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Il conflitto tra l'affidamento diretto o la gara ad evidenza pubblica

Grazie all’introduzione della Legge Galli, sul finire dello scorso secolo, la transizione verso una completa emancipazione della gestione delle imprese del servizio idrico ed un più moderno ed avanzato sistema decisionale ha registrato una notevole dinamica. Tuttavia, nonostante sia stata universalmente riconosciuta l’esigenza di scorporare la gestione dei servizi dall’interno dell’amministrazione degli Enti Locali, scegliendo tra le diverse possibili opzioni, in molti casi i servizi venivani ancora gestiti direttamente

dagli Enti Locali (Spadoni 2003).

Secondo un Rapporto Enea-Nomisma sui servizi pubblici locali del 1999, la percentuale di gestioni dirette era di quasi il 7% nel settore del gas, di circa il 30% nell’igiene

ambientale e di ben il 44% negli acquedotti.

Il diffuso ricorso alla gestione diretta era stato favorito anche dal Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali” (T.U.E.L.), il cui articolo 113, più volte modificato od integrato, ha a lungo rappresentato un punto di riferimento essenziale nell’individuazione della disciplina dei

servizi pubblici locali.

Nella formulazione originaria, l’articolo 113 proponeva forme di gestione dei servizi pubblici non propriamente in linea con la normativa comunitaria; trovavano infatti

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spazio modalità quali l’azienda speciale, l’istituzione, la gestione in economia, la società

mista.

Diversamente, l’evoluzione della politica dell’Unione Europea sembrava progredire in direzione opposta, con l’affermazione del principio della libera concorrenza e la necessità per i Paesi membri di avvalersi, nella gestione dei servizi pubblici locali, di società operanti sul mercato attraverso lo strumento della gara pubblica.

La Commissione Europea aveva già provveduto ad inviare una lettera sanzionatoria al Governo Italiano, la lettera n. 1999/2184 C(2002)2329, aprendo la fase preliminare di una procedura di infrazione alla luce del presunto conflitto tra alcune clausole contenute nella normativa italiana e la legge europea di regolamentazione dei servizi idrici (Belfiori 2002).

Proprio il rischio di subire forti sanzioni da parte della Comunità Europea ha favorito lo sviluppo di una nuova struttura dell’art. 113 del T.U.E.L.

Infatti, il nuovo articolo 113-bis, introdotto dalla Legge 448/2001, recante la Finanziaria 2002, ha previsto tre differenti modalità di affidamento della gestione del servizio pubblico, tra cui quello idrico, specificamente indicate al comma 5:

a) “alle società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano, in altre parole l’affidamento in house”.

Il comma 7 dello stesso articolo prevedeva poi che “la gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. [La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore]”.

La Legge 28 dicembre 2001, n. 448, inserendo l’articolo 113-bis, ha inoltre introdotto la rilevante distinzione tra servizi “di rilevanza industriale” e servizi “privi di rilevanza industriale”, assoggettando i primi al regime di concorrenza attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica e prevedendo per i secondi l’affidamento diretto.

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In particolare, il testo dell’articolo 113-bis prevedeva la gestione dei servizi pubblici locali, privi di rilevanza economica, mediante affidamento diretto a istituzioni, aziende speciali, anche consortili, società a capitale interamente pubblico che fossero controllate dagli Enti Locali, ovvero, in caso di modeste dimensioni del servizio o caratteristiche che lo rendessero opportuno, in economia, confermando la possibilità di affidamento diretto dei servizi culturali anche ad associazioni e fondazioni costituite o partecipate dagli enti stessi; ciò costituiva una norma derogatoria e di carattere eccezionale, consentendo di affidare in concessione pubblici servizi ad uno specifico soggetto economico (la società a capitale interamente pubblico) senza dover ricorrere alle

procedure di evidenza pubblica.

Mentre nel caso dei servizi locali di rilevanza industriale, l’articolo 113-bis prevedeva sostanzialmente l’affidamento mediante gara (Lombardo 2010).

In seguito, il Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella Legge 24 dicembre 2003, n. 350, ha sostituito alla distinzione tra servizi pubblici di rilevanza industriale e non di rilevanza industriale quella tra servizi pubblici “a rilevanza economica” e servizi pubblici “privi di rilevanza economica”, con ciò mostrando l’intento di superare la distinzione dei servizi pubblici basata esclusivamente sul modo tecnico in cui il servizio pubblico viene prodotto, cioè sul suo carattere strutturale e di produzione (Lombardo 2010).

La legge finanziaria del 2002 aveva quindi cercato di imporre una ferrea privatizzazione dei servizi pubblici locali, non soltanto quello idrico, con l’obiettivo di eliminare o quanto meno ridurre la presenza delle aziende municipalizzate.

Tuttavia, questo provvedimento ha incontrato fin da subito un'opposizione a molteplici livelli.

L’Associazione Nazionale Comuni Italiani, ANCI, ne ha richiesto l’immediata cancellazione, mentre alcune regioni, la Toscana, l’Emilia Romagna, l’Umbria, la Basilicata e la Campania, hanno contestato la costituzionalità della legge (Senta 2006). Il movimento contro la privatizzazione dei servizi idrici è stato energico e deciso, in moltissimi casi le gare non si sono svolte e la possibilità di gestire il servizio idrico attraverso enti di diritto pubblico è prevalsa sulle altre.

Al Governo Italiano non è rimasto che prendere atto di questa situazione, almeno provvisoriamente, per cui a distanza di due anni, con la Legge Finanziaria 2004, é stata restituita ai Comuni la possibilità di mantenere il servizio idrico pubblico, fondamentalmente contraddicendo la legge finanziaria del 2002 e la conseguente privatizzazione forzata dei servizi pubblici. Il riordino del settore dei servizi idrici è quindi proseguito con il successivo Decreto Legislativo 3 aprile 2006, numero 152, recante “Norme in materia ambientale”, il quale abroga la Legge Galli e ridefinisce il SII come "costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue”, il quale “deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie” (Guffanti 1997).

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A seguito di questa disposizione, la società incaricata di fornire il servizio idrico deve pertanto curare, nel territorio di propria competenza, la gestione di:

 acquedotto: captazione, adduzione e distribuzione delle risorse idriche per utenze domestiche, pubbliche (tra le quali ospedali, caserme, scuole, stazioni), commerciali (ad esempio negozi, alberghi, ristoranti, uffici), agricole ed industriali (quando queste non utilizzino impianti dedicati);

 fognatura: raccolta e convogliamento delle acque reflue nella pubblica fognatura;  depurazione: trattamento mediante impianti di depurazione delle acque reflue

scaricate nella pubblica fognatura.

Allo scopo di effettuare una efficiente organizzazione territoriale del SII, la legge prevede che “i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

b) unitarietà della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

L’articolo 148 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 definisce le Autorità d’ambito come “una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche”.

Inoltre è previsto che “le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui e' demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio

idrico integrato”.

Le competenze degli Enti Locali ricompresi nel territorio dell'ATO, definito pertanto con apposita legge regionale da ogni singola Regione, sono indicate all’articolo 142: “gli enti locali, attraverso l'Autorità d'Ambito, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo”. Il Decreto Legislativo 152/2006 si occupa quindi di regolamentare anche la tariffa del SII, in particolare nell’articolo 154 che ne disciplina gli aspetti generali.

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Il legislatore definisce come tariffa il corrispettivo del SII (cost reflective) e prevede che per specificare il metodo tariffario, “il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell’Autorità di Vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, definisca con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua” (Brosio 2002).

Il decreto sopramenzionato prevede che la tariffa, a carico del cittadino, copra interamente i costi dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, compresi gli investimenti fissati dal Piano d’ambito e la parte dei mutui contratta dai Comuni o dalle aziende per gli interventi passati. La tariffa è composta da una quota fissa e da una quota variabile crescente in base agli scaglioni di consumo, differenziata a seconda che si tratti di una utenza domestica residente o non residente, non domestica ed

a finalità produttive, agricolo-zootecnico a conduzione familiare, non domestica a finalità sociale ed istituzionale. I parametri che concorrono a determinare la tariffa sono rappresentati da tutte quelle componenti direttamente legate al servizio offerto, più precisamente:

 la qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari;

 l’entità dei costi di gestione delle opere;

 l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, fino ad un massimo del 7%;

 i costi di gestione delle aree di salvaguardia;

 una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga".

Allo scopo di perseguire obiettivi di equità sociale e di redistribuzione del reddito, l’Autorità d’ambito ha predisposto per le utenze domestiche la tutela del consumo minimo vitale a garanzia costituzionale dell’accesso al servizio, la considerazione delle economie di consumo e la previsione di scaglioni sensibili alla composizione del nucleo familiare, mentre per le utenze non domestiche si effettua una distinzione in base alla

quantità di acqua consumata.

Un’altra distinzione nella modulazione tariffaria proviene dalla collocazione territoriale; ad esempio, nell’ATO 1 della Toscana, denominato Toscana Nord, i Comuni Montani godono di una riduzione in tariffa del 17% a cui fa fronte un aumento del 4,05% per i Comuni Non Montani, in un ottica di cooperazione solidale tra gli enti.

L'articolo 64 del Decreto Legislativo 152/2006 ha inoltre previsto una nuova ripartizione del territorio nazionale, comprese le isole minori, in otto distretti idrografici, elencando i bacini idrografici ad essi afferenti:

 Distretto Idrografico Alpi Orientali, comprendente l’Autorità di bacino nazionale dell'Adige, l’Autorità di bacino nazionale Alto Adriatico, l’Autorità di bacino interregionali Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco; l’Autorità di Bacino regionali Bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto;

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 Distretto Idrografico Padano, comprendente l’Autorità di bacino nazionale del Po;

 Distretto Appennino Settentrionale: comprendente l’Autorità di bacino nazionale Arno, l’Autorità di bacino interregionale Magra, l’Autorità di bacino interregionale Fiora, l’Autorità di bacino interregionale Conca Marecchia, l’Autorità di bacino interregionale Reno, l’Autorità di bacino regionali bacini della Liguria, l’Autorità di bacino regionali della Toscana, l’Autorità di bacino regionali dei fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, l’Autorità di bacino regionali Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone altri bacini minori, l’Autorità di bacino regionali Lamone, l’Autorità di bacino regionali bacini minori afferenti alla costa Romagnola;

 Distretto Pilota del Serchio, comprendente l’Autorità di bacino del Serchio;  Distretto Appennino Centrale, comprendente l’Autorità di bacino nazionale

Tevere, l’Autorità di bacino interregionale Tronto, l’Autorità di bacino interregionale Sangro, l’Autorità di bacino regionali bacini dell'Abruzzo, l’Autorità di bacino regionali del Lazio, l’Autorità di bacino regionali di Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche;  Distretto Appennino Meridionale, comprendente l’Autorità di bacino nazionale

Liri-Garigliano, l’Autorità di bacino nazionale di Volturno, l’Autorità di bacino interregionale Sele, l’Autorità di bacino interregionale Sinni e Noce, l’Autorità di bacino interregionale Bradano, l’Autorità di bacino interregionali Saccione, Fortore e Biferno, l’Autorità di bacino interregionale Ofanto, l’Autorità di bacino interregionale Lao, l’Autorità di bacino interregionale Trigno, l’Autorità di bacino regionali bacini della Campania, l’Autorità di bacino regionali della Puglia, l’Autorità di bacino regionali della Basilicata, l’Autorità di bacino regionali della Calabria; l’Autorità di bacino regionali del Molise;

 Distretto della Sardegna: comprendente l’Autorità di bacino regionale della Sardegna;

 Distretto della Sicilia: comprendente l’Autorità di bacino regionale della Sicilia. Per quanto attiene la scelta della forma di gestione e le procedure di affidamento, ”l'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui all'art. 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel rispetto delle competenze regionali in materia.

La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a

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società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità" sopra indicate.

L’elenco degli ATO attivi nel SII è il seguente:

 Abruzzo: ATO 1 Aquilano, ATO 2 Pescarese, ATO 3 Teramano, ATO 4 Chietino;  Basilicata: ATO Basilicata;

 Calabria: ATO 1 Cosenza, ATO 2 Catanzaro, ATO 3 Crotone, ATO 4 Vibo Valentia, ATO 5 Reggio Calabria;

 Campania: ATO 1 Calore Irpino, ATO 2 Napoli Volturno, ATO 3 Sarnese Vesuviano, ATO 4 Sele, ATO 5 Terra di Lavoro;

 Emilia-Romagna: ATO 1 Piacenza, ATO 2 Parma, ATO 3 Reggio Emilia, ATO 4 Modena, ATO 5 Bologna, ATO 6 Ferrara, ATO 7 Ravenna, ATO 8 Forlì Cesena, ATO 9 Rimini;

 Friuli-Venezia Giulia: ATO Centrale, ATO Occidentale, ATO Orientale Gorizia, ATO Orientale Triestino; ATO del Lemene (di recentissima introduzione);

 Lazio: ATO 1 Lazio Nord - Viterbo, ATO 2 Lazio Centrale - Roma, ATO 3 Lazio Centrale - Rieti, ATO 4 Lazio Meridionale - Latina, ATO 5 Lazio Meridionale - Frosinone;

 Liguria: ATO Genova, ATO Imperia, ATO La Spezia, ATO Savona;

 Lombardia: ATO Bergamo, ATO Brescia, ATO Città di Milano, ATO Como, ATO Cremona, ATO Lecco, ATO Lodi, ATO Mantova, ATO Milano, ATO Monza, ATO Pavia, ATO Sondrio, ATO Varese;

 Marche: ATO 1 Marche Nord - Pesaro Urbino, ATO 2 Marche Centro - Ancona, ATO 3 Marche Centro - Macerata, ATO 4 Marche Sud - Alto Piceno Maceratese, ATO 5 Marche Sud - Ascoli Piceno;

 Molise: ATO Molise;

 Piemonte: ATO 1 Verbano, Cusio, Ossola, Pianura, Novara, ATO 2 Biellese - Vercellese, ATO 3 Torinese, ATO 4 Cuneese, ATO 5 Astigiano, Monferrato, ATO 6 Alessandrino;

 Puglia: ATO Puglia, ATO Lecce 1, ATO Lecce 2, ATO Lecce 3, ATO Bari 1, ATO Bari 2, ATO Bari 4, ATO Bari 5;

 Sardegna: ATO Sardegna;

 Sicilia: ATO 1 Palermo, ATO 2 Catania, ATO 3 Messina, ATO 4 Ragusa, ATO 5 Enna, ATO 6 Caltanissetta, ATO 7 Trapani, ATO 8 Siracusa, ATO 9 Agrigento;

 Toscana: ATO 1 Toscana Nord, ATO 2 Basso Valdarno, ATO 3 Medio Valdarno, ATO 4 Alto Valdarno, ATO 5 Toscana Costa, ATO 6 Ombrone;

 Umbria: gli ATO in Umbria sono stati sostituiti con 4 ATI (Ambito Territoriale Integrato), che assommano le competenze in tema: idrico, gestione dei rifiuti, politiche sociali, turismo e sanità (Umbria, Legge Regionale 9 luglio 2007, n. 23);  Valle d’Aosta: ATO Valle d’Aosta;

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 Veneto: Alto Veneto, Bacchiglione, Brenta, Laguna di Venezia, Polesine, Valle del Chiampo, Veneto Orientale, Veronese.

La successiva Legge 26 marzo 2010, n. 42, Legge di Conversione del Decreto Legge del 25 gennaio 2010 n. 2, recante “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni”, ha decretato la soppressione delle Autorità d’ambito. Come riporta la legge, "all'articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 186, è inserito il seguente: 186-bis.

Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge (cioè entro il 27 marzo 2011), sono soppresse le Autorità d'ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d'ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 sono efficaci in ciascuna Regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge".

Con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 marzo 2011, e con ulteriore proroga di termini relativa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tale termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2011. Nell'allegato del suddetto decreto la scelta viene così motivata: "La proroga intende assicurare l'indispensabile continuità nell'erogazione dei servizi pubblici locali e nell'esercizio delle relative funzioni pubbliche, poiché l'abrogazione delle Autorità d'Ambito ad opera dell'articolo 2, comma 186-bis della legge 191/2009, coinciderebbe temporalmente con le prime applicazioni delle disposizioni in tema di affidamento del servizio pubblico locale recate dall'articolo 23-bis del Dl 112/2008(...)". La nuova normativa ha pertanto stabilito che le Regioni dovranno ripartire le funzioni degli ATO ad altri enti; tuttavia, non è stato chiarito quali siano gli enti destinatari delle funzioni degli ATO, lasciando però intendere che non potranno essere nuove forme di aggregazione, in quanto la ratio della norma sta nel contenimento delle spese degli Enti Locali e nella semplificazione del sistema, attraverso l’eliminazione degli enti intermedi.

L’articolo 159 del Decreto Legislativo 152/2006 ha anche previsto che “il Comitato per la Vigilanza sull'uso delle Risorse Idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di Vigilanza sulle Risorse Idriche e sui Rifiuti, con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza”, relativa a norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, “e quarta del presente decreto”, relativa a norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, di gestione delle risorse idriche, di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.

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Gli organi dell'Autorità sono il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, il quale si articola in due sezioni denominate "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione é composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui