La condizione di senza dimora nella quotidianit`a della strada
2.2 Ulteriori cause di fragilizzazione
Procedendo con il primo filone di analisi, si provveder`a ad estendere la trattazione dellecause di fragilizzazione(Carboni e Gisfredi, 2011: 248)
che spingono l’individuo lungo la discesa in strada, per poi considerare le modalit`a con le quali si combinano tra loro.
La posizione di disaffiliazione precedente presentata si arricchir`a di ulte- riori eventi e circostanze di natura e provenienza diversa che attraversano e sconvolgono i percorsi di vita. Da una parte, dunque, la ricostruzione
delcampo di perdite(Gazzola, 1997: 46) che circonda la persona in con-
dizione di senza dimora passer`a per l’estrapolazione, da una vasta costel- lazione, di alcuni eventi e circostanze maggiormente diffusi e significativi, cos`ı come emerso da numerose narrazioni biografiche. Ci `o non intende ovviamente essere la proposta di una lista di cause d’origine, ma indica- re la molteplicit`a di elementi che possono concorrere alla definizione dei percorsi di discesa in strada. Si intende, per `o, sottolineare e ribadire, come gi`a si argomentava nel precedente capitolo circa l’assenza di una relazione deterministica tra lo sradicamento da certi ambiti e la condizione di senza dimora, l’impossibilit`a di ricondurre tale condizione ad un unico profilo idealtipico, cos`ı che la ricerca di ulteriori elementi che inducono la persona a confluire in un certo percorso piuttosto che in un altro non sia preten- ziosa di univocit`a.
All’affrancamento da tentativi di isolamento di una relazione causale volti all’individuazione di un’unica e chiara origine della condizione di senza dimora, si abbraccia, invece, la circolarit`a e la reciprocit`a di influenze che un elemento pu `o esercitare sull’altro. Dunque, a prescindere da una for- zata attribuzione di ruoli in termini di (con)causa o effetto di tali eventi e circostanze, si intende evidenziare il possibile innescarsi e susseguirsi di
un circolo vizioso tra la perdita della casa, cio`e del luogo fisico; la perdita di una condizione psico-attitudinale che potremmo chia- mare “l’ancoraggio a soluzioni conformi alla norma dei problemi”; la perdita del “luogo affettivo” (la famiglia o una relazione umana si- gnificativa); la perdita del lavoro e, spesso, con il manifestarsi di una patologia psichica, la perdita di una corretta percezione di s´e e di un adeguato contatto con la realt`a in altre parole, la “perdita” (cio`e il passaggio da una condizione di possesso, di “avere”, a una condizio- ne di non-avere) e la deprivazione – e non il semplice “essere privi” - sembrano caratterizzare pressoch´e tutte le storie di deriva verso la vita di strada (Gazzola,1997: 22).
Si esalter`a, inoltre, l’ambivalenza e la duplicit`a di tali fattori e condizioni che potrebbero essere letti sia come concause nel percorso di caduta in strada che come conseguenze della stessa condizione di senza dimora. Ci `o permette di spogliare tali eventi da attribuzioni di negativit`a intrinseca che muovono fatalmente in maniera deterministica verso la condizione di senza dimora, che rischierebbe cos`ı di essere ridotta ad una espressione algebrica di eventi sfortunati.
dei percorsi che conducono la persona ad una condizione di senza dimo- ra, `e opportuno non tanto chiedersi quali eventi siano da considerarsi o meno di svolta nel deviare un percorso di vita verso la strada, ma quando un certo evento o circostanza possono divenir tali. Un primo richiamo pu `o essere rivolto a quegli eventi definiti di tipo storico (Olagnero, 2008:
43), da riferirsi, come evidenziato nel primo capitolo, alla configurazione del macrocontesto socio-economico, che pu `o esser, in questa sede, inteso di per s´e come un evento che incide sulle modalit`a e le possibilit`a con le quali gli individui si muovono all’interno di ruoli e relazioni intessuti in un certo contesto e periodo storico.
La Ricerca sulle condizioni delle persone senza dimora del 2012 ha messo in evidenza, infatti, comela perdita del lavoro si configuri come uno degli
eventi pi `u rilevanti del percorso di progressiva emarginazione che condu- ce alla condizione di “senza dimora”.
Ad esso si affiancano, inoltre, ulteriori passaggi critici, potenzialmente estendibili a tutte le sfere del vivere e che possono interessare altre forme di esclusione come quelle dalla dimensione culturale, spaziale, istituzio- nale, oltre che da quella economica, dal mercato del lavoro e l’isolamento sociale (Kronauer, 2002). In particolare la Ricerca sulle condizioni delle per- sone senza dimora del 2012 indica tra gli eventi critici pi `u incisivi – dopo la perdita del lavoro e le separazioni dal coniuge e/o dai figli – le cattive condizioni di salute. Soffermarsi su tale elemento permette non solo di considerare la compromissione dello stato di salute come fattore che pu `o indurre ad un certo disagio, ma permette anche di attribuire concretez- za alla duplicit`a di ruoli di (con)causa ed effetto rispetto alla condizione di senza dimora e all’effetto domino che pu `o attivarsi per il sopraggiun- gere di certi eventi e l’instaurarsi di nuove condizioni. In generale, nella determinazione dello stato di salute non sono ininfluenti condizioni di solitudine ed isolamento, privazione della rete di protezione familiare o amicale, oltre a condizioni di vita socioeconomiche di forte carenza e de- privazione. Pur da collegarsi con altre dimensioni di vita e non implicando deterministicamente la caduta in strada, `e possibile attribuire allo stato di salute psico-fisica significati e pesi diversificati che spaziano da un ruolo pi `u marginale, fino a costituire una componente essenziale del quadro di incapacitazione soggettiva. Un cattivo stato di salute pu `o, inoltre, rappre- sentare un grave fattore condizionante e precipitante, capace di innescare
una svolta radicale, come, ad esempio, nel caso di patologie serie e im- provvise, che con il progressivo cronicizzarsi, possono compromettere an- che in modo irreversibile le opportunit`a di autonomia nella gestione della vita quotidiana (Carboni e Gisfredi, 2007). Quando problematiche di na- tura sanitaria si intrecciano con la vita in strada possono compromettersi le possibilit`a di praticare un’adeguata cura di s´e, corpo e mente possono indebolirsi nella difesa da circostanze avverse, maggiore `e l’esposizione a fattori igienico-sanitari di rischio altamente nocivi per la salute, ma anche traumi, incidenti, violenze e vicissitudini di un quotidiano orientato alla sopravvivenza (Gnocchi, 2004). Gi`a secondo i dati del Servizio di Medici- na Preventiva delle Migrazioni, del Turismo e di Dermatologia Tropicale dell’Istituto San Gallicano (IRCCS) di Roma (Ibidem.), che trovano pi `u re- cente conferma nei risultati della ricerca Citt`a senza dimora (MEDU, 2012), le patologie pi `u diffuse tra i soggetti senza dimora riguardano problemi cutanei, gastrointestinali e infettivi, direttamente connessi alle difficolt`a di gestione di una nutrizione adeguata e controllata, la possibilit`a di vedere garantita la propria igiene personale, in quanto la strada veicola numerosi agenti patogeni.
Rilevante `e inoltre la compromissione dello stato di salute legata a com- portamenti di uso e abuso di sostanze, come fumo, alcool e droghe; so- vente, infatti, le sostanze stupefacenti costituisconoun rifugio illusorio,
fugace, con conseguenze indesiderate, ma dal beneficio incontrovertibile per chi vive alla giornata (CNCA, 2005: 5), in quanto anestetizzano sof-
ferenze fisiche e mentali. Anche lo stretto rapporto che intercorre tra la vita in strada e la dipendenza da sostanze ben esprime quella duplicit`a di situazioni sociali che possono costituire sia l’agente patogeno e il veicolo di trasmissione, sia una “cura” con effetto placebo. Emerge cos`ı un qua- dro complesso che richiederebbe di affrontare non solo la questione del consumo di sostanze tra le popolazioni socialmente emarginate, ma anche l’emarginazione sociale tra le persone che fanno uso di sostanze (Ibidem.). Altra stretta correlazione tra la vita in strada e lo stato di salute `e quella re- lativa alla diffusione di disturbi psichici e depressivi gravi, espressione di un alto grado di sofferenza mentale, rispetto alla quale `e possibile cogliere ancora una volta la circolarit`a della relazione. Sintetizzando brutalmente, da una parte, le patologie di natura psichica possono condurre alla vita in strada laddove la persona che stenta a reggere i ritmi dettati dal resto
della vita sociale non trova adeguato supporto nel tessuto familiare e nella rete dei servizi, rispetto ai quali il difficoltoso o insufficiente accesso pu `o alimentare la precariet`a delle condizioni di salute. Ma il sopraggiungere di patologie psichiche, specie stati depressivi, pu `o rivelarsi conseguentemen- te alla sofferenza e alla durezza della vita di strada, in quanto `e innegabile che la condizione di senza dimora produca, di per se stessa, alti livelli di tensione emotiva e di depressione (Valtolina, 2003).
La considerazione dello stato di salute rappresenta un caso esplicativo del- la reciprocit`a di influenze tra certi eventi e la vita di strada, evidenziando anche la molteplicit`a di prospettive e significati che possono presentarsi. Analogamente, sempre a titolo esemplificativo, si intende porre attenzione su altre circostanze che permettono di evidenziare, riconoscere e argomen- tare tale complessit`a.
In questo senso, particolare attenzione `e da riservare alla situazione degli immigranti che si trovano in condizione di senza dimora, cos`ı da consi- derare possibili differenziazioni sia del loro percorso di caduta in strada, che dei tratti peculiari che la condizione di senza dimora pu `o assumere. La Ricerca sulle condizioni delle persone senza dimora del 2012 evidenzia una preponderanza della componente straniera e in particolare di cittadini ru- meni, marocchini e tunisini, all’interno della popolazione delle persone senza dimora.
Essere nella condizione di senza dimora va a cumularsi a quella che Sa- yad definisce ladoppia assenza(Sayad, 1999) sperimentata dal migran-
te sia nel contesto di origine che in quello di migrazione, esasperando ed appesantendo la condizione di “persona fuori luogo”, priva cio`e di
un luogo appropriato nello spazio sociale e di un luogo assegnato nelle classificazioni sociali(Bourdieu, 1999). Spesso, oltre al carico di fatiche e
responsabilit`a di cui si fa portatore colui che fuoriesce dal proprio nucleo familiare e oltrepassa i confini geo-politici del proprio paese, si devono affrontare difficolt`a legate alla sopravvivenza quotidiana nel nuovo conte- sto di inserimento, per periodi di tempo pi `u o meno prolungati, connessi all’evoluzione del proprio progetto migratorio. Vivere momentaneamente una condizione di senza dimora pu `o essere in un certo senso “preventiva- to”, specie laddove non sia possibile avvalersi del sostegno di conterranei o reti comunitarie sufficientemente strutturate e radicate. Queste solita- mente intervengono nella fase di primo ingresso, fornendo supporti e ri-
sorse materiali, quali soluzioni abitative provvisorie, che spesso possono significare condizioni di sovraffollamento o di non idoneit`a alloggiativa (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2011; Cies, 2010). Inoltre, si pu `o riconoscere a queste comunit`a la funzione difattore di regolazione
e di controllo degli emigrati che, cos`ı raggruppati, possono mantenere in modo pi `u vivace e continuo i legami che li uniscono al loro paese (Sa-
yad, 1999: 81). `E opportuno per `o precisare che le vulnerabilit`a sperimen- tate dagli immigrati non sono da considerarsi come esclusivi problemi
degli immigrati(Ibidem.: 241), intrisi nella condizione stessa di immigra-
to o nel processo di immigrazione. Esiste un rischio di impoverimento maggiore nelle fasi iniziali del percorso migratorio, connesse alle difficolt`a di interfacciare un nuovo contesto di inserimento, magari in condizioni di irregolarit`a. Altrettanti rischi, per `o, si possono riscontrare in momenti successivi ad un certo livello di stabilizzazione, in concomitanza al soprag- giungere di nuove circostanze, come ad esempio l’arrivo dei familiari o la nascita di figli, non diversamente da quanto accade per le famiglie italiane (Cies, 2010). La comprensione delle condizioni di senza dimora che col- piscono gli immigrati non pu `o imputarsi esclusivamente alla provenienza da una realt`a lontana e l’inserimento in una nuova, seppur questo possa rappresentare un elemento di difficolt`a. `E necessaria una contestualizza- zione all’interno di una cornice socio-economica comune e condivisa di crisi che travolge tutta la popolazione (Cies 2010; Cies 2011) e che per le persone immigrate si intreccia a diffusi trattamenti disparitari sia nel mercato del lavoro che in quello abitativo, spesso aggravati da difficolt`a burocratiche. Per quel che concerne gli aspetti occupazionali, sovente la bassa contrattualit`a sul mercato del lavoro, favorisce situazione di sfrutta- mento e di bassa retribuzione, di assenza di tutela giuridica e sindacale, oltre a casi di vera e propria discriminazione (Allasino, Reyneri, Venturi- ni, Zincone, 2004). Maggiori disparit`a rispetto alla popolazione italiana si riscontrano anche sulla questione abitativa che, seppur trasversale a tutta la societ`a e da contestualizzarsi rispetto ad una debolezza delle politiche abitative, si presenta in maniera sproporzionata per gli immigrati, sia in relazione alla popolazione italiana, che per quanto accade negli altri pae- si europei (Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, 2000). Gli stranieri si rivolgono prevalentemente al mercato della locazio- ne piuttosto che a quello della compravendita (Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, 2011) e le abitazioni presentano pi `u intensi problemi di sovraffollamento e scarsa qualit`a rispetto a quelle delle famiglie italiane (Cies, 2011). Non trascurabili sono inoltre le forme di abitare informale e precario che interessano in maniera consistente, oltre alle popolazioni di origine Rom e Sinti, gruppi provenienti dall’Europa dell’Est, quando non possono avvalersi di reti solidamente strutturate; cos`ı come la condi- zione dei migranti per “ragioni umanitarie”, per i quali spesso non sono attivati adeguati percorsi di accoglienza (Fondazione Michelucci, Regione Toscana, 2007). Se l’ingresso in un alloggio da parte di uno straniero `e considerato un indice della volont`a di stabilizzarsi e integrarsi (Cies, 2010; Ministero del lavoro e delle politiche sociali, 2011), non possono essere trascurate, oltre alle difficolt`a create dall’impatto di nuove condizioni di vita e le difficolt`a di reperimento delle risorse, discriminazioni in termini di indisponibilit`a dei locatari a cedere l’abitazione (FIO.psd, 2003). Con- dizioni di disagio abitativo non riguardano esclusivamente condizioni di clandestinit`a, ma coinvolgono anche coloro che sono in possesso di rego- lari documenti, compromettendo la possibilit`a di esercitare azioni e diritti strettamnete connessi al possesso di una sistemazione abitativa idonea, quali, a titolo esemplificativo, la stipulazione del contratto di soggiorno, i ricongiungimenti familiari o i casi in cui si intenda prestare garanzia per l’accesso al lavoro di altro straniero, come indicato dal Testo unico delle di- sposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Per quel che concerne la condizione degli stranieri senza dimora, questa in Italia colpisce gli immigrati in misura maggiore che negli altri paesi
europei (Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati,
1999) e l’indisponibilit`a di una abitazione assume un ruolo piuttosto in- cisivo come concausa di origine dei percorsi di caduta in strada; mentre per gli italiani i percorsi che iniziano con la perdita della casa sono meno predominanti (Commissione per le politiche di integrazione degli immi- grati, 2000). Secondo i dati della Ricerca sulla condizione delle persone senza dimora del 2012, la condizione di senza dimora prima dell’ingresso in Italia `e stata sperimentata solo da una percentuale ridotta di stranieri. Una volta giunti in Italia, prima di scivolare in strada, una quota inferiore a quella degli italiani viveva in una casa propria, mentre pi `u diffusi sono i casi di ospitalit`a da amici o parenti, ma anche esperienze di istituzionalizzazio-
ni e occupazioni di alloggi abbandonati e campi nomadi. Pare, dunque, che le difficolt`a abitative con le quali gli immigrati devono confrontarsi costituiscanouno di quei fattori che collocano gli immigrati nella fascia
del disagio sociale anche quando dispongono di un permesso di soggior- no regolare e di un lavoro stabile (Cies 2010: 125), contestualmente alla mancanza o, in ogni caso, la crisi di politiche in grado di cogliere la
complessit`a e vastit`a del fenomeno sia sul versante dell’accoglienza, sia su quello dell’accesso alle risorse e l’integrazione sociale(FIO.psd, 2003:8).
Alla luce dei dati elaborati dalla Ricerca sulla condizione delle persone senza dimoradel 2012, si possono evidenziare anche altre differenze nei percorsi e nelle modalit`a di vivere la condizione di senza dimora tra la componente straniera e quella italiana. Oggi la condizione di senza dimora riguarda in via maggioritaria gli stranieri, ma con profili differenti da quella vissuta dalla popolazione italiana: gli stranieri che versano in condizione di senza dimora sono mediamente pi `u giovani degli italiani, con una forte prepon- deranza della fascia d’et`a 18-34 anni e sono in possesso di titoli di studio pi `u elevati. Altro dato particolarmente rappresentativo riguarda la dimen- sione temporale, la cui rilevanza come indicatore della differenziazione dei percorsi era stata messa in evidenza anche dall’Indagine sulle persone senza dimora del 2000, che aveva operato per questa voce lo scorporo dei dati tra italiani e stranieri (Tosi, 2002). Gi`a in questa rilevazione era emerso come oltre i 3/4 degli stranieri sperimentassero la condizione di senza dimora da meno di 3 anni e una buona parte da meno di un anno; mentre po- co pi `u della met`a della popolazione italiana risultava permanere gi`a nella condizione di senza dimora da pi `u di 4 anni e una parte consistente da oltre 10 anni.
Sintetizzando, senza imporre linee di demarcazione, la persona italiana sembra vivere una condizione di disagio per il fallimento del proprio pro- getto di vita, spesso come esito finale di un percorso di progressiva emar- ginazione e di isolamento, mentre la persona immigrata, in alcuni casi, sperimenta il rischio e il costo di vivere una condizione di senza dimo- ra come fase transitoria del proprio progetto migratorio, come una fase della propria vita legata alla difficolt`a di soddisfare bisogni primari. Ci `o ovviamente non esclude che anche alcune persone immigrate versino in condizioni di emarginazione ormai cronicizzate: si tratta generalmente di situazioni dove, per et`a, per malattia, per rotture relazionali, al definitivo
fallimento del proprio progetto migratorio si accompagna il contestuale al- lontanamento dal proprio gruppo etnico o dalla propria famiglia (FIO.psd, 2003).
Tali tendenze trovano conferma nei recenti dati sulla durata della condizio- ne di senza dimora che evidenziano una maggiore diffusione di cronicit`a tra la componente italiana rispetto a quella straniera: pi `u della met`a degli stranieri vive la condizione di senza dimora da meno di un anno e buona parte da meno di un mese dall’intervista; mentre risalta il dato riferito a circa 1/5 degli italiani che oramai permangono in tale condizione da oltre 4anni. Pare, inoltre, che la condizione di senza dimora sperimentata dagli stranieri potrebbe risolversi con maggior rapidit`a e dinamicit`a, in quanto risulta pi `u connessa a fasi transitore del progetto migratorio, rispetto alle quali le criticit`a dell’attuale contesto socio-economico e le pesanti discrimi- nazioni certo non agevolano l’inserimento nel tessuto sociale. Tali scenari erano gi`a stati definiti dal Rapporto Nazionale FIO.psd (FIO.psd, 2003) in ter- mini paradossali, in quanto la giovane et`a e le risorse potenziali di molte persone immigrate potrebbero essere spendibili sia nel mercato del lavoro che in quello abitativo per sanare certe condizioni di disagio, se solo messe in grado di farlo.
Un ultimo elemento che si intende evidenziare nelle traiettorie di caduta in strada `e quello dell’indisponibilit`a di un alloggio, che sembra rappresen- tare uno dei caratteri visibili e condivisi della condizione di senza dimora. Cos`ı come per la salute e l’immigrazione, anche il disagio abitativo in senso stretto permette di argomentare la complessit`a che sottende la con- dizione di senza dimora e esprimere la reciprocit`a di influenze rispetto ad essa. Anche sel’essere senza casa `e un concetto implicito in quello di
senza fissa dimora (Gazzola, 1997: 61), la condizione di “senza dimora”
non si esaurisce nell’assenza della struttura fisica, ma va ad abbracciare la dimensione sociale, psicologica e affettiva che la casa rappresenta come punto di riferimento simbolico (Tosi, 2005a). Tale riconoscimento `e veri- ficabile anche nella progressiva sostituzione dell’espressione “senza fissa dimora”, di tradizione burocratica – da ricondursi al testo normativo del 1954, concernente la disciplinazione sulla residenza anagrafica e che si ri- ferisce essenzialmente a girovaghi e a coloro che si occupano di mestieri itineranti (ad esempio giostrai, circensi, ecc..) - con “senza dimora”, per indicare una situazione complessa di disagio. Come spiega Fio.psd l’e-
stinzione della parola “fissa”, infatti, non riguarda solo una sottigliezza terminologica, ma esprime una differenziazione concettuale, che ammette un uso circoscritto dell’espressione “senza fissa dimora” in ambito anagra-