CAPITOLO SECONDO
5. L’intelligencija armena in Russia
La colonia di Nor-Nachičevan387 è nota per aver generato un’intera galassia di personalità culturali
e pubbliche armene che hanno dedicato le loro menti e i loro cuori agli ideali e alla liberazione del loro popolo dall’odiato giogo turco. Non solo tramite opere letterarie ma anche materialmente importanti personaggi patriottici di Nor-Nachičevan organizzarono e consolidarono la popolazione armena della regione, influendo sulle altre regioni della Russia popolate da armeni388. I nativi del Don, che si stabilirono in seguito a San Pietroburgo e Mosca, giocarono sempre un ruolo notevole e talvolta decisivo negli affari nazionali, specialmente tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Lo storico armeno Robert Bagdasaryan (1947-) in Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii389 (“Il genocidio e l’intelligencija armena della Russia”) fornisce la maggior parte delle notizie su questo argomento.
Figura di spicco dell’intelligencija armena di Nor-Nachičevan è stato Aleksej Karpovič Dživelegov (1875-1952). Proveniente da una famiglia di mercanti armeni, il giovane Dživelegov dopo essersi laureato presso la facoltà di storia e filologia dell’Università di Mosca nel 1897, si cala nella vita socio-politica rappresentando gli interessi della parte liberale del corpo studentesco ed in seguito aderisce ai cadetti390. La necessità di guadagni lo porta al giornale Russkie Vedomosti, dove, secondo le sue stesse parole, “Ho svolto una cronaca costante: notizie di scienza, arte e letteratura, ho lavorato nel dipartimento estero e pubblicato articoli su vari temi, soprattutto sulla storia e sociologia”391, nonché riferimenti storici e note biografiche. Tra le opere pubblicate sulle pagine del
Russkie Vedomosti, un gruppo speciale consisteva in articoli ed editoriali sulla Questione armena,
nel contesto delle relazioni tra Turchia e Russia.
Dživelegov considerò la Prima guerra mondiale “difensiva”, “giusta” e “popolare” per la Russia, storicamente inevitabile, a causa di uno scontro di interessi economici tra Russia e Germania, e il suo esito positivo fu associato dal redattore armeno-russo con la prospettiva di rafforzare l’autorità internazionale della Russia – scossa dopo la sconfitta in Crimea e durante la guerra russo- giapponese – e il suo riavvicinamento con le potenze occidentali – Inghilterra e Francia392.
Tuttavia, la guerra causò innumerevoli catastrofi al suo popolo nativo in Turchia, quando questa entrò in guerra contro la Russia nell’autunno del 1914. Un terribile tornado di pogrom, massacri e
387 Nor-Nachičevan fu fondata dagli armeni trasferitisi dalla Crimea, secondo il Decreto di Caterina II del 14 Novembre
1779. Dal 1928-1929 entra a far parte del “Proletarskij district”, unità amministrativo-territoriale di Rostov-sul-Don.
388 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 32
389 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, Iz’datelstvo “Gitutyun” NAN RA, Erevan, 2003. 390 J.S. Kirakosyan, A. K. Dživelegov i ego istoriko-publicističeskoe nasledie, AN ArmSSR, Erevan, 1986, p. 5. 391 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 32.
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deportazioni, che prese le dimensioni del genocidio, travolse la popolazione armena occidentale nell’Impero ottomano nel 1915.
Dživelegov non rimase indifferente ai problemi socio-politici del suo popolo: una cinquantina di articoli sulla Questione armena e sul genocidio, principalmente editoriali, furono pubblicati tra il 1916 e il 1918 sul settimanale moscovita Armjanskij vestnik (“Il messaggero armeno”), da lui fondato e curato insieme al redattore-editore Amirov.
Nel primo numero dell’Armjanskij vestnik – Sud’ba Armenii (“Il destino dell’Armenia”) – Dživelegov scrisse degli obiettivi che si prefiggeva il nuovo giornale: “La guerra mondiale ha nuovamente attirato l’attenzione dell’intero mondo civilizzato sul popolo armeno, che ora sta morendo in Turchia per il suo desiderio di cultura europea e per la sua devozione alle potenze dell’Intesa. E il tormento di un piccolo popolo suscita adesso la partecipazione di tutto il mondo. Ma la società russa non ha ancora molta familiarità con gli armeni, con il loro passato, la loro cultura, e in Russia non esiste un’unica organizzazione dedicata a far luce sulla vita sociopolitica e nazionale armena, e che rifletta i bisogni e le esigenze degli armeni. Più la società russa conosce da vicino gli armeni, più equo sarà il suo atteggiamento nei confronti del destino infelice degli armeni turchi. La benevolenza della società russa determinerà in larga misura la questione del futuro dell’Armenia”393.
Durante la Prima guerra mondiale e la tragedia armena che ne seguì, Dživelegov pubblicò l’articolo Rany Armenii (“Le ferite dell’Armenia”) sul n179 del 4 agosto del Russkie vedomosti, in cui presentava la sofferenza degli armeni e la connivenza tedesca con il governo turco: “Dopo che gli armeni di Van si rifiutarono di mettere volontariamente il collo sotto la spada del carnefice, i Giovani turchi si impossessarono del potere e lo mantennero con l’aiuto delle baionette tedesche. Decisero di sterminare il popolo armeno, di sradicare la razza cristiana, la cui esistenza rappresentava adesso una seria minaccia all’integrità e alla sopravvivenza dell’Impero ottomano”394.
“Nessuno dei precedenti pogrom armeni, neanche i pogrom del 1895-96, – scrisse in seguito Dživelegov nel 1916 nell’articolo Nemcy, turki i Armenija (“I tedeschi, i turchi e l’Armenia”) – può essere paragonato a quanto accaduto agli armeni durante la grande guerra. L’intera popolazione dell’Armenia turca, che ammontava a circa due milioni prima della guerra, fu sradicata sistematicamente. I dettagli e le immagini del lugubre esodo dalla propria patria verso una terra straniera sono tali che la coscienza si rifiuta di percepirle. Né ai tempi di Gengis-khan, né ai tempi di Tamerlano, gli armeni hanno dovuto subire una simile barbarie. I selvaggi medievali
393 J.S. Kirakosyan, A. K. Dživelegov i ego istoriko-publicističeskoe nasledie, cit., p. 42. 394 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 35.
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semplicemente uccidevano per impadronirsi delle prede, i moderni barbari in questa follia di sterminio perseguono invece un preciso progetto politico”395.
Il progetto era chiaro: lo sterminio del popolo armeno, la sua espulsione dalla propria terra, dalla patria storica, con il pretesto della “necessità militare”, commessa con la connivenza del governo tedesco. Qual era l’interesse dei tedeschi? Spiega Dživelegov: “Gli armeni in Turchia confinano ampiamente con la Russia. Liberare la striscia di confine dagli armeni significava facilitare il compito strategico sul fronte russo-turco. Così sorse il piano di mobilitazione nelle menti tedesche. Come è stato realizzato è noto a tutto il mondo civilizzato”396.
“L’Armjanskij vestnik è nato dalla guerra e dalla tremenda sventura che la guerra arrecò agli armeni, – continua Dživelegov – ma la guerra e la tragedia turca sono solo una scusa. Un giornale del genere ha da tempo avuto un posto tra gli organi della stampa periodica russa. Dopotutto, gli armeni avevano qualcosa da dire alla società russa su sé stessi, né la società russa, né il governo russo finora sono stati adeguatamente informati sugli armeni, sui loro atteggiamenti e le loro aspirazioni in Russia e Turchia, ed è per questo che i compiti della rivista sono molto più ampi, della tragica occasione che li ha creati”397. Il merito di Dživelegov è che “con la sua autorità, la sua energia, ha riunito attorno a sé e all’Armjanskij vestnik importanti rappresentanti dell’intelligencija russa, che hanno alzato la voce in difesa delle vittime della politica di guerra e del vandalismo dei Giovani turchi”398. Ricordiamo che hanno collaborato con il suo giornale importanti pubblicisti e
poeti russi: Brjusov, Gorodeckij, Nemirovič-Dančenko, Krotkij, Kovalevskij, Dolgorukov, Veselovskij, ed altri399.
La Questione armena veniva regolarmente discussa nella Duma di Stato russa e di conseguenza trovava reazioni e commenti nelle prime pagine dell’Armjanskij vestnik sotto lo sguardo vigile e con il commento dello stesso Dživelegov.
Il numero di luglio del giornale (3 luglio 1916) presenta un articolo di Dživelegov riguardo una conversazione tra Talaat Pasha e un giornalista tedesco. Indignato dalla calunnia e dal cinismo dell’ispiratore della politica dei Giovani turchi, che stava cercando di creare un capro espiatorio e incolpare in parte gli stessi armeni, in parte i disordini amministrativi che prevalevano nell’impero
padishah, l’autore dell’articolo inchioda il ministro turco con una terribile verità: “Sulla base dei
fatti riportati dalla stampa, compresa la stampa neutrale, è emersa un’immagine assolutamente eccezionale in termini di fredda, deliberata crudeltà e ferocia selvaggia. Non vi era il minimo 395 J.S. Kirakosyan, A. K. Dživelegov i ego istoriko-publicističeskoe nasledie, cit., p. 43. Vedi anche V.A. Cholakian, Russkaja periodičeskaja pečat’ o gumanitarnoj katastrofe v Osmanskoj imperii v gody Pervoj mirovoj vojny, [pp. 42-
47], cit., p. 45.
396 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 37. 397 Ibid., p. 38.
398 J.S. Kirakosyan, A. K. Dživelegov i ego istoriko-publicističeskoe nasledie, cit., p. 42. 399 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 39.
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dubbio che il massacro degli armeni fosse effettuato secondo un piano pre-pianificato, che la parte principale di questo piano fosse il desiderio di uccidere il maggior numero possibile di armeni e che gli alleati e i protettori dei giovani barbari turchi, i tedeschi, presero parte alla preparazione del piano”400.
L’Armjanskij vestnik fu fondato con l’obiettivo di rafforzare la familiarità della società russa con l’Armenia e gli armeni. Dopo un anno di lavoro proficuo, il settimanale poteva già scrivere: “Evidentemente, possiamo dire che l’obiettivo di risvegliare l’opinione pubblica russa nei confronti della cultura armena è stato raggiunto. La continua crescita di interesse per il giornale sia nella società armena che in quella russa, la partecipazione ad essa delle migliori forze letterarie, russe e armene, costituisce una prova inconfutabile che la rivista è riuscita a rispondere ad un’esigenza molto seria. Traendo forza da questo supporto da parte della società, la redazione continuerà a svolgere i punti di vista che ha tenuto in precedenza e che, spera, siano condivisi dall’intelligencija russa e armena”401. Il tempo ha mostrato il ruolo inestimabile dell’Armjanskij vestnik, uno specchio
obiettivo e chiaro della vita sociopolitica, letteraria e culturale armena del periodo della Prima guerra mondiale.
Dopo le rivoluzioni russe del 1917 Dživelegov si ritirò dall’attività politica e si dedicò allo studio della storia rinascimentale e dell’arte402. Aleksej Dživelegov è stato uno dei più importanti e attivi
sostenitori della tutela dei diritti storici e delle giuste richieste del popolo armeno, della risoluzione della Questione armena - una situazione dolorosa e ancora non completamente risolta nella politica internazionale. I suoi meriti in questa direzione di attività vivace e sfaccettata sono evidenti e universalmente riconosciuti non solo nella società armena, ma anche nella società russa.
Tra le figure dell’intelligencija armena in Russia che hanno avviato un attivo lavoro sociopolitico e patriottico durante la Prima guerra mondiale e il genocidio armeno, vi fu anche il noto avvocato, filologo e pubblicista, presidente della “Società di beneficenza armena” degli armeni del Don e deputato di Nor-Nachičevan Grigor Čalchuš’ian (1861-1931).
Grigor Čalchuš’ian studiò all’Istituto Lazarev di lingue orientali a Mosca ed in seguito all’Università statale di Mosca, presso la facoltà di giurisprudenza. Ritornato in patria, oltre alla sua specialità, la pratica legale, si dedicò ad attività letterarie e socioculturali, che gli valsero il rispetto dei suoi concittadini. La sua autorità aumentò soprattutto durante gli anni del genocidio armeno. Va notato che a quel tempo Nachičevan-sul-Don aveva iniziato a svolgere un ruolo significativo nella vita sociale e politica armena.
400 Ibid., p. 47. 401 Ibid., p. 60.
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Gli articoli e i discorsi di Čalchuš’ian - legati alla posizione sempre più aggravata degli armeni in Turchia, ai problemi nelle varie sfere della vita del Don e degli armeni caucasici - composero un intero volume contenente circa un centinaio di opere. Gli articoli di Čalchuš’ian sono stati pubblicati tra il 1915 e il 1918 su vari giornali della stampa russa, soprattutto sull’Armjanskij
vestnik di Dživelegov, e sul Priazovskij kraj. L’interesse per la Questione armena può essere
ricondotto al giurista armeno-russo già dalla fine del XIX secolo, quando il mondo rabbrividì per la prima volta a causa dei pogrom hamidiani ai danni degli armeni in Turchia nel 1894-1896.
All’alba del XX secolo, quando scoppiarono gli scontri etnici armeno-turchi (azeri) nel Caucaso nel 1905, Čalchuš’ian nella sua opera Armjanskij vopros i armjanskie pogromy v Rossii.
Panislamizm (“La Questione armena e i pogrom armeni in Russia. Pan-Islamismo”) del 1905,
ricorda i privilegi che una volta erano stati conferiti agli armeni dai decreti degli imperatori russi, il ruolo degli armeni nelle guerre russo-turche, si riferisce alla politica delle autorità zariste volta a violare gli armeni - la chiusura delle scuole negli anni ‘80-‘90 del XIX secolo, la persecuzione della Chiesa armena con la confisca dei suoi beni (1903), la chiusura delle istituzioni di beneficenza armene. Per i temi trattati, la pubblicazione del libro non soddisfece le autorità ufficiali, sebbene fosse stato autorizzato dalla censura zarista il 3 luglio 1905403. L’autore del libro, in diversi capitoli di questo lavoro di quasi cento pagine, rivelava tutta l’ambiguità e la dualità della politica dell’autocrazia russa in relazione ai suoi sudditi armeni.
La pubblicazione da parte del giurista armeno dei suoi articoli aveva un obiettivo molto specifico: con i proventi delle vendite aiutare finanziariamente i cosiddetti maraba, gli schiavi, i servi, gli
esir404. Alcuni armeni, per salvarsi durante il massacro, si arresero ai turchi e ai curdi e divennero i
loro schiavi, servi, i loro maraba. Rivolgendosi ai suoi connazionali più felici in Russia e nel Caucaso, l’autore della raccolta chiede aiuto e ricorda gli sfortunati schiavi armeni occidenali che erano stati privati di tutti i diritti umani. Čalchuš’ian chiama appassionatamente a servire la causa dell’eradicazione di questo fenomeno vergognoso per tutti gli armeni, per rendere lo schiavo armeno occidentale libero come i suoi fratelli armeni russi.
Naturalmente, era improbabile che i proventi della vendita del libro potessero fornire un’assistenza significativa e liberare tutti gli schiavi nel lontano impero ottomano, ma era importante che gli armeni russi, e ancor più i russi stessi, venuti a conoscenza del fenomeno, fossero inorriditi che la Turchia calpestasse la dignità umana del popolo armeno.
Grigor Čalchuš’ian è stato uno dei primi a prendere misure energiche per consolidare la colonia di Nor-Nachičevan, mobilitare tutte le forze intellettuali e le risorse materiali degli armeni del Don e
403 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 92. 404 Ibid., pp. 104-105.
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dell'intera Russia meridionale, diventando uno degli organizzatori e coordinatori attivi del movimento dei volontari, chiamato insieme alle truppe russe per aiutare a liberare gli armeni occidentali dall’odiato giogo turco. Il giornale Armjane i vojna405 (“Gli armeni e la guerra”), nella
sua corrispondenza informava da Rostov e Nachičevan-sul-Don: “L’attività dei comitati armeni locali si sta sviluppando ogni giorno. Grazie all’energica leadership del presidente del Comitato di Rostov, Čalchuš’ian, sono riusciti a raccogliere una somma molto elevata per le esigenze delle squadre di volontari e dei rifugiati armeni”406.
Nell’articolo Krovavyj god (“L’anno di sangue”) – apparso sul n 2-1916 dell’Armjanskij vestnik – Čalchuš’ian scrisse: “«L’anno di sangue» per gli armeni è stato lento, difficile. I giorni ordinari e brevi hanno lasciato il posto a una grande notte buia, senza speranza e senza fine. Il popolo eroico ha sopportato ogni sorta di orrori, ogni tipo di barbarie per un millennio, fino all’ipocrisia dell’Europa, che ha tollerato l’esistenza di turchi e curdi in nome dei loro interessi e ha guardato silenziosamente la nostra sofferenza; ora centinaia di migliaia di tombe senza nome di armeni sofferenti segnano il difficile e infinito cammino verso il Calvario, che è ancora così lontano da noi! Siamo abituati a questi anni sanguinosi, attraversano senza sosta le pagine ingiallite e polverose della nostra storia. Hanno sempre lasciato tracce terribili. Ma quest’ultimo anno è stato il più sanguinoso di tutti”407.
Grigor Čalchuš’ian in seguito trattò anche della terribile situazione dei rifugiati armeni che, a seguito del ritiro nel luglio 1915 delle truppe russe in alcune parti del fronte russo-turco, furono costretti a lasciare le loro case: “Gli armeni che hanno incontrato le truppe russe, per paura della vendetta, hanno dovuto sgomberare in fretta i loro focolai, coloro che non hanno avuto il tempo di farlo sono stati vittime della violenza turca e curda, gli altri hanno trovato grandi difficoltà a causa della mancanza di mezzi di trasporto e provviste , e quando ondate di rifugiati si sono riversate nel monastero di Echmiadzin, la loro situazione era terribile” 408.
Il giurista-pubblicista armeno ricorda anche qualche esempio sporadico di umanità da parte dei curdi: “Quando, secondo il programma dei Giovani turchi approvato dai tedeschi, un milione di armeni fu immediatamente sottoposto a pogrom, violenze, torture, massacri e distruzione sistematica, quando si formarono montagne di cadaveri che non scomparvero per molto tempo e i fiumi cambiarono il loro colore azzurro e diventarono rossi dal sangue scarlatto armeno, la coscienza parlò anche nei selvaggi cuori curdi. In molti luoghi, gli armeni sopravvissuti trovarono rifugio e salvezza presso i curdi. Ma gli stessi curdi erano poveri. E gli armeni che si rifugiarono da
405 Giornale pubblicato tra il 1916 e il 1917 ad Odessa.
406 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 118. 407 Ibid., pp. 118-119.
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loro erano come morti viventi. Ora stiamo comprando questi armeni, scusatemi, tuttavia, per l’espressione aspra, li stiamo riscattando. E ora, nel momento in cui nuotiamo qui nell’oro, in contentezza, nella gioia, lontano, nelle capanne perdute, nelle tende miserabili, nei villaggi curdi, i nostri fratelli gemono affamati, quasi nudi, come morti viventi”409.
Il 10 maggio 1916, il Congresso armeno panrusso fu aperto a Pietrogrado, convocato per esaminare le questioni relative alla sistemazione dei rifugiati armeni nell’Armenia turca. Personaggi di spicco che rappresentavano molte organizzazioni influenti e autorevoli si riunirono nella capitale settentrionale dell’Impero russo410. In quella sede, Čalchuš’ian, esponente del comitato armeno di
Rostov e Nor-Nachičevan, pronunciò queste parole: “Un disastro terribile è piombato su di noi. La guerra afferrò l’intero popolo armeno. Il governo russo non voleva complicazioni, evitava in tutti i modi la guerra con la Turchia e il punto di vista del governo coincideva con i nostri desideri, poiché temevamo i pogrom e i massacri. Tuttavia, la guerra scoppiò e il movimento dei volontari armeni cominciò ad affluire da ogni parte. Poi iniziò il massacro senza precedenti e noi armeni abbiamo solo potuto: «Urlare attraverso la bocca delle proprie ferite». Nel paese turco senza giustizia, per secoli, noi armeni abbiamo urlato con la bocca spalancata piena di ferite. Ma l’ipocrisia della diplomazia europea soffocò le nostre urla”411. La denuncia del silenzio delle potenze europee è un
leitmotiv persistente nella pubblicazioni di Čalchuš’ian.
Non senza sarcasmo e criticando le potenze europee, Čalchuš’ian osserva: “Forse, solo quando tombe, cimiteri, rovine, macerie e polvere rimarranno del mio caro paese e del mio sfortunato popolo, la diplomazia europea prenderà in considerazione ciò che resta del mio popolo. Tuttavia, se le nostre sofferenze, i nostri sacrifici e un milione di martiri nella loro speranza e amore per la cultura, per l’umanità e per l’Europa non hanno ancora suscitato l’attenzione, la compassione e l’amore per il popolo armeno, se tutti i nostri sforzi per uscire da questo fango di calunnia e ingiustizia sono stati inutili, lascia che la nostra alba diventi viola, purpurea: non credo che il mio popolo vedrà mai l’ambita e luminosa libertà! Il raggio di luce dell’agognata libertà del mio paese”412.
Nel 1916, il cosiddetto Belaja kniga (“Il libro bianco”) fu pubblicato in Turchia – come abbiamo visto nel paragrafo precedente – in cui il governo turco tentava di negare il genocidio armeno nell’impero ottomano. Le prime informazioni su questo libro e le conseguenti reazioni apparvero sull’Armjanskij vestnik di Dživelegov (N 27, 1916, pp. 11-17)413. In questo falso documento, il
409 Ibid., p. 125.
410 V.G. Tunyan, Nacional’naja ideja i nacional’nye soveščanija v 1914-1917 gg., [pp.41-49], articolo presente
http://publications.ysu.am/wp-content/uploads/2017/09/V.-Tunyan.pdf, Erevan State University, Erevan, 2017, p. 45.
411 R. Bagdasaryan, Genocid i armjanskaja intelligencija Rossii, cit., p. 127. 412 Ibid.
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governo dei Giovani turchi cercò di dimostrare che gli armeni cercavano di creare un’Armenia indipendente sulle rovine dell’impero ottomano e rivelava gli armeni nelle loro antiche aspirazioni separatiste e la loro inclinazione per la Russia. E la tragedia degli armeni, dicono, era solo il risultato del loro “entusiasmo per le prospettive di un’Armenia indipendente”. Commossi da questi disastri dell’elemento armeno, Enver e Talaat sembravano pronti a piangere, dichiarando: “E nient’altro che per il sogno di raggiungere i loro ideali nazionali, gli sfortunati armeni furono gettati