Nel capitolo [2.4] sono state accennate le criticità riscon- trabili all’interfaccia invaso-liner-moncone, dovute alla flut- tuazione di numerose variabili rappresentative della condi- zione fisiologica del moncone stesso.
Il moncone è innanzitutto una superficie soggetta a sforzi: normali (pressione) e di taglio. L’entità degli sforzi applicati può avere ripercussioni sulla circolazione sanguigna, sul ri- schio di occlusioni, su lesioni della pelle e sull’innesco di sen- sazioni di dolore.
Gli sforzi derivati da forze con direzione di applicazione per- pendicolare alla pelle del moncone sono in genere quelli di entità maggiore. A differenza di alcuni studi condotti sugli amputati transtibiali (60) (61) secondo cui è possibile iden- tificare un valore soglia di dolore PPT (Pain Pressure Thre- shold) di riferimento pari a 690 kPa, nel caso di amputati transfemorali non sembra sia possibile definire un limite oltre il quale si inneschi dolore ma si tratta piuttosto di un dato soggettivo e molto variabile.
Gli sforzi di taglio vanno invece distinti in sforzi di frizione e sforzi tangenziali, secondo la presenza o meno di com- ponenti di scorrimento. Sebbene i valori di sforzo di taglio siano in genere inferiori ai valori di pressione, la loro entità è comunque sufficiente a causare danni alla pelle come vesci- che o ulcere se non opportunamente contenuta.
L’incidenza degli sforzi normali può essere diminuita am- pliando l’area di esercizio della forza, ma va considerato che l’applicazione contemporanea di sforzi di taglio e di pres- sione fa sì che il valore soglia di pressione oltre il quale si verifichino occlusioni sanguigne diminuisca rispetto al caso in cui siano applicati solo sforzi normali.
Il volume del moncone non è costante, ma soggetto a va- riazioni reversibili nel breve periodo e irreversibili nel lungo
periodo.
Le fluttuazioni giornaliere reversibili sono dovute al movi- mento del fluido extracellulare, in genere più lento rispetto al meccanismo di trasporto del sangue. L’esecuzione di at- tività prolungate causa un effetto complessivo di disidrata- zione dei tessuti molli, dovuto alla compressione esercitata dall’invaso. La rimozione dell’invaso e il rilassamento della muscolatura, come avviene ad esempio durante le ore not- turne, permette di reinstaurare la normale condizione. Le fluttuazioni irreversibili di lungo periodo sono invece conseguenza di un’automatica rimodellazione dei tessuti molli. Fra i vari fattori scatenanti vanno sicuramente con- siderati la maturazione dell’arto residuo, possibili variazioni di peso, atrofia muscolare e cambiamenti nella condizione vascolare del soggetto.
Inoltre, una riduzione dell’elasticità muscolare è riscontra- bile sia giornalmente sia nel lungo periodo, contribuendo all’aumento dei valori di pressione registrati.
La temperatura corporea superficiale è di circa 32°C ma aumenta durante lo svolgimento di attività fisica con pos- sibilità di incremento fino a +2°C. I tradizionali liner e inva- si possono essere considerati dei sistemi chiusi, rendendo difficile ristabilire l’equilibrio termico. Si tenga in conside- razione che la sola attività di calzatura del liner causa una variazione di temperatura che richiede almeno 15 minuti di tempo prima di essere ristabilizzata (62).
In generale, le zone anteriori sono caratterizzate da una va- riazione di temperatura minore rispetto alle zone posteriori a causa della maggiore perfusione.
Le variazioni di temperatura sono strettamente correlate a variazioni di umidità, la quale richiede intervalli di tem- po ancora maggiori prima di essere riequilibrata. Nei liner
tradizionali, in condizioni di riposo, si registra un valore di umidità relativa pari al 71% circa. La calzatura del liner può causare un aumento fino al 78%, con picchi fino all’80% nel caso di svolgimento di attività fisica di media intensità. Da notare come, a differenza della temperatura, il livello di umidità continui a crescere per un certo periodo anche ad attività fisica cessata raggiungendo valori fino all’83% (62). L’incremento di umidità e l’associata difficoltà di ritorno alla condizione standard causano l’aumento della produzione di sudore con due gravi conseguenze. In primo luogo, la dimi- nuzione di aderenza fra moncone e liner e quindi fra mon- cone e invaso, con conseguenti componenti di slittamento che possono compromettere la stabilità. In secondo luogo, l’ammorbidimento della pelle con maggiore rischio di for- mazione di vesciche e altri problemi dermatologici legati anche al ristagno di sudore nel liner stesso.
L’indagine di mercato condotta mette in evidenza la man- canza di prodotti, liner e invasi in eguale modo, in grado di adattarsi alla variazione di tutti i parametri identificati. Come riportato in [2.6] sono stati proposti liner microforati (Silcare Breathe Liner, Endolite) per il riequilibrio termico e il controllo dell’umidità e liner integranti materiali a cambia- mento di fase per l’assorbimento del calore in eccesso e la parziale dissipazione verso l’esterno (Alpha Smart Temp Li-
ner, Ohio Willow Wood). Tuttavia, l’efficacia di questi prodotti
è vana se accoppiati con invasi tradizionali chiusi che non permettono scambi di calore con l’esterno.
Alcune nuove tipologie di invaso presentano una struttura aperta. Nati con l’intento di affiancare i liner di nuova ge- nerazione garantendo un effettivo scambio termico e ri- durre le problematiche legate a temperatura ed umidità, sono in grado di garantire l’aderenza moncone-protesi con il vantaggio aggiunto di esercitare pressione in un numero
>> Fig. 7.1: proposta di cover sensorizzata per il monitoraggio dei valori di pressione.
ridotto di punti (Revofit, Ottobock; Socket Less Socket, Martin
Bionics). Tuttavia, sebbene queste soluzioni permettano di
scaricare alcune aree dagli sforzi applicati, è inevitabile che diminuiscano la superficie di applicazione di forze intorno ad altri punti critici.
Quello che emerge dalla ricerca condotta, soprattutto in campo bibliografico, è l’assenza di dati uniformi sulle reali condizioni all’interfaccia, specie in termini di sforzi applica- ti. Il monitoraggio di tali valori ha il duplice scopo di fornire dati utili per l’avanzamento della ricerca quali valori mas- simi registrati e valori associati all’innesco di dolore, e allo stesso modo rappresenta uno strumento utile per verifica- re l’efficacia del cinematismo progettato o più in generale dell’ausilio protesico calzato. Per questo motivo si è deciso di presentare una proposta di sviluppo di invaso sensoriz- zato per il monitoraggio della pressione all’interfaccia inva- so-liner-moncone (Fig. 7.1).
Sono stati innanzitutto definiti i pattern di pressione tipici in zona antero-posteriore e mediale-laterale (Fig. 7.2) e indivi- duate le zone sensibili (Fig. 7.3).
>> Fig. 7.2: pattern di pressione tipici della deambulazione in zona antero-posteriore e mediale-laterale.
La misurazione di pressione lungo l’intera estensione del- le zone antero-posteriore e mediale-laterale è dimostrato fornire un pattern caratteristico (63) (64). L’introduzione di un invaso sensorizzato permette di verificare che il pattern di pressioni esercitate all’interfaccia durante la deambula- zione dell’utente sia conforme alle aspettative e che non si inneschino meccanismi di compensazione che lo alterereb- bero. In questo modo è possibile verificare sia il cinemati- smo progettato, sia l’interazione utente-ausilio protesico. La misurazione di pressione in precisi punti specifici, ritenuti i più sensibili (65), permette di conoscere i valori massimi raggiunti in tali punti durante l’esecuzione di differenti at- tività e in momenti diversi della giornata e fornire i dati per la ricerca di una possibile correlazione fra valore limite di pressione e soglia di dolore.
La scelta del sensore di pressione deve essere effettuata considerando l’elevata sensibilità della pelle sul moncone. Spessori, cuciture, elementi rigidi potrebbero diventare punti a pressione elevata localizzata e alterare il pattern de- ambulatorio dell’utente e di conseguenza la misura effet- tuata, nonché innescare dolore e impossibilità di utilizzo.
>> Fig. 7.3: punti sensibili alla pressione e punti tolleranti.
Il posizionamento dei sensori è sulla faccia interna dell’in- vaso. Questa soluzione permette di creare il circuito elet- trico e laminarlo a freddo insieme alla struttura dell’invaso intorno al calco positivo del moncone. La possibilità di in- tegrazione dei sensori nel liner è stata scartata in quanto, essendo il liner un elemento elastico, si sarebbe necessita- to di collegamenti elettrici elastici causando un aumento di complessità del problema.
>> Fig. 7.4: sensore fles- sibile di misurazione di forza, modello ESS301 di Tekscan.
Per questo motivo sono stati presi in considerazione tessuti piezoelettrici3 e sensori di forza flessibili4 per il loro ridot- to spessore nonché capacità di adattarsi alla curvatura del tratto di coscia.
Dopo aver effettuato alcune prove pratiche con entrambe le tipologie di sensori è stato deciso di proporre l’utilizzo di sensori Tekscan per la loro maggiore semplicità di dimen- sionamento.
In particolar modo è stato scelto il modello ESS301 con for- za massima misurabile fino a 4 N (Fig. 7.4). Dalla ricerca bi- bliografica condotta il maggiore valore di pressione riscon- trato è pari a 100 kPa (64) (66) (67). Il sensore individuato ha un’area sensibile ampia 72 mm2 cui corrisponde un valore massimo di pressione misurabile pari a 500 kPa se solleci- tato con una forza di entità pari a 4 N. Infine, il sensore in- dividuato risulta mantenere le proprie caratteristiche pres- soché invariate anche in condizioni di alta temperatura ed umidità.
Il numero di sensori è stato scelto in considerazione dei dati di misura ricercati e dei vincoli costruttivi. I sensori di mi- surazione devono necessariamente essere collegati ad una scheda di gestione ed elaborazione dei dati con possibili- tà di trasmissione degli stessi. Le schede più comuni pre- sentano un massimo di otto canali in ingresso. Si è scelto quindi di posizionare i sensori in otto punti sensibili facendo attenzione che ce ne fosse almeno uno in corrispondenza di ognuna delle quattro zone caratteristiche (anteriore, po- steriore, mediale e laterale). In questo modo è ipotizzabile che il valore registrato sia prossimo al valore massimo dei pattern caratteristici.
Il circuito è alimentato da batterie al litio conformi alla nor- mativa IEC/EN 62133. La tensione di alimentazione di bat- terie al litio è pari a 3.7 V, e la scheda tecnica del sensore scelto consiglia un valore massimo di corrente in ingresso pari a 2.5 mA.: è quindi necessario predisporre una resisten- za in serie ad ogni sensore. La resistenza scelta è di 2 kΩ a cui corrisponde un valore di corrente in ingresso a ciascun sensore pari a 1.85 mA. In figura Fig 7.5 il circuito di misura- zione.
Si è proseguito quindi con il dimensionamento della batte- ria, considerando un tempo di utilizzo giornaliero della pro- tesi di 12 ore.
La potenza assorbita dai sensori è pari a 177.6 mAh. Il consu- mo stimato della scheda è pari a 120 mAh.
Si prevede l’integrazione di un sensore bluetooth per la tra- smissione dei dati. Quest’ultima non avverrà in continuo ma solo su richiesta dell’utente e si stima l’azione possa esse- re richiesta non più di due volte al giorno per un consumo equivalente ipotizzato di 20 mAh.
Il consumo totale è quindi di 317.6 mAh, cui corrisponde la scelta di utilizzo di una batteria modello LP284362 con tensione di alimentazione pari a 3.7 V, capacità 800 mAh e potenza 2.96 Wh garantendone la durata per almeno due giorni.
Il posizionamento della scatola di misurazione segue le in- dicazioni derivate dallo studio condotto in (66). La presenza del dispositivo non deve in alcun modo risultare ingombran- te né limitare od ostacolare i liberi movimenti dell’utente, rispettare la prossemica e prevedere un meccanismo di ag- gancio/sgancio facile da attuare, veloce e che non preveda l’applicazione di eccessiva pressione.
Tenendo conto di queste linee guida si è scelto di posizio- nare il dispositivo sul lato esterno della coscia a circa metà altezza del moncone residuo e di prevedere un sistema di aggancio/sgancio per mezzo di snap fit con una parte inte- grata nel dispositivo e la controparte laminata nell’invaso. Infine, si è sperimentata la realizzazione di una trama in bas- so rilievo laminata direttamente a richiamo delle linee ca- ratteristiche di capi di abbigliamento sportivi, che permetta una maggiore integrazione del dispositivo nella cover. Come anticipato, quest’ultima parte rappresenta una pro-
>> Fig. 7.5: circuito di misurazione.
FSR1 FSR2 FSR3 FSRn FSR8
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posta di sviluppo formale e pertanto si è consapevoli della maggiore ricerca da svolgere al fine di individuare il corret- to linguaggio da utilizzare.
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Il prodotto progettato si propone come ausilio protesico per utenti con livello di mobilità elevato (Key level compre- so fra 3 e 4).
Un utente sottoposto da poco tempo ad amputazione viene introdotto al mondo protesico tramite l’utilizzo di prodotti dalla cinematica semplice e di facile controllabilità, come ginocchia monocentriche con blocco integrato. Questo passo è indispensabile per permettere all’utente di allenare la muscolatura necessaria e imparare ad acquisire stabilità. Solo successivamente, acquisendo maggiore sicurezza e controllo muscolare, all’utente sono consigliati prodotti con caratteristiche più complesse.
L’ausilio progettato pertanto ha lo scopo di inserirsi come prodotto finale del processo riabilitativo.
I componenti protesici in Italia sono dispositivi il cui costo non è completamente a carico del sistema sanitario. Il no- menclatore tariffario alla voce 06.24.15 prevede la copertu- ra economica di “protesi transfemorali esoscheletriche con invasatura a tenuta pneumatica con o senza aderenza tota- le, ginocchio policentrico, piede rigido” (69).
Tuttavia, l’ausilio progettato si discosta almeno in parte dai cinematismi policentrici ad ora disponibili e, come per la maggior parte dei ginocchi policentrici in commercio, espleta le sue funzionalità solo se abbinato ad un piede pro- tesico non rigido a restituzione di energia.
Inoltre, i prodotti protesici sono in genere garantiti per una durata temporale pari a 3 anni, termine oltre il quale do- vrebbero essere sostituiti andando così ad incrementare la spesa totale richiesta.
Il costo finale del prodotto all’utente e l’adeguatezza a soli utilizzatori con livello di mobilità medio-elevato e prossimi al termine del percorso riabilitativo, sono fattori che porta-
all’altezza del ginocchio sono stati ideati in PET con spesso- re costante 0.7 mm.
Consultando la tabella Tab. 8.15 i processi associati sono stampaggio ad iniezione rotazionale (cover in ABS) e ter- moformatura (gusci in PET).
La scelta dello spessore della cover rispetta le linee guida del processo di stampaggio rotazionale sia in termini di al- tezza minima della sezione garantita sia per la predilezione di una sezione a spessore costante (71).
I gusci a scorrimento relativo in corrispondenza del ginoc- chio sono stati disegnati in modo tale da garantire un rap- porto profondità-larghezza inferiore a 0.5 e con raggio di curvatura sempre maggiore almeno due volte lo spessore del foglio utilizzato (71).
Infine, l’assemblaggio reversibile fra gli elementi di cover è permesso per mezzo di pin resi solidali alla superficie degli elementi di cover di interesse per mezzo di termosaldatura (Tab 8.35).
no a considerare l’ausilio progettato come prodotto rivolto ad un numero ristretto di potenziali utilizzatori.
Sulla base di queste considerazioni è stato quindi stimato un lotto ipotetico di dimensioni pari a 100 pezzi annui. Sebbene questo passaggio sia presentato alla fine dell’e- laborato per maggiore chiarezza ed in modo da evitare ri- petizioni, la definizione della dimensione del lotto è stato il fattore alla base delle scelte produttive effettuate per la realizzazione dei componenti.
Gli elementi costituenti il cinematismo interno sono stati progettati in lega di alluminio 7075 per le ottime proprietà meccaniche a fronte del peso ridotto. Il corpo centrale, in virtù delle piccole dimensioni e dei fori predisposti per l’ac- coppiamento degli assi flessorio ed estensorio, è stato pro- gettato in acciaio AISI 316. Gli assi estensorio e flessorio, in seguito ad opportuno dimensionamento (Cap. [5]), sono stati realizzati in acciaio AISI 420.
Se si analizza la tabella Tab. 8.1 tratta da (70), alla dimen- sione stimata del lotto produttivo e ai materiali sopra citati, tenendo in considerazione la geometria dei componenti, corrispondono processi di manifattura tramite macchine utensili. Tuttavia, dal momento che un incremento del lot- to potrebbe permettere di ammortizzarne i costi superiori, tutti i componenti sono stati modellati per poter essere rea- lizzati anche tramite processi di fonderia.
L’assemblaggio dei componenti, come suggerito dalla ta- bella Tab. 8.25, avviene per mezzo di collegamenti filettati. Analizzando la cover, si è scelto di realizzarla in ABS con spessore costante 2 mm per garantirne la giusta rigidez- za ma permetterne allo stesso tempo la flessione, tramite accorgimenti sulla forma nei punti corrispondenti, quando richiesto - come, ad esempio, sul tratto di coscia per po- ter garantire l’aderenza al moncone sotto la compressione esercitata dal tessuto elastico. I gusci a scorrimento relativo
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Lo studio della morfologia delle superfici dell’articolazione naturale che ne caratterizzano il moto ha permesso di svi- luppare un nuovo modello di ginocchio protesico che si di- scosta dal tradizionale basato su catene cinematiche. Il nuovo meccanismo può essere definito policentrico dal momento che presenta due differenti assi di rotazione. Ga- rantisce un moto complessivamente rototraslatorio e si pone come primo tentativo di riproduzione della cinema- tica naturale permettendo la chiara distinzione fra moto rotatorio semplice da -5° a 20° e moto composto, rotatorio e traslatorio, da 20° a 120°. Seguendo la classificazione ri- portata nei primi capitoli è un ginocchio passivo e dotato di assistenza pneumatica.
Permette una flessione complessiva di 125° (-5° - 120°) che garantisce lo svolgimento di tutte le normali attività e la traiettoria caratteristica ben approssima il modello di rife- rimento.
Il sistema di smorzamento del carico assiale permette di simulare l’azione dei menischi pur non introducendo parti- colari complessità nel modello.
L’impossibilità di testare un prototipo indossato dall’utente non permette di verificare i parametri cinematici di angoli alle articolazioni e dinamici di momenti richiesti alle stesse, così come di verificarne l’interazione con differenti tipolo- gie di piedi protesici a restituzione di energia.
Il peso complessivo è di circa 2 kg, di poco superiore ai pro- dotti con simile sviluppo dimensionale presenti sul merca- to. Va tuttavia considerato come l’ammortizzatore scelto sia un prodotto commerciale con campi di applicazione dif- ferenti da quelli intesi in questo progetto e che la maggior parte degli ausili protesici assistiti pneumaticamente vanta la presenza di specifici elementi realizzati in collaborazione con aziende partner al fine di avere un prodotto adatto alle esigenze individuate e con peso e dimensioni ottimizzate.
ner, ed evidenzia gli aspetti che rendono l’invaso la scelta più vantaggiosa in termini di semplicità di realizzazione. Inoltre, seppur in maniera sommaria, affronta il problema di integrazione del sistema di rilevazione nell’elemento in- vaso e mostra la necessità di individuare un linguaggio ap- propriato che permetta la corretta definizione della forma del sensore e della superficie esterna dell’invaso affinché risultino propriamente integrati l’un l’altro e, come nel caso della cover, non generino sconforto psicologico all’utente. La proposta di una nuova tipologia di cover, completamen-
te differente per materiali e dimensioni da quelle ad ora disponibili, vuole affrontare alcune delle problematiche ir- risolte riscontrate dall’analisi di numerosi studi condotti su gruppi di utenti.
La cover così ripensata permette di ricreare la naturale fi- sionomia dell’arto sia esteso sia flesso, donando dinamicità allo stesso, e il medesimo effetto sotto a capi di abbiglia- mento pur discostandosi molto dalle cover ad effetto co- smetico. L’introduzione del tessuto permette di ricreare un effetto completamente differente da quello proposto da modelli di ispirazione robotica e ritenuti dalla maggior parte degli utenti inadeguati.
Il design presentato esplora nuovi aspetti che potrebbero favorire la transizione del concetto di protesi da dispositivo medico ad accessorio.
I dati disponibili in letteratura giustificano la scelta dei ma- teriali effettuata ma non sono sufficienti per validare de- finitivamente la nuova proposta. Futuri sviluppi devono prevedere maggiori ricerche su gruppi di utenti sottoposti all’interazione con un più vasto numero di materiali e con- figurazioni.
La disponibilità di invasi con sensoristica integrata rappre- senta una valida possibilità di raccolta di dati concreti in re- ali condizioni di deambulazione e svolgimento di differenti attività. L’analisi del cammino generalmente condotta pre- vede l’esecuzione di un numero ridotto di passi su superfi- ci con trasduttori integrati, pertanto è difficoltoso rilevare i differenti pattern che caratterizzano la deambulazione di