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1.3 La disaffiliazione come paradigma della condizio ne di senza dimora

1.3.4 Nella disaffiliazione

Anche laddove siano palesi circostanze di esclusione o marginalizzazione dal mercato del lavoro, cos`ı come evidenti le rotture dei legami familiari non necessariamente e in ogni caso viene a configurarsi una condizione di esclusione sociale, ma le criticit`a che si presentano potrebbero ricon- dursi ad una, seppur significativa, contrazione delle risorse reperibili da tali ambienti senza compromettere in maniera drastica le condizioni di vita, magari compensate con la ricerca di altre risorse e opportunit`a in al- tri ambienti, secondo i criteri di reciprocit`a e redistribuzione, oltre che di scambio di mercato, descritti da Polanyi.

Possibilit`a di prevenzione e fronteggiamento di condizioni di vulnerabilit`a necessitano infatti di chiamare in causa le interazioni tra soggetti diversi nella produzione del benessere, all’interno delle quali possono rinvenir- si meccanismi di compensazione quali, ad esempio, la demercificazio-

ne(Esping-Andersen, 1999: 81) – l’affrancamento dalla dipendenza delle

persone dai rapporti monetari, indipendente dalla partecipazione al mer- cato - o la defamilizzazione - l’affrancamento dalla dipendenza degli

individui dalla famiglia (Ibidem.: 83) - che si riflettono sulla perpetuazione e riprosizione delle disuguaglianze e della stratificazione sociale.

Inoltre, rispetto alle richieste della societ`a dipi `u concezioni dell’integra-

zione allo stesso tempo(Moller, 2002: 66) in riferimento ad ambiti diversi,

tra loro complementari e non concorrenti, `e plausibile una differenzia-

zione (Ibidem.: 78) dell’integrazione di un individuo in funzione ai vari

contesti e alla differente gradazione di intensit`a di integrazione.

Affinch`e, dunque, sia appropriato parlare di esclusione sociale (Kro-

nauer, 2002: 45) sembra opportuno riscontrare preliminarmente la cumu- lazione della marginalit`a o esclusione lavorativa con l’isolamento sociale, senza possibilit`a di altre compensazioni, quando cio`e:

a una vulnerabilit`a della struttura familiare quasi ridotta alla ge- stione del proprio capitale relazionale pu `o aggiungersi una vulnera- bilit`a speciale delle famiglie esposte a una perdita di status sociale e alla precariet`a economica dovuta alla degradazione della condizione salariale (Castel, 1995: 488).

Partendo da tali premesse, il passo dall’area della vulnerabilit`a a quella della disaffiliazione pu `o rivelarsi breve, gli “esclusi” sono il pi `u delle

volte dei vulnerabili che erano “sul filo” e che sono caduti(Ibidem.: 518),

ma, come anche nel caso dell’area della vulnerabilit`a, `e opportuno specifi- care che la disaffiliazione, come paradigma interpretativo della condizione di senza dimora, pu `o esprimere in s´e una pluralit`a di percorsi, all’interno dei quali lo sradicamento sia dal mondo del lavoro che da quello della fa- miglia pu `o assumere sfumature diverse, non esclusivamente riducibili ad una loro assenza assoluta e totale.

In relazione allo scollamento dal sistema lavorativo, sebbene la disoccu- pazione di lunga durata sia stata indicata sia dall’Indagine esplorativa sulle povert`a estreme del 1993 che dall’Indagine sulle persone senza dimora del 2000 come l’evento pi `u incisivo per la caduta in strada, l’incrinatura col siste- ma lavorativo pu `o assumere diverse forme, che spaziano da condizioni di inattivit`a a rapporti di lavoro estremamente precari, ad esempio di tipo stagionale o occasionale, magari sommerso. Non irrilevante `e poi la situa- zione dei lavoratori poveri, che restano fragilmente aggrappati al sistema lavorativo senza riuscire a garantire il proprio sostentamento (Tosi, 2002; Saraceno, 2002b; Tomei, 2011).

Si ricorda, per `o, che il reperimento di risorse pu `o passare anche da fonti diverse da quelle del lavoro, che possono integrarsi o sostituirsi ad esso e che, specie nei casi di assenza di un impiego retribuito, rappresentano strumenti vitali e nevralgici ai fini della sopravvivenza.

Le inchieste del 1993 e del 2000 mettevano in evidenza quale fonte di re- perimento delle risorse l’attivit`a di accattonaggio, esercitata con modalit`a differenti (Caritas e Fondazione Zancan, 2002), anche in maniera condivisa nelle forme della colletta (Barnao, 2004). Ma tra le fonti di sostentamen- to indicate nelle interviste, rilevante `e la posizione del reddito da lavoro. Dato in crescita gi`a nell’inchiesta del 2000 rispetto a quella del 1993, oggi sempre pi `u persone provviste di un’occupazione lavorativa vivono nella condizione di senza dimora, a testimonianza non solo di un incremento della presenza giovanile, ma sopratutto della degradazione della condi-

zione lavorativa, non pi `u garante di un solido sostentamento e sempre meno capace di promuovere inclusione sociale.

La recente Ricerca nazionale sulla condizione delle persone senza dimora (Mi- nistero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Fio.psd, Caritas Italiana, Istat, 2012) ha evidenziato il ruolo cruciale del rapporto con il sistema lavorati- vo nei percorsi delle persone in condizione di senza dimora. Da una parte l’assenza di un lavoro - da intendersi in un’accezione estensiva - `e l’evento critico pi `u incisivo e la condizione maggiormente diffusa tra le persone senza dimora; dall’altra non si pu `o trascurare che oltre un quarto delle persone in condizione di senza dimora sono impegnate in occupazioni, generalmente a termine o saltuarie.

In riferimento all’ambito lavorativo, il dato pi `u interessante `e quello della condizione antecedente all’attuale assenza di un impiego. Se solo una per- centuale ridotta dichiara di non aver mai lavorato, pi `u della met`a di coloro che vivono oggi una condizione di senza dimora possedeva un lavoro sta- bile che ha perso a seguito di un licenziamento e/o chiusura dell’azienda, per il fallimento della propria attivit`a o per motivi di salute, riuscendo con difficolt`a a reintegrarsi nel mercato del lavoro e ricollocandosi, al massi- mo, tra impieghi a termine e instabili.

Tra le motivazioni pi `u ripetute circa l’attuale condizione di inoccupazione si pu `o infatti riscontrare la difficolt`a a non trovare lavoro, ancor pi `u diffusa tra gli stranieri, per i quali si aggiungono problematiche connesse al pos- sesso di documenti regolari, mentre non trascurabili sono le motivazioni di salute e i limiti di et`a, che caratterizzano in particolare la componente italiana, esprimendo cos`ı dinamiche e tratti diversificati della condizioni di senza dimora. Irrisoria, in tutte e tre le rilevazioni, `e la recezione di pensioni e sussidi da parte di enti pubblici; mentre consistente `e il flusso di aiuti economici da parte della rete familiare, parentale o amicale, ma sopratutto da parte di estranei e associazioni di volontariato, la cui bene- ficenza rappresenta, in molti casi, l’unica fonte di sostentamento.

In questo senso, la considerazione sull’apporto di risorse da parte del- le reti sociali non pu `o prescindere, come precedentemente indicato, dalla configurazione della sua struttura e delle sue trasformazioni sulle quali processi di frattura del nucleo familiare impattano con una certa rilevanza e che vanno a rimodellarsi alla luce di nuovi eventi e circostanze, come la stessa caduta in strada, cos`ı da coglierne la duplicit`a di (con)causa ed

effetto dei percorsi di scivolamento in strada (vedi secondo capitolo). Carenze o addirittura assenza di un luogo affettivo e protetto pullulano nelle storie delle persone senza dimora:

Si pu `o incontrare la storia individuale dove lo spazio affettivo `e venuto meno a seguito della morte di un genitore. Vi `e la storia dove il vuoto affettivo `e la conseguenza drammatica di espulsioni dal contesto familiare o la dolorosa conclusione di un rapporto di coppia. Troviamo infine la situazione in cui la mancanza di relazioni `e la conseguenza diretta o indiretta di una scelta di autonomia che, se vissuta come fonte di maggior libert`a in certi periodi della storia individuale, risulta problematica in altri (Invernizzi, 2001: 14).

Accanto a reazioni punitive da parte della magistratura familiare, che pu `o

svolgere un ruolo cruciale in queste operazioni educative e punitive, nella

produzione del celibe senza fissa dimora e del giovane che vive al di fuori della cerchia familiare (Guidicini, Pieretti, Bergamaschi, 1997), significa-

tive sono le rotture affettive, che si traducono in una consistente presenza di individui che non condividono con un partner la strada o perch´e ce- libi/nubili o perch´e separati/divorziati, come evidenziato dalle indagini del 1993 e del 2000. Attualmente la separazione dal coniuge e/o dai figli `e indicata, dopo il lavoro, come l’evento critico pi `u incisivo sui percorsi che conducono alla condizione di senza dimora e che permette di esplica- re i dati sulle convivenze: residuali sono i casi di convivenza con partner, coniuge e/o figli, ma anche con altri familiari o amici -pi `u diffusi tra gli stranieri- mentre i tre quarti delle persone senza dimora vivono sole. L’impossibilit`a o la difficolt`a di rivolgersi al proprio nucleo familiare pu `o esser compensata ricorrendo alla rete amicale, dal momento che la mag- gior parte dichiara di aver contatti con amici che non vivono la condizione di senza dimora, dalla quale particolarmente significativo `e il reperimento di aiuti monetari, cibo e ospitalit`a gratuita. Il dato pi `u consistente tra le fonti di reddito `e relativo ad aiuti provenienti da persone estranee o da associazioni di volontariato, a testimonianza della fragilit`a della rete rela- zionale nella quale la persona in condizione di senza dimora `e inserita. Infine, bisogna considerare che, come si approfondir`a meglio nel prossi- mo capitolo, accanto a contatti precedenti alla caduta in strada possono strutturarsi nuove relazioni, tendenzialmente con chi condivide la strada, ma anche radicalizzazioni nell’(auto)isolamento.