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Confronto tra grammatici antichi e grammatiche moderne

III. La grammatica come scienza islamica

3.2 Confronto tra grammatici antichi e grammatiche moderne

L’utilizzo corrente dei termini samāʿ e qiyās nelle grammatiche arabe in uso è la dimostrazione che nella linguistica moderna i due concetti siano stati conciliati perfettamente e affiancati nella classificazione degli schemi del nome verbale. Esistono infatti alcuni maṣādir che si coniugano attraverso il qiyās quale principio regolatore semantico o sintattico, mentre altri sono attestati solamente attraverso la tradizione, ossia il samāʿ, e di conseguenza l’uso. In quest’ultimo caso l’utilizzo del dizionario è inevitabile, mentre nel momento in cui agisce l’analogia una qualche forma di deduzione è concessa e auspicabile. La grammatica a tavole di Antoine el-Dahdah,50 offrendo una panoramica accurata

dell’argomento che sia utile al contempo allo studente e al linguista, fornisce innanzitutto una

66 distinzione tra analogia e attestazione quale ripartizione fondamentale tra i maṣādir. Se nel caso degli schemi conosciuti attraverso il samāʿ non è possibile formulare alcuna regola generale, il qiyās si presta invece a una regolarizzazione dei singoli casi attraverso una norma che li comprenda. Secondo el-Dahdah, ipotizzare l’esistenza di un unico schema originario, un qiyās univoco, è un’utopia, mentre riconoscerne la pluralità è utile alla comprensione della lingua.51

Limitatamente al trilittero semplice, è proposta un’iniziale divisione su base semantica che comprende otto schemi, per ciascuno dei quali sono forniti alcuni esempi:

fiʿāla, come nel caso di tiğāra (‘il vendere’) o zirāʿa (‘il coltivare’) usato per i verbi di mestiere;

faʿalān, usato in ḫafaqān (‘il vibrare’) e ġalayān (‘il bollire’), identificati come verbi di confusione;

fuʿāl, per i verbi di suono come in ṣurāḫ (‘il gridare’);

faʿīl, anch’esso usato con i verbi di suono, come in ṭanīn (‘lo squillare’) o ṣahīl (‘il nitrire’); fuʿla, frequente per gli infiniti dei verbi di colore quali ḥumra (‘l’essere rosso) o zurqa (l’essere azzurro’);

fiʿāl, riscontrato in casi come ʾībāʾ (‘il rifiutare’) o nifār (‘il rifuggire’), tipici dei verbi di astensione;

fuʿāl, di costruzione identica a quella usata per i verbi di suono, ma indicativo anche della malattia, come in zukām (‘il raffreddarsi’);

faʿīl, analogo al secondo schema dei verbi di suono ma usato anche per i verbi di movimento come in raḥīl (‘il partire’).

Una seconda classificazione utilizza il criterio sintattico della combinazione tra il tipo di

67 azione del verbo (transitiva o transitiva) e la sua vocale mediana al māḍī. Nel caso del verbo di forma faʿula, sempre intransitivo, gli schemi più frequenti sono fuʿūla, faʿāla e faʿal, come in suhūla (‘l’essere facile’), faṣāḥa (‘l’essere eloquente’) e karam (l’essere generoso’). La forma faʿila intransitiva presenta lo schema faʿal, come faraḥ (l’essere lieto’), mentre l’intransitivo su paradigma faʿala ha fuʿūl come in quʿūd (‘il sedersi’). Le varianti transitive degli ultimi due presentano invece l’analogo schema faʿl come negli esempi kasb (‘il guadagnare’) e fahm (‘il capire’). Tali classificazioni su base sintattica sono da tenere in considerazione con ancora maggiori riserve rispetto al criterio semantico, poiché la loro occorrenza è limitata ai casi che non presentano altre eccezioni ed essa non è comunque predicibile. Anche se si può ancora parlare di qiyās, poiché esse sono forme costruite su analogia, ciò è una mera descrizione, applicabile salvo indicazioni differenti.

Il maṣdar del quadrilittero è invece, similmente alle forme derivate, spesso prevedibile, poiché segue alcune costruzioni ricorrenti. Esse sono gli schemi faʿlala e fiʿlāl, come in daḥraǧa e diḥrāǧ (‘il far scendere’).52

Un discorso a parte riguarda invece il cosiddetto maṣdar al-mīmī, poiché questo schema particolare, costruito sul verbo con l’aggiunta della nasale mīm al prefisso, non differisce dagli altri nel significato: non è possibile, secondo l’autore, circoscriverlo a una specifica sfera semantica. Lo schema mīmī si può formare su mafʿal, come nel caso di manẓal ('il guardare'), mentre in altri casi esso richiede la desinenza femminile, come in maḥabba (‘l'amare').53

Come conclusione alla panoramica generale sulla trattazione del maṣdar in una

52 Ivi, p. 74. 53 Ivi, p. 76.

68 grammatica araba moderna, può essere interessante distinguere, come fa el-Dahdah,54 quei

nomi verbali affini al maṣdar ma che da esso differiscono per alcune peculiarità, pur esprimendo analogamente l'azione del verbo. Il primo tra questi a essere esaminato è l'ism maṣdar, termine che esprime lo stesso concetto del maṣdar con uno schema differente, solitamente più breve, come nel caso di al-ʿāṭāʾ, ridotto rispetto all'infinito al-iʿṭā ('il dare') ma con significato analogo. Il secondo è il maṣdar aṣ-ṣināʿiyyu, o 'artificiale', che si forma sugli schemi di ism fāʿil o ism mafʿūl con l'aggiunta della desinenza femminile e che ugualmente non differisce nel significato rispetto all'originale.

È diverso invece il caso degli schemi di ism al-marra e ism an-nawʿ, che oltre a formarsi diversamente dal maṣdar, presentano una sfumatura di significato propria. Il primo, il cui significato è quello di 'nome di volta' è definito “un maṣdar che indica l'avvenimento del verbo una sola volta”,55 come nel caso di waṯba, traducibile come 'un salto'. Mentre il trilittero si

forma su schema faʿla, l'ism al-marra delle forme derivate aggiunge una desinenza femminile al maṣdar della forma, come nell'esempio inṭilāqa, 'uno scoppio'. Come specifica l'autore, e come è evidente negli esempi citati, il nome di volta è tipico dei verbi che esprimono sensazioni percepibili esteriormente e non è usato per quelle interiori o astratte. Il secondo nome d'azione, chiamato ism an-nawʿ o 'nome di aspetto' e formato su schema fiʿla per il trilittero, si presenta a seconda del contesto per esprimere una caratteristica tipica di quell'azione, come nel caso di ḫibra, 'la saggezza', da ḫabara (‘conoscere’).

Le nozioni ora espresse non sono frutto di una riflessione linguistica moderna, ma derivano direttamente dai grammatici antichi, che utilizzavano una logica talvolta estranea a quella moderna, eppure estremamente lucida nell'analisi di questi problemi. Sībawayh aveva

54 Ivi, p. 77. 55 Ibidem.

69 individuato trentadue schemi di maṣdar, compiendo un'operazione che i grammatici occidentali spesso tralasciano poiché ritenuta poco utile o prolissa. In realtà, con l'individuazione di quegli schemi, il padre della linguistica araba gettava le basi per l'elaborazione futura, volta a una conoscenza approfondita dell'argomento e a una sua possibile catalogazione. Da questi schemi originari, ad esempio, Aḥmad b. ʿAlī b. Masʿūd, l'autore del Marāḥ al-arwāḥ, trattato di morfologia del tredicesimo secolo, traeva le sue conclusioni per la formulazione di una griglia di riferimento su base semantica, simile a quelle delle grammatiche in circolazione oggi nei paesi arabi, con le categorie di suono, rifiuto, qualità, malattia, stato e simili.56

Tuttavia, nel compiere questo lavoro, Astarābāḏī fu un pioniere: il suo capitolo sul maṣdar è una delle trattazioni più accurate sull'argomento che sia mai stata prodotta. I prossimi due capitoli saranno dedicati al lui, alla sua vita, di cui ben poco è conosciuto, e alle sue opere, ma soprattutto all'interpretazione e alla rielaborazione del suo pensiero, in armonia con le tendenze e le scoperte moderne della ricerca linguistica.

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