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Confronto ginocchio naturale e protesico

4.3 Confronto biomeccanico

>> Fig. 4.3: schema per l'ottenimento dei valori di potenza.

>> Fig. 4.4: grafico della funzione potenza alle tre articolazioni, ottenuto dai dati in (18) come da diagramma alla pagina precedente.

La tipologia di amputazione determina la lunghezza del moncone residuo. A quest’ultima è correlata la lunghezza della leva scheletrica utile così come dei muscoli residui cui verrà demandato il compito di esercitare il momento flet- tente utile alla flesso-estensione del ginocchio protesico. Ne consegue che a parità di momento utile richiesto, un brac- cio minore dovuto ad una lunghezza del moncone minore dovrà esercitare una forza maggiore e richiederà quindi un maggiore sforzo energetico.

La disarticolazione muscolare in seguito ad amputazione transfemorale incide sulla mancanza di stabilità a causa del- la contrazione muscolare non permessa. Allo stesso modo risulta impossibile ultimare la fase di swing in quanto la con- trazione concentrica del muscolo tibiale anteriore non è più possibile.

La flesso-estensione è ora controllata dall’anca, con influen- za della lunghezza del moncone rimanente e con tattiche di spostamento del baricentro.

In fase di initial contact e mid stance agiscono i musco- li estensori dell’anca. Durante il toe-off agiscono i muscoli flessori dell’anca in modo da flettere il ginocchio per la fase di volo.

Inoltre, l’amputato transfemorale non può più fare affida- mento sui legamenti per il controllo degli extra movimenti quali adduzione/abduzione o intra/extra-rotazione.

Biomeccanica del soggetto amputato

- Il lavoro eccentrico all’anca dell’arto sano diminuisce, la potenza però aumenta: questo implica una diminuzione dell’arco temporale in cui questo tipo di lavoro è richiesto.

Nella prima parte di questo capitolo è stato presentato un confronto delle caratteristiche cinematiche e dinamiche delle articolazioni di utenti sani e amputati. Qui di seguito si vuole integrare l’analisi con i dati derivati da elettromio- grafia al fine di dedurre il modello muscolare utile di riferi- mento.

I momenti alle articolazioni sono il risultato della contrazio- ne o distensione dei muscoli circostanti. Per questo moti- vo, i risultati ottenuti per mezzo di analisi elettromiografica possono essere utili nell’individuare pattern differenti fra soggetto sano e amputato.

Facendo riferimento ai risultati riportati in (19) e (20) di cui si riportano sinteticamente i risultati nella tabella Tab 4.1, in generale si osserva un prolungamento della fase di stance dell’arto intatto a conferma dell’ipotesi che l’amputato si senta più sicuro quando sostenuto dall’arto sano.

Durante la fase di stance dell’arto sano si osserva una lieve adduzione dell’anca, non riscontrabile nell’arto amputato. Nell’utente amputato non sarà quindi visibile neanche la corrispettiva abduzione. Tuttavia, il contributo abduttorio dell’anca, seppur esiguo, è importante in quanto permette di facilitare la transizione da swing a stance dell’arto con- trolaterale. Questo implica che l’assenza di tale contributo debba essere compensata nell’arto sano da un incremento della flesso-estensione plantare.

>> Tab. 4.1: risultati del confronto da analisi EMG dei principali gruppi muscolari. Muscolo Gluteo massimo Gluteo medio Tensore della fascia lata Vasto laterale Semitendinoso Retto femorale Soleo Tibiale anteriore Grande adduttore Estensione Abduzione/adduzione dell’anca Estensione Estensione Flessione Flessione Flessione

Flette, adduce e ruota il piede Adduzione anca

Attivo per più tempo dopo il contatto iniziale - Si riattiva una seconda volta Si riattiva una seconda volta Si riattiva una seconda volta Nessuna attività Anticipo Attività prolungata -

Attivo dalla seconda metà dello swing invece che alla fine

(anticipo) Attivo dalla seconda metà dello swing invece che alla fine

(anticipo)

Seconda attività alla fine dello swing

Attività prolungata - Attività prolungata Attivo nella prima parte dello

swing Ritardo

Attivo sia all’inizio che alla fine dello swing

Responsabile di Anomalie in fase stance Anomalie in fase swing

La via più intuitiva è senza dubbio quella di procedere ana- lizzando i valori forniti da analisi EMG su pazienti amputati allo scopo di identificare i muscoli maggiormente attivi di coscia e anca. Procedendo in questo modo si noterà che in letteratura esistono pochi riferimenti a riguardo.

Da (19) e (20) è possibile estrapolare alcuni dati utili: il calco- lo dell’area sottesa dai grafici riportati permette di confron- tare il lavoro svolto da differenti muscoli durante un intero ciclo del passo. In entrambe le trattazioni più soggetti sono stati sottoposti all’analisi un numero consistente di volte, pertanto i dati riportati sono mediati fra le diverse prove ef- fettuate. Inoltre, il gruppo di soggetti analizzato è eteroge- neo in riferimento alla capacità di deambulazione residua. I dati sembrano però molto discordanti fra loro: in (20) il glu- teo medio e il semitendinoso svolgono una maggiore entità di lavoro. In (19) uno solo dei tre amputati transfemorali sot- toposti all’osservazione riporta valori coerenti con la prima analisi. Nel secondo soggetto osservato il lavoro maggiore è svolto dal muscolo semitendinoso e dal grande adduttore, mentre nel terzo soggetto i muscoli prevalenti sono bicipite femorale e tensore della fascia lata mentre semitendinoso e gluteo medio sono rilevati in fondo alla classifica dei mu- scoli più attivi.

Il motivo di tale incoerenza di dati è da ricercare soprattut- to nel fatto che per sottoporsi allo studio condotto qualsiasi soggetto amputato debba calzare una protesi. Sia nel caso in cui tutti i soggetti indossino lo stesso modello di protesi sia che ogni soggetto indossi la propria protesi con il qua- le percepisca il maggior comfort, i risultati sono comunque dipendenti dal tipo e modello di protesi indossata e non hanno quindi valore generale. Inoltre, va osservato che ogni Principali muscoli responsabili della flesso-estensione

>> Tab. 4.2: tempi di attivazione dei principali gruppi muscolari.

amputato sarà caratterizzato da una performance musco- lare differente, anche a parità di muscolo osservato e di protesi calzata, dovuta al differente tipo di amputazione e riancoraggio muscolare subito.

Un’analisi parallela può essere condotta sui tempi di attiva- zione dei singoli muscoli durante un ciclo intero del passo, indipendentemente dall’entità di lavoro svolto. Partendo di nuovo dai dati riportati in (19) e (20) è stata costruita la ta- bella Tab. 4.2.

Si può osservare che alcuni muscoli hanno una durata di esercizio minore e che fungono da supporto alla funzione svolta da altri muscoli. Fra questi, il gluteo medio si attiva in soccorso dei muscoli flessori dell’anca per stabilizzare il bacino. Tuttavia, la durata percentuale sul totale dello stride è minore così come riscontrato nell’arto sano controlaterale e si osserva un solo picco invece dei due riscontrati nei sog- getti non amputati.

Allo stesso modo i muscoli ischio-crurali assistono il gluteo massimo nell’estensione dell’anca e il loro tempo di attiva- zione è nettamente inferiore.

L’analisi sui tempi di attivazione può risultare utile per ca- talogare quali muscoli possano avere un ruolo attivo in dif- ferenti istanti dello stride. Alla luce di quanto osservato nei paragrafi precedenti risulta però evidente che un modello muscolare valido deve derivare dall’analisi del lavoro mu- scolare osservato su soli pazienti non amputati. Questo ac- corgimento dovrebbe inoltre consentire di diminuire il diva- rio fra arto amputato e sano e favorirne maggiore sinergia. La nuova analisi focalizzata sui soli soggetti sani permette di apprendere che l’attività muscolare di quattro muscoli principali fornisca informazioni sufficienti per il riconosci-

Muscolo

Muscoli sacro spinali (ileocostale, muscolo lunghissimo e muscolo

spinale) Muscoli flessori dell’an- ca (sartorio, retto femo- rale, vasto laterale)

Grande gluteo Muscoli ischio-crurali

Gluteo medio

Tensore della fascia lata

Grande adduttore e lungo adduttore

Gracile

Reazione alla forza peso, evitare la flessione ventrale del tronco e muovere il centro di massa verso l’arto che deve

supportare il peso I picco: stabilizzare il bacino; II picco: assistere la flessione dell’anca e l’estensione del

ginocchio estendere l’anca Assistendere il grande gluteo

nell’estensione dell’anca Stabilizzare il bacino Stabilizzare il bacino e preveni- re lo scosamento posteriore del tratto ilotibiale, assistere l’iliop-

soas nella flessione dell’anca I picco: contrazione degli abduttori ed estensori del’anca

durante la supportazione del carico; II picco: assistere la

flessione dell’anca Addurre l’anca

% stride

5 10 15 20 25 30 35 40 4550 55 60 6570 7580 85 90 95100

mento della precisa fase di locomozione: vasto mediale, semitendinoso, adduttore e tensore della fascia lata (21). Tuttavia, l’analisi è nuovamente focalizzata sui soli istanti di attivazione.

Sono quindi state analizzate in maggiore dettaglio le pub- blicazioni riportanti dati relativi a soggetti sani e in cui sono proposte considerazioni riguardo il contributo muscolare in termini di lavoro e potenza (22)-(32).

In (22) viene riportato che il gluteo massimo sia il muscolo a compiere maggiore lavoro e principale responsabile della forza propulsiva necessaria per l’avanzamento, perlomeno nella prima parte della fase di stance. In (29) viene confer- mato il contributo fondamentale del gluteo, affiancato però da quello del quadricipite. Infine, in (30) viene nuovamente confermato il contributo principale del quadricipite insieme a quello del gastrocnemio.

Dall’analisi condotta in (32) è possibile dedurre un modello ancora più dettagliato di quelli ad ora proposti, composto da vasto mediale, retto femorale e bicipite femorale. I risul- tati elettromiografici riportati in Fig. 4.5 mostrano come va- sto mediale e retto femorale forniscano un contributo fon- damentale nella prima fase di stance.

L’attività del retto femorale è poi contraddistinta da una se- conda decisiva attivazione tra il momento terminale della fase di stance e il momento iniziale della fase di swing. Si tratta quindi del muscolo che fornisce il maggiore contribu- to propulsivo per l’avvio della flesso-estensione.

Il bicipite femorale fornisce un contributo minore in ear- ly-stance ma mostra un’attività decisiva in fase di terminal swing.

>> Tab 4.3: muscoli il cui contributo è risultato fondamentale nell’analisi del cammino, loro istanti di attivazione e principale funzione assolta.

lazione del problema è quindi composto da vasto mediale, retto femorale e bicipite femorale. In tabella Tab 4.3 vengo- no riportati gli istanti di maggiore attività di ciascun musco- lo unitamente ad una breve sintesi della principale funzione svolta (32).

Il modello è stato dedotto focalizzandosi principalmente sui dati relativi alla fase di stance di un ciclo completo del pas- so. Questo perché il ginocchio protesico ha un ruolo predo- minante nei primi istanti del passo, dal momento di initial contact alla fase di mid stance. Dopodiché la funzionalità è demandata al piede protesico.

In tabella Tab 4.3 sono stati riportati i dati relativi anche ai muscoli tibiale anteriore, soleo e gastrocnemio. Sebbe- ne non presenti nel modello muscolare semplificato di un soggetto amputato, hanno un ruolo fondamentale nella camminata del soggetto sano. Non solo: il loro contributo energetico è significativo e nettamente maggiore di quel- lo dei muscoli della coscia. Per darne dimostrazione è stata calcolata l’area sottesa delle curve risultanti da analisi EMG riportate in (32) per ciascun muscolo e ne sono stati con- frontati i valori. Il risultato in termini di contributo percen- tuale è riportato in tabella Tab. 4.4.

Ne consegue che i muscoli della gamba svolgano più dell’80% del lavoro complessivo, mentre i muscoli principali della coscia meno del 20%.

In un soggetto amputato transfemorale questo risultato si traduce nella necessità di un piede protesico efficiente e in grado di fornire potenza utile alla protesi di ginocchio, che di conseguenza dovrà essere in grado di sfruttare al meglio tale contributo. Muscolo Vasto mediale Retto femorale Bicipite femorale Tibiale anteriore Soleo Gastrocnemio Periodo di attività Dal 96% del ciclo del passo al 20% del ciclo

successivo. Picco di attività intorno all’8%.

Primo periodo di attività da 0% a 16%

del ciclo del passo. Secondo periodo da 56% a 70%. Fornisce un ulteriore contribu- to in fase di terminal swing. Da 0% a 10% e da 82% a 100% Da 0% a 14% e da 56% a 100% Da 10% a 56% Da 16% a 52% Funzione principale

Completamento dell’estensione del ginocchio in fase di terminal swing, fondamentale per garantire il corretto contatto iniziale del tallone in fase di early

stance del ciclo del passo successivo. In fase di push off permette l’estensione della gamba al fine di garantire l’accumulo dell’ener- gia propulsiva necessaria per flettere la coscia e sollevare l’arto in avanti. In fase di terminal swing ed

early stance garantisce la stabilizzazione dell’anca proteggendo l’articolazione dagli sforzi derivati

dall’impatto del tallone con il suolo. In early stance fornisce la forza di bilanciamento necessaria in risposta all’accettazione del carico. In terminal swing contribuisce a controllare la flessio-

ne dell’anca.

Ha un ruolo fondamentale nel sollevamento del piede durante l’oscillazione. In fase di initial contact contribuisce invece alla stabilizzazione dell’articola-

zione tibiotarsica.

Durante l’appoggio intermedio fornisce stabilità alla tibia. In fase di appoggio terminale il suo contri- buto è fondamentale per flettere plantarmente la

caviglia

Agisce in sincronia con il soleo, anche se la sua azio- ne inizia in ritardo: flette plantarmente il piede, lo ruota internamente e partecipa alla flessione della

>> Tab. 4.4: contributo percentuale sul totale della potenza generata durante un ciclo completo del passo dai principali muscoli contri-

buenti. Muscolo Vasto mediale Retto femorale Bicipite femorale Tibiale anteriore Soleo Gastrocnemio Contributo percentuale 6,84 % 8,25 % 3,17 % 39,57 % 19,58 % 22,59 %

Le analisi cinematiche e dinamiche congiuntamente con l’interpretazione dei dati ricavati da elettromiografia met- tono in luce l’assenza di un contributo di push-off all’arto protesico. Se ne vuole ricercare la causa per comprendere se sia possibile contribuire alla riduzione del problema in- tervenendo sul design dell’articolazione protesica di ginoc- chio.

ln (33) è proposto un modello di calcolo dell’energia scambia- ta alle articolazioni come equilibrio fra la potenza generata o assorbita dai muscoli o legamenti e la somma delle poten- ze dei tratti distali e prossimali che si innestano sull’artico- lazione stessa. Questo metodo viene impiegato in (34) per un’analisi approfondita degli scambi energetici complessivi. La figura 4.6 mostra graficamente i risultati ottenuti. L’inter- pretazione dei risultati deve tenere in considerazione che un andamento della funzione di potenza generata alle artico- lazioni nei dintorni della linea dello zero indica un semplice trasferimento di energia da un segmento all’altro, mentre uno scostamento della funzione da tale riferimento indica generazione o assorbimento di energia da parte dei musco- li e/o legamenti ed elementi tendinei dell’articolazione. Combinando graficamente e qualitativamente i dati ripor- tati in funzione dei diversi istanti dello stride (Fig. 4.7) si nota che nel gruppo di controllo così come nell’arto sano il trasfe- rimento di energia nel secondo periodo di doppio supporto avviene prevalentemente in direzione prossimale, mentre nell’arto amputato è in direzione distale. Ne risulta un’op- posizione alla flesso-estensione del ginocchio in fase swing. Tuttavia, non si può affermare che il contributo di push-off della caviglia protesica sia nullo, sebbene ridotto (dato va-