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Le rivoluzioni russe del 1917 e il crollo dell’Impero zarista

CAPITOLO TERZO

2. Le rivoluzioni russe del 1917 e il crollo dell’Impero zarista

Il destino dell’Impero zarista fu deciso a Petrograd (la capitale che durante la guerra era stata ribattezzata con il suo nome russo, al posto del tedesco Sankt-Peterburg)493.

«Dopo la rivoluzione di febbraio, il 15 marzo 1917 il movimento rivoluzionario russo – messo in moto da operai, contadini e soldati russi molto più che nel 1905494 – costrinse l’ultimo zar dei

Romanov, Nikolaj II, ad abdicare a nome proprio e del figlio Aleksej in favore del fratello Michail Aleksandrovič495. All’annuncio dell’abdicazione dello zar, il granduca e viceré del Caucaso Nikolaj

Nikolaevič diede le dimissioni»496.

Nella notte del 2 (15) marzo 1917 venne concluso tra il Soviet (Consiglio) degli operai e dei soldati e il Comitato della Duma un accordo secondo cui doveva venir deposto lo zar, doveva formarsi un

490 A. Marukyan, Armjanskij vopros i politika Rossii (1915-1917 gg.), cit., p. 7. 491 G. Dédéyan, Storia degli armeni, cit., p. 388.

492 A. Marukyan, Armjanskij vopros i politika Rossii (1915-1917 gg.), cit., pp. 357-358.

493 N.V. Riasanovsky, Storia della Russia. Dalle origini ai giorni nostri, Bompiani, Milano, 2015, p. 455. 494 A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. 321.

495 «In queste giornate decisive per la vita della Russia abbiamo creduto nostro dovere di coscienza agevolare al nostro

popolo la più stretta unione e la raccolta di tutte le forze allo scopo di conseguir prontamente la vittoria e, d’accordo con la Duma dell’Impero, abbiamo ritenuto bene di rinunciare al trono dell’Impero russo e di deporre il supremo potere. Siccome non vogliamo separarci dal nostro unico amato figlio, trasferiamo la successione al nostro fratello, granduca Michail Aleksandrovič, e gli impartiamo la nostra benedizione nell’ascesa al trono dell’Impero russo». V. Gitermann,

Storia della Russia, vol. 2, ed. La Nuova Italia, Bagno a Ripoli (Firenze), 1992, pp. 799-800. 496 G. Dédéyan, Storia degli armeni, cit., p. 388

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Governo provvisorio (Vremennoe pravitel’stvo Rossii) e doveva disporsi la convocazione di un’assemblea nazionale costituente497.

Il giorno stesso, Pavel Nikolaevič Miljukov (1859-1943) – leader dei cadetti, il partito democratico costituzionale – notificò nel palazzo di Tauride la lista dei nuovi ministri: il principe Georgij Evgen’evič L’vov (1861-1925), più orientato democraticamente, assunse l’incarico di presidente del consiglio dei ministri e ministro dell’interno; Miljukov divenne ministro degli esteri; Aleksandr Fedorovič Kerenskij (1881-1970), ministro della giustizia; Aleksandr Ivanovič Gučkov (1862- 1936), ministro della guerra e della marina militare498.

Il giorno seguente, il nuovo zar Michail sottoscrisse un manifesto d’abdicazione redatto dal principe L’vov, in cui dichiarava di non poter succedere al trono se non per deliberazione di un’Assemblea nazionale costituente499.

«Nonostante la rapida e vasta accettazione in Russia e all’estero – Inghilterra, Francia, Belgio, Italia e America riconobbero la nuova repubblica democratica borghese –, il nuovo regime si trovò fin dall’inizio alle prese con il Soviet dei deputati degli operai e dei soldati di Pietrogrado, istituito sul modello del Soviet del 1905. Costituito il 12 marzo, esso si insediò nel palazzo della Duma e svolse il suo lavoro a volte in aperta contraddizione con le decisioni dei ministri del Governo provvisorio»500.

«La rivoluzione di febbraio scatenò i movimenti nazionali in misura insospettata. Il problema era ora di capire se il Governo provvisorio, oberato dai problemi della guerra e della trasformazione interna della Russia, sarebbe stato in grado di rispondere alle richieste dei popoli periferici senza mettere a rischio l’esistenza dello Stato. Fu presto chiaro che anche il Governo provvisorio era legato all’ideale della “Russia una e indivisibile” e vedeva il proprio compito principale nella difesa dei confini russi durante la guerra con le potenze centrali»501.

La rivoluzione russa del 1917 determinò la fine degli zar, seminando tra i popoli del Caucaso nuove speranze di autonomia e indipendenza. Le popolazioni caucasiche, che avevano spesso accusato il governo zarista di fare troppo spesso affidamento su strategie di divide et impera, si resero presto conto che erano essi stessi effettivamente divisi secondo le nazionalità, ciascuno guidato dalle proprie organizzazioni politiche e motivato dalle proprie rivendicazioni territoriali. Le dichiarazioni di fratellanza e unità della Transcaucasia si dimostrarono pertanto transitorie quando il crollo del

497 V. Gitermann, Storia della Russia, vol. 2, ed. La Nuova Italia, Bagno a Ripoli (Firenze), 1992, p. 611.

498 S. Payaslian, The history of Armenia. From the origins to the present, Palgrave Macmillan, New York, 2007, p. 146. 499 V. Gitermann, Storia della Russia, vol. 2, cit., p. 614.

500 N.V. Riasanovsky, Storia della Russia. Dalle origini ai giorni nostri, cit., p. 456. 501 A. Kappeler, La Russia. Storia di un impero multietnico, cit., p. 323.

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regime zarista mise in luce gli interessi contraddittori del popolo armeno, georgiano e musulmano (azero)502.

In Transcaucasia la caduta della monarchia russa determinò le dimissioni del viceré, come abbiamo visto, e la nascita di diversi centri di potere locale. «Il Governo provvisorio di Pietrogrado era rappresentato dal Comitato speciale della Transcaucasia (Osobyj Zakavkazskij Komitet, Ozakom)» – creato a Tiflis il 9 (22) marzo 1917 dai membri della IV Duma di stato – «che riuniva russi ed esponenti delle maggiori popolazioni della regione, ma con un peso assai limitato degli elementi musulmani»503.

Il Governo provvisorio russo nominò presidente dell’Ozakom Vasilij Akimovič Charlamov (1875- 1957) – che sostituì pertanto il viceré di nomina imperiale. Il comitato era composto inoltre dai tre membri rappresentanti delle maggiori etnie della regione: l’armeno Michael Papadjanian (1868- 1929), il georgiano Akaki Chkenkeli (1874-1959) e l’azero Mammad Yusif Jafarov (1885- 1938)504. L’Ozakom, tuttavia, non si rivelò in grado di gestire la situazione: la rivoluzione d’ottobre vide la dissoluzione dell’esercito russo e l’avanzata di quello ottomano nella regione.

Nonostante le loro apprensioni riguardo il movimento rivoluzionario, gli armeni accolsero favorevolmente la rivoluzione sperando in una maggiore democratizzazione politica e modernizzazione economica. Dopo la rivoluzione di febbraio, difatti,l’opinione pubblica armena richiese che al popolo armeno fosse data l’opportunità di raccogliere i frutti della rivoluzione democratica, soprattutto l’uguaglianza. Nel periodo post-febbraio, la Questione armena fu percepita dai partiti politici armeni non solo come una questione dell’Armenia occidentale; nelle condizioni di aggravamento delle contraddizioni interetniche in Transcaucasia, la Questione armena comprendeva in una certa misura anche le questioni interne nazionali della Transcaucasia, in particolare la questione dei “territori contesi”505.

A loro volta, gli armeni occidentali richiesero l’opportunità di tornare in patria, la creazione di ordini democratici, il disarmo delle bande armate che operavano in Armenia occidentale, la rimozione dei funzionari zaristi, la creazione della milizia armena e l’assistenza statale nel ripristino della regione.

Cambiamenti significativi nella politica delle autorità russe nell’Armenia occidentale si verificarono dopo la rivoluzione di febbraio. Il 26 aprile 1917 fu pubblicata una risoluzione del Governo provvisorio Sull’amministrazione dell’Armenia turca (Ob upravlenii Tureckoj Armenii), composta da 4 punti, secondo la quale l’amministrazione civile del territorio dell’Armenia occidentale

502 S. Payaslian, The history of Armenia. From the origins to the present, cit., pp. 146-147. 503 A. Ferrari, Breve storia del Caucaso, cit., p. 86.

504 AA. VV., The Armenians in history and the Armenian question, Documentary Publications, Istanbul, 1988, p. 905. 505 G.A. Bournoutian, A concise history of the Armenian People, cit., p. 292.

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occupata dall’esercito russo fosse trasferita direttamente all’autorità del Governo provvisorio. Fu creato un posto per il commissario generale dell’Armenia turca e le regioni della Turchia occupate dalla legge di guerra. Secondo questo documento: 1) il territorio dell'Armenia turca occupato dalle truppe russe fu ritirato dalla giurisdizione delle autorità caucasiche (incluso quelle militari) e trasferito direttamente al Governo provvisorio; 2) al posto della carica di governatore generale militare istituita il 5 giugno 1916, fu introdotto il ruolo di commissario generale avente gli stessi diritti e poteri; 3) gli fu dato un assistente civile; 4) il commissario generale elaborò le modifiche da introdurre nel regolamento del 5 giugno 1916 e lo riferì al governo506.

Il 19 maggio, il presidente del Governo provvisorio, il principe L’vov, inviò un telegramma in cui il generale Petr Ivanovič Aver’janov (1867-1943) veniva nominato commissario generale dell’Armenia turca e delle altre aree occupate507. La nomina di Aver’janov poteva essere

considerata un compromesso tra le due correnti opposte: era un generale zarista, ma con opinioni abbastanza progressiste.

Gli organi amministrativi di nuova creazione erano subordinati al Commissario generale. Il 6 agosto 1917, A. Zavriev fu nominato vice capo della parte civile del commissariato e il 9 settembre 1917, per ordine di P. Aver’janov, vennero formate tre province dalle province dell’Armenia occidentale: Erzurum (commissario Y. Glotov), Chnus (commissario N. Nikonenko), Van (commissario K. Hambartsumian)508. Alle dipendenze di ciascun commissario di ogni regione, furono creati i consigli regionali. Nonostante queste misure adottate dal Governo provvisorio, nell’Armenia occidentale non fu possibile creare un ordine stabile e soddisfare le esigenze della popolazione. Il 9 (21) luglio 1917 il principe L’vov si ritirò a titolo dimostrativo dal Governo provvisorio; assunse la presidenza del consiglio dei ministri Aleksandr Kerenskij (al potere sino al 7 novembre dello stesso anno), già ministro della giustizia509.

«Il governo Kerenskij si proclamò a favore dell’indipendenza dell’Armenia e agli armeni fu assicurato che il nuovo governo avrebbe creato un’Armenia autonoma sotto la protezione russa»510.

Per mostrare le sue buone intenzioni, il nuovo governo iniziò a ridisegnare la mappa della Transcaucasia. I distretti con grandi concentrazioni di armeni, come il Karabagh, dovevano essere inclusi in una nuova provincia armena. Il nuovo governo rappresentativo permise anche il ritorno di circa 150.000 rifugiati armeni nell’Armenia occidentale511.

506 M. G. Piloyan, 1917 god: «Armjanskij proekt Rossijskogo vremennogo pravitel’stva», presente in Id. Vlast’, naučnyj žurnal na temu: Politologičeskie nauki, Istorij aiarcheologija, Sociologičeskie nauki, Ekonomika i biznes, Pravo, [pp.

142-145], Mosca, 2018, p. 143.

507 A. Marukyan, Armjanskij vopros i politika Rossii (1915-1917 gg.), cit., p. 341. 508G.A. Bournoutian, A concise history of the Armenian People, cit., p. 294. 509V. Gitermann, Storia della Russia, vol. 2, cit., p. 644.

510 M. Flores, Il genocidio degli armeni, cit., p. 206.

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Il Governo provvisorio ebbe molta difficoltà nel mantenere il potere, specialmente durante “la ribellione di Kornilov”512, quando i sostenitori della restaurazione della monarchia furono vicini al

raggiungimento dell’obiettivo, tuttavia all’ultimo momento la ribellione fu repressa dai bolscevichi. Questo episodio accrebbe ancor di più la credibilità dei bolscevichi dinanzi al popolo. Trovandosi in una profonda crisi politica interna in una condizione di diarchia, il Governo provvisorio non poté affrontare seriamente i problemi dell’Armenia occidentale, dove il potere reale apparteneva principalmente agli ex funzionari zaristi, che continuarono tranquillamente le loro attività nonostante il cambio di regime.

Anche «i movimenti nazionali autonomisti indebolirono la posizione del Governo provvisorio, che si poneva come garante dell’unità russa. La sua intransigenza rispetto alle esigenze nazionali e sociali, come pure nel continuare la guerra, fece sì che lo slogan bolscevico – “terra, pace e autodeterminazione”– trovasse presso molti non Russi terreno fertile e rendesse possibile un’alleanza almeno provvisoria»513.

3. L’epoca sovietica e il cambio di rotta nei confronti del genocidio armeno e della