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Capitolo 1. Eraclito come modello

1.2. Il riformatore della cultura

1.2.2. La critica alla πολυµαθίη

Ne La filosofia nell’epoca tragica dei greci, Nietzsche valorizza Eraclito per la sua critica alla πολυµαθίη. Alla σοφίη, la saggezza che proviene dall’interno, il filosofo di Efeso contrappone l’ ιστορίη, vale a dire la ricerca empirica, ossia tutto quello che può essere scoperto questionando. Essa è il risultato di un percorso progressivo, un sapere cumulativo raggiunto attraverso molteplici esperienze; il suo scopo è la conoscenza universale, la πολυµαθίη, che ne è il compimento e la degenerazione. Eraclito accusa i sapienti del proprio tempo di seguire una via opposta da quella che conduce alla saggezza. La polemica contro Pitagora e i poeti antichi (Esiodo, Omero, Senofane, Ecateo) –cattivi maestri che insegnano il falso –conferma il suo distacco nei

confronti della tradizione. “Egli parlava con disprezzo di questi uomini che interrogano e raccolgono, in breve degli uomini ‘storici’”85:

14[A 67]: Ricchezza ed esperienza non insegna l’intuizione, poiché altrimenti l’avrebbe insegnata a Esiodo e a Pitagora, e d’altro canto sia a Senofane sia a Ecateo.

14[A 26]: Maestro dei più, peraltro, è Esiodo: costui sono sicuri che sapesse il più delle cose, lui che non riconosceva giorno e notte. Si trattava invero di una cosa sola.

Celebre il frammento su Omero ingannato dai giovani pescatori:

14[A 24]: Rispetto alla conoscenza delle cose manifeste gli uomini vengono ingannati similmente a Omero, che fu più sapiente di tutti quanti i Greci. Lo ingannarono infatti quei ragazzi che schiacciavano pidocchi, quando gli dissero: “Tutto quello che abbiamo visto e preso, lo lasciamo; tutto quello che non abbiamo visto né preso, lo portiamo” .

Nietzsche individua la ragione principale della polemica nei confronti di Omero e Esiodo. Essi, “i creatori della mitologia popolare”86, non rispettavano le divinità misteriche e l’eterna necessità.

Alla valorizzazione di quest’aspetto della filosofia eraclitea corrisponde la polemica di Nietzsche contro l’erudizione. Il filosofo riprende in parte la critica schopenhaueriana allo storicismo e al sapere universale, seguendo un atteggiamento diffuso nella scienza analitica del tempo. Il XIX secolo soffre

85 Cf. PHG, cit., pp. 177-178. Cf. anche OFN I/2, in parte pubblicato nell’edizione economica

Adelphi, F. NIETZSCHE, Appunti filosofici 1867-1869, p. 127: “Di quello che già Eraclito biasimava con parole molto amare in Pitagora, della sua πολυµαθίη […]”.

per Nietzsche della “malattia storica”, che consiste nella tentazione di fissare, irrigidire, classificare gli eventi come se fossero reperti fossili. Nella modernità, la cultura si riduce ad una “cultura storica”, una forma che i Greci non conoscevano. La conoscenza storica non stima abbastanza quello che è in divenire. Ne deriva un sapere che paralizza l’azione, il rischio di “ammalarsi”, di cadere preda della delusione e del tormento faustiani87.

Alla freddezza scientifica del XIX secolo, Nietzsche contrappone la creatività dell’arte capace concentrare l’eterogeneità degli impulsi scientifici in un solo scopo. “La comprensione dei dati storici è possibile solo al senso poetico capace di una nuova creazione”88. La figura dell’erudito, del dotto pigro e incapace di dare un senso al proprio operare, viene contrapposta al genio artistico, capace di creare un’immagine unitaria della realtà. Il dotto non comprende cosa significhi realmente educare attraverso la forza della propria personalità.

Partendo dalla filologia, Nietzsche auspica una riforma delle discipline scientifiche del proprio tempo che, a suo parere, sono ridotte ad una sterile raccolta di materiale. Il “cieco scavare” delle “talpe filologiche” e lo studio dello scienziato, vengono paragonati al lavoro dell’ “operaio di fabbrica”: un operare meccanico. Le cosiddette scoperte scientifiche, come anche le conoscenze accumulate nel tempo, non sono altro che arbitri da parte dell’uomo. Le “leggi” della fisica sono il frutto del nostro istinto ordinatore, che pretende di sistematizzare l’universo intero. Classificare significa dare un nome. Si tratta dunque di un arbitrio dell’uomo che non ha niente a che vedere

87 Mefistofele: “Tu sei in fondo- quello che sei./Indossa una parrucca con milioni di

riccioli,/infilati coturni alti dei cubiti,/resterai sempre quello che sei”. Faust: “Lo sento, invano io mi sono accaparrato/tutti i tesori dello spirito umano;/se alla fine mi fermo a riposare/dal di dentro non sgorga alcuna forza nuova;/non sono né più alto di un capello/né più vicino all’infinito”. J. W. GOETHE, Faust, v. 1806 e ss. Per le citazioni dal Faust di Goethe, la traduzione utilizzata è quella di A. Casalegno, nell’edizione Garzanti, in 2 voll., Milano 1994 e 2004.

con la cosa stessa. Tutto si basa sull’analogia, non sulla certezza. L’uomo “non

comprende affatto la qualità, bensì soltanto la quantità” 89.

La necessità di limitare l’impulso conoscitivo (Erkenntisstrieb) assume una posizione centrale nella serie di frammenti destinati a far parte di un’opera sistematica sui filosofi greci, (Philosophenbuch)90, in cui Colli rintraccia le basi per un approfondimento teoretico del dionisiaco nella teoria dell’Ur-Eine. La filosofia presocratica viene presentata come un tipo di conoscenza capace di redimere la sfrenatezza dell’impulso conoscitivo attraverso un limite imposto dall’arte.

Nei frammenti dei primi anni ’70, Nietzsche esplicita alcuni temi già trattati nelle lezioni sui filosofi preplatonici. Eraclito appare come l’antitesi dell’uomo scientifico che si getta alla raccolta dei dati empirici. Nella sua persona, l’impulso alla conoscenza si redime nell’unità di un’immagine altamente poetica: il fanciullo che gioca a costruire e distruggere castelli di sabbia91. Zeller scriveva ch’egli “dal canto suo vuole contentarsi di trovar poco con molto lavoro, come i cercatori d’oro”. Al contrario, scrive Nietzsche, l’erudito scava la terra in cerca di oro ma si accontenta di vermi e lombrichi.

Le talpe filologiche sono instancabili nel loro istinto raccoglitore. Cercano tesori, scavando trovano vermi e fango, e sono ugualmente contente!92. Nietzsche riprendeva un’immagine del Faust. Nell’opera di Goethe, queste espressioni erano adoperate per caratterizzare la solerzia di Wagner, il famulo

89 Cf. OFN III/3, FP 19[66] 1872-1873. Il frammento inizia con la frase: “Il nostro intelletto è

una forza superficiale, è superficiale. Ciò è anche chiamato "soggettivo"”. Sulla superficialità dell’intelletto, cf. anche 19[79, 84]. Sull’arbitrio del classificare vedi 19[67, 74, 215, 236, 251, 258].

90

I frammenti che risalgono al periodo che va dall’estete del 1872 all’inizio del 1873 sono ciò che rimane dell’opera sistematica sui filosofi greci, progettata da Nietzsche e mai realizzata. Questi sono riuniti nel gruppo 19, in OFN III/3, comunemente riconosciuti sotto il titolo

Philosophenbuch.

91 Cf. SGIII, 14[A18]; 22B52 DK.

92 Cf. F. NIETZSCHE, Appunti filologici, cit., p. 221. In una lettera a Erwin Rohde del 20

novembre 1868, Nietzsche scriveva: “Quella brulicante genia di filologi dei giorni nostri, quell’affaccendarsi da talpe, con le cavità mascellari rigonfie e lo sguardo cieco, contente di essersi accaparrate un verme, e indifferenti verso i veri, urgenti problemi della vita”.

filisteo di Faust: “scava con avida mano in cerca di tesori ed è tutto contento se trova lombrichi”93.

93 Cf. J. W. GOETHE, Faust, I, vv. 604-605. Cf. anche ivi, v. 334, “inghiotte polvere”,

espressione ripresa da Nietzsche nella prolusione su Omero e la filologia classica, in F. NIETZSCHE, Appunti filosofici 1867-1869, cit.