• Non ci sono risultati.

La condizione di senza dimora nelle rappresentazioni social

3.4 La conoscenza della condizione di senza dimora tra strumenti e ricerche

Per poter meglio cogliere e rispondere alla complessit`a che caratterizza i fenomeni oggetto di indagine, anche gli apparati metodologici necessitano pertanto di adeguarsi, mescolarsi e integrarsi in maniera interdisciplinare. Ogni definizione della povert`a, infatti, sviluppa e si associa ad una certa metodologia di analisi e a differenti approcci concettuali, espressi attraver- so variegati strumenti e indicatori, che possono dar vita anche a difformi risultati analitici; cos`ı come indicatori afferenti ad un medesimo approccio concettuale possono esprimere una certa arbitrariet`a nei risultati in quanto valorizzano aspetti differenti (Baldini e Toso, 2004).

Se da una parte si pu `o riscontrare ancora una certa diffusione di impiego di metodologie d’analisione dimensional (Pieretti, 1996: 19), dall’altra

le aperture ad una pluralit`a e numerosit`a di tentativi definitori, indicativi dell’ampiezza, della nebulosit`a e della intricata articolazione di fenomeni complessi come la povert`a e l’esclusione sociale, possono talvolta indurre ad una frammentazione, dispersione e confusione nell’analisi del fenome-

no (Cerfe, 2005). Le modalit`a di misurazione della povert`a potrebbero cos`ı sembrare:

condannate a muoversi tra Scilla e Cariddi: tra una semplifica- zione metodologica che conduce a risultati invalidi sotto il profilo della conoscenza e una complessit`a e multidimensionalit`a dell’ap- proccio che al miglioramento della qualit`a e della pertinenza delle misure associa inevitabilmente il rischio di una paralisi dal punto di vista dell’utilizzabilit`a politica dei risultati (Sgritta, Gallina, Romano, Graziani, 1999: 53).

Il profilo della povert`a che va ad emergere si connette strettamente, inol- tre, alle questioni operative, trovando concretezza nell’individuazione dei destinatari, delle soglie e dei criteri per la definizione del fenomeno, degli interventi previsti e implementati, che possono cos`ı connotarsi fortemen- te in senso politico. Non trascurabili sono, infatti, i significati politici che possono assumere le operazioni di rilevazione, sia per la conseguente uti- lizzabilit`a dei risultati su un piano operativo di interventi da attuare; sia in quanto le scelte di metodo e degli indicatori d’analisi possono assorbire e incorporare le influenze politiche, magari per ragioni finanziare o pro- pagandistiche, che vanno ad alimentare ulteriori distorsioni del fenomeno (Sgritta, Gallina, Romano, Graziani, 1999).

Tuttavia la variet`a e la ricchezza degli strumenti pu `o esser incanalata in maniera ecologica per estendere il focus dalla misurazione quantitativa della povert`a alla comprensione dei meccanismi di impoverimento, consi- derando le dimensioni di natura sociale e relazionale, oltre che economica (Pellegrino, Ciucci, Tomei, 2011).

Le modalit`a con le quali approcci e strumenti vengono concretamente im- piegati nell’analisi di tali fenomeni, andando poi a configurare una certa definizione ed emersione degli stessi, possono esser considerate all’interno degli studi condotti in Italia sulla povert`a in generale e sulla condizione di senza dimora in particolare.

L’orientamento che pare esser stato assunto e seguito dai primi studi ita- liani sulla povert`a ha preso avvio da concezioni e metodologie essenzial- mente di tipo quantitativo ed economicistico, all’interno delle quali, al- meno nella prospettiva nazionale, anche il fenomeno delle persone senza dimora `e stato assorbito. In Italia, tendenzialmente gli studi sulla povert`a si sono preoccupati della quantificazione dei poveri, avvalendosi princi- palmente di strumenti afferenti alla dimensione economica e reddituale e

indicando tendenzialmente come povero colui che `e privo di uno standard minimo di sussistenza (Baldini e Toso, 2004).

Fin dalle prime ricerche elaborate nel dopoguerra, la dimensione economi- ca aveva assunto una centralit`a come parametro di riferimento nella ricerca delle cause di fragilizzazione e come strumento di analisi e interpretazio- ne. La prima Inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla del 1951fotografava uno spaccato di vita di una popolazione afflitta dalla mi- seria, disoccupazione, sottoccupazione, mortalit`a infantile, condizioni pre- carie di alloggio, di alimentazione e di abbigliamento, interpretato come espressione di una indigenza integrata, prodotta da meccanismi macro-

sociali legati alla produzione e alla redistribuzione della ricchezza (Ber-

gamaschi, 2001: 9), sulla quale il conflitto bellico aveva pesantemente inter- ferito. Emergeva, cos`ı, un’immagine della povert`a o meglio della miseria come esito naturale del conflitto, pertanto residuale e transitorio, sanabile con la fiducia riposta nella ricostruzione post bellica attraverso la crescita economica e il dispiegamento di programmi sociali di redistribuzione del- le risorse, che avrebbero quasi automaticamente e naturalmente sanato e alleviato le condizioni di disagio. La persistenza di tali problematiche ha indotto, per `o, ad una riformulazione della concezione della povert`a, non pi `u da imputarsi esclusivamente a carenze o ritardi nello sviluppo, bens`ı da considerarsi come presenza costante e nonostante la crescita, comeef-

fetto dello sviluppo medesimo, non transitorio ma permanente(France-

sconi, 2003: 23).

La compresenza di svariate forme di disuguaglianza sociale ha indotto a ragionare intorno a quelle che la Commissione di indagine sulla povert`a del 1985 ha definito “nuove povert`a”, con specifici connotati da conside- rarsi compatibilmente al contesto socio-economico. Si manteneva ancora, per `o, piuttosto viva una concezione statica della povert`a, essenzialmente riferita a categorie di soggetti che incarnavano diversi bisogni insoddisfat- ti, anche se l’estensione e l’applicazione di tali categorizzazioni ad ogni situazione fece s`ı cheogni forma di disagio sociale fin`ı per essere qualifi-

cata come “nuova povert`a”(Ibidem.: 25), privandola di un proprio signi-

ficato specifico.

La successiva formulazione della dizione “povert`a estrema” nel secondo Rapporto sulla povert`a in Italia del 1992 intendeva sottolineare la con-

abbina ad una serie di elementi negativi tra loro collegati, quali la man- canza di salute, di famiglia, di lavoro, di casa, di conoscenza, di sicurezza, che collocano di fatto la persona ai margini della societ`a e ne rendono pro- blematica l’integrazione (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali,

2010: 32). Il riferimento `e per `o ancora rivolto a particolari categorie di per- sone - gli immigrati, prevalentemente gli irregolari, le persone senza fissa dimora, i malati mentali, gli zingari - per le quali si ritiene che pi `u fa-

cilmente si annidi la povert`a estrema, anche se non sono globalmente con essa identificabili(Ibidem.: 33). Le “povert`a estreme” si caratterizzerebbe-

ro inoltre anche in funzione alle carenze di adeguate forme di protezione di diversa natura, da quelle familiari, comunitarie, fino a quelle giuridiche, riferendosi cos`ı a

quelle aree di privazione, di disagio e di esclusione, che occupa- no i gradini pi `u bassi della stratificazione sociale, e che non usufrui- scono, se non in minima parte, della protezione legislativa e delle prestazioni dello Stato sociale [...] queste aree di marginalit`a sociale, pur essendo oggetto di attenzione privilegiata da parte di forze del volontariato, sono generalmente escluse dai processi di solidariet`a da parte della societ`a civile, in parte perch´e la loro stessa esistenza `e per lo pi `u ignorata; dall’altra perch´e le caratteristiche della povert`a estre- ma connotano questi gruppi sociali in termini di “diversit`a” renden- do cos`ı pi `u difficile la loro accettazione e la loro integrazione sociale (Ibidem.: 33).

L’accezione “estreme”, inoltre, non sarebbe tanto e solo da identificare ri- spetto al posizionamento negli ultimi gradini della stratificazione sociale, quanto alle forme di povert`api `u disperate, tendenzialmente quelle meno

reversibili con interventi di tipo tradizionale(Pieretti, 1996: 25), necessi-

tando cos`ı un superamento sia dell’accezione economica della povert`a, ma anche di quella simbolico-esistenziale, concernente aspetti di natura im- materiale che si ritenevano caratterizzare le cosiddette nuove povert`a. Emergono pertanto due elementi chiave nell’individuazione delle povert`a estreme - la carenza di un’adeguata protezione giuridica e l’assenza di un legame comunitario – entrambi interconnessi e sintetizzabili come sgan- ciamento dalle forme di protezione.

`E all’interno di questo quadro di riflessioni e analisi sulla povert`a che si inseriscono anche le prime ricerche di rilevanza nazionale sulle persone in condizione di senza dimora. Fino alla fine degli anni ’90, a livello nazionale si `e registrato un ritardo di interesse rispetto allo studio approfondito della

condizione delle persone senza dimora, solo parzialmente compensato da tutta una serie di ricerche condotte a livello locale da parte di quelle orga- nizzazioni che quotidianamente e tradizionalmente si occupavano di tale fenomeno (Barnao, 2004). Il panorama locale delle ricerche sulle persone in condizione di senza dimora esprime una variet`a di approcci e metodi che possono dar vita a emersioni, definizioni e dimensioni anche difformi del fenomeno (Gui, 1995; Caritas, Fondazione Zancan, 1997).

L’ampio spettro di ricerche e dei loro risultati permette, inoltre, di mette- re in evidenza alcune criticit`a delle metodologie di rilevazione rispetto ad un fenomeno cos`ı complesso e dai confini labili e sfumati. Le principali difficolt`a di rilevazione riguardano la dimensione quantitativa del feno- meno, da una parte direttamente da connettersi alla definizione adottata di senza dimora e quindi ai criteri per la circoscrizione e individuazione del fenomeno. Dall’altra per il carattere “sfuggente” di tale condizione, in termini sia di mobilit`a territoriale delle persone, che interna al circuito dei servizi, dovendo infatti considerare che numerosi criteri di rilevazione si basano sulla fruibilit`a, o quanto meno l’accesso e il contatto con i servizi, escludendo tutti coloro che pur nelle medesime condizioni di disagio non hanno interazioni con questi. Altra difficolt`a `e da rinvenirsi in relazione alla dimensione temporale e al carattere transitorio di alcune condizioni di senza dimora che potrebbero cos`ı non esser colte nel momento della rilevazione. Assumono pertanto particolare rilevanza, ai fini dei risulta- ti delle indagine, l’impiego di determinati approcci teorici, strumenti di analisi, definizioni di partenza assunte, l’individuazione di alcuni elemen- ti e criteri di spicco sui quali si concentra l’attenzione e in funzione dei quali interpretare il fenomeno e operare l’indagine. Se, ad esempio, i cen- simenti istantanei o simultanei sembrano soffrire il limite dicontare solo

quello che vedono(Pellegrino, 2011: 34), rilevazioni strettamente connes-

se al sistema dei servizi peccano dell’incapacit`a di intercettare quella fetta di popolazione che per diversi motivi non vi ha accesso, ma anche circo- scrivere l’individuazione dei soggetti in funzione dell’utenza potenziale, compatibilmente alla capienza del servizio stesso. Anche rilevazioni con- dotte in strada presentano numerose criticit`a, tra le quali il reale accesso ai siti di rifugio. Studi di tipo campionario, pur non cogliendo in maniera esaustiva le dimensioni del fenomeno, permetterebbe di approfondire la raccolta dei dati attraverso un pi `u agile impiego di strumenti di tipo quali-

tativo. Analisi qualitative possono, inoltre, esser condotte anche attraverso studi e metodi etnografici in grado di prestare particolare attenzione alle dinamiche della vita di strada e alle strategie di fronteggiamento e soprav- vivenza (Barnao, 2004).

Tale pluralit`a di approcci, strumenti e di risultati pu `o esser ulteriormente considerata addentrandosi maggiormente nelle analisi condotte in Italia sulle persone in condizione di senza dimora, sia a livello locale che na- zionale. Tra le analisi pionieristiche di particolare interesse `e da ricordare quella condotta nel 1987 da LABOS riferita al conteso romano. Questo studio impiegava il termine - ormai in disuso - “barbone”, evocativo di una connotazione negativa di trascuratezza personale e inadeguatezza ri- spetto al contesto sociale, che ne rispecchia l’origine etimologica afferente ad un’immagine di delinquenza e birbantaggine e richiamando anche a livello di senso comune l’elemento della barba, che pur non essendo alla radice del termine barbone, sovente `e considerata indicativa sia di scarsa igiene personale, ma anche devianza (Bonadonna, 2005). La persona sen- za dimora `e definita nei termini della ricerca in funzione della propria estromissione dalla convivenza sociale per ragioni di ordine psicologico e sociale, che lo spingono cos`ı a una vita al di fuori delle regole sociali ed ad una sopravvivenza sovente concessa dalla carit`a. Pur assumendo de- finizioni impostate sull’estraneazione della persona dal contesto sociale, la rilevazione nel contesto romano ha tuttavia avviato ad una certa atten- zione sul peso sempre pi `u incisivo delle forze di espulsione intrinseche in una societ`a pi `u complessa. Si evidenzia, infatti, l’avvio di un processo di trasformazione del profilo della marginalit`a che vede accanto a forme oramai cronicizzate di emarginazione, riconducibili a scelte pi `u o meno consapevoli di (auto)esclusione, un “nuovo barbonismo”. Semplificando, da una parte permane, seppur in via minoritaria, la figura “tradizionale” del barbone, dell’ “uomo con la chiocciola”, che porta con s´e anche tutta una serie di traumi passati e che si mantiene distante dal sistema istitu- zionale e dei servizi, fino ad esser definito un “anoressico istituzionale”. Dall’altra emerge il profilo di una nuova marginalit`a nella quale specifici problemi personali si combinano con disagi afferenti trasversalmente a tut- to il contesto sociale, disegnando un nuovo volto delle figure scivolate nel barbonismo, identificato a partire dall’indebolimento della propria connes- sione vitale con il resto della societ`a. La valorizzazione della componente

contestuale apre ad una riflessione sulle trasformazioni socio-economiche in atto, cos`ı da indicare tra le cause del nuovo barbonismo lo sfilaccia- mento dal tessuto sociale. La ricerca identifica, inoltre, alcune criticit`a nei rapporti con le istituzione, che sembrano sempre meno capaci di rispon- dere alle problematiche e riconoscendo, appunto, come le stesse istituzioni possano alimentare, con le proprie azioni e le proprie negligenze, la pro- duzione del barbonismo. In particolare, alcuni profili provengono, infatti, da percorsi di ex istituzionalizzazioni, riguardanti soprattutto persone con disagi psichici, mentre altri sono da ricercarsi in situazioni di disagio che non trovano nelle istituzioni delle risposte adeguate, come i casi di perso- ne disoccupate o sfrattate. In sintesi ci `o che sembra caratterizzare il nuovo barbonismo `e il confronto, o meglio lo scontro con la complessit`a sociale crescente, quando non si dispone di un adeguato supporto protettivo e quando tale carenza o vuoto non `e compensato da un apporto istituzio- nale. Rispetto al vasto universo di gruppi e individui che orbitano intorno al fenomeno del barbonismo, la ricerca LABOS opera una tipizzazione dei profili, all’interno di un continuum di posizioni, nel quale distinguere tra situazioni ad un livello oramai cristallizzato in un punto di non ritor- no e livelli potenziali di rischio che investono sopratutto le nuove forme di barbonismo. Pi `u specificamente si identificano la figura del “barbone strutturato”, seppur in via minoritaria, allo stadio terminale del percorso di abbandono e emarginazione, che rifiuta ogni forma di relazione con la societ`a e che afferisce essenzialmente a situazioni croniche di individui in et`a avanzata. Altra figura emergente `e quella del questuante abituale, indi- cativa di una situazione intermedia, non ancora cristallizzata, riguardante casi “nuovi” ed eterogenei per et`a e provenienza, ma anche a “nuovi” soggetti a rischio di abbandono, come coloro che hanno vissuto pregresse esperienze di istituzionalizzazione. Infine, la “figura a rischio di entrare nel giro” della questua che si trova cos`ı ad uno stadio iniziale o di latenza di un possibile percorso di barbonismo a causa di uno stato di conclamata marginalit`a economica e sociale che non trova adeguate risposte ai propri bisogni (Gui, 1995). Dal confronto dei tre profili emergono alcune speci- ficit`a che caratterizzano le nuove forme di barbonismo, rispetto a quelle tradizionali, da rinvenirsi da una parte nella provenienza dei nuovi sogget- ti emarginati da tutti i ceti sociali e dalla forte presenza della componente giovanile, solitamente con bassi livelli di istruzione e in condizione di di-

soccupazione. Non trascurabile `e, inoltre, la provenienza geografica delle persone in condizione di senza dimora, originarie essenzialmente del sud Italia, emigrate nella speranza ormai vanificata di tentare la fortuna nella grande citt`a.

In sintesi, dunque, i tratti distintivi della condizione di senza dimora pos- sono rinvenirsi nell’esclusione dal mercato del lavoro unitamente allo sra- dicamento territoriale e familiare, ma anche in un “maggior livello di in- tegrazione”, in particolare per uno stile di vita meno disgregato e nella maggiore disponibilit`a comunicativa e relazionale nei confronti delle isti- tuzioni, cos`ı come emerso dal confronto tra i tre profili.

Anche il Rapporto italiano sulle povert`a estreme del 1991 aveva evidenzia- to una trasformazione del profilo della condizione di senza dimora, de- scrivendo unnuovo nomadismo urbano(Caritas italiana e Fondazione

Zancan, 1997: 247), emerso dai processi sociali di espulsione e dunque da connettersi a condizioni strutturali del tessuto socio-economico. Se da una parte si conferma una presenza pressoch´e adulta maschile e di naziona- lit`a italiana prevalentemente senza nessuna occupazione, si riscontra un incremento del numero di single, separati, divorziati e un generale peg- gioramento delle loro condizioni di vita per quanto riguarda lo stato di salute, il consumo di alcool e droga e il mancato accesso al sistema dei servizi.

Sempre pi `u sia a livello nazionale che europeo si acquisisce consapevo- lezza della necessit`a di estendere la definizione dell’homelessness oltre le carenze di natura materiale, invitando a prestare attenzione e chiamando in causa le criticit`a del contesto economico-sociale e istituzionale, in ter- mini di disuguaglianze sociali, impossibilit`a di partecipare al benessere della societ`a a causa dei vincoli nell’inserimento lavorativo, ma anche per la mancanza di prospettive di modificare la propria situazione e di auto- nomia individuale, di esercizio dei diritti di cittadinanza, oltre al danneg- giamento della propria identit`a personale e sociale (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2010).

La tendenza `e stata, per `o, quella di focalizzare l’attenzione su due com- ponenti dell’esclusione, psico-sociale e abitativa, fattori che nel complesso determinano delle aree di rischio o di vulnerabilit`a sociale e che posso- no a loro volta tradursi in situazioni di disagio, considerando che non `e

ci di produzione dell’homelessness come “risultato” della povert`a o della marginalit`a o della scarsit`a di offerta accessibile di abitazione (Caritas

italiana e Fondazione Zancan, 1997: 253).

In particolare, la componente abitativa ha assunto notevole risonanza nelle analisi e nella formulazione di definizioni della condizione di senza dimo- ra. Carenze o deprivazioni alloggiative assumono centralit`a in qualit`a di tratti distintivi, come ben si pu `o evidenziare nel rapporto Feantsa del 1993 che opera una tripartizione della condizione di senza dimora - No Acco- modation, Temporary Accomodation, Marginal Accomodation – elaborata e calibrata in funzione della sistemazione abitativa (Feantsa, 2007).

Anche nel contesto nazionale, le prime rilevanti ricerche, come l’Indagine sulle persone senza dimora condotta dalla Fondazione Zancan di Padova per conto della Commissione di indagine sull’esclusione sociale nel 2000, si sono affidate al criterio dell’indisponibilit`a alloggiativa, al quale sono sta- te affiancate carenze nella rete di protezione. La persona in condizione di senza dimora `e, cos`ı, indicata e definita come una persona priva di dimo- ra adatta e stabile, in precarie condizioni materiali d’esistenza, priva di un’adeguata rete di sostegno. In questa prima rilevazione, si indica la pre- senza di 17.000 persone in condizione di senza dimora, seppur la stessa ricerca sollever`a criticit`a di sottostima del fenomeno (Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, 2010), in quanto tale dato `e frutto di una stima sulla scorta del riscontro di 5.000 presenze effettive rilevate e l’intervista di 2.668 persone. Il dato quantitativo deve pertanto essere considerato, da una parte, alla luce dell’adozione di una definizione “ristretta” del feno- meno, connessa alla deprivazione di una soluzione abitativa, ammettendo nel fenomeno dell’homelessness anche le sistemazioni provvisorie nel set- tore pubblico o in quello del volontariato. Dall’altra, tale dato `e anche l’e- sito dell’applicazione di una peculiare metodologia di rilevazione, s-night, fondata sul conteggio e la raccolta di interviste a persone che trascorro- no la notte della rilevazione (nel caso della ricerca il 14 marzo 2000) in strada, nei parchi o in strutture a bassa soglia, come i dormitori (Barnao, 2004). La simultaneit`a delle interviste, in contemporanea nella stessa sera sia in luoghi aperti che strutture di accoglienza, permette di evitare ri- dondanze nella rilevazione, seppur con il limite – forse non ovviabile - di non riuscire a cogliere l’ampio panorama delle condizioni di senza dimora e la ricostruzione del percorso biografico, anche per la ristretta circoscri-

zione temporale di rilevazione. L’indagine non si poneva meri obiettivi quantitativi, ma anche lo svolgimento di una analisi qualitativa, grazie allo strumento delle interviste, tramite 75 colloqui in profondit`a, per la ricostruzione dei percorsi e delle “carriere”. La ricerca ha cos`ı evidenziato un fenomeno che interessa prevalentemente giovani uomini celibi, seppur con un incremento della componente femminile che nonostante la maggior