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Conflitto internazionale in territorio nazionale

3.2 Confronto tra l’esperienza cecena e siriana.

Nei precedenti due capitoli ho analizzato le esperienze della guerra cecena e della più recente guerra civile siriana, conflitti avvenuti in aree geograficamente lontane, che in questo paragrafo ho intenzione di mettere a confronto analizzando alcuni aspetti che caratterizzano entrambe per scoprire la sussistenza di legami e radici comuni. Dallo studio dei due casi ho ritenuto opportuno, per comprendere le similitudini tra queste due esperienze, considerare le seguenti variabili:

1. Il motivo del conflitto; 2. I mezzi utilizzati; 3. Il ruolo della religione; 4. Il ruolo della popolazione; 5. Gli attori in campo.

1. Abbiamo visto nei precedenti due capitoli quali siano i motivi per lo scoppio delle due guerre civili. La guerra in Cecenia è scoppiata in seno alla disgregazione dell’ URSS, sotto le potenti spinte indipendentiste delle regioni che hanno dovuto subire per decenni il dogma del comunismo, l’umiliazione delle deportazioni e la convivenza forzata con le altre etnie. La Cecenia, alla pari di altre regioni entrate in conflitto con la Russia, ha intrapreso il suo percorso di indipendenza sulla base del senso di appartenenza ad una cultura propria e diversa dai vicini, degna di essere rappresentata da uno stato sovrano. L’inasprirsi del conflitto ha poi trasformato il nazionalismo nell’espressione del fanatismo religioso. Anche la guerra civile siriana si è sviluppata da grandi cambiamenti sociopolitici, ovvero dal dilagarsi del fenomeno della “primavera araba” in Medio Oriente. Il conflitto che inizialmente vedeva la presenza di sostenitori e nemici del regime di Bashar Al Assad, è degenerato poi in un massacro confusionale tra gruppi politici, etnici, religiosi disomogenei, coinvolgendo l’ influenza delle super potenze. A differenza degli altri conflitti dove hanno operato i foreign fighters come in Afghanistan e in Cecenia, dove vi era la presenza di un esercito straniero o considerato tale, in Siria è la presenza di un conflitto settario tra sunniti e sciiti a far arrivare i foreign fighters225.

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2. Da confrontare, poi, è il tipo di mezzi utilizzati durante il conflitto, intesi come propagatori delle informazioni. Il più importante si è rivelato senza dubbio il web, utilizzato sia in Cecenia che in Siria, dove i miliziani ne hanno intuito le potenzialità nella semplificazione per la diffusione della causa al di fuori dei confini territoriali. In Cecenia l’uso di internet non è iniziato in concomitanza con l’inizio della guerra ma successivamente con l’arrivo di Khattab, il quale ha intuito l’importanza di trasmettere video girati direttamente sul campo di battaglia con lo scopo di creare un link con persone geograficamente lontane finalizzato al reclutamento di nuovi combattenti, è inoltre stato utilizzato allo scopo di far conoscere la situazione oscurata dalla Russia e denunciare l’isolazionismo creato dall’Occidente. Nello scenario siriano il web ha acquisito un’importanza strategica e concorre nel conflitto al pari delle strategie militari e politiche, costituendo il campo di battaglia per una guerra parallela informatica. Sul web sono state caricate le prime notizie inerenti la nascita del Califfato, per collegare direttamente alla Siria ogni parte del mondo, in modo che tutti vengano a conoscenza delle capacità dell’Isis, dei suoi progetti, delle azioni messe in atto per conquistare territori e per spaventare gli Occidentali. In conclusione internet ha svolto un ruolo principale in quanto ha portato gli individui favorevoli alla causa sparsi per il mondo ad essere più vicini di quanto ci si immagini, oltre ad essere il principale locomotore del messaggio per la chiamata alle armi.

3. Possiamo analizzare l’aumento del coinvolgimento della religione islamica nel conflitto ceceno parallelamente all’aumento delle violenze messe in atto. Gli intenti iniziali della leadership politica della Repubblica federale Cecena agli inizi degli anni ‘90 erano infatti tutt’altro che religiosi. Come già riportato lo stesso Dudayev affermava “Dove la religione prevale sull’organizzazione secolare dello

Stato, sono destinati a emergere o l’inquisizione spagnola o il fondamentalismo islamico”. L’islamizzazione del conflitto ha avuto i suoi arbori come meccanismo di

difesa per la paura dell’invasione russa, ed è poi uscito allo scoperto nel secondo conflitto con la chiamata di tutti i musulmani alla Jihad. L’Islam ha inoltre acquisito una valenza politica inserendo la causa indipendentista nel contesto internazionale della sfida dell’Islam radicale al mondo Occidentale. Sul piano sociale il susseguirsi delle vicende belliche e l’avvento dei momenti più bui e logoranti del conflitto ha provocato il rafforzamento del ruolo della fede e delle istituzioni islamiche, inducendo i combattenti ceceni a cercare conforto nella sharia, e le corti che

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giudicavano secondo la legge coranica assunsero un ruolo fondamentale in assenza di altri codici. Nel 2007 Doku Umarov, un veterano della prima e della seconda guerra cecena autoproclamatosi emiro, creava l’Emirato del Caucaso, comprendente le regioni della Cecenia del Daghestan e alcuni territori più a nord. L’emiro organizzò resistenza armata nei confronti delle autorità rifiutando così di accettare leggi e confini russi ed annunciando l’adozione della sharia. Nel 2013 con l’assassinio di Umarov l’Emirato cessava di esistere. Anche dal punto di vista delle violenze e dalle tattiche messe in atto, con la campagna di attentati terroristici suicidi ed esecuzioni lanciata nel 2009 in Cecenia, in Daghestan, e Inguscezia, si può confermare il passaggio dell’organizzazione dalla lotta per l’indipendenza cecena ad una guerriglia jihadista con l’obiettivo di creare uno stato islamico. Il recente incremento della violenza terroristica nella zona caucasica va comunque letto anche alla luce dei fallimenti dei colloqui intercorsi nel 2009 tra il governo ufficiale ceceno, sostenuto dalla Russia, e i leader separatisti della Repubblica Cecena di Ichkeria.

Inizialmente la creazione dell’ emirato arabo era atto a sconfiggere l’invasore, quindi la religione assume la valenza di “mezzo”, mentre in Siria, come abbiamo detto precedentemente, la religione è il “fine” in quanto la creazione dello Stato Islamico è l’obiettivo principale, cioè quello di creare uno Stato che prevede la sharia e il ritorno alla religione islamica tradizionale. In entrambi i casi l’Islam ha svolto l’importante ruolo di chiamata alle armi di migliaia di foreign fighters provenienti da tutto il mondo.

Secondo Loretta Napoleoni226 ci troviamo di fronte ad uno scontro tra due sistemi economici, uno dominante, il capitalismo occidentale, e lo sfidante in ascesa, la nuova economia del terrorismo. La religione quindi è solamente un mezzo di reclutamento227, e il martirio (New York, Nuova Delhi, Cecenia, Parigi, Bruxelles, Orlando) viene ad inserirsi in un processo a carattere moderno di vera e propria impresa politica dove entra in connessione con il marketing politico tramite video e servizi televisivi e giornalistici, e forme articolate di sostegno sociale alle famiglie dei martiri.

4. Anche la popolazione civile ha giocato un ruolo importante nella riuscita del conflitto, quella cecena è un’identità molto forte e radicata anche se molti ceceni sono stati costretti a vivere lontani da casa e il conflitto ceceno ha solo in

226 Scrittrice e giornalista, massimo esperto di terrorismo internazionale 227

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parte una radice etnica (50.000 ceceni risiedevano in Russia), è per lo più contrassegnato nella realtà da uno scontro di nazionalità, interessi e valori228. Nello Stato Islamico la popolazione rimasta fa parte delle caratteristiche che fanno pensare all’Isis come uno Stato vero e proprio. Dal febbraio 2015, nel territorio controllato dall’Isis vi abitano almeno 550 Musulmani provenienti dall’Occidente229

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5. Infine l’elemento che è alla base di questa tesi è la partecipazione di attori un pò particolari, i cosiddetti “foreign fighters”, giovani soprattutto europei che hanno sperimentato la “possibilità di dislocarsi e di proiettare il proprio senso di appartenenza e di identità, il proprio sistema di valori e di credenze, i desideri, i miti, le speranze e i timori condivisi oltre i vincoli fisici del luogo in cui ciascuno vive, integrando costantemente nella vita quotidiana locale tutte le esperienze di differenza culturale che l’istruzione, l’occupazione, la cultura e i mass media portano all’interno del proprio mondo”230

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I combattenti stranieri li abbiamo visti combattere sia nel conflitto ceceno sia in quello siriano però vi sono differenze notevoli. Nel primo conflitto in esame i combattenti stranieri sono arrivati in un secondo momento, come si è detto poco fa, si è assistito al cambio di interessi in gioco nel conflitto. Molti di questi una volta lasciata la Cecenia si sono diretti in Siria, che ha rappresentato un importante rifugio. A differenza dell’ Iraq e dell’Afghanistan, che hanno rappresentato per i foreign fighters un “rifugio contiguo” nel quale potevano riposare, rianimarsi e addestrarsi prima di condurre nuovi attacchi e hanno offerto l’opportunità di imparare da altri ribelli ad acquisire una preziosa esperienza operativa, la Siria non ha la caratteristica di contiguità231.

In questi due conflitti abbiamo assistito ad un cambio di approccio caratterizzato dalla partecipazione diretta e indiretta delle donne che mettendosi a disposizione della lotta jihadista acquisiscono competenze e conoscenze professionali, soprattutto attraverso l’efficace utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Per quanto riguarda il martirio, in Cecenia gli uomini non si sono generalmente mai prestati ad attacchi suicidi, mentre vi sono stati molti casi di donne

228 Bertoncin, B. intervista Paolo Colzini in La tradizione della resistenza, www.radicalparty.org 229 Schmid, Foreign (Terrorist) Fighter Estimates: Conceptual and Data Issues ICCT (October 2015) 230

Tomei, G. Comunità Translocali, Identità e appartenenze alla prova della mondializzazione. Cit. p161

231 Dyck, J. Cecenia e Caucaso, perché Isis è anche un problema russo. Disponibile su

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kamikaze, fatto spiegato con molta probabilità anche dall’arretratezza culturale, che considera la donna più “spendibile” dell’uomo. Le kamikaze donne cecene nove volte su dieci non sono volontarie, ma vengono fatte saltare in aria a distanza da degli uomini, talvolta dai loro stessi compagni. Quasi nessuna delle donne che si sono fatte saltare in Cecenia, e a Mosca voleva morire. Non sono loro a uccidere, è tramite loro che uccidono232. Esistono opinioni diverse su cosa spinga una donna a scegliere di diventare una attentatrice suicida. E’ parere diffuso che alla base della scelta vi siano spesso motivazioni personali, quali un legame sentimentale con un membro del gruppo terroristico, la morte di una persona cara che apparteneva a tale gruppo, essere state vittime di uno stupro o aver avuto una tragedia familiare. Lo stupro rappresenta uno stigma sociale, una vergogna ed un disonore personale e collettivo, così il sacrificio di sé rappresenta un’occasione di riscatto dal disonore subito.

In Siria come abbiamo visto le donne hanno assunto un ruolo logistico e non di tipo militare. Per quanto riguarda invece i martirii, questi sono portati a termine sia da uomini che da donne, con lo scopo di creare il panico nel cuore dell’Europa ma anche nel resto del mondo (attentato a Parigi del 13 novembre 2015, a Bruxelles del 22 marzo 2016, a Baghdad la strage di sciiti l’11 maggio 2016, in Turchia, in Yemen, nella stessa Siria).

Abbiamo osservato come, in entrambi gli scenari in cui hanno operato i foreign fighters, vi siano delle differenze. In Cecenia sono arrivati solo foreign fighters ben formati (nei training camps in Afghanistan) perché i comandanti della milizia non volevano rischiare di indirizzare troppo denaro all’addestramento di questi soggetti a discapito dei combattimenti veri e propri. In Siria invece non tutti i combattenti volontari che si sono uniti al conflitto sono stati determinati a combattere, alcuni di questi sono apparsi come turisti e sono rimasti al limitare del campo di battaglia a scattare foto da condividere sui social networks, una volta tornati a casa. Molti di questi però una volta in Siria venivano formati per intraprendere degli attacchi terroristici in Occidente. Solo quelli siriani hanno rappresentato una minaccia per l’Europa233

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232 De Giovannangeli, U.Donne kamikaze, dalle "vedove nere" cecene alle "shahid" palestinesi e irachene. Le icone femminile della Jihad. www.huffingtonpost.com (febbraio2015)

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Vi sono altre differenze rilevanti che riguardano i foreign fighters nei due conflitti in esame, quali il numero, la nazionalità, la fase nel quale sono entrati a far parte del conflitto e il gruppo di appartenenza. Per quanto riguarda la Siria possiamo notare che prima del 2013 molti foreign fighters facevano parte del Fronte di al-Nusrah ma dopo l’arrivo dell’Isis in Siria molti di questi hanno transitato nello Stato Islamico e si stima che dopo questa data ne siano entrati circa l’80% 234. Solitamente nelle guerre civili i combattenti stranieri costituiscono la minoranza dei combattenti, è così è nella guerra cecena dove i foreign fighters, come abbiamo visto, hanno affiancato i miliziani ceceni, mentre in Siria la situazione è alquanto anomala in quanto essi costituiscono circa il 40%. Questo dato si può spiegare dalla definizione di “foreign”235

che possiamo dare pensando ai foreign fighters europei. In questo caso specifico il termine “foreign” sta ad indicare, secondo il concetto occidentale, cittadino di uno Stato estero, ma considerando lo studio che sto effettuando credo sia necessario riferirsi alla cultura musulmana e quindi “foreign” indica che questi soggetti siano nati in Paesi diversi dalla Siria e dall’Iraq, quindi stranieri di nascita ma non di cultura e di religione. Secondo le stime, un terzo di essi sono stranieri di nascita mentre circa il 70% proviene dal medio oriente e dalle regioni del Maghreb. L’altro 20% sono i figli e i nipoti degli immigrati in Europa originari dei paesi musulmani medio orientali, dell’Asia centrale e del nord Africa. In entrambi i conflitti vi sono coloro che costretti ad emigrare all’inizio del conflitto decidono di tornare nel loro paese natio al fine di partecipare ai combattimenti. Per quanto riguarda il campo di battaglia siriano, molti studenti costretti ad emigrare prima del 2012 sono tornati per combattere contro il regime di Assad, ne sono stati contati 100.000 in cento diverse fazioni di cui una dozzina hanno comprovati legami con al- Qaeda. molti di coloro che sono ritornati in Siria non si sono uniti all’Isis ma alla fazione ribelle, e, secondo stime russe, vanno dai 40.000 ai 50.000 combattenti. Alcuni analisti pensano che l’attuale conflitto in Siria sia qualcosa di nuovo, fortemente nutrito dal movimento islamico jihadista e dai Paesi con maggioranza musulmana e dalla diaspora musulmana in Occidente uniti dallo strumento di potere che è internet che ha come abbiamo già visto scatenato la primavera araba. Ciò che rende il conflitto siriano e la sua repressione unica è la vastità della distruzione e dello sfollamento di circa metà della popolazione, da 12 a 23 milioni, sono stati

234 Schmid, Foreign (Terrorist) Fighter Estimates: Conceptual and Data Issues ICCT October 2015 235

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costretti a fuggire dalle loro case, più di 4 milioni sfollati all’estero e 7,6 milioni trasferiti in altre aree della Siria.

Tabella 1.

FF Cecenia Siria

Periodo 1994-2009 2011 ad oggi

Numero 200-700 unità 30.000 unità

Nazionalità Afghanistan Giordania Bosnia Arabia Saudita Ex-URSS 4300 europei 1200 sauditi 6500 tunisini236 9000 libanesi237 14000 ceceni Gruppo di appartenenza

Emirato del Caucaso Al-Qaeda

Talebani

Dopo il 2013 80% FF combattono per l’Isis238

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Il ritorno

Alla fine del conflitto ceceno i foreign fighters si sono diretti in altri campi di battaglia, come la Siria.

I combattimenti sono ancora in atto, ma il 30% dei foreign fighters europei sono tornati in Europa.

236 C. Spocci, Così reinseriamo i foreign fighters che decidono di lasciare l’Isis. 2016 237 Syrian Military Estimates of Number of Foreign Fighters

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