Le protesi di ginocchio
3.2 Ginocchia policentriche
La configurazione del ginocchio naturale suggerirebbe l’uti- lizzo di un cinematismo a quadrilatero incrociato. Tuttavia, si tratterebbe di un quadrilatero a lati di lunghezza variabile se si prendesse in considerazione il comportamento elasti- co dei legamenti durante la flesso-estensione.
Inoltre, essendo il CIR individuabile dal punto di intersezione delle aste oblique replicanti i legamenti, in un quadrilatero articolato sarebbe sempre nel mezzo del quadrilatero stes- so (Fig. 3.4).
In un ginocchio protesico la posizione relativa CIR - retta di carico incide molto sulla stabilità dell’utente e sulla possibi- lità di controllo della flesso-estensione. Nella configurazio- ne a quadrilatero articolato si troverà sempre prossimo alla linea di carico e molto in basso, diminuendo drasticamente la capacità di controllo da parte dell’utente.
Lo sviluppo nell’ambito ha visto un tentativo di avvicinamen- to alla conformazione naturale accantonando il problema dei segmenti a lunghezza variabile e ovviando a quello della
posizione di difficile controllo del CIR con l’introduzione di catene cinematiche semplici. Questi cinematismi, da qua- drilateri articolati a catene fino a sei segmenti, permettono di ottenere un moto complesso con entrambi le componen- ti rotatorie e traslatorie ricercate a seconda della lunghezza che si impone ai segmenti e, al contempo, consentono di traslare il CIR in posizione più elevata così come di spostare la linea di carico anteriormente o posteriormente al ginoc- chio secondo quanto richiesto dalla condizione di moto o stazionarietà.
Un’analisi delle potenzialità e dei limiti delle possibili confi- gurazioni di un quadrilatero semplice è di seguito riportata. Nell’analisi va considerato che in generale il telaio del cine- matismo rappresenta la tibia; la biella è il femore di cui va quindi ricercata una rototraslazione sulla tibia stessa.
Secondo il teorema di Grashof per la classificazione dei quadrilateri, se la somma dei lati minore e maggiore risul- ta minore della somma dei restanti due lati allora il lato più corto è una manovella. Si possono quindi ottenere tre diver- se configurazioni:
- a doppia manovella se il lato più corto è il telaio. - a doppio bilanciere se il lato più corto è opposto al telaio.
- a manovella-bilanciere se il lato più corto è adiacente al telaio.
In tutti e tre i casi la biella è soggetta a rototraslazione. I quadrilateri non di Grashof sono tutti a doppio bilanciere e soggetti ad inversione di moto, ma anch’essi permettono di ottenere rototraslazone.
>> Fig. 3.5: quadrilateri articolati e loro traiettorie.
Infine, nel caso particolare in cui i due membri della relazio- ne di Grashof siano equivalenti, si ricade nei casi di:
- parallelogramma articolato a due manovelle, che causano la sola traslazione della biella. Verrebbe quindi a mancare la componente rotatoria.
- Anti-parallelogramma articolato, cioè il cinemati- smo più simile all’articolazione naturale ma che limita la po- sizione del CIR inferiormente con conseguenti difficoltà di controllo del movimento.
- Parallelogramma isoscele con una manovella e un bi- lanciere, che regolano la rototraslazione della biella.
Come visto, sono molte le configurazioni che permettono la rototraslazione della biella sebbene nessuna permetta la semplice rotazione all’inizio del moto come nel cinemati- smo naturale.
Tuttavia, se si confrontassero le traiettorie caratteristiche delle configurazioni sopra discusse con quella dell’articola- zione naturale, risulterebbero tutte molto differenti.
Nonostante i problemi teorici qui sopra riscontrati, tutti i modelli policentrici possono vantare alcuni aspetti miglio- rativi rispetto agli antecedenti monocentrici:
- la cinematica raggiungibile è più simile a quella del ginocchio naturale.
- garantiscono migliore controllabilità della protesi a fronte di uno sforzo energetico e muscolare minore, grazie allo spostamento verticale del CIR rispetto al centro di rota- zione di meccanismi a singolo asse.
>> Fig. 3.6: policentrismi a quattro segmenti e loro CIR.
elevati in swing, grazie al maggiore apparent shank shorte- ning permesso. Tutto questo si riflette in minore probabilità di inciampo e di caduta.
Volendo analizzare in maggiore dettaglio la capacità di controllo della protesi in funzione della posizione del CIR, si consideri la figura Fig. 3.6 in cui vengono riportati differenti modelli di ginocchia policentriche e relativi CIR. La differen- te inclinazione dei segmenti laterali incide sulla posizione del CIR anteriore o posteriore alla linea di carico e sulla quo- ta verticale dello stesso.
Indagando i due aspetti appena citati separatamente, si
Durante un intero ciclo del passo in qualsiasi cinematismo policentrico si osserva uno spostamento del CIR da zona posteriore ad anteriore alla linea di carico: questo sposta- mento è fondamentale per permettere la flessione dell’arti- colazione.
La linea di carico è per definizione la linea congiungente il centro di rotazione dell’articolazione anca e il centro di pressione del piede (16). In un soggetto non amputato se il centro di rotazione dell’articolazione ginocchio è posteriore alla linea di carico, l’articolazione sarà costretta in completa estensione. Solo quando la linea di carico si sposterà in po- sizione posteriore al centro di rotazione del ginocchio sarà possibile flettere l’articolazione.
Allo stesso modo, in un soggetto amputato transfemorale, consideri ora la problematica della quota verticale del CIR. Come anticipato, l’amputazione transfemorale riduce la leva scheletrica utile. Pertanto, un CIR basso richiederà maggiore sforzo energetico da parte della muscolatura del- la coscia rispetto ad un CIR in posizione più elevata (Fig. 3.7).
>> Fig. 3.7: leva richiesta per differenti configura- zioni cinematiche.
fintanto che il CIR del cinematismo risulti posizionato po- steriormente alla linea di carico il ginocchio sarà stabile e bloccato in completa estensione. Spostando il CIR anterior- mente l’articolazione non è più stabile e un momento mu- scolare all’anca può indurre la flessione del ginocchio. Inoltre, affinché il momento muscolare sia sufficiente per contrastare la reazione vincolare a terra e garantire con- trollo volontario della flessione del ginocchio, è necessario che la retta di azione della reazione vincolare ricada all’in- terno di un cono detto zona di controllo volontario (Fig. 3.8).
>> Fig. 3.8: la flessione è impedita dalla posizione del CIR posteriore alla linea di carico. La zona arancione delimita il cono a controllo volon- tario.
La superficie delimitata dal cono di controllo volontario ha vertice nel centro di pressione della reazione vincolare, an- che detto COP. L’asse è coincidente con la linea che passa attraverso il COP e il centro dell’anca, e l’ampiezza è tale per cui l’angolo al vertice risulti pari a due volte αmax. Per deter- minare αmax è necessario risolvere l’equazione Eq. 3.1, dove
Mmax è il massimo momento esercitabile all’anca e l la di- stanza fra COP e centro dell’anca.
Mmax=GRF * l * sen(αmax) Eq(3.1)
I modelli policentrici più diffusi sono a quattro barre, ma ne esistono modelli fino a sei barre.
Con riferimento a quanto appena riportato è possibile di- stinguere tre categorie di policentrismi a quattro barre con rispetto alla particolare posizione caratteristica del CIR. Policentrismi a quattro barre con CIR elevato
Policentrismi a quattro barre iper stabilizzati
Sono generalmente caratterizzati da un lungo segmento anteriore e un corto segmento posteriore. Sono dispositivi che apportano beneficio ad amputati geriatrici o amputa- ti con limitata stabilità tramite controllo attivo e volontario della muscolatura della coscia dell’arto amputato. In questa configurazione il CIR, in fase stance, è ben posteriore alla linea di carico e ad una quota verticale elevata.
La caratteristica posizione del CIR in posizione decisamente posteriore alla linea di carico in fase di contatto del tallone garantisce elevata stabilità. L’articolazione è forzata e assi- curata in completa estensione senza alcun momento mu- scolare richiesto.
L’elevata quota verticale del CIR permette di intraprendere la fase di swing e consentire la flessione dell’articolazione con un momento muscolare richiesto di entità contenuta.
L’aggettivo iper stabilizzato si riferisce alla particolare posi- zione estremamente posteriore del CIR sia in fase di contat- to iniziale che push-off. Sebbene nella fase iniziale del pas- so questa categoria di ginocchia policentriche si comporti come la precedente, la differenza è notevole nella fase suc-
>> Fig. 3.9: schema cinematico e condizione di stabilità di un policentrismo a quattro barre con CIR elevato.
cessiva: nel momento di push-off non si assiste ad uno spo- stamento del CIR anteriormente alla linea di carico. Il CIR permane invece in posizione posteriore e impedisce la fles- so-estensione, comportandosi di fatto come un ginocchio a singolo asse bloccato per tutto il ciclo del passo. Questa condizione persiste fintanto che l’arto è caricato dal peso corporeo.
Per questo tali prodotti ben si adattano ad utenti con limita- te capacità muscolari o che percepiscono insicurezza. Tut- tavia, si tratta di un grosso limite per lo svolgimento delle più comuni attività di deambulazione quotidiane che posso- no includere la necessità di salire o scendere scale o sedersi. Policentrismi a quattro barre con controllo volontario
Policentrismi a cinque e sei barre
Quest’ultima categoria di ginocchia policentriche a quat- tro barre è caratterizzata da una posizione del CIR che, fin dall’istante del contatto iniziale, è molto prossima alla linea di carico. Questo implica che sia sufficiente una piccola per- turbazione del sistema per spostare il CIR anteriormente alla linea di carico e permettere la flessione dell’articolazio- ne.
Questi dispositivi richiedono un elevato controllo musco- lare attivo ma hanno il vantaggio di poter permettere una lieve flessione in fase stance, che avviene anche nell’arti- colazione naturale e che risulta necessaria per un migliore controllo della fase stessa.
I meccanismi a cinque barre introducono il vantaggio di consentire una ridotta flesso-estensione in early stance ad arto carico, permettendo così di ammortizzare e trasferire il
>> Fig. 3.11: schema cinematico e condizione di stabilità di un policentrismo a controllo volontario.
peso sull’arto in maniera graduale e al contempo di limitare un eccessivo innalzamento ed oscillazione del centro di gra- vità con la conseguenza di un minore dispendio energetico e un maggiore senso di stabilità. [30]
I policentrismi a sei barre offrono la possibilità di avere in un qualsiasi istante più punti inattivi o IIJ (Instant Inactive Joints). I punti IIJ si osservano ogni qual volta due segmenti collegati da un vincolo a cerniera hanno stessa velocità an- golare: in un policentrismo a quattro segmenti si può avere un solo IIJ, in un policentrismo a sei barre ce ne sono sempre almeno quattro. La stabilità in fase stance è strettamente legata al numero di IIJ. L’incremento del numero di punti inattivi comporta ulteriore maggiore avvicinamento alla ci- nematica naturale in fase swing e stabilità in fase stance. Controllo delle fasi stance e swing
Nei cinematismi policentrici il controllo della fase stance di- pende dalla posizione relativa fra l’asse anterodistale, il CIR e il vettore della reazione vincolare a terra. L’asse anterodi- stale è il centro di rotazione durante la fase stance, il CIR è il centro di rotazione del cinematismo durante la fase swing. L’early stance flexion occorre ogni qual volta la reazione vin- colare a terra è inclusa fra il CIR e l’asse anterodistale. Nei policentrismi a cinque barre il quinto elemento permet- te di controllare la posizione del CIR rispetto a quella dell’as- se anterodistale per fare in modo che la reazione vincolare a terra cada, nei primi gradi di flessione, all’interno del cono individuato da questi due assi. In genere il quinto elemento è controllato nella sua rotazione da un cilindro idraulico, che ne delimita la corsa. Dopodiché a fase swing intrapresa il ci- nematismo agisce come un normale policentrico a quattro barre.
Durante la fase swing la flesso-estensione del ginocchio dipende dalla presenza di un elemento elastico, dall’unità idraulica o pneumatica predisposta e dall’inerzia della pro- tesi stessa.
La capacità della protesi di adattarsi alla velocità di cammi- no dell’utente dipende, come nel ginocchio a singolo asse, dalla presenza di un elemento idraulico o pneumatico. Il controllo della portata all’interno dell’elemento predisposto avviene ancora una volta per mezzo di sensori che ricono- scono la fase in corso della camminata.
Infine, il controllo della rigidezza della protesi può avvenire anche per mezzo di ammortizzatori magnetoreologici. Le informazioni fornite dalla sensoristica - funzione deman- data in genere a giroscopi - permettono di rilevare in quale fase del passo si trovi l’utente e innescare, moderare o disin- nescare un campo magnetico per il controllo delle proprietà di fluidi magnetoreologici, in grado di offrire resistenza va- riabile al variare del campo stesso.
Il campo magnetico necessario è generalmente controllato applicando corrente ad un solenoide, il che implica la pre- senza di batterie e la necessità di ricaricarle. Potrebbe esse- re innescato e controllato sfruttando il movimento relativo di un magnete permanente, ma comporterebbe dei ritardi nei tempi di risposta.
L’utilizzo di fluidi magnetoreologici comporta in genere pro- blematiche legate alla sedimentazione e alla forte capacità abrasiva, deleteri soprattutto in presenza di guarnizioni.