residuo pluralismo all’interno del CUP (Comitato Unità e Progresso), l’abbandono di una dialettica politica che continuava ad avere nel Parlamento l’istituzione privilegiata, l’accentuazione della discriminazione nei confronti delle minoranze192.

Vi furono vibranti proteste dei Giovani turchi; i dirigenti armeni subirono insulti e contestazioni da parte di molti esponenti dell’Ittihad, guidati dal loro capo, Talaat, poiché volevano porre la questione delle riforme in quello che si profilava come forse il periodo storico più negativo per la Turchia. L’inizio della Grande Guerra pose fine alla speranza di realizzazione di tali riforme193.

Lo scoppio della Prima guerra mondiale impedì la realizzazione di queste riforme194.