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Il processo di progressiva costruzione di un sistema locale orientato all’auto- sostenibilità implica la mobilitazione delle energie sociali di una dato territorio, mobilitazione che in alcune circostanze può assumere la forma del conflitto, che si configura perciò come uno degli elementi costitutivi ai fini della produzione di innovazione sociale orientata alla sostenibilità. In particolare, il presente paragrafo, attraverso la descrizione analitica di un caso concreto, rappresenterà le fasi salienti attraverso le quali si produce un conflitto ambientale, dimostrando l’importanza che esso assume ai fini della produzione di politiche pubbliche maggiormente orientate alla sostenibilità. Un esempio emblematico di come i processi di mobilitazione locale siano fondamentali ai fini dell’avvio di politiche o azioni amministrative ambientalmente rilevanti è rappresentato dal caso della valle Bormida in Liguria.

In seguito ai gravi problemi d’inquinamento ambientale provocati dall’ACNA di Cencio si è assistito nella Valle Bormida, da una parte, alla mobilitazione di un “fronte ambientalista” che si opponeva alla fabbrica, chiedendone la chiusura ed invocando per la comunità valligiana un modello di sviluppo locale sostenibile; dall’altra, alla contrapposizione di un “fronte industrialista” che temendo che le proteste contro la fabbrica chimica potessero comportare la perdita di posti di lavoro ha assunto iniziative pubbliche di protesta (Bulsei, 2005).

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Interessante osservare, come in Valle Bormida (ed in maniera analoga in Val di Susa per la questione della TAV e in molti altri casi analoghi in Italia37), a

farsi interpreti delle proteste popolari siano stati i sindaci della valle. Essi hanno svolto un ruolo attivo all’interno dell’associazione promotrice dell’azione collettiva (denominata Rinascita della Valle Bormida), schierandosi in prima linea sia nelle manifestazioni di protesta che nelle azioni di monitoraggio e informazione ambientale, ma soprattutto hanno svolto il ruolo, insostituibile, di tramite tra le comunità locali e le amministrazioni di rango sovralocale (Provincie, Regioni, Ministeri).

L’azione delle istituzioni locali è andata ben al di là delle competenze formali loro attribuite; esse hanno valorizzato la propria funzione di espressione degli interessi, dei bisogni e dei valori del territorio, attraverso forme inusuali di sostegno, opposizione, oppure contrattazione nei confronti dei decisori regionali e nazionali.

A questa prima fase, definita da Bulsei di mobilitazione primaria, ne è seguita una seconda, di attivazione istituzionale, che prendendo le mosse dalle proteste popolari e dall’azione delle amministrazioni locali ha portato al coinvolgimento diretto delle amministrazioni sovralocali, consentendo l’attivazione di policy che ponessero la questione del degrado ambientale della valle ai primi posti dell’agenda politica nazionale. Gli attori di questa seconda fase sono rappresentati dagli enti sovralocali (Provincie, Regioni, Ministeri) che sulla scorta degli input provenienti dalla società locale hanno avviato una serie di provvedimenti politico-amministrativi finalizzati a dichiarare la valle quale area a elevato rischio ambientale.

L’ultima fase individuata da Bulsei è rappresentata dalla interazione strategica tra gli interessi sociali e le istituzioni politiche. Interazione che ha luogo nel momento in cui l’insieme degli attori toccati dal rischio ecologico, da una parte, e coinvolti nelle decisioni pubbliche in tema di risanamento ambientale, dall’altra, si addensa in schieramenti contrapposti, portatori di

37 Le lotte che sono riuscite a arrivare alle pagine dei giornali nazionali solo la punta di un Iceberg: Scanzano (scorie

nucleari); Civitavecchia (centrale a Carbone); Valle di Susa, Verona, Brennero (treno ad alta velocità – TAV); Acerra, Torino, Trento, Sestri, Piana di Firenze, Lecce, Bari...(“Termovalorizzatori” di rifiuti), Grottaglie nel Salento (discarica di rifiuti speciali), Messina e Reggio Calabria (Ponte sullo stretto omonimo); Venezia (dighe mobili – MOSE); Brescia e Mantova, Brindisi, Livorno ( Rigassificatori off-shore), Lodi, Savona, Terni, Termoli, Grottaminarda, Salerno, Pisticci (Centrali Turbogas), Gubbio (Cementifici a CDR); Maremma (nuova autostrada tirrenica); Bassa Veneziana (nuova autostrada adriatica); Lucca-Modena…(Cacciari, 2006).

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interessi e orientamenti apparentemente inconciliabili, caratterizzati da una progettualità politica completamente diversa38.

La mobilitazione locale, l’attivazione degli apparati politico-amministrativi e l’interazione con le istituzioni sono, pertanto i tre momenti rilevanti che è stato possibile individuare nello svolgimento delle vicenda della Valle Bormida; la contrapposizione tra interessi economici e tutela ambientale39, la

differenziazione territoriale degli interessi, la centralizzazione del conflitto e la sostanziale incapacità delle istituzioni a regolarlo rappresentano, quasi simmetricamente i principali nodi problematici emersi.

Il caso della Valle Bormida rappresenta il classico esempio di come i problemi ecologici riescono a mobilitare strati sempre più vasti della popolazione.

In quest’azione di mobilitazione un ruolo fondamentale è giocato da quello che Bulsei chiama “coscienza di territorio” (o per dirla alla Magnaghi “coscienza di luogo”), fatta di analisi obiettiva dei processi di degrado ambientale, ma anche di valutazione soggettiva degli interessi non immediatamente economici in gioco, al cui interno confluiscono elementi di identità socio-culturale: il proprio background comunitario, l’affermazione di specificità locali, precedenti esperienze di marginalità e sfruttamento del territorio, preoccupazione per futuro delle nuove generazioni.

Detta in questi termini la mobilitazione ambientale richiama al ruolo degli attori locali, i quali seppur soggetti di una società complessiva, attraverso la variabile territoriale vedono una ridefinizione del loro ambito d’azione. Il territorio non rappresenta l’oggetto esclusivo degli interventi pubblici per l’ambiente ma anche e soprattutto il punto nel quale convergono aspettative, opportunità e tensioni degli attori sociali e istituzionali. Il peso politico dei sistemi locali dipende dal fatto che l’intervento pubblico non può attuarsi esclusivamente secondo modalità burocratiche, ma richiede un contesto in grado di mobilitare il consenso necessario per la realizzazione degli obiettivi,

38 Le posizioni del fronte ambientalista e di quello orientato alla difesa degli interessi industriali-occupazionali

divergono radicalmente sul ruolo che l’intervento pubblico dovrà assumere rispetto al risanamento della valle.

39 Laddove la percezione del rischio ambientale attiva processi di mobilitazione contro interessi economico-

occupazionali, la posta in gioco non è tanto il blocco di questa o quella fonte inquinante quanto piuttosto sulla definizione di modalità di sviluppo territoriale compatibile con l’ambiente.

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attraverso la possibilità di partecipazione dei soggetti interessati e l’attribuzione ad essi di un qualche potere di influire sulle decisioni e di controllarne gli esiti.

Indipendentemente dalle configurazioni della mobilitazione locale indotta dal rischio ambientale, Bulsei richiama l’attenzione sia sull’impossibilità di ridurre le dinamiche territoriali a un problema di controllo politico- amministrativo da parte del centro; sia sull’eventualità che tra la dimensione periferica di organizzazione sociale e le istituzioni centrali di produzione delle politiche manchi un livello intermedio di partecipazione e decisione in grado convogliare sul pocicy making ambientale sufficienti risorse di sostegno e legittimazione.

La mobilitazione ecologica, come forma di comportamento collettivo, può essere considerata una reazione diretta e spontanea a condizioni ambientali e sociali divenute oggettivamente intollerabili. Tuttavia affinché tali atteggiamenti si traducano effettivamente in azione politica, cioè in un comportamento direttamente rivolto ad influenzare le decisioni relative all’allocazione autoritativa delle risorse e dei valori, bisogna che entrino in gioco una serie di variabili strutturali e organizzative legate sia alle caratteristiche degli attori coinvolti sia all’assetto complessivo del sistema sociale.

Nell’analisi empirica dei processi di mobilitazione ecologica vanno pertanto considerati fattori quali:

− la grande varietà di comportamenti in cui può tradursi l’azione ambientale;

− l’eterogeneità degli attori sociali mobilitati; − gli obiettivi le strategie e le risorse di tali attori;

− il grado di permeabilità del sistema politico-amministrativo alle pressioni degli interessi sociali organizzati;

− il ruolo svolto dai processi di comunicazione sociale nella publicizzazione dell’azione collettiva che si sviluppa intorno a un determinato problema ambientale.

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