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L’intelligencija russa e il genocidio armeno – La stampa

CAPITOLO SECONDO

4. L’intelligencija russa e il genocidio armeno – La stampa

I pogrom e il genocidio compiuti contro gli armeni sono sempre stati al centro dell’attenzione dei media armeni e stranieri. Di particolare nota sono le pubblicazioni sulla stampa russa, inglese, francese e americana sui pogrom di Abdul Hamid nel 1894-1896, il massacro di Adana nel 1909 e il genocidio del 1915-1923.

L’analisi di questo paragrafo si baserà principalmente sulle pubblicazioni della stampa russa nel biennio 1915-1916. Grazie ai corrispondenti, tali pubblicazioni fornirono in tempo reale informazioni riguardo il genocidio, il processo di attuazione e le conseguenze che ne derivarono. Tali pubblicazioni sulla stampa mondiale confermano l’importanza del tema del genocidio armeno e sono una conferma della consapevolezza della comunità internazionale.

La stampa russa ha fornito recensioni allarmanti e informazioni sullo sviluppo degli eventi nei territori anatolici dell’Armenia turca. I giornali progressisti simpatizzarono con gli armeni e la loro sorte e sostennero questo popolo nella sua legittima richiesta: la liberazione della loro patria dal giogo turco.

Verranno qui prese in considerazione le pubblicazioni dei seguenti giornali russi: Russkie vedomosti (“I fogli russi”), Russkoe Slovo (“La parola russa”), Reč’ (“Il discorso”), Zarya (“L’alba”), Vestnik

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Evropy (“Il messaggero d’Europa”), Kavkaz (“Caucaso”), Birževye vedomosti (“I fogli borsistici”), Russkaja mysl’ (“Il pensiero russo”), Peterburgskie Vedomosti (“I fogli pietroburghesi”).

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, la Russia e la Turchia si ritrovarono ancora una volta a combattere su due fronti opposti. Subito disperata si rivelò la situazione dei rifugiati armeni. Nel novembre 1914, durante l’offensiva turca decine di migliaia di rifugiati armeni – che fuggivano dalle città di Van, Bayazet, Diadin, Alaškert e Kars – si precipitarono nel Caucaso. All’inizio del 1915, 49.8 mila armeni si erano trasferiti dall’Armenia occidentale in Transcaucasia – principalmente nelle province di Erevan e Tiflis363.

Nell’articolo del n84 del 14 aprile 1915 del Russkie vedomosti intitolato laconicamente “I rifugiati armeni” si osservò che “I primi rifugiati comparvero alla fine di ottobre. Ma questo flusso fu insignificante rispetto al successivo che si riversò nei giorni di dicembre quando le truppe russe si ritirarono in soli dieci giorni. Quei 10 giorni furono sufficienti per distruggere decine di migliaia di vite. Il Congresso di Echmiadzin ha stimato questo movimento in novemila famiglie per un totale di 60.000 armeni”364.

Il n93 del 24 aprile 1915 del Russkie vedomosti, scriveva allarmato: “Il vilayet di Van è stretto dalla rivolta… I villaggi degli armeni stanno bruciando. Con il pretesto della mobilitazione, si commettono orrori. La popolazione sta vivendo un incubo di totale sterminio. Il vandalismo è in pieno svolgimento”365.

Il n105 del 9 maggio del Russkie vedomosti nel 1915 scrisse del destino dei soldati armeni arruolati nell’esercito turco e presto disarmati: “Secondo l’irade (decreto) del sultano, tutti i soldati armeni sono stati disarmati. Presto, furono tutti imprigionati nei caravanserragli e nelle caserme. Di notte, in gruppi di più persone furono portati fuori città, annunciando che a causa della loro russofilia erano stati condannati a morte. Furono sparati e i loro corpi gettati nel fiume”366.

Anche il n° 153 dell’8 luglio 1915 del giornale Kavkaz nell’articolo V Tureckoj Armenii (“Nell’Armenia turca”) firmato da “M.T.” osservò che “L’azione organizzata per «proteggere la popolazione dall’influenza russa» iniziò con l’irade, il decreto emanato dal sultano che ordinò il disarmo dei soldati armeni, una parte significativa dei quali, per inciso, fu uccisa dopo il disarmo. Quindi, ad Arčeš e nei suoi dintorni, circa mille uomini furono portati nel deserto e sparati o gettati negli abissi del mare. I turchi intendevano fare lo stesso a Van e Šatach. È noto, tuttavia, che gli 363 V.A. Cholakian, Russkaja periodičeskaja pečat’ o gumanitarnoj katastrofe v Osmanskoj imperii v gody Pervoj mirovoj vojny, [pp. 42-47], presente in Izv. Sarat. Un-ta, Nov. ser. Ser. Istorija. Meždunarodnye otnošenija, tomo 15,

2015, Saratov, p. 43.

364 Ibid., p. 44.

365 G.A. Abraamian, T.G. Sevan-Chačatrian, Russkie istočniki o genocide armjan v Osmankoj imperii. 1915-1916,

Sbornik dokumentov i materialov, Izd. «Areresum»-ANI, Erevan, 1995, doc. n20, p.15.

366 V.A. Cholakian, Russkaja periodičeskaja pečat’ o gumanitarnoj katastrofe v Osmanskoj imperii v gody Pervoj mirovoj vojny, cit., pp. 44-45.

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armeni locali, dopo aver impugnato le armi, lottarono contro i musulmani e resistettero per più di un mese prima dell’arrivo delle nostre truppe”367.

Nel maggio del 1915, il corrispondente della rivista Zarya visitò Van condotto dalle truppe russe e dai volontari armeni. Questo era lo scenario che gli si stagliò dinanzi: “Le lacrime delle vedove armene, il pianto e il singhiozzo dei bambini affamati e seminudi, il lamento dei vecchi e delle donne anziane schiudono le pagine di una nuova storia di atrocità umane tali che i racconti delle atrocità di Nerone, Caligola, Attila, Tamerlano e Gengis-khan impallidiscono dinanzi alle efferatezze turche e curde.

Ora, naturalmente, il popolo armeno, dopo aver sopportato così tanti tormenti da parte dei sovrani selvaggi, all’arrivo delle truppe russe fu sopraffatto dall’entusiasmo, trovando finalmente la tanto attesa protezione. La parola rus (russo) per ogni armeno turco è diventata una parola preziosa. Grande è la sua gioia ora quando vede lo stendardo russo sventolare sopra di lui”368.

Il professor M. M. Kovalevskij nel giugno 1915 sulla rivista Vestnik Evropy collegò la Questione armena con lo scontro degli interessi dell’Oriente musulmano e del Nord cristiano. Sviluppando il tema, l’autore ha considerato: “Nel XIX secolo, i nostri tentativi di andare in aiuto ai compatrioti ebbero gravissime conseguenze per gli armeni”369. La situazione critica degli armeni era sorta in

quanto filorussi durante le guerre russo-turche del XIX secolo; e la loro russofilia ancora rappresentava un elemento di tradimento nei confronti dell’impero ottomano, secondo i Giovani turchi.

L’ex consigliere dell’Ambasciata russa a Costantinopoli, Andrej Nikolaevič Mandel’štam, nel numero di giugno della rivista Russkaja mysl’ nel 1915 pubblicò l’articolo “Il potere dei Giovani turchi”, in cui guerre, furti e pogrom furono riconosciuti come elementi caratteristici della disposizione spirituale e dello sviluppo permanente degli ottomani370.

Durante il 1915, il Russkie Vedomosti fece luce ripetutamente sulla situazione del fronte russo- turco. “L’inaspettato ritiro delle truppe russe nel luglio del 1915 causò una fuga massiccia di duecentomila armeni, il massacro di coloro che rimasero e caddero nelle mani dei turchi e dei curdi, ed inoltre, la perdita di tutte le proprietà. Infine la fame causò la morte di migliaia di bambini e donne lungo la strada e nei deserti dove erano stati mobilitati. […] Le statistiche sulla mortalità 367 V.A. Cholakian, Russkaja periodičeskaja pečat’ o gumanitarnoj katastrofe v Osmanskoj imperii v gody Pervoj mirovoj vojny, cit., p. 45. Vedi documento completo: G.A. Abraamian, T.G. Sevan-Chačatrian, Russkie istočniki o genocide armjan v Osmankoj imperii. 1915-1916, cit., doc. n46, p. 49.

368 G.A. Abraamian, T.G. Sevan-Chačatrian, Russkie istočniki o genocide armjan v Osmankoj imperii. 1915-1916, cit.,

doc. n35, pp. 30-32.

369 V.G. Tunyan, Armjanskij genocid i russkaja pressa: 1915-1917 gg., [pp. 52-60], presente in Id. Istoriografija genocida, Erevan, 2002, cit. pp. 52-53. Vedi documento completo: G.A. Abraamian, T.G. Sevan-Chačatrian, Russkie istočniki o genocide armjan v Osmankoj imperii. 1915-1916, cit., doc. n44. Pp.46-48.

370 V.G. Tunyan, Armjanskij genocid i russkaja pressa: 1915-1917 gg., [pp. 52-60], presente in Id. Istoriografija genocida, cit., p. 53.

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sono state stabilite a Echmiadzin il 30 luglio 1915. Fino all’11 agosto, in 13 giorni sono morti 60 bambini e 45 adulti al giorno. Due o tremila donne anziane emaciate e bambini piccoli: questo è tutto ciò che rimane dei centomila abitanti della fertile valle di Mush”371.

Nella nota Rany Armenii (“Le ferite dell’Armenia”) – pubblicata sul n179 il 4 agosto 1915 del

Russkie vedomosti – Dživelegov commenta l’arresto e l’uccisione degli esponenti dell’intelligencija

armena: “Il fiore dell’intelligencija armena è stato arrestato e viene gradualmente ucciso. A Costantinopoli, durante lo stato ininterrotto del pogrom dei cristiani, il Patriarca armeno si recò da Talaat pasha per cercare di propiziarsi il ministro degli interni, ma fu picchiato e cacciato. Le chiese armene di Costantinopoli, in cui gli sfortunati rimasti senza casa, si rifugiarono, furono distrutte e bruciate. La Bulgaria e la Grecia accolgono ora migliaia di rifugiati armeni, anche la Russia, nuovamente. Le cifre per la sola Russia sono sempre più allarmanti: prima si parlava di 75 mila rifugiati, poi di circa 100 mila, in seguito di circa 150 mila; adesso le stime parlano di 200 mila rifugiati armeni”372.

Nel 1915, simili corrispondenze iniziarono ad apparire sulle pagine dei giornali russi. Non solo facevano luce sul tragico destino del popolo armeno, ma esortavano all’azione anche le organizzazioni per l’assistenza dei rifugiati armeni. Sempre nella nota del n179 del Russkie

Vedomosti, Dživelegov osservava che “la Russia ha accolto migliaia di rifugiati che chiedono aiuto

e che non possono essere lasciati a sé stessi. Non dobbiamo dimenticare che i rifugiati che sono arrivati a dicembre e gennaio sono stati protetti e sfamati dai contadini armeni. La nuova ondata di rifugiati, circa il triplo della prima, non può essere soccorsa. Le scorte sono finite e le donazioni che vengono ricevute non sono sufficienti. Le persone muoiono di fame. Per salvare questa massa di persone è necessario l’aiuto dello Stato, altrimenti più della metà di questi duecentomila armeni non sopravvivrà”373.

Il bilancio del 1915 fu riassunto da Minas Berberyan sul quotidiano Kavkazkoe Slovo. Si parlò dell’esistenza di un “anno nero” senza precedenti nella vita del popolo armeno. Circa 850 mila armeni furono uccisi durante la prigionia. Gli armeni di Costantinopoli, delle province dell’Armenia occidentale e della Cilicia subirono questo triste destino. Più di duecentomila rifugiati armeni si salvarono in Russia374.

La deportazione degli armeni in tutto l’Impero ottomano fu effettuata secondo un copione ben preciso. Inizialmente, le autorità rastrellarono gli uomini in buone condizioni di salute, affermando 371 V.A. Cholakian, Russkaja periodičeskaja pečat’ o gumanitarnoj katastrofe v Osmanskoj imperii v gody Pervoj mirovoj vojny, cit., p. 45.

372 Ibid. Vedi nota completa: G.A. Abraamian, T.G. Sevan-Chačatrian, Russkie istočniki o genocide armjan v Osmankoj imperii. 1915-1916, cit., doc. n52, pp. 53-54.

373 Ibid.

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che il governo benevolo, per motivi di sicurezza, necessità militari e interessi dello Stato doveva procedere a misure di rimozione forzata della popolazione da parte delle autorità militari. Gli uomini furono portati fuori dagli insediamenti in luoghi deserti ed uccisi. Quindi iniziò il trasferimento di anziani, donne e bambini: le carovane degli armeni furono deportate nell’entroterra dell’impero ottomano, nei deserti della Mesopotamia e della Siria, dove furono creati campi speciali per loro. Gli armeni furono annientati sia nei loro luoghi di residenza sia nella marcia della morte; attaccati dalla folla turca e da bande di ladri circasso-curdi. Di conseguenza, solo una piccola parte dei deportati raggiunse le sue destinazioni. Ma anche i deserti non erano sicuri: ci furono casi in cui gli armeni deportati furono portati fuori dai campi e massacrati nel deserto, in altri casi la mancanza di servizi igienico-sanitari, la fame e le epidemie causarono la morte di centinaia di migliaia di armeni.

Il libro Le sort de l’Empire Ottoman (“Il destino dell’Impero ottomano”), pubblicato da A. Mandel’štam in francese nel 1917, fornisce informazioni specifiche e dati sulla deportazione degli armeni. “Contrariamente alle false dichiarazioni del governo turco, non vi furono rivolte o rivoluzioni armene. Gli armeni impugnarono le armi solo quando videro l’effetiva minaccia del massacro, obbedendo al naturale desiderio di vendere le loro vite al prezzo il più caro possibile. Dei 18.000 armeni espulsi da Harput, Aegin, Tokat e Sivas, solo 350 raggiunsero Aleppo; e dei 19.000 espulsi da Erzurum, ne rimasero solo 11. […] E se, nonostante tutte queste difficoltà, alcuni deportati riuscirono ad arrivare a destinazione, questo è semplicemente perché era necessario dimostrare all’opinione pubblica europea l’arrivo di almeno un certo numero di armeni e anche perché era ovvio che i sopravvissuti sarebbero morti nei loro nuovi insediamenti”375.

Continua Mandel’štam: “Non meno terribile fu la situazione degli armeni nei loro nuovi insediamenti, dove speravano di trovare almeno una mitigazione alla loro sofferenza. Sia che si trovassero a Sultaniya, o nella regione selvaggia di Konya, nelle aree di Aleppo, Gama e Damasco, o nel loro più grande punto di raccolta, la città di Der Zor – in Siria, sulla riva destra del fiume Eufrate – gli armeni continuarono ad essere sottoposti ad un trattamento tale da non lasciare il minimo dubbio sulle intenzioni delle autorità turche di sterminarli”376.

Una seconda ondata di uccisioni ebbe luogo tra l’aprile e il settembre 1916, attorno ai campi di deportazione e nei villaggi che non erano stati ancora etnicamente ripuliti377.

Nel maggio del 1916, Birževye Vedomosti in connessione con il Congresso armeno sui rifugiati e le vittime della guerra a Pietrogrado scrisse: “Ciò che è accaduto al popolo armeno non è mai accaduto

375 AA. VV. pod red. M.G. Nersisiana, Genocid armjan v Osmanskoj imperii, Sbornik dokumentov i materialov, cit.,

doc. n. 228, [pp. 497-507], p. 502.

376 Ibid., p. 503.

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a nessun altro popolo nella guerra attuale. Le persecuzioni che gli armeni hanno sofferto in Turchia in tempo di pace sono diventate davvero terribili negli ultimi due anni. I curdi li massacrarono, furono mobilitati dalle autorità turche, privati dei loro beni, della terra e del cibo. E i restanti sopravvissuti della popolazione armena si precipitarono dove speravano di trovare rifugio, aiuto e compassione: in Russia. Le nostre truppe hanno già occupato una parte significativa dell’Armenia turca e hanno liberato la terra armena dal dominio turco. Ma questa terra si è rivelata “ripulita” dalla popolazione armena, che è fuggita a nord con paura e orrore” 378.

Nel n123 del Peterburgskie Vedomosti del 1916, notiamo l’atmosfera lugubre che si stagliava dinanza ai soldati appena giunti nei deserti villaggi armeni: “Il reggimento […] raggiunse un villagio deserto. All’ingresso di un alto recinto … diversi cadaveri. Ci siamo avvicinati e abbiamo scoperto essere i corpi dei volontari armeni catturati dai turchi. Tutti loro, con la lingua tagliata e gli occhi socchiusi, erano ancora appesi per le gambe…intorpiditi. […] Abbiamo continuato la nostra marcia, non abbiamo incontrato un singolo armeno vivente. Ci è stato detto che prima della guerra lì c’erano decine di migliaia di armeni”379.

Il governo turco, nonostante i numerosi documenti storici, ha continuato negli ultimi cento anni a negare il genocidio degli armeni nell’Impero ottomano, sostenendo che gli armeni morirono a causa delle ostilità. Le prove documentali del primo genocidio del XX secolo mostrano che la pianificata distruzione di massa di un milione e mezzo di innocenti, contrariamente a tutti gli standard morali umani, non può essere giustificata in nessuna circostanza. Un milione e mezzo di armeni – un fatto indiscutibile per l’intera comunità mondiale – non poteva essere celato o scomparire senza lasciare traccia.

La preoccupazione della comunità internazionale nei confronti del genocidio armeno ha portato alla formazione da parte dei Giovani turchi del falso concetto di “tradimento degli armeni” della Turchia. Nel giugno del 1916 il giornale Reč’ pubblicò un articolo intitolato Tureckie priznanija po

povodu zverstv v Armenii (“Confessioni turche sulle atrocità in Armenia”) che conteneva lo sfogo

del carnefice degli armeni, il ministro degli interni Talaat pasha, al corrispondente tedesco del giornale380. Secondo Talaat, gli ideali armeni non si adattavano alla realtà turca; questi ideali sarebbero dovuto essere implementati solo con la disgregazione dell’impero ottomano. Il “tradimento” armeno apparentemente si basava sull’esistenza di un piano di rivolta durante l’invasione dei turchi nel Caucaso. In contrasto con le presunte istruzioni del governo turco, gli armeni mobilitati furono sottoposti ad “eccessi” da parte di alcuni funzionari turchi e bande curde 378 V.A. Cholakian, Russkaja periodičeskaja pečat’ o gumanitarnoj katastrofe v Osmanskoj imperii v gody Pervoj mirovoj vojny, cit., p. 46.

379 G.A. Abraamian, T.G. Sevan-Chačatrian, Russkie istočniki o genocide armjan v Osmankoj imperii. 1915-1916, cit.,

doc. n150, p. 211.

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sulla via verso i deserti della Mesopotamia e della Siria. Le confessioni e le dichiarazioni di Talaat miravano a nascondere l’esistenza di un piano di deportazione sviluppato dai tedeschi – dal generale Bronsart381 in primis, capo di stato maggiore del quartier generale ottomano – e incarnato dai turchi

con il loro vandalismo statale intrinseco. Alla fine l’idea di privare gli armeni delle loro terre secolari e di deportarli nei deserti fu inizialmente suggerita da militari tedeschi – Von der Goltz, Von Sanders, Rohrbach, Naumann382. Non nascosero il fatto che gli armeni rappresentavano un ostacolo in termini di obiettivi militari; difatti la posizione anti-armena tedesca proveniva principalmente dagli interessi politici e militari della Germania. «I Tedeschi non si accontentarono di accettare un’alleanza con la Turchia al solo scopo di scongiurare il pericolo rappresentato dai Russi, ma arrivarono al punto di aiutare la Turchia nella liquidazione degli Armeni ottomani, che indubbiamente erano considerati un’appendice dell’enorme minaccia russa»383.

Nel luglio del 1916, il libretto turco La verità sul movimento nazionale armeno e misure

governative giunse nelle mani della stampa russa, con il nome di Belaja kniga (“Il libro bianco”),

che intendeva riflettere la posizione ufficiale turca sul genocidio armeno. Il popolo armeno fu accusato di “vecchia abitudine” di opporsi alla legge, di contribuire all’indebolimento e alla caduta dell’impero ottomano. Il genocidio fu giustificato dai Giovani turchi come risposta al desiderio degli armeni di creare un’Armenia indipendente e a causa della loro secolare russofilia384.

Il libro bianco trattava anche della rivolta di Van dell’aprile del 1915, che, secondo la narrazione

dei falsificatori tedeschi, pose un limite alla tolleranza del governo turco, che “fu costretto” a servirsi delle rappresaglie contro i ribelli armeni. La deportazione degli armeni dall’Armenia occidentale fu giustificata dalla necessità di fornire loro territori lontani dal fronte, che fossero “al di fuori dell’intervento straniero”. Secondo il Libro bianco, gli armeni allontanati in luoghi sicuri ricevettero onore, dignità e proprietà, e fu solo a causa di “eccessi” di bande curdo-circasse e di alcuni funzionari turchi se una parte del popolo armeno fu massacrata.

Un evento significativo fu la pubblicazione del Blue book (“Il libro blu”) inglese del 1916, con il titolo “Il trattamento degli armeni nell’impero ottomano nel 1915-1916”. Le informazioni che troviamo nel Libro blu sulla Questione armena furono fornite da Dioneo – pseudonimo di Isaak Vladimirovič Šklovskij (1865-1935) – il corrispondente londinese del giornale Russkie Vedomosti, che veicolò la pubblicazione del libro sulla stampa russa il 26 gennaio 1917385. La pubblicazione del

Libro blu fu realizzata da Lord James Bryce – statista, avvocato e storico inglese – in

381 Il generale Bronsart viene presentato nelle Memorie di Talaat come «l’istigatore del piano delle deportazioni

armene». V.N. Dadrian, La Questione della complicità tedesca, presente in Id. Storia del genocidio armeno, cit., p. 288.

382 J. Kirakosyan, Zapadnaja Armenija v gody Pervoj mirovoj vojny, cit., p. 372.

383 V.N. Dadrian, La Questione della complicità tedesca, presente in Id. Storia del genocidio armeno, cit., p. 321. 384 V.G. Tunyan, Armjanskij genocid i russkaja pressa: 1915-1917 gg., cit., pp. 55-56.

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collaborazione con lo storico inglese Arnold Toynbee. Consisteva di 700 pagine e 158 documenti. La Germania e l’Austria-Ungheria erano rappresentate come complici della Turchia nel genocidio armeno. I documenti pubblicati erano divisi in venti gruppi, che coprivano la mobilitazione e la distruzione degli armeni della Turchia europea e asiatica. Alla fine del lavoro si trovava l’articolo “Un resoconto della storia armena” fino al 1915, con sei appendici.

Il Libro blu, riflette il punto di vista degli inglesi in conflitto con l’impero ottomano, confutò le tre tesi dei Giovani turchi sul presunto “tradimento” degli armeni. La prima tesi trattava della rivolta degli armeni dopo che l’esercito russo si ritirò dal confine turco: la rivolta armena avrebbe causato l’ordine che comportò la loro deportazione. L’accusa era basata sulla rivolta degli armeni a Van. È falso, poiché a Van gli armeni ricorsero all’autodifesa solo dopo l’attacco dei turchi. La seconda tesi riguardava la cospirazione degli armeni per rovesciare il governo turco, mentre tutte le forze militari erano impegnate al fronte. È stato dimostrato che anche questo punto è inverosimile. «È evidente che la guerra fu semplicemente un’occasione e non una causa»386, cioè fu l’occasione giusta per

avviare il progrom e non la causa dello stesso. La terza ed ultima tesi combinava la tragedia del popolo armeno con le attività dei soldati armeni dell’esercito russo. Entrambe le parti del popolo armeno sia in Russia che in Turchia, secondo Toynbee, mostrarono lealtà alle autorità locali, adempiendo al loro dovere civico nelle file degli eserciti russo e turco. Toynbee trasse la conclusione sulla natura e il carattere sistematico delle azioni dei Giovani turchi. La deportazione