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Conoscenza di sé e sapere storico La svolta di Umano troppo

Capitolo 1. Un nuovo modo di concepire la conoscenza

1.1. Conoscenza di sé e sapere storico La svolta di Umano troppo

troppo umano

L’uomo non sa nulla delle cose se non attraverso il mutamento della propria forma242.

La mia accortezza mi ha fatto essere molte cose e in molti luoghi, perché potessi diventare uno- perché potessi arrivare ad essere uno243.

Nietzsche

Umano troppo umano segna una svolta fondamentale all’interno

dell’evoluzione intellettuale nietzscheana, che a questo punto chiude i conti con il romanticismo wagneriano. Nietzsche si rivolge a quel periodo attraverso i duri termini di una severa critica, indirizzata in primo luogo a se stesso. Basti

242 OFN V/1, FP 6[419] 1880. Cf. anche FP 6[441] 1880. 243

NIETZSCHE, Ecce Homo, Adelphi, Milano 1965-1981, p. 79. D’ora in poi indicato dalla sigla EH seguita dal numero di pagina a cui ci si riferisce.

ricordare il tono con cui, in Ecce Homo, ripensa retrospettivamente agli scritti di quegli anni: La nascita della tragedia, è “un libro che ha agito e perfino ha affascinato proprio per ciò che aveva di sbagliato- per l’applicazione della

wagnereria, come se quest’ultima fosse un sintomo di ascesa”244; le “Considerazioni Inattuali” sono paradossalmente l’espressione dell’immaturità e dell’ “attualità” del giovane filosofo:

Se un giorno ho scritto sui miei libri la parola “inattuale”, ebbene, quanta gioventù, inesperienza, ristrettezza si esprime in questa parola! Oggi io comprendo che con questa specie di accusa, di esaltazione, di scontentezza, io appartenevo, proprio per questo, ai più moderni fra i moderni245.

Si tratta di una svolta da Nietzsche stesso dichiarata e commentata. E’ lui a spiegarne il senso e la portata. La rottura con Wagner, e dunque il rifiuto degli ideali romantici di Bayreuth, coincide per Nietzsche con un ritorno a se stesso. Il sodalizio con il compositore viene definito un periodo di “oscuramento”, una deviazione da sé stesso. Nietzsche riconosce a Wagner la potenza di un magnete e alla sua musica la capacità di offuscare la vista fino allo stordimento. Dopo un lungo periodo di malattia, di uscita da sé, Nietzsche ritrova finalmente la sua strada e con Umano troppo umano esplode il bisogno estremo di “pulizia”, la necessità di tornare “buon vicino delle cose prossime”, rifiutando qualsiasi compromesso con l’ideale. Alla conoscenza intuitiva del genio si sostituisce il duro lavoro dello storico, esplicitato nella progressiva messa a punto del metodo genealogico.

In realtà, non si tratta di un cambiamento radicale, ma piuttosto dello sviluppo di un’intuizione iniziale, che era stata al centro dell’interesse del giovane filosofo per i filosofi preplatonici: il divenire.

244

Ivi, p. 67.

L’annuncio di un diverso modo di concepire il sapere, in particolare il sapere storico, avviene tramite un riferimento a Eraclito. L’aforisma 223 di

Opinioni e sentenza diverse, esplicita tale riferimento all’interno di una

rivalutazione della conoscenza storica:

Verso quale meta si deve viaggiare. L’immediata osservazione di sé è

ben lungi dal bastare per conoscere se stessi: abbiamo bisogno della storia, giacché il passato continua a scorrere in noi in cento onde; noi stessi in fatti non siamo se non ciò che in ogni attimo sentiamo di questo fluire. Anche qui anzi, se vogliamo tuffarci nel flusso del nostro essere apparentemente più peculiare e personale, vale il detto di Eraclito (corsivo mio): che non si scende due volte nello stesso fiume. […] per capire la storia, si devono visitare i residui viventi delle epoche storiche- si deve viaggiare, come viaggiò il padre Erodono, nelle nazioni- […] Ci sono comunque ancora un’arte e uno scopo del viaggiare più sottili, che fanno sì che non sempre sia necessario andare di luogo in luogo e percorrere migliaia di miglia. Molto probabilmente gli ultimi tre secoli sopravvivono ancora in tutte le loro sfumature e rifrazioni culturali anche in nostra vicinanza: essi vogliono solo essere scoperti. In molte famiglie, anzi in singoli uomini, gli strati giacciono ancora sovrapposti in modo bello ed evidente […] Chi, dopo lunga esercitazione di quest’arte del viaggiare, è diventato un Argo dai cento occhi, accompagnerà alla fine dappertutto la sua Io- voglio dire il suo

ego- riscoprirà in Egitto e in Grecia, in Bisanzio e in Roma, in Francia e in

Germania, nel tempo dei popoli nomadi e di quelli stabili, nel Rinascimento e nelle Riforma, in patria e all’estero, anzi in mare, bosco, pianta e montagna, le avventure di viaggio di questo ego diveniente e trasformato. Così la conoscenza di sé diventa conoscenza del tutto in relazione a tutto il passato: come, secondo un’altra catena di considerazioni, qui solo accennabile, la determinazione e l’educazione di sé degli spiriti più liberi e

lungimiranti potrebbe un giorno diventare determinazione del tutto in relazione a tutta l’umanità futura246.

In primo piano è possibile individuare la forte autocritica di Nietzsche rispetto alle proprie posizioni giovanili. Pensiamo alla valorizzazione del “conosci te stesso” eracliteo nella direzione di una conoscenza astorica ne La

filosofia nell’epoca tragica dei greci o alle riflessioni sullo stesso tema ne Il pathos della verità e nell’inattuale su Schopenhauer247. Allo stesso tempo, Nietzsche stesso interpreta retrospettivamente la propria mancanza di senso storico come una tappa necessaria all’interno del proprio percorso intellettuale:

Ciò che dissi contro la “malattia storica”, lo dissi come uno che di essa imparava lentamente, faticosamente a guarire, e che a nessun costo era disposto a rinunciare in futuro alla “storia” solo perché in passato aveva di essa sofferto248.

La mancanza di senso storico è la “il difetto ereditario di tutti i filosofi”. Nell’aforisma 223 sopra riportato, il divenire eracliteo diviene il simbolo della necessità di una conoscenza dinamica della realtà, che tenga conto del carattere mutevole di un mondo in continua trasformazione, una conoscenza capace essa stessa di mutarsi e trasformarsi senza perdere il filo del proprio operare. Il caos del moderno, vissuto come un peso e un pericolo (quello della disgregazione atomistica) dal giovane Nietzsche, diviene per lo spirito libero la possibilità di un arricchimento e un potenziamento delle proprie capacità vitali.

246 F. NIETZSCHE, Umano troppo umano, vol. II, Adelphi, Milano (1965 e) 1981, VM af.

223, cit., p. 87. D’ora in poi indicato con la sigla MA II. Per un commento e un inquadramento storico di questo aforisma cf. G. CAMPIONI, “Verso quale meta si deve viaggiare”. Lettura

dell’aforisma 223 da Opinioni e sentenze diverse di Friedrich Nietzsche, in La biblioteca ideale di Nietzsche, op. cit., pp. 131-152, in cui viene evidenziato l’influsso di R. W.

EMERSON su alcuni temi trattati da Nietzsche.

247

Cf. il capitolo 1 del presente lavoro.

“La meta” verso cui si deve viaggiare è la patria di Eraclito, vale a dire la sua dimensione intellettuale, che esclude qualsiasi stabilità dei valori. Il paziente lavoro dello storico illumina la strada che conduce a questo luogo attraverso lo smascheramento dei meccanismi che sono alla base della costruzione dei miti. Tutto è divenuto,

non ci sono fatti eterni: così come non ci sono verità assolute. Per conseguenza il filosofare storico è da ora in poi necessario, e con esso la virtù della modestia249.

In questa prospettiva la conoscenza di sé assume un nuovo significato che si esplica in relazione all’idea della conoscenza come esperienza. Viaggiare, non necessariamente in senso fisico, significa sperimentare, ricercare, smascherare. Diventare un “Argo dai cento occhi”, essere un “viandante” e un “Colombo”, significa esser capaci di una conoscenza in grado di incorporare la pluralità prospettica della realtà.

E’ questa “la felicità dello storico” che “in contrapposizione ai metafisici, è felice di albergare in sé non ‘un’anima immortale’, bensì molte anime

mortali”250. Gettato nel flusso egli stesso diviene, e nello studio della storia “si trasforma sempre di nuovo non solo la mente, ma anche il cuore”251.

Il riferimento a Eraclito, se pur implicito, continua ad essere la base per la messa a punto delle implicazione teoriche derivanti da questa rivalutazione del senso storico. In un appunto del 1885 la sola filosofia che ha ancora valore “è la forma più generale della storia, il tentativo di descrivere in qualche modo e di abbreviare con i segni il divenire eracliteo…”252.

Ritorna l’ammirazione per la saggezza dei filosofi antichi rispetto all’erudizione dell’uomo moderno.

249 F. NIETZSCHE, Umano troppo umano, vol. I, Adelphi, Milano (1965 e) 1979, af. 2. D’ora

in poi indicato dalla sigla MA I.

250 MA II, VM af. 17, cit., p. 17. 251

Ibidem.

Si confessi dunque a noi stessi fino a che punto il nostro mondo moderno senta la mancanza di tutta una stirpe di filosofi come Eraclito, Platone, Empedocle, o comunque si siano chiamati tutti questi regali e splendidi anacoreti dello spirito (Einsiedler des Geistes). Di fronte ai filosofi di oggi (ad esempio l’anarchico E. Dühring e l’amalgamista E. von Hartmann) l’uomo di scienza ha il diritto di sentirsi superiore253.