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I foreign fighters nella guerra civile siriana.

2.2 Lo Stato islamico dalle origini ad oggi.

Isis59, è l’acronimo con il quale si indica lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, gruppo organizzato conosciuto anche come Isil (Stato Islamico del Levante) o Is (Stato Islamico, unica forma di stato ammissibile per i credenti non fuorviati da democrazia, laicità o nazionalismo). Questa organizzazione è conosciuta anche come Daesh60, usato soprattutto da politici per evitare di chiamarlo come Stato e nel tentativo di delegittimarlo.

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Steinmeier, F. W. Palmira, esercito:”<città riconquistata. Ora liberiamo Raqqa e Deir Ezzor”. Assad: “Coalizione Usa anti-Isis è poco seria” disponibile su http://www.ilfattoquotidiano.it (marzo 2016). 59 Nome con il quale lo Stato Islamico si è affermato nello scenario mondiale.

60 Il termine Daish (al-Dawla al-Islamiya al-Iraq al-Sham) è l’acronimo arabo di Isis (Islamic State of Iraq and the Levant), utilizzato nell’aprile 2013 dai media iraniani e poi adottato dai combattenti siriani anti-IS. Inoltre “Daish” suona in arabo come “Daes” che significa “colui che schiaccia qualcosa sotto i piedi” e anche come “Dahes” che significa: “uno che semina discordia”.

Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius (16 settembre 2014),ha iniziato a chiamare Daish l’ IS, per evitare di riconoscerlo nel nome di stato e usando un acronimo dispregiativo. Maggioni, M. & Magri, P. p.122

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Per comprendere l’Isis e la sua configurazione attuale dobbiamo fare un passo indietro nell’area geografica chiamata oggi Medio Oriente. Questa area ha fatto parte sino alla prima guerra mondiale dell’Impero Ottomano che partecipò a fianco delle Potenze centrali (Germania, Austria-Ungheria e il Regno di Bulgaria), guerra si concluse con la loro sconfitta e la disgregazione dei rispettivi Imperi. Per quanto riguarda il territorio dell’ Impero Ottomano fu soggetto all’accordo segreto, tra Regno Unito e Francia con consenso della Russia zarista, stipulato nel marzo 1916 che prese il nome di Sykes-Picot61, e portò alla formazione di due entità statali, ovvero la Siria e l’Iraq (creato con lo scopo di unire due vasti bacini petroliferi: quello curdo, a nord, e quello meridionale, popolato da sciiti), costringendo etnie di popolazione diverse a convivere nello stesso territorio62, con l’umiliazione della spartizione del territorio. Alla Francia andava la Siria, il Libano e il Porto di Haifa mentre al Regno Unito veniva riconosciuto il controllo, diretto e indiretto, di un’area comprendente la Giordania, l’Iraq e l’Iran. Inoltre, vi erano anche le aspirazioni dei popoli arabi che volevano l’indipendenza, e queste si manifestarono con la tendenza a creare un unico grande stato arabo che finiva per livellare le differenze soprattutto quelle religiose, ma anche economico, sociali, e nazionaliste nate a fronte di spinte panarabe. Quindi, l’accordo prevedeva anche la promessa del sostegno alla nascita di uno stato o di una confederazione di stati arabi, per favorire appunto una “rivolta araba”, una sollevazione nazionalista in chiave anti-ottomana63

. Quindi nel periodo subito dopo l’accordo di Sykes Picot può essere fatta risalire la nascita dell’Islam politico moderno, in contrasto con il comportamento dell’Occidente che, dopo aver promesso ai paesi arabi che se si fossero liberati dell’Impero ottomano avrebbe creato un panarabismo, mentre come detto sopra l’Occidente decise di spartirsi il mondo arabo in zone d’influenza, soprattutto tra Regno Unito e Francia. Quindi il califfato propugnato dallo Stato Islamico incarna, nella tradizione islamica, la società perfetta del Profeta Muhammad e dei primi quattro califfi (i rashiduna i ben guidati), e racchiude in sé l’idea originaria dell’unicità del mondo musulmano (Ummah) sotto la guida di una figura autorevole che abbia il consenso di tutta la comunità.

Avvicinandosi ai giorni nostri, nel 2003 l’Iraq fu invaso da soldati statunitensi e britannici con l’obiettivo di disarmare e distruggere il regime di

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L’inglese Mark Sykes e il francese François Georges-Picot. 62 Caravelli, J. & Foresi, J. (2015) , cit. p 30

63 Petrocelli, F. C’era una volta l’accordo di Sykes-Picot, una nuova forma per il Medioriente. Disponibile su www.instoria.it (luglio 2014)

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Saddam Hussein, l’operazione Iraqi freedom era stata presentata come punizione per aver favorito i terroristi di al-Qaeda e per il possesso di armi nucleari, chimiche e biologiche (mai trovate dall’Onu). Il nuovo attacco all’Iraq fu mascherato mediaticamente come difesa contro il terrorismo internazionale. Bush dichiarò troppo precocemente la vittoria ma ben presto i soldati si ritrovarono a combattere contro gruppi violenti locali esperti in guerriglia affiliati ad al-Qaeda che identificavano il nemico come Satana. Il paese si ritrovò nel caos e gli Usa furono costretti ad aumentare il numero di soldati nella campagna, rendendo possibile la cattura di Saddam ma innescando, inconsapevolmente, la miccia della bomba dalla cui esplosione sarebbe sorto l’Isis. La caduta di Saddam fu vista come la fine di tutti i problemi dagli americani, Bremer (plenipotenziario Usa in Iraq) sciolse l’esercito iracheno, lasciando così il territorio in balia dei gruppi violenti senza controllo e non potendo dunque stabilizzare il paese. Successivamente l’amministrazione Obama nel 2011 non seppe portare a termine il rinnovo dell’accordo Sofa con la conseguenza che il 31 dicembre 2011 finì la presenza militare degli Stati Uniti in Iraq64. L’esercito iracheno ricomposto dagli Americani non aveva né le competenze né l’addestramento per mantenere il controllo su un così vasto territorio, problema non certo risolto dalla politica immobilista dell’allora presidente Al-Maliki, incapace di guardare oltre il proprio orizzonte. Il terzo evento che ha favorito la formazione di gruppi violenti e soprattutto l’emergere dell’Isis fu la presa del potere da parte degli sciiti, che si preparavano a pareggiare i conti con i sunniti che si trovavano nel Nord del paese (semi-indipendente) con poca influenza politica e poco riconoscimento legale nel sistema sciita. L’Isis avrebbe avuto molte difficoltà a evolversi se sul territorio iracheno fosse stata mantenuta la presenza dell’originale esercito iracheno e delle truppe statunitensi che avrebbero svolto la funzione di tampone stabilizzando il paese, inoltre, per i sunniti il paese diventava molto meno ospitale e in balia dei disordini rispetto al periodo dell’occupazione americana. Il vuoto di potere creato da eventi di diversa natura sparsi nel Medio Oriente, come le primavere arabe che hanno portato al collasso dei governi ultradecennali di Libia e dell’Egitto, ha favorito l’affermazione dell’emergente Isis65

.

Le origini dell’Isis vanno ricercate nel non troppo lontano 2004: dall’accordo tra Osama Bin Laden e Abu Musab Al-Zarqawi in Iraq, nacque il

64 Caravelli, J. & Foresi, J. pp 21-22 65

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gruppo AQI (Al-Qaeda in Iraq) di cui quest’ultimo ne sarebbe stato il leader carismatico, ma solo se avesse accettato l’autorità di Bin Laden. Per capire bene la figura di al-Zarqawi66 è necessario leggere la sua biografia. Egli, in seguito a problemi con la legge alla fine degli anni novanta ebbe intenzione di unirsi ai ribelli islamici nella guerra cecena ma venne arrestato in Pakistan a causa del visto scaduto. Successivamente gli venne fornito un invito da parte di un chierico per andare a Kandahar ad incontrare Bin Laden. L’incontro tra questi due all’inizio non sembrò andare per il meglio a causa del violento settarismo di al-Zarqawi ma alla fine Bin Laden gli diede del denaro per avviare un campo di formazione (the sword training camp67) per la milizia nel deserto vicino alla città di Herat (addestrò circa 3000 uomini in meno di due anni). Più volte al-Zarqawi rifiutò l’alleanza con al-Qaeda ma dopo l’11 settembre insieme ai suoi uomini si unì con il governo afghano per combattere l’invasore; nel dicembre 2001 insieme ai suoi uomini lasciò l’Afghanistan per andare in Iran. Curioso fu, nonostante avesse rifiutato per ben cinque volte l’alleanza con Bin Laden, che il segretario di Stato americano Colin Powell considerasse al-Zarqawi come la chiave delle operazioni di al-Qaeda in Iraq. Nel 2004 finalmente si impegnò in un’alleanza con al-Qaeda. Al-Zarqawi inaugurò una nuova campagna di terrore agli americani compiendo azioni significative e provocando ingenti danni agli occupanti.

Una volta diventato parte del network di al-Qaeda, il gruppo di al-Zarqawi iniziò a controllare risorse, ed organizzò i flussi di combattenti stranieri, aiutando la rete a guadagnare da ciascuno di loro la propria lealtà. Questo permise ad Aqi di controllare ben presto molti dei network informali e la futura generazione del movimento jihadista68. La differenza tra al-Qaeda e l’ ISIS si traduce anche dal punto di vista generazionale: gli uni hanno combattuto e si sono addestrati nei campi afgani negli anni 80’ e 90’, gli altri sono giunti a combattere, dapprima con AQI, in Siria ed Iraq.

Molta rilevanza acquista la sua campagna di odio portata avanti tra le popolazioni sunnita e sciita: per impedire la pacificazione era necessario insegnare l’educazione all’odio e alla violenza che i “purificatori del mondo” pongono alla

66 Biografia di Al-Zarqawi-Abu-Mussab disponibile su http://www.notablebiographies.com 67

Zelin, A. Y. The War between ISIS and al-Qaeda for Supremacy of the Global Jihadist Movement. Disponibile su www.washingtoninstitute.org (giugno 2014)

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base della loro società69. Al-Zarqawi fu ucciso da un raid americano nel 2006, sostituito nella leadership dall’egiziano Abu Ayyub al-Masri che trasformò il gruppo Aqi in “Stato islamico dell’Iraq” (Isi), succeduto poi da Abu Omar al-Baghdadi. Nel 2010, la morte di quest’ultimo, il Consiglio della Shura scelse Abu Bakr al-Baghdadi per essere il nuovo emir70.

Al Baghdadi (Awwad al Badri) nacque a Samarra nel 1971 da una famiglia sunnita, tutti i percorsi scolastici intrapresi, compresa l’università e il dottorato, sono stati di indirizzo religioso. Durante gli anni di studio lo zio lo persuase ad unirsi al gruppo della fratellanza musulmana. Molto presto arrivò a far parte del movimento islamico conservativo ultra violento e nel 2000 abbracciò il Jihadismo salafita. Nel 2003 con l’invasione americana dell’Iraq, al-Baghdadi prese posto nel conflitto tra il gruppo “Army of the people of the Sunnah and Communal Solidarity”71. Nel 2004 fu arrestato a Falluja dall’esercito Usa e incarcerato a Camp Bucca per dieci mesi72

. Qui, il soggiorno di detenzione fu ritenuto passaggio chiave secondo un corrispondente di Al Monitor perché al-Baghdadi riuscì ad accattivarsi la simpatia sia di dirigenti di al Qaeda, sia di alcuni ex ufficiali dell’esercito di Saddam Hussein, che lo accompagneranno poi nell’avventura dello Stato Islamico. Nonostante i controlli dei carcerieri che sequestravano tutto ciò ritenuto sospetto, fu il tempo ad essere la risorsa più preziosa di al-Baghdadi che insieme ad altri carcerati lo trascorse a maturare idee e progetti che venivano di volta in volta discussi in dibattiti, esaminati e migliorati ad ogni passo. Vi è un buco di alcuni anni nella biografia di al-Baghdadi: secondo un disertore dall’Is, egli si nascose in quegli anni a sud di Damasco, nella zona del santuario di Sayyeda Zainab, il luogo più caro della Siria agli sciiti di tutto il mondo. Secondo invece Ali Ashem (analista militare di As Safr73), in quegli anni, al- Baghdadi fu il vice di Abu Ghadiya, il re dei reclutatori dello Stato islamico in Siria. Si ritiene quindi assai probabile che tra il rilascio da Camp Bucca e il ritorno alla guerra al-Baghdadi abbia trovato rifugio in Siria, come migliaia di iracheni, bazzicando gli islamisti più attenzionati dai servizi di sicurezza di Damasco.74

69 Orsini, A. (2016). Isis: i terroristi più fortunati del mondo e tutto ciò che è stato fatto per favorirli. Rizzoli

70 BBC who is Islamic State leader Abu Bakr al-Baghdadi? Disponibile su www.bbc.com (marzo 2016)

71 ivi 72 Ivi.

73 Giornale libanese 74

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Nel 2010 Al-Baghdadi nominato emir doveva ricostruire ed assoldare nuovi membri dell’organizzazione decimati dalle operazioni dei gruppi speciali americani, inoltre, sperando di diventare l’egemone delle nascenti agitazioni in Siria nel 2011 contro il regime di Assad, al-Baghdadi incaricò uno dei suoi fedelissimi siriani di stabilire segretamente una branca dell’ ISI distaccata in territorio siriano, più tardi conosciuta con il nome di Fronte al-Nusra75. Presto però al-Baghdadi entrò in

conflitto con il leader del neonato movimento, Abu Mohammed al-Julani, che voleva collaborare con il gruppo sunnita dei ribelli combattenti contro il Presidente Bashar al-Assad, poiché egli, al contrario di al-Julani, tramava di rafforzare il proprio potere e la propria posizione prima di intraprendere azioni belliche contro Assad. Nella primavera 2013 al-Baghdadi annunciò che al-Nusra diveniva parte dell’Isi, rinominando l’unione dei gruppi come “Islamic State in Iraq and al-Sham/the Levant” (Isis/Isil)76

. Al-Zawahiri (corrente leader di al-Qaeda) a questo punto ordinò ad al-Baghdadi di rendere il Fronte al-Nusra di nuovo indipendente ma questi rifiutò, causando l’ espulsione dell’Isis da al-Qaeda77. L’Isis rispose combattendo una guerra di egemonia contro al-Nusra che vinse e consolidò, quindi, il suo potere nell’Est della Siria, dove al-Baghdadi impose la legge della sharia e ordinò ai suoi uomini di espandersi verso Ovest. Inoltre, le prime conquiste e le violenze esercitate dall’Isil, non solo nei confronti delle truppe di Assad ma anche verso gli altri gruppi dello schieramento dei ribelli sunniti, furono troppo per al-Zawahiri, che nel 2014, arriverà a negare ogni connessione con l’Isis. Lo scontro ideologico e strategico tra Isis e Al- Qaeda si concretizzò nel culmine della loro “collaborazione”, “era la prima volta che un gruppo affiliato di Al-Qaeda disubbidiva pubblicamente”, commentavano gli esponenti di quest’ultimo. Alla fine del 2013 l’Isil, rafforzato dalle vittorie militari in Siria, tornò all’attacco verso oriente, in Iraq, conquistando le città irachene di Falluja e Ramadi e poco dopo altri insediamenti limitrofi. Il successo dell’Isis in Iraq è stato

facilitato dallo scarso senso di identità nazionale. Gli iracheni sono formati dai vari gruppi etnici sciiti, sunniti e curdi e si identificano come appartenenti ad un unico stato nazionale coeso, facilitando così le ambizioni dell’Isis. Quindi l’Isis non trova nessuno a bloccargli la strada e sarà difficile negoziare o convincerlo a moderarsi e

75

BBC who is Islamic State leader Abu Bakr al-Baghdadi? Disponibile su www.bbc.com (marzo 2016)

76 ivi

77In Siria è presente anche un altro gruppo affiliato ad al-Qaeda, khorasan nato nel 2014. Caravelli, J. & Foresi, J. p.36

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rivedere i suoi obiettivi. Un altro problema che si riscontra a favore dell’Isis è che nessuno in Iraq vorrebbe combattere per l’Iraq. Invece il senso d’identità nella religione “sunnita” è forte, migliaia di giovani jihadisti con passaporto europeo hanno viaggiato illegalmente per raggiungere le milizie dell’Isis78

.

Il 29 giugno 201479 al-Baghdadi proclamò la nascita del “Califfato di Iraq e della regione dello Sham” (Iraq, Siria e Libano), e lo fece con un discorso solenne proferito nella Moschea di Mosul, città appena conquistata, dove, dopo essersi autoproclamato “Califfo”80 con il nome di Ibrahim, invitò tutti i fedeli musulmani ad allearsi in questa nuova battaglia per proteggere la Ummah contro il regime Alawita di al-Assad e con lo scopo di unire la Siria e l’Iraq sotto il califfato come era ai tempi di Maometto e evocando i fasti dell’Islam sotto il califfato Omayyade, con capitale Damasco. Nonostante che l’autoproclamato califfo, non ottenne riconoscimento formale dalle più eminenti figure teologiche del mondo islamico che ne hanno invece disconosciuto il potere, con il suo gesto di rottura ha prodotto un effetto domino sulle altre componenti radicali, che si sono affrettate a riconoscerne la leadership con un giuramento di fedeltà. L’affermazione dell’Isis è stata il detonatore per un rinnovato attivismo di tutti gruppi jihadisti operativi nei teatri africano e mediorientale (Ansar al Shari’ah libica, in Somalia i combattenti di al-Shabaab, in Nigeria i miliziani di Boko Haram) che hanno a loro volta autoproclamato un Califfato81

.

Il discorso succitato fu immortalato in comunicato stampa e trasmesso in diretta a tutto il mondo, con i sottotitoli in diverse lingue (tra cui l’italiano). In questa occasione il portavoce dell’organizzazione Abu Mohammad al-Adnani indicò che il nuovo nome dell’ISIS sarebbe diventato «Stato islamico»82

, perché ISIS contenendo il riferimento a due Stati (Iraq e Siria) crea dei confini che secondo al-Adnani non devono esistere in quanto creerebbero ideali confini tra gli stati di lingua araba e religione islamica, perciò ripudia la sua stessa iniziale definizione di ISIS per scegliere quella più utopica di Stato Islamico.

78 Caravelli, J. e Foresi, J. (2016) Il Califfato nero. p.36

79 Maggioni, M. & Magri, P. Twitter e Jihad, la comunicazione dell’Isis. (2015) P.55 80

Significa successore del Profeta Maometto. Tuttavia, ilkhalifa non è riconosciuto dall’Islam, perché non è presente nel Corano, in nessuna parte del testo; è una carica nata successivamente alla morte di Maometto, perciò qualcosa di prettamente politico.

81 Vidino, L. L’Italia e il terrorismo in casa. (2015) Cit. pp. 15-16

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Lo Stato Islamico cerca lo «scontro di civiltà»83 con la precisazione che per gli adepti questo non si identifica nella lotta eterna tra islam e cristianesimo, o arabità contro mondo euro-atlantico, bensì tra l’islam e il «male»84. L’Is, come i gruppi terroristici, si muove a colpire i civili per ragioni politiche ma anche per conquistare i territori strategici per la costruzione del Califfato. La visione islamica divide il mondo in: “la Casa dell’Islam” (territori dove vige la Sharia), e “la Casa della guerra” (tutti gli altri paesi), dove è necessario l’uso della forza per sottomettere tutte le nazioni al volere di Allah, del Califfato e alla legge islamica. L’educazione jihadista dell’Is è interamente rivolta a creare ciò che Orsini ha definito come “mentalità a codice binario”, ovvero una filosofia educata a ridurre tutta la complessità del reale in due sole categorie: il bene e il male. La jihad islamica è innanzi tutto un modo di pensare e di guardare il mondo, prima di essere un colpo di pistola è un insieme di “principi educativi”85.

Metodo di finanziamento

La scissione dell’Isis da al-Qaeda86 era stata vista come momento cruciale e molti credevano che avrebbe portato alla fine dello Stato Islamico che invece è riuscito a rafforzarsi e affermarsi in poco tempo grazie al fatto che è strutturato e funziona come un vero stato territoriale87 e grazie al particolare metodo di finanziamento. Le organizzazioni terroristiche si autofinanziavano attraverso rapimenti o riscatti, e beneficiavano del supporto di individui facoltosi, fondazioni religiose e provenienti da altri Stati (anche in forma ufficiale) come il Kuwait, il Qatar e l’Arabia Saudita, e paesi facenti parte del G20 di cui Putin ha denunciato la responsabilità diretta nel finanziamento di Al Baghdadi88. L’Is, come una vera e propria “azienda”, ha modernizzato le sue fonti di sostentamento compiendo un passo verso un’autosufficienza finanziaria per aggiudicarsi il titolo di gruppo terroristico più ricco del mondo con un miliardo di dollari89.

La risposta al quesito sulle modalità della crescita economica dell’Is è molto semplice:

83 "The Clash of Civilizations?" il titolo dell’articolo del 1993 di Huntington 84 Luizard, P.J., (2015) Le piège daech, “la tesi di Huntington”

85 Orsini, A. (2016) Isis: i terroristi più fortunati del mondo e tutto ciò che è stato fatto per favorirli. Rizzoli

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Al-Qaeda non necessita di un territorio: Al-Qaeda è un’associazione che può vivere benissimo in qualsiasi Stato, poiché è sotterranea e non ha bisogno di un impatto territoriale.

87 Caravelli, J. e Foresi, J. (2016), cit. p. 28

88 Putin: anche da paesi G20 finanziamenti all’Isis. http://www.globalist.it (novembre 2015) 89

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1. ogni città (Mosul, Raqqah, Aleppo etc) conquistata rappresenta per il gruppo fonte di finanziamento, ne è da esempio l’appropriazione dei pozzi petroliferi (Deir al_zour in Siria e il Nineveh in Iraq) di cui la produzione e l’estrazione, anche se svolta con metodi inefficienti, si stima che abbia procurato all’Is sessantamila barili di petrolio al giorno90. Il petrolio dell’Is viene venduto alla Turchia, alla Giordania e ad altri paesi confinanti.

2. L’Is impone delle royalties ai residenti del territorio che controlla: i membri dell’organizzazione riscuotono 50.000 dinari ($41,60) da ciascuna famiglia come tassa di protezione e servizio. Per le famiglie che non hanno figli che combattono in nome dell’Is l’ammontare della tassa è il doppio. È aumentato moltissimo il costo della vita per la popolazione rimasta nei territori conquistati, il prezzo del cibo è quadruplicato mentre fonti nelle città affermano che una bombola di gas per cucinare costa circa $6291;

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