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Nuovo modello cinematico

5.1 Definizione del nuovo cinematismo

>> Fig. 5.1: asse estenso- rio, in rosa; asse flesso- rio, in blu.

I due assi di flesso-estensione possono essere localizzati anatomicamente e identificati per via geometrica a partire dalla caratterizzazione delle superfici di contatto femore - tibia.

A riguardo è possibile affermare che, mentre la superficie del condilo femorale laterale interessata nella flesso-esten- sione può essere ben racchiusa quasi completamente in un arco di circonferenza, il condilo mediale è invece caratte- rizzato da due archi di circonferenza di diametro differente l’un l’altro (Fig. 5.2).

Se si analizzassero in dettaglio i contributi traslatori, si note- rebbe come questi siano significativi al solo lato laterale. Sul lato mediale il contributo è quasi nullo - stabilità antero-po-

steriore - e il condilo femorale funge piuttosto da perno per

la rotazione del lato laterale causando lo scorrimento del condilo laterale posteriormente in flessione e, quindi, ante- riormente in fase di estensione (Fig. 5.3).

Per quanto appena descritto, il moto caratteristico dell’ar- ticolazione di ginocchio non può essere ricondotto ad un moto piano se si vuole tenere in considerazione la comples- sa relazione che sussiste fra lato mediale e laterale. È piut-

>> Fig. 5.2: caratterizza- zione delle superfici dei condili femorale laterale secondo quanto riporta- to in [37].

tosto un moto tridimensionale complesso che può essere suddiviso in tre contributi principali: un moto per lo più cir- colare sul fronte mediale del piano sagittale, rototraslatorio sul fronte laterale del piano sagittale e rotatorio nel piano trasverso con asse di rotazione passante per il condilo fe- morale mediale.

Sono quindi state introdotte alcune semplificazioni per ri- condurre il moto complesso presentato ad un moto piano quanto più simile al precedente.

In un ausilio protesico l’articolazione ai lati mediale e latera- le è solidale alla porzione rimanente di coscia e non è quin- di possibile innescare in alcun modo un’extra-rotazione del lato laterale rispetto al lato mediale. Per questo motivo il meccanismo è stato semplificato imponendo che entrambi gli assi di rotazione flessorio ed estensorio fossero perpen- dicolari al piano sagittale.

Questa prima semplificazione equivale ad una rotazione degli assi in senso orario sul piano transverso. Per questo

>> Fig. 5.3: quantifica- zione della traslazione posteriore ai lati mediale e laterale secondo [37].

>> Fig. 5.5: modello di riferimento, in blu; ap- prossimazione lineare, in arancione.

motivo si è ritenuto più opportuno considerare un contribu- to traslatorio pari a quello caratteristico di un’ipotetica zona intermedia fra piano laterale e mediale (Fig. 5.4). Ne risulta un contributo traslatorio di 2 mm in fase estensoria (da -5° a 20°), pari quindi in media a 0.08 mm ogni grado di rota- zione; in fase flessoria (da 20 a 120°) il contributo è pari a 9 mm.

Per quanto appena descritto, considerato l’esiguo contribu- to traslatorio in fase estensoria e il ridotto intervallo ango- lare corrispondente, il modello è stato semplificato ulterior- mente considerando un contributo traslatorio nullo nella prima fase e mediato come appena descritto nella seconda fase.

Si vuole ora indagare la variazione del contributo traslatorio focalizzandosi sulla sola fase flessoria. Se si osserva nuova- mente la figura Fig. 5.4 è possibile ricavare i dati riportati in Tab 5.1 che mostrano come all’estremità laterale nell’arti- colazione sana il contributo traslatorio sia significativo so- prattutto nell’intervallo 45°-110° con un’incidenza pari a 1 mm ogni 6.43° di rotazione da 45° a 90° e 1 mm ogni 4° di

>> Fig. 5.4: contributo traslatorio quantificato in una zona interme- dia fra lato mediale e laterale.

rotazione nell’intervallo da 90° a 110°.

Tuttavia, questo aspetto introduce un’ulteriore variabile nel sistema. Pertanto, si è scelto di equiripartire il contributo traslatorio sull’intervallo flessorio per un valore finale cor- rispondente a 0.09 mm ogni grado flessorio. In Fig. 5.5 è possibile analizzare le due soluzioni a confronto.

>> Tab 5.1: analisi del contributo traslatorio sul piano laterale in fase flessoria. Intervallo [°] 20°-30° 30°-45° 45°-90° 90°-110° 110°-120° Contributo totale nell'intervallo 1 mm 1 mm 7 mm 5 mm 2 mm Contributo medio 1 mm ogni 10° 1 mm ogni 15° 1 mm ogni 6.43° 1 mm ogni 4° 1 mm ogni 10°

>> Fig. 5.6: schema cinematico del nuovo modello proposto e suddivisione nei due sottoassiemi principali.

Riassumendo, le principali caratteristiche del nuovo model- lo cinematico sono:

- assi flessorio ed estensorio perpendicolari al piano sagittale, ruotati in senso orario sul piano trasverso rispetto agli assi naturali.

- moto di pura rotazione intorno all’asse estensorio da -5° a 20°.

- moto rototraslatorio con contributo traslatorio pari a 9 mm equiripartito e rotazione intorno all’asse flessorio da 20° a 120°.

Con riferimento alla figura Fig. 5.6 si presenta il nuovo cine- matismo ideato. Il punto P rappresenta il punto di interesse corrispondente ad un punto scelto sull’estremità distale del femore e di cui si vuole ricreare una traiettoria il più simile a quella del ginocchio naturale. Il cinematismo può esse- re suddiviso per praticità di analisi in due sottoassiemi più semplici.

Nel primo sottoassieme l’applicazione di una coppia ora- ria nel punto B causa una rotazione di P rispetto al punto B stesso. I punti B, P e C sono collegati rigidamente pertanto il punto C compirà un moto rotatorio lungo una circonferenza di raggio CB causando l’abbassamento del punto D e quindi l’accorciamento del segmento CE essendo E incernierato a terra.

Questo primo sottoassieme rappresenta il moto semplifi- cato di pura rotazione del femore sulla tibia da -5° a 20° e possiede un solo grado di libertà residuo identificabile nella coppia applicata in B.

Nel secondo sottoassieme la rotazione del punto P dipen- de dall’applicazione di una coppia nel punto A. Il punto B è ora parte della catena rigida ABPC e pertanto non esiste più alcun contributo rotatorio di P rispetto a B fintanto che la coppia applicata in A sia in senso orario. Differentemente dal primo caso, in A si trova un vincolo di carrello la cui po- sizione è correlata a quella del punto C. Infatti, il punto C è anche collegato al punto E per mezzo di un vincolo di mani- cotto.

Per meglio comprendere questa relazione si prendano in considerazione due punti A0 e A1 giacenti sulla stessa linea orizzontale e due punti C0 e C1 appartenenti a due circon- ferenze di raggio AC centrate rispettivamente in A0 e A1. La rotazione di P rispetto ad A implica che anche i punti C0 e C1 si muovano lungo una circonferenza di raggio CA. Dovendo il segmento CA mantenersi di lunghezza costante, una va- riazione della posizione di C da C0 a C1 comporta quindi una traslazione del punto A da A0 a A1.

In questo sottoassieme è evidente come la posizione di A non possa variare fin tanto che la posizione di C non venga variata. Il sistema è quindi a due gradi di libertà residua, ren- dendo necessaria l’introduzione di un ulteriore vincolo.

Al fine di dimensionare correttamente i componenti e valu- tarne i relativi ingombri sono state scelte le misure antropo- metriche di riferimento.

Sul mercato protesico gli ausili sono in genere proposti in maniera differenziata a seconda di categorie di peso. Nello specifico si identificano le seguenti categorie: 35 kg, 45 kg, 75 kg, 100 kg, 125 kg, 130 kg, 150 kg. È possibile che un pro- dotto sia composto da elementi variabili con diverse carat- teristiche meccaniche a seconda del peso massimo dell’u- tente e che sia quindi disponibile in diverse configurazioni Misure antropometriche

per più classi di peso, oppure che un prodotto non sia adatto ad utenti che superino un certo peso.

Per il caso in esame si è scelto di riferirsi alle norme UNI EN ISO 7250-1:2010 “Misurazioni di base del corpo umano per la progettazione tecnologica - Parte 1: Definizioni del- le misurazioni del corpo umano e luoghi” che fornisce una descrizione delle misure antropometriche e UNI CEN ISO/ TR 7250-2:2011 “Misurazioni di base del corpo umano per la progettazione tecnologica - Parte 2: Rilevazioni statisti- che relative a misurazioni del corpo umano corporee prove- nienti da singole popolazioni ISO”, che riporta i dati statisti- ci di elaborazione di database antropometrici di campioni di popolazione in età lavorativa di diverse nazioni membri aderenti all’ISO. In particolare, in prima approssimazione si è fatto riferimento alle misure antropometriche derivate dalle rilevazioni effettuate su campioni di popolazione ita- liana. Prendendo come riferimento il 95° percentile il nuo- vo ausilio è stato progettato per un utente di altezza media 1806 mm e peso 83 kg. In figura Fig. 5.7 le principali misure antropometriche di interesse (42). Ai fini della progettazio- ne il peso totale di riferimento sarà considerato pari a 100 kg: questo incremento rappresenta un fattore di sicurezza e tiene in considerazione l’eventualità di utilizzo dell’ausilio da parte dell’utente durante il sollevamento di carichi o lo svolgimento di attività che potrebbero incrementare il peso effettivo.

Oltre alle principali misure antropometriche, sono stati ri- cercati dati in bibliografia sulla grandezza media dell’arti- colazione di ginocchio al fine di poter dimensionare i com- ponenti dell’assieme in maniera il più possibile organica e proporzionata (43) (44).

>> Fig. 5.8: parametri di riferimento per la dimensione dell'articola- zione naturale di ginoc- chio.

Altezza inguinale 796 ± 60 mm 5° percentile: 704 mm 95° percentile: 899 mm

Spessore della coscia 136 ± 15 mm 5° percentile: 112 mm 95° percentile: 160 mm

Altezza della tibia 444 ± 32 mm 5° percentile: 395 mm 95° percentile: 500 mm

Altezza del ginocchio da seduti 484 ± 30 mm

5° percentile: 439 mm 95° percentile: 537 mm

>> Fig. 5.7: misure antropometriche da normativa UNI CEN ISO/TR 7250-2:2011.

Altezza poplitea da seduti 437 ± 40 mm 5° percentile: 371 mm 95° percentile: 501 mm

Lunghezza natica - popliteo 478 ± 29 mm

5° percentile: 430 mm 95° percentile: 525 mm

valore del parametro a da cui è possibile ricavare i valori dei restanti indicati. Dal momento che la geometria dei com- ponenti sarà determinata da vari fattori, il parametro a è l’u- nico di interesse per verificare la compatibilità degli ingom- bri finali: il valore di riferimento, mediando la dimensione ottenuta fra sesso maschile e femminile e i valori riportati nel testo ottenuti da diverse tipologie di misurazioni con- dotte, è pari a 78 mm.

>> Fig. 5.11: evoluzio- ne della rotazione del corpo superiore rispetto al corpo centrale (sopra) e della rotazione del cor- po superiore solidale al corpo centrale (sotto).

>> Fig. 5.9: assieme cinematico progettato.

In Fig. 5.9 e 5.10 è presentato il nuovo cinematismo. Per po- terne permettere l’accoppiamento con qualsiasi tipologia di invaso, nel corpo superiore sono stati ricavati attacco pira- midale e cupolino di regolazione di dimensioni standard. Il modello si compone di un corpo centrale a due assi di rotazione, di estensione in alto e di flessione più in basso come descritto all’inizio di questo capitolo, su cui ruota il corpo superiore incernierato in corrispondenza dell’asse estensorio. Entrambi i corpi sono stati modellati in modo tale che l’applicazione di una coppia oraria in B permetta al corpo superiore di ruotare da 0° a 20°. Raggiunti i 20° di rotazione, il corpo superiore va in battuta sul corpo centrale diventando solidale ad esso. La coppia, se ancora applicata, converte la precedente rotazione in B in una nuova rotazio- ne con centro in A (Fig. 5.11).

Da schema cinematico a modello

B A B A B A B A

>> Fig. 5.12: asse flesso- rio e pattini laterali (sini- stra); spine di centraggio (destra).

>> Fig. 5.13: profilo a camma per controllare la rototraslazione del corpo centrale.

>> Fig. 5.10: esploso.

L’asse flessorio si innesta su due pattini con possabilità di scorrimento in una guida ricavata dalla sovrapposizione dei componenti forcella superiore e inferiore il cui preciso accoppiamento è garantito dalla presenza di due spine di centraggio. Il pattino consente l’introduzione della compo- nente traslatoria nel secondo intervallo di flessione da 20° a 120° (Fig. 5.12).

Come anticipato, lo schema cinematico rappresentativo di questa fase presenta due gradi di libertà residui. Al fine di ri- durre anche questo secondo sottosistema ad un solo grado di libertà, coincidente con il momento applicato agli assi A e

B, nella forcella inferiore è stato ricavato un profilo a camma

che obbliga il corpo centrale a ruotare e traslare contem- poraneamente (Fig. 5.13). In questa fase il sistema di bielle previsto permette di mantenere la distanza AC costante e di garantire il corretto lavoro del componente smorzatore.

Lo smorzatore è incernierato nella parte superiore al corpo superiore, mentre nella parte inferiore alla forcella poste- riore ricavata sul profilo anteriore (Fig. 5.14).

>> Fig. 5.14: punti di in- cernieramento dell'am- mortizzatore.

Nello sviluppo di questo progetto si è deciso di seguire un approccio differente da quello tradizionale utilizzato per lo sviluppo di ausili protesici.

L’ottica tradizionale, infatti, prevede l’utilizzo dei dati deri- vati da analisi del passo ed elettromiografica di un intero ciclo condotte su un numero significativo di utenti sani al fine di valutare angoli di flesso estensione alle articolazioni e momenti muscolari richiesti. Da questi dati è poi possibile dedurre la potenza muscolare necessaria per completare l’intero ciclo del passo.

A questi dati si affiancano quelli derivati dall’analisi della tra- iettoria del centro di istantanea rotazione dell’articolazione sana, identificato nel punto di intersezione dei segmenti rappresentativi dei legamenti.

Si progetta quindi un nuovo cinematismo che permetta di raggiungere angoli di flesso estensione simili a quelli dell’ar- ticolazione naturale a fronte di un contributo di potenza muscolare richiesta quanto più minore possibile e la cui tra- iettoria del centro di istantanea rotazione sia quanto più si- mile a quella riscontrata nell’articolazione sana, per lo meno nella prima metà dell’intervallo flessorio. Infatti, come si è visto in [3.2], vengono in genere adottate strategie differen- ti volte allo spostamento del CIR in una zona di più facile controllo per l’arto residuo.

L’approccio utilizzato per la definizione di questo prodotto si basa invece sulla definizione e quantificazione del moto naturale eseguito dall’articolazione di ginocchio, in parti- colare in termini di tipologia di moto e geometria delle su- perfici interessate. La traiettoria analizzata non è più quella del centro di rotazione ma di un punto scelto sull’estremità Confronto delle traiettorie

distale del femore.

Lo scopo del nuovo cinematismo è infatti quello di essere in grado di ricreare i differenti contributi di moto identificati al fine di ripercorrerli il più fedelmente possibile, offrendo così un’esperienza di utilizzo in maggiore sinergia con l’arto sano e limitando l’innesco di meccanismi di compensazione. Non avendo possibilità di verificare la sinergia con l’arto sano e la potenza muscolare richiesta dall’utilizzo del dispositivo progettato - dal momento che richiederebbero rilevazioni con strumentazione specifica e il calzamento da parte di un numero consistente di volontari del prototipo dell’ausilio - si è proceduto con l’analisi della traiettoria caratteristica del nuovo ausilio e il confronto con alcuni dati significativi scelti qui di seguito presentati (Fig. 5.15).

Per poter essere direttamente confrontate, le curva devono riferirsi ad un punto del femore equivalente all’estremità pi- ramidale presente sull’attacco superiore degli ausili protesi- ci. Inoltre, la convenzione di segni scelta è equivalente ad un utente con verso di avanzamento da destra a sinistra e quin- di momento flessorio al femore applicato in senso orario. La curva “Modello KTJ” rappresenta la traiettoria caratteri- stica del tutore ginocchiera con snodo a centro di rotazione variabile prodotto dall’azienda KTJ.

Si tratta di un tutore sviluppato partendo dall’osservazione che, fissato un punto rappresentativo della rotazione inizia- le del ginocchio, la distanza di tale punto dal corrispondente al malleolo peroneale diminuisce all’aumentare dell’angolo di flessione. Più precisamente, tale distanza si mantiene co- stante fino al 30° grado di flessione. Solo una volta superato questo valore soglia è possibile osservarne l’accorciamento (Fig. 5.16). Volendo mantenere il raggio di rotazione costan- te, il centro di rotazione deve quindi necessariamente cam-

biare la propria posizione.

Definiti il punto O, punto rappresentativo del centro di rota- zione iniziale del ginocchio, e il punto P, punto fisso sulla su- perficie del femore nonché estremo del raggio di rotazione, è possibile descrivere la traiettoria di P rispetto ad O (Fig. 5.17).

La curva “Modello a doppia faccia di rotazione” è stata rico- struita sulla base del modello presentato all’inizio di questo capitolo. Dal momento che è stato dimostrato essere un moto tridimensionale, la traiettoria è stata semplificata in due contributi.

Come prima fase è riportata la flessione da 0° a 20° intorno all’asse estensorio, eseguendo un moto di pura rotazione. In seguito, si prosegue fino a 120° con rotazione intorno all’asse flessorio e contemporanea aggiunta del contributo traslatorio riscontrato sul piano laterale.

Infine, la curva “Modello ellettico” è stata tracciata secondo l’analisi riportata in (45). Nello studio qui citato le estremità distale del femore e prossimale della tibia sono approssi- mante ad una forma ellittica. Definita la geometria dei due ellissi in condizione di flessione nulla, tramite tecnica MRI è possibile verificare la posizione dell’ellisse rappresentante l’estremità distale del femore ad intervalli discreti di angolo di flessione. Scelto un punto di riferimento significativo sul perimetro dell’ellisse è quindi possibile studiarne l’evoluzio- ne e tracciare la relativa traiettoria. Il punto di riferimento per lo studio della traiettoria è stato in questo caso definito come il punto estremo superiore dell’ellisse (Fig. 5.18). Vista la diversità geometrica del nuovo modello cinematico rispetto alle tradizionali catene cinematiche da 4 a 6 seg- menti, il confronto della traiettoria del CIR risulta inconsi-

>> Fig. 5.16: variazione del segmento AB al variare dell'intervallo flessorio.

stente. Tuttavia, la progettazione ha tenuto in conto l’esi- genza per l’utente finale di avere un centro di istantanea rotazione quanto più prossimo al bacino al fine di minimiz- zare il costo energetico del passo.

>> Fig. 5.18: evoluzione della traiettoria secondo il modello ellittico.

La descrizione del funzionamento dell’articolazione di gi- nocchio si può definire completa solo se si tiene in conside- razione il complesso sistema muscolare, tendineo e lega- mentoso e le strutture cartilaginee che interagiscono con esso. Di queste, in [1.1] sono stati descritti conformazione e funzionamento dei menischi.

Nella maggior parte dei ginocchi protesici disponibili sul mercato non è possibile identificare componenti specifici il cui compito è quello di emulare la funzione dei menischi sebbene i carichi assiali permangano della stessa entità di quelli riscontrabili in un utente non amputato, rimanendo così non ridotti né assorbiti parzialmente.

Le aziende produttrici Fillauer e Blatchford hanno sviluppato un tubolare il cui scopo è ridurre l’impatto e la torsione du- rante le fasi di stance (46) (47), mentre Ossur ha sviluppato un adattatore con esclusiva riduzione della componente di torsione (48) (Fig. 5.19).

Nella progettazione del nuovo ausilio si è tenuto conto di questa problematica, proponendo una soluzione specifica. Nell’articolazione umana l’entità dello sforzo assiale varia a seconda della fase del ciclo del passo e all’attività che si sta svolgendo.

Durante l'intero ciclo del passo di un utente con andatura normale si registrano due picchi principali nell’andamen- to della forza assiale (Fig. 5.20): il primo durante la fase di accettazione del carico in early stance (~15%) pari a circa 2.8÷3 volte la forza peso (49) (50), il secondo in late stance di entità pari a circa due volte la forza peso.

Il contributo di forza assiale, differentemente da quanto si potrebbe intuitivamente pensare, non dipende solamente 5.2 Sistema di ammortizzamento del carico assiale

>> Fig. 5.19: TTPRO,

Fillauer (sinistra); Torsion Shock Adapter, Ossur

(destra).

>> Fig. 5.20: andamento della forza assiale in un ciclo del passo secondo [50].

dalla reazione vincolare a terra.

Alcuni muscoli, infatti, forniscono un contributo autonomo causando la compressione dei menischi. Tra questi forni- scono il maggiore contributo il vasto mediale in fase di early stance e il gastrocnemio in late stance.

Altri muscoli, sebbene non possano contribuire diretta- mente perché non attraversano l’articolazione, forniscono ugualmente un ulteriore contributo significativo accoppian- dosi dinamicamente ai primi. Questi ultimi, tra cui specifi- catamente gastrocnemio e soleo, sono i diretti responsabili dei contributi di forza derivata dalla reazione vincolare a terra (50).

Lo svolgimento di attività differenti dalla normale deambu- lazione può portare ad un incremento di tali forze. In (51) sono state condotte misurazioni in diverse condizioni arri- vando a concludere che l’ascesa di scale è l’attività che pre- senta il più alto picco di forza assiale, pari a tre volte la forza