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La consacrazione attraverso l’attribuzione di premi e riconoscimenti: il caso del Premio Franco Abbiat

2.2 La legittimazione secondo Bourdieu

2.2.3 La consacrazione attraverso l’attribuzione di premi e riconoscimenti: il caso del Premio Franco Abbiat

Come sottolineato in precedenza, le industrie includono individui e organizzazioni che generano, sviluppano e distribuiscono prodotti o esperienze con funzioni simboliche ed estetiche (Caves, 2000; Lampel, Shamsie e Lant 2006; Townley e Beech, 2010). I professionisti creativi in cerca di successo sul mercato devono impegnarsi in un atto di equilibrio tra le due opposte pressioni di novità e familiarità (Hesmondalgh, 2002; Lampel, 2000). Dato che le industrie creative si occupano di attributi simbolici, sensoriali ed estetici che rendono intrinsecamente difficile valutare la qualità di un prodotto (Caves, 2000), i critici svolgono un ruolo chiave nella valutazione, interpretazione e comprensione dell’offerta artistica dei lavoratori creativi. I critici, infatti, influenzano le scelte dei consumatori attraverso le loro recensioni e agiscono come primi valutatori del processo di legittimazione culturale. I critici sono inoltre fondamentali nel contribuire alla consacrazione di un prodotto e al suo status, inteso come la qualità percepita dei prodotti di un produttore rispetto ai prodotti di altri simili o ai suoi competitors. Lo status è intrinsecamente basato su classifiche per cui i produttori vengono confrontati tra loro formando una gerarchia di status (Podolny, 1993).

La ricerca ha dimostrato che il riconoscimento di premi e qualifiche sono utili indicatori di status in contesti organizzativi, in quanto consentono un confronto tra i diversi attori che vengono classificati sulla base di numerosi criteri uniformi forniti dai singoli giudici. Nelle industrie creative, ad esempio, la vittoria dei Merit Award in Architettura, o le nomination agli Academy e gli Awards nel mondo cinematografico possono essere considerati segnali di status (Jones, 2002).

Anche nel mondo dell’opera lirica l’attribuzione di un importante onorificenza contribuisce al processo di consacrazione culturale. Il premio più importante nel settore è il Premio Franco Abbiati, istituito nel 1981, col patrocinio dell’amministrazione comunale di Bergamo e per volontà progettuale di Filippo

Siebaneck - allora presidente dell’Azienda Autonoma di Turismo - come momento di riflessione e di analisi sulla vita musicale italiana. Intitolato al bergamasco Franco Abbiati per quarant’anni titolare della rubrica musicale del Corriere della sera, il Premio della critica musicale Franco, dal 2007 gode del patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dal 2008 dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Il Premio è un riconoscimento attribuito ai protagonisti delle singole annualità artistiche. Le scelte rigorose e indipendenti della giuria hanno fornito al Premio Abbiati una credibilità e un valore sempre più influente. Accanto alle segnalazioni di merito assoluto il Premio ha svolto un ruolo attivo nella segnalazione di iniziative di particolare significato politico-culturale. In questo modo, i critici italiani hanno sottolineato, e talvolta svelato, il ruolo di piccole realtà locali, come ricchezza della vita musicale italiana.5 Inoltre, la critica si è impegnata a segnalare il

lavoro spesso isolato di personaggi non riconosciuti socialmente ed è stata un importante incentivo nella promozione anche di registi considerati outsider e di opere innovative. L’attribuzione del Premio Abbiati, infatti, consente ai professionisti operanti nel settore della lirica, di aumentare il loro status e di farsi conoscere nel settore e dal pubblico. I criteri nell’attribuzione del Premio sono vari ma rispondono alla caratteristica della critica dell’«obiettività dello straniero»: sono pertanto dei criteri oggettivi non dettati da valutazioni personali, a differenza, di quanto evidenziato in precedenza, sui peers. Il Premio Franco Abbiati ha pertanto contribuito anche allo sviluppo della carriera di alcuni registi, come dimostra, ad esempio il caso di Damiano Michieletto. Il regista è considerato un innovatore all’interno del settore, si dedica infatti spesso alla trasposizione temporale, spesso nell’epoca attuale, di titoli famosi come ad esempio Madama Butterfly. Mosso dalla volontà di comunicare il mondo della lirica attraverso un linguaggio contemporaneo e comprensibile a molti, il regista fino ai primi anni 2000 non era tuttavia ancora molto affermato e poteva essere considerato un regista periferico. Tuttavia, nel 2007 durante la XXVII edizione del premio, gli venne conferito il Premio Franco Abbiati per la regia de La Gazza ladra di Rossini, con la seguente motivazione:

«Per l’originalità e la brillantezza con cui ha ricreato in palcoscenico “La Gazza ladra”

al Rossini Opera Festival di Pesaro, e risolto il problema posto all’ibrida configurazione dei “genere” dell’opera, inventando una macchina scenico-teatrale in grado di restituire allo spettacolo la dimensione fantasiosa e sofisticata tipicamente rossiniana».6

Le considerazioni qui proposte hanno evidenziato pertanto l’importanza della critica come arbitro del gusto e custode della qualità nell’ambito del settore culturale. Il processo di legittimazione e consacrazione, inteso come processo sociale, viene favorito dalle figure dei critici ed esperti e consente di avere un intermediario tra i produttori e i consumatori, orientando quest’ultimi verso il prodotto culturale che meglio soddisfa le proprie preferenze. Il ruolo della critica come impulso all’innovazione artistica nel settore dell’opera lirica sarà approfondito nei capitoli successivi.

Capitolo III: Peculiarità istituzionali dell’Opera lirica

Nel seguente capitolo sono state definite, in primo luogo, le caratteristiche essenziali delle organizzazioni culturali, con un occhio di riguardo verso le attività di

performing arts. In secondo luogo, sono state considerate le peculiarità istituzionali

del settore dell’opera lirica, ambito di ricerca della tesi qui presentata. Pertanto, sono state sottolineate le particolarità del prodotto opera lirica, le istituzioni principali protagoniste nel settore e le normative che lo regolano. È stato dato spazio, infatti, alle recenti trasformazioni in ambito giuridico e ai nuovi sistemi di attribuzione dei sussidi statali. 3.1 Le organizzazioni culturali: una classificazione complicata Le imprese culturali svolgono un ruolo essenziale all’interno della società: riflettono l’identità culturale attraverso la realizzazione di prodotti che incarnano i costumi, le tradizioni, i valori degli abitanti di un dato paese; presentano, dunque, la realtà di varie culture; permettono l’aumento della partecipazione culturale e pertanto l’accesso alla cultura. Inoltre, il settore culturale, rappresenta una forza economica importante. Il contributo economico, infatti, delle organizzazioni culturali è quello di generare posti di lavoro, di contribuire al prodotto interno lordo di una nazione e di incrementare l’innovazione (Colbert, 2009).

Tuttavia, nel determinare una classificazione di questo settore, il termine culturale risulta essere ambiguo: può infatti indicare la specificità del territorio così come la qualità artistica del prodotto offerto. Inoltre, un elemento aggregante è rappresentato dal mercato in cui le imprese culturali operano, definito del “tempo libero” (Brunetti; Ferrarese, 2007). In questo mercato le aziende propongono ai loro consumatori sistemi di offerta identificati come «un’esperienza coinvolgente ad alto valore simbolico per il cliente» (Dubini, 1999, p.14). Pertanto, l’insieme delle attività che possono considerarsi di produzione culturale si presenta ancora oggi un concetto vasto e di non facile definizione. Tuttavia, nell’ultimo decennio ha inciso sempre di più la crescente attenzione e l’interesse verso il ruolo della creatività, dell’accesso all’informazione, riconosciuti come motori di un nuovo paradigma di

sviluppo economico e sociale, ovvero l’economia della creatività. In un contesto di questo genere, dunque, i concetti di “economia della creatività”, di “economia della cultura”, di “industria della creatività” e di “industria culturale” si intrecciano continuamente ed è dunque necessario, ai fini di raggiungere una definizione dell’ambito di riferimento, individuare gli elementi che si riconoscono come caratterizzanti di tali attività (Tamma, Curtolo, 2009).

A tal proposito, nella letteratura dell’economia culturale più recente, sono presenti numerosi contributi che si occupano di definire e di classificare le industrie culturali, concentrandosi anche sulle caratteristiche del prodotto culturale. Caves (2000), infatti, attribuisce l’importanza del valore artistico al prodotto realizzato dalle imprese culturali. L’autore definisce le industrie della creatività facendo riferimento a quei settori che «producono e distribuiscono beni e servizi cui viene in generale associato un valore culturale, artistico o semplicemente di intrattenimento. Tale insieme di settori comprende quello dell’editoria libraria e periodica, quello delle arti visive (pittura e scultura), quello delle arti rappresentate (teatro, opera, concerti, balletto), quello discografico, quello cinematografico e dei film realizzati per la televisione, perfino quello della moda e dei giocattoli» (Tamma; Curtolo, 2009, p. 5). Anche Towse (2003) si sofferma sul valore del prodotto culturale, in particolare sul suo contenuto artistico. Per l’autore le industrie culturali sono costituite da quelle attività che producono beni e servizi con un sufficiente contenuto artistico, tale da permettere a queste industrie di essere considerate creative e di importanza culturale. Secondo Towse, dunque, elemento fondamentale nella definizione delle industrie culturali, è la combinazione della produzione in scala industriale con il contenuto culturale. La definizione proposta da Throsby, (2005) insiste, anch’essa, sul significato del contenuto simbolico del prodotto culturale, che deve essere comunicato all’audience. Infine, ultimo contributo significativo ai fini di una classificazione e definizione del settore delle industrie culturali, è quello di Hesmondalgh (2002) che considera le industrie culturali come «quelle istituzioni (soprattutto basate sul profitto, ma anche imprese pubbliche e organizzazioni non profit) che sono direttamente implicate nella produzione di significati socialmente condivisi» (Hesmondalgh, 2002 p. 16). Secondo Hesmondaglh, dunque, lo scopo principale di tali attività è la creazione di testi, socialmente condivisi, e la comunicazione con un’audience.

Le diverse definizioni che si sono ricordate, tra le numerose proposte dagli studi degli anni più recenti, si basano dunque su alcuni elementi caratterizzanti il settore culturale: • Il contenuto simbolico dell’output (il prodotto culturale); • La natura del valore che i prodotti culturali incorporano/generano, dunque il loro valore culturale e il loro valore economico (Klamer, 2004; Throsby 2005; McCain 2006);

• Gli input (creativi e non creativi) del prodotto culturale e i caratteri del processo di produzione (Caves, 2001);

• Il rilievo della proprietà intellettuale e delle problematiche connesse (natura di beni pubblici ed escludibilità, scarsità artificiale, mercificazione dei prodotti della cultura e della creatività) (Santagata, 2001).

Inoltre, risulta necessario ricordare, per significative implicazioni e non dunque a scopi di definizione o classificazione del settore, il modo di produzione di un prodotto culturale e la natura di un’impresa culturale. Per quanto riguarda il modo di produzione di un prodotto culturale, ci si riferisce alla modalità di produzione, dunque alla realizzazione di un prodotto di tipo industriale o maggiormente vicino ai caratteri di quello artigianale. Le imprese culturali, inoltre, possono poi presentare una natura privata o pubblica, profit o non profit.

La complessità nel definire in maniera univoca il concetto di organizzazione culturale, suggerisce, pertanto, una difficoltà da parte della letteratura nella classificazione definita di tali attività. Gli studi sulle organizzazioni culturali differiscono, infatti anche nella modalità di classificazione di tali imprese all’interno del settore culturale. Tuttavia, è possibile notare che la maggior parte degli autori adotta un approccio settoriale (Castañer, 2004). In senso stretto, l’impresa culturale comprende le attività di distribuzione specializzate nelle performing arts (teatro, musica, opera, danza), nelle arti visive e nella gestione del patrimonio artistico- culturale (musei, gallerie, biblioteche, archivi). In senso lato, invece, altri estendono la nozione di impresa culturale fino ad includere, dunque, le industrie culturali (cinematografia, discografia, produzione di musical, editoria, artigianato) e i media (radio, televisione, giornali e periodici) (Colbert, 2009).

3.2 Le attività di performing arts Come detto in precedenza, le organizzazioni che lavorano nel settore dell’arte e della cultura sono numerose ed eterogenee e costituiscono un comparto dai contorni sfumati e non sempre definibili, regolato da logiche competitive di varia natura. Di seguito si analizzano le peculiarità del settore dell’opera lirica che, seguendo la classificazione fornita da Colbert (2009), fa parte delle attività dedicate alla realizzazione di spettacoli dal vivo. Nel settore dello spettacolo sono riscontrabili infatti: «organizzazioni che soddisfano bisogni di svago attraverso la produzione e la distribuzione di eventi singoli o organizzati in strutture stabili» (Dubini, 1999, p. 13). Brunetti e Ferrarese (2007) distinguono, all’interno del settore dello spettacolo, attività che presentano due modalità operative:

a) Prima modalità: in questa modalità il momento della produzione dello spettacolo non coincide con la sua distribuzione. Produzioni che presentano questa modalità sono quelle cinematografiche, radiofoniche e televisive. b) Seconda modalità: qui la produzione coincide con l’erogazione dello

spettacolo. Fanno parte, dunque, di questa seconda modalità gli spettacoli dal vivo, ovvero le performing arts, come il teatro, la musica, la danza.

Le performing arts sono caratterizzate da intangibilità, irripetibilità, non durevolezza e dalla partecipazione contestuale del pubblico durante la fase di produzione/erogazione. Tale settore è particolarmente ampio: vi rientrano anche aziende che si occupano dell’organizzazione di concerti sportivi e di concerti pop. Anche il settore teatrale, dunque, fa parte delle performing arts. Le aziende che operano nel settore teatrale offrono al pubblico varie tipologie di prodotti teatrali come: l’opera e la lirica; la danza e il balletto; i concerti sinfonici e da camera; festival, rassegne e eventi; il teatro di prosa; il teatro di ricerca e sperimentazione; la pantomima; i teatri di ricerca e di sperimentazione; il teatro per ragazzi, burattini e marionette; le letture poetiche; l’operetta, musical e cabaret (Brunetti; Ferrarese, 2007). La ricerca qui proposta si è dunque concentrata sulle performance artistiche del settore dell’opera lirica, in cui, trattandosi di produzioni teatrali dal vivo, è presente la coincidenza tra produzione ed erogazione.

3.3 Il teatro d’opera in Italia L’opera lirica in Italia presenta una tradizione antica: in Italia, infatti, questo genere teatrale è nato e si è evoluto, attraversando varie tappe importanti nella storia del teatro. Ancora oggi sono innumerevoli le istituzioni teatrali, distribuite su tutto il territorio, che hanno come obiettivo la diffusione e la promozione di questa tipologia teatrale. La lirica e l’opera lirica in particolare sono dunque una delle ricchezze più rilevanti del patrimonio storico-culturale italiano e costituiscono un simbolo dell’italianità nel mondo.

Secondo la classificazione precedentemente proposta a riguardo delle organizzazioni culturali, l’opera lirica fa parte del settore delle performing arts, ovvero delle attività che si occupano della realizzazione e della distribuzione di spettacoli dal vivo. Il prodotto opera lirica è infatti la rappresentazione artistica, dunque la realizzazione e la messa in scena, in un edificio adibito agli spettacoli teatrali, di uno spettacolo dal vivo che unisce l’azione scenica alla musica, al balletto e al canto. Il prodotto opera lirica è pertanto contraddistinto dalla presenza di elementi tipici di quelli dei servizi: l’immaterialità, la simultaneità tra produzione e consumo e la non immagazzinabilità. La rappresentazione di un’opera lirica è, infatti, un evento unico e irrepetibile, da una parte per il forte coinvolgimento emotivo degli interpreti in scena e dall’altra per il coinvolgimento del pubblico che assiste alla performance. Inoltre, la produzione di una rappresentazione lirica è il risultato di una componente materiale (come il palcoscenico, la scenografia, l’edificio e le strutture teatrali) e una componente immateriale, ovvero i contenuti artistici. Lo spettacolo lirico dal vivo, pertanto, prende forma grazie all’impiego di

input principalmente immateriali ed eterogenei tra loro. Tali input sono

riconducibili a tre principali categorie, interconnesse l’una con l’altra: la componente strumentale, la componente vocale/corale e la componente coreografica. Inoltre, tutte le figure professionali (musicisti, scenografi, tecnici delle luci, coreografi…) che operano nella realizzazione delle opere liriche realizzano un unico output, la cui qualità è percepita sia complessivamente sia con riferimento alle sue singoli componenti da audience eterogenee. I lavoratori che operano nel settore aumentano se si considerano anche i managers, lo staff, chi si occupa della comunicazione e della promozione delle rappresentazioni liriche. Rispetto ad altre

aziende di entertainment, dunque, l’opera lirica presenta un numero considerevole di stakeholders (Cori, 2004).

Il settore dell’opera in Italia si presenta assai variegato, non solo per le motivazioni sopra descritte, ma anche per la molteplicità delle istituzioni e degli organismi che vi operano. Prima di illustrare i soggetti economici del settore è importante sottolineare una distinzione nella produzione che può caratterizzare la gestione di un teatro lirico. La produzione, nell’opera lirica, può essere costituita attraverso il sistema “a stagione” o può avere un modello “di repertorio”.

I teatri d’opera italiani seguono la logica della produzione a stagione. Fin dalla nascita del genere operistico, la stagione è al centro della produzione e del funzionamento dell’opera e i teatri programmavano le loro attività artistiche secondo, appunto, le stagioni (come la stagione del carnevale, che era la più attesa, o la stagione di primavera e autunno). Questa scelta è ancora oggi in uso, con modalità seppur variate nel corso del tempo, ed è caratterizzata dalla costruzione di un cartellone in cui, per ogni titolo, vengono cercate le migliori voci adatte ad interpretarlo e realizzarlo. Questo consente ai teatri di costruire un cast ad hoc allo scopo di offrire la migliore rappresentazione possibile dal punto di vista musicale e canoro e consentire, pertanto, la migliore esperienza al pubblico. Il sistema di produzione a repertorio, tipico dei paesi europei anglosassoni come l’Austria e la Germania, si basa invece su un cast fisso per tutte le opere che un teatro intende mettere in scena. A livello economico la diatriba tra la scelta di una delle due modalità va avanti da tempo. La produzione a stagione infatti ha in sé un elevata incidenza di costi variabili sui costi totali, fattore che rende improbabile una riduzione dei costi medi unitari e dunque un incremento della scala di produzione. Tale motivazione spinge dunque i teatri a ridurre le rappresentazioni e a cercare risorse finanziare di natura esterna. Diverso è il caso della produzione a repertorio che presenta evidenti risultati positivi in termini di efficienza, a cui tuttavia corrisponde una minore efficacia e, dunque, qualità (Sicca; Zan, 2004). 3.4 I soggetti che esercitano l’attività dell’opera lirica Il sistema italiano – normato dalla Legge 17 agosto 1967 n. 800 e dal D. Lgs. 29 giugno 1966 n. 367 – distingue due categorie di soggetti che esercitano l’attività

musicale dell’opera lirica: le 14 Fondazioni Lirico Sinfoniche (gli ex enti lirici) 7 e il restante delle attività musicali. Oltre alle Fondazioni Liriche Sinfoniche esistono, infatti - di cui al Titolo III della legge 800 - i Teatri di Tradizione; le istituzioni concertistico-orchestrali; le società dei concerti; la lirica ordinaria; i festival e i concorsi (Balestra; Malaguti, 2007). Verranno elencate qui di seguito le

caratteristiche di natura giuridica e le peculiarità manageriali delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, dei Teatri di Tradizione e dei Festival. Le tre istituzioni, infatti, sono state i soggetti del campione di analisi utilizzato durante la ricerca. 3.4.1 Le Fondazioni Lirico Sinfoniche Le Fondazioni possono essere considerate gli assi portanti della tradizione operistica e sinfonica italiana. Lo Stato considera infatti l’attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto volta (art. 1 Legge 14 agosto 1967 n. 800) a: «favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale».8 La trasformazione degli ex enti lirici in fondazioni di diritto privato è stato un processo lungo che ha visto diverse fasi giuridiche, determinando anche cambiamenti nella governance degli enti.

Le Fondazioni attualmente presenti sul territorio nazionale sono quattordici, concentrate per la maggior parte nell’area Nord del paese: tre al Nord Ovest; quattro al Nord Est (in particolare due in Veneto, il Teatro La Fenice e l’Arena di Verona); tre al Centro (due delle quali con sede a Roma); due al Sud e due nelle isole. Nella maggior parte dei casi le fondazioni operano su mercati regionali e sono assimilabili per volume di attività ed organici ad aziende di medio-grandi dimensioni. Spesso, presentano una reputazione e un prestigio di così alto livello che gli consente di estendere il loro mercato di riferimento potenziale a livello nazionale e internazionale. Un esempio identificativo a riguardo è rappresentato dalla Fondazione Lirica del Teatro alla Scala di Milano che gode di un alto status sia in Italia che all’estero e presenta una struttura organizzativa perfettamente assimilabile a quella di un’azienda, che vede al suo vertice il ruolo del

7 Con la legge 310/2003 è stata istituita la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Le Fondazioni

Lirico Sinfoniche sono così diventate quattordici.

Sovrintendente, seguito dal Direttore musicale. Il suo organigramma è costituito dalla presenza di numerosi organi direzionali come la direzione artistico-musicale, la direzione tecnica e allestimenti, la direzione marketing, la direzione del personale e dell’organizzazione e la direzione amministrazione e controllo. Ognuno di tali organi è ulteriormente suddiviso in altri settori (Cori, 2004). 3.4.2 I Teatri di tradizione I Teatri di tradizione sono disciplinati dall’art. 28 della legge del 14 agosto 1967, n. 800 e, per il triennio 2018-2020, dall’art. 18 del D.M, 27 luglio 2017. Hanno il compito di «promuovere, agevolare e coordinare le attività musicali nel territorio