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3. Le Fondazioni Bancarie

3.2 Conflitto d’interessi e protocollo MEF

Il rapporto tra le Fondazioni e la Cassa Depositi e Prestiti può generare problemi inerenti al conflitto di interessi, perché come è noto le prime sono socie delle seconde che è una S.p.A. detenuta per la maggioranza delle azione dal MEF. Le implicazioni non sono solo in campo economico ma, recentemente, anche in ambito politico-amministrativo.

Negli ultimi anni i privilegi a favore delle Fondazioni sono cresciuti a dismisura, colpa anche di un governo complice e un silenzio assenso da parte dei partiti, aumentando il rischio che possano imporre il loro controllo sul risparmio postale delle famiglie che si aggira intorno ai 300 milioni di euro. Alcuni esempi di questi intrecci pericolosi possiamo vederli tra il presidente della Cassa, Franco Bassanini che fa parte anche del CdA della Fondazione di Venezia, guidata a sua volta da Segre Giuliano che siede nel CdA della Cassa e che è stato condannato a quattro anni per bancarotta. Per non parlare della cessione da parte di Banca d’Italia al Fondo Strategico Italiano ( holding di partecipazione creata dalla legge, in cui l’azionista di maggioranza è CDP con l’80 percento delle azioni e Banca d’Italia ha il restante), il 4.5 per cento delle Assicurazioni Generali. L’amministratore delegato delle Cassa ha legami con il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa, e il secondo azionista di Intesa è Generali, quindi gli interessi di Intesa appaiono in conflitto con quelli di CDP.

Le Fondazioni hanno un ruolo chiave anche nella governance delle nostre banche, vedi la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca che ha acquistato il 20 per cento di Carige, andando così a interferire nella politica dei nostri istituti di credito. Il problema che in molti casi si è verificato che nella gestione delle risorse le Fondazioni perdano di vista la loro missione originaria per concentrarsi su investimenti che vanno a beneficio di pochi, una soluzione potrebbe essere quella di usare le dotazioni delle Fondazioni per abbattere il debito pubblico e mettere fine all’uso inefficiente delle risorse che formalmente sono private, ma di fatto hanno natura pubblica. Il motivo di fondo è che non si può essere allo stesso

39 tempo azionisti delle banche e delle Fondazioni che non hanno scopo di lucro, perché diversa è la politica alla base e diversi solo gli scopi per cui vengono messi in atto dei finanziamenti o degli investimenti. Occorre quindi separare queste due funzioni, trovare azionisti per le banche interessati a valorizzarla e dare alle Fondazioni un assetto che gli permetta di far perdurare nel tempo la sua funzione, proteggendo le risorse dal rischio che corre investendo una parte cospicua nei confronti di una sola controparte. Alcune proposte che sono state presentate al Presidente del Consiglio sono: di mettere fine alla commistione tra Fondazioni ed istituti di credito data dall’acquisto delle partecipazioni societarie da parte delle prime; di far uscire le Fondazioni dall’azionariato della CDP, per i motivi descritti sopra, infatti l’unico ruolo che esse hanno svolto dopo la trasformazione della Cassa in S.p.A. è stato di facciata, cioè ha solo avuto l’obiettivo di portare fuori dal bilancio dello Stato poste che dovrebbero essere contabilizzate come debito pubblico, dietro una cospicua ricompensa, a causa dell’aspirazione politica che le Fondazioni oggi hanno. Altri tre sono i problemi che nascono da questa unione: il primo è che oggi siedono simultaneamente nei consigli delle banche conferitarie e della CDP, concorrente delle prime sul mercato della raccolta e degli impieghi; il secondo nasce dal fatto che la quota maggioritaria delle azioni della Cassa sono del MEF che è anche il supervisore delle Fondazioni e quindi potrebbe tollerare dei comportamenti di queste, se in cambio hanno un certo comportamento nel consiglio della CDP; il terzo è che le Fondazioni esercitano potere di controllo sulle società a capitale pubblico in cui troviamo la Cassa, quindi o le Fondazioni sono private e allora non dovrebbero controllare le società pubbliche, oppure le partecipazioni trasferite dal MEF alla Cassa devono essere collocate sul mercato, rendendo queste aziende private a tutti gli effetti. Ovviamente queste proposte non riguardano tutte le Fondazioni, vengono escluse quelle che hanno deciso di rinunciare al controllo della conferitaria al fine di diversificare i propri impieghi e hanno saputo specializzarsi in interventi nel sociale minimizzando i costi di gestione.

40 A più di 15 anni dalla legge Ciampi, a fronte di tutti i problemi sopra descritti, è emersa la necessità di rivedere i principi generali delle Fondazioni e a tale scopo il MEF ha istituito un Protocollo d’intesa insieme ai rappresentanti delle Fondazioni e dell’ACRI46. L’evoluzione del contesto bancario degli ultimi anni, come accennato sopra, ha portato le Fondazioni a intervenire nel processo di ricapitalizzazione delle banche, a rafforzare la presenza nei gruppi di appartenenza delle proprie banche (non solo nella conferitaria ma anche nella relativa capogruppo), infine soprattutto nel caso delle Fondazioni azioniste delle due maggiori banche aumenta la fiducia nella sostenibilità dei rispettivi piani industriali favorendo cosi la sottoscrizione delle obbligazioni anche in momenti di mercato in cui le cedole erano ancora elevate e per questo oggi molto appetibili. Aderendo a tale iniziativa, che definisce i parametri di efficienza ed efficacia operativa e gestionale, le Fondazioni assumono l’impegno di sottoporsi a criteri di condotta comuni e dato il contesto bancario, numerose saranno quelle che dovranno adeguarsi alla normativa ed immettere sul mercato ingenti masse di capitale.

Il Protocollo definisce in maniera più analitica, rispetto alla legge, i parametri a cui le Fondazioni devono far riferimento con l’obiettivo di migliorare la propria operatività e rendere più solida la governance, ciò avviene attraverso la modifica dei loro statuti. In particolare, per quanto riguarda gli aspetti economico finanziari le Fondazioni si impegnano a diversificare il portafoglio degli impieghi del patrimonio al fine di contenere la concentrazione del rischio e la dipendenza del risultato di gestione da determinati soggetti, infatti non possono concentrare più del 33 percento dell’attivo patrimoniale in un singolo soggetto. Un altro

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Costituita nel 1912, l'Acri è l'organizzazione che rappresenta le Casse di Risparmio Spa e le Fondazioni di Origine Bancaria, nate all'inizio degli anni novanta con la legge "Amato" 218/90. L'Acri è una Associazione volontaria, senza fini di lucro, è apolitica ed ha lo scopo di: rappresentare e tutelare gli interessi generali delle Associate per favorirne il conseguimento delle finalità istituzionali, la salvaguardia del patrimonio e lo sviluppo tecnico ed economico; coordinare la loro azione, nei settori di rispettivo interesse, per renderla più efficace nonché promuovere iniziative consortili e attività di interesse comune; ricercare e promuovere rapporti di collaborazione operativa fra le Associate ed enti, società e organismi di rilievo italiani e stranieri, concordando ipotesi di convenzioni o accordi da sottoporre all'approvazione delle Associate medesime. Fonte www.acri.it.

41 cambiamento riguarda l’uso dei derivati che può avvenire solo per finalità di copertura o per operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali, infatti, nel rispetto del principio di conservazione del patrimonio devono evitare qualsiasi forma di indebitamento salvo il caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità. Le Fondazioni maggiormente interessate dal cambiamento sono 35 su 88 perché presentano un patrimonio superiore a 200 milioni e 14 di queste hanno una concentrazione superiore a un terzo del patrimonio. Per evitare di porre in condizione di debolezza le Fondazioni al momento di negoziare la cessione delle quote eccedenti, esse hanno un periodo di transizione pari a tre anni per le società quotate e cinque anni per quelle non quotate.

Per quanto attiene la governance, invece, le Fondazioni si impegnano ad applicare criteri più stringenti per la determinazione di corrispettivi economici dei componenti dei propri organi, coerenti con la natura di enti senza scopo di lucro e commisurati all’ entità del patrimonio. Inoltre, vengono definiti i limiti temporali per la permanenza in carica dei membri assicurando un ricambio degli stessi garantendo cosi un elevato grado di responsabilità nei confronti del territorio; nuove procedure di nomina per garantire il possesso di competenze specifiche e adeguati livelli professionali; infine devono garantire nelle loro attività pubblicando sui rispettivi siti web i bilanci, le informazioni sugli appalti, i bandi sull’ erogazione, le procedure attraverso le quali si possono avanzare le richieste di sostegno finanziario e i criteri di selezione delle iniziative. Tra l’ altro per evitare le revolving doors è previsto un periodo di raffreddamento di un anno per chi è stato componente di organi della società conferitaria bancaria.

L’idea alla base del Protocollo è che lo sviluppo delle Fondazioni deve ispirarsi alla riforma e alla crescita focalizzando il loro impegno in interventi a beneficio della collettività, segna indubbiamente il momento più importante nell’ evoluzione normativa sulle Fondazioni dopo l’adozione della legge n. 153. Questo porterà oltre che ha un riassetto del sistema bancario italiano, con i prevedibili effetti sia a livello micro che macro economico, ad una significativa revisione del portafoglio delle Fondazioni e alla necessità di rivedere le strategie

42 di investimento e dei rapporti con il proprio territorio di riferimento. Sotto questo aspetto assumono rilevanza alcuni principi contenuti nel Protocollo, in primis, nell’ambito della gestione del patrimonio l’importanza della pianificazione strategica, della corrispondenza tra gli obiettivo e la scelta degli strumenti di investimento, il controllo dei rischi, l’efficienza della gestione. Il Protocollo si pone, tra gli altri, l’obiettivo di portare le Fondazioni Bancarie italiane ad essere più vicine agli standard delle Fondazioni internazionali, l’auspicio è che gli adeguamenti richiesti portino le Fondazioni verso sistemi di gestione innovativi nella programmazione, nella ridefinizione e nell’implementazione dell’asset allocation nonchè nelle valutazioni degli interventi, dotandosi degli strumenti e delle professionalità che risulteranno necessarie.