Come noto, l’art. 1218 c.c. prevede che il debitore sia responsabile dell’inadempimento
dell’obbligazione, ove egli non provi che l’esecuzione di questa sia divenuta
impossibile per causa a sé non imputabile.
179 A.ANTONINI, Il danno risarcibile nel trasporto di persone, in L. Tullio (a cura di), La nuova disciplina
del trasporto aereo, Napoli, 2006, 89. In senso contrario cfr. E.G.ROSAFIO, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della convenzione di Varsavia, in Dir. trasp., 2000,
222 ss.; A. LEVEBVRE D’OVIDIO – G.PESCATORE – L.TULLIO, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2011, 447.
180 In questo senso C. Sup. U.S. 12 gennaio 1999, El Al c. Tsui Yuang Tseng, in Dir. trasp., 2000, 205,
secondo cui, pur con riferimento alla Convenzione di Varsavia del 1929, sarebbero – in ogni caso – escluse le azioni fondate sulla disciplina interna per il risarcimento di danno non ammessi dalla stessa.
181 Il riferimento è, in particolare, al danno psichico, la cui risarcibilità è controversa stando al dato
letterale della Convenzione di Montreal, che utilizza l’espressione bodily injury. Sulla tematica si tornerà,
La norma – dunque – fa riferimento a due distinti concetti
182, impossibilità e
imputabilità, e li correla.
La formulazione dell’articolo è il risultato dell’accoglimento
183delle osservazioni di
quella parte di dottrina
184che, avallando una soluzione ermeneutica già maturata sulla
base delle disposizioni contenute nel Codice Civile del 1865
185, proponeva una sorta di
oggettivazione della nozione di inadempimento
186, sì da tendere verso una certa
uniformazione della responsabilità
187.
Peraltro, tale tentativo si doveva coordinare con due distinti ordini di problemi, che – in
qualche modo – si contrapponevano ad esso.
Da una parte, l’art. 1176 c.c. alludeva ancora al criterio della diligenza, di per sé
evocativo di significati tipicamente soggettivi, per l’adempimento dell’obbligazione,
distinguendo persino due diverse gradazioni di diligenza a seconda del carattere
182 Cfr.C.ROMEO, I presupposti sostanziali della domanda di inadempimento, Milano, 2008, 128, che
registra, criticamente, come nella prassi tale distinzione concettuale tenda a sfumare. Nello stesso senso v. G.VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore. Artt. 1218-1222, Milano, 2006, 273.
183 Nella relazione al Codice Civile n. 571 si legge che «L’art. 1218 […] subordinando l’esonero di
responsabilità alla condizione che l’inadempimento o il ritardo siano stati determinati da impossibilità della prestazione, ha voluto mettere in evidenza che deve trattarsi di impossibilità della prestazione in sé e per sé considerata: di guisa che non può, agli effetti liberatori, essere presa in considerazione l’impossibilità di adempiere originata da cause inerenti al debitore o alla sua economia, che non siano obiettivamente collegate alla prestazione dovuta».
184 G.OSTI, La revisione critica della teoria sull’impossibilità della prestazione, in Riv. dir. civ., 1918,
209 ss., ora in Id., Scritti giuridici, I, Milano, 1973.
185 L’art. 1225 del Codice Civile del 1865 prevedeva che «Il debitore sarà condannato al risarcimento dei
danni, tanto per l’inadempimento dell’obbligazione quanto pel ritardo dell’esecuzione, ove non provi che l’inadempimento o il ritardo sia derivato da una causa estranea a lui non imputabile, ancorché non sia per sua parte intervenuta mala fede». Il dibattito generale sull’interpretazione di tale norma era generato principalmente dalla posizione dell’art. 1224, l’equivalente dell’attuale art. 1176 c.c., che, essendo collocato immediatamente prima delle norme sulla responsabilità contrattuale, dava adito ad interpretazioni contrastanti sul rilievo dell’elemento soggettivo nell’inadempimento.
186 Secondo G.OSTI, La revisione critica della teoria sull’impossibilità della prestazione, cit., 90 «Finché
la prestazione è, in senso obiettivo e assoluto, possibile, il debitore è responsabile per il solo fatto dell’inadempienza: quando la prestazione diventa obiettivamente e assolutamente impossibile, il debitore non è responsabile se non a condizione che possa essergli imputata a colpa quella sopravvenuta impossibilità». Dunque, secondo l’A., la colpa sarebbe non già fondamento della responsabilità dell’inadempimento «bensì della responsabilità per sopravvenuta impossibilità (obiettiva ed assoluta) della prestazione».
187 La caratterizzazione obiettiva della responsabilità per inadempimento è tuttora largamente diffusa in
dottrina: cfr. F. GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, 54; M. FRANZONI, Colpa presunta e
responsabilità del debitore, Padova, 1988, 329 ss.; G.VISINTINI, Riflessioni sugli scritti di G. Osti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971, 213. Contra si registrano alcuni Autori che propugnano una concezione
“soggettiva” della responsabilità contrattuale, in quanto imperniata sulla nozione di colpa-diligenza: cfr. L.BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1948, III, 271 ss.; C.M.BIANCA, Diritto civile. La responsabilità, Milano, 1994, V, 15; M. GIORGIANNI, L’inadempimento, Milano, 1975, 299; U.
professionale o meno dell’obbligazione
188. Dall’altra parte, le variegate tipologie
contrattuali ostavano all’idea di una uniformazione dei canoni di responsabilità, giacché
i diversi contratti ed i diversi attori del rapporto contrattuale conducono ad effetti ed
obbligazioni differenti
189, sovente difficilmente sussumibili in una categoria unitaria,
come dimostrato dalla distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato
190.
I problemi legati ad un eccessivo rigore nell’applicazione, in senso oggettivo, della
responsabilità per inadempimento furono scorti già da quella dottrina che ne
propugnava una diffusa applicazione, che ha – infatti – finito per dare rilevanza anche
alle «modalità concrete» della prestazione «secondo la particolare natura tipica del
rapporto»
191.
In definitiva, si può affermare che è la peculiarità del contenuto dell’obbligazione,
ovvero l’accentuazione dei profili soggettivi degli obbligati
192, a gradare il regime di
responsabilità verso una oggettivazione. È – dunque – necessario volgere l’esame ai
singoli rapporti obbligatori per verificare in concreto quali siano i canoni di valutazione
della responsabilità contrattuale, poiché per giungere ad una conclusione satisfattiva, più
che le apodittiche opzioni teoretiche, rilevano i diversi criteri di apprezzamento della
condotta del debitore, nonché i contenuti delle relative prove liberatorie
193.
188 Sulla problematica del coordinamento tra l’art. 1176 c.c. e l’art. 1218 c.c. cfr. A. CANNATA, Dai
giuristi ai codici, dai codici ai giuristi (Le regole sulla responsabilità contrattuale da Pothier al codice civile italiano del 1942), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, 993; A. DI MAJO, Delle obbligazioni in
generale, in A. Scialoja – G. Branca (a cura di), Commentario del Codice Civile, Bologna-Roma, 1988,
446 ss.; G.VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore. Artt. 1218-1222, cit., 136 ss.
189 Cfr. F. GALGANO, La responsabilità contrattuale: i contrasti giurisprudenziali, in Contr. e impr.,
1989, 33 ss.
190 L.MENGONI, Obbligazioni «di risultato» e obbligazioni «di mezzi», in Riv. dir. comm., 1954, I, 319.
Peraltro, la nota distinzione sta subendo una progressiva erosione da parte della giurisprudenza, specialmente con riferimento alle ipotesi di prestazione d’opera intellettuale. Invero, secondo i giudici di legittimità, in tutte le obbligazioni è richiesto sia un determinato comportamento del debitore sia il conseguimento di un “risultato”, benché in proporzione variabile. In questo senso cfr. Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, in Danno e resp., 2008, 788 con nota di G. VINCIGUERRA, Nuovi (ma provvisori?) assetti della responsabilità medica.
191 G.OSTI, voce Impossibilità sopravvveniente, in Noviss. Dig. it., Torino, 1962, VIII, 289, ora in Id.,
Scritti giuridici, cit., I, 494 ss.
192 In questo senso cfr. P.TRIMARCHI, Sul significato economico dei criteri di responsabilità contrattuale,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1970, 521 ss., che individua una sorta di doppio regime di responsabilità: uno, soggettivo, valevole per i debitori privati; l’altro, oggettivo, per i soggetti che rivestano la qualifica di imprenditore e fondato sul rischio di impresa. In senso analogo cfr. C.CASTRONOVO, Tra rischio e caso
fortuito. La responsabilità da cassette di sicurezza, in G.B. Portale (a cura di), Le operazioni bancarie,
Milano, I, 1978, 488.
193 Cfr. L. CABELLA PISU, La causa non imputabile, in G. Visintini (diretto da), Trattato della
responsabilità contrattuale, Padova, 2009, I, 247, secondo la quale «di fronte alle differenti teorie
dottrinali sulla natura del regime di responsabilità contrattuale, è l’attenta valutazione degli interessi configgenti nel caso concreto che porta i giudici a scegliere la soluzione che ritengono più adeguata ai
Del resto, nelle massime della giurisprudenza di legittimità
194, che descrivono
l’operatività dell’art. 1218 c.c., si rinviene sovente il riferimento alla «colpa presunta»
del debitore, sicché – prima facie – sembrerebbe che i giudici tendano ad avallare quegli
orientamenti dottrinali c.d. soggettivi, ossia ispirati al criterio della colpa
195.
Nondimeno, ove si indaghi più approfonditamente sull’ampiezza della prova liberatoria
necessaria al debitore per esonerarsi da responsabilità, le conclusioni – apparentemente
univoche, stando alle affermazioni di principio – mutano a seconda del diverso rapporto
obbligatorio considerato
196. Invero, l’assimilazione (propugnata dalle suddette sentenze)
della causa non imputabile all’assenza di colpa dovrebbe logicamente risolversi in un
esonero di responsabilità per quel debitore che dimostri in giudizio la propria diligenza,
prudenza e perizia nell’adempimento dell’obbligazione, giusto il riferimento
all’elemento soggettivo di costui
197. Ciò – tuttavia – non è.
Per quanto attiene alla maggioranza delle differenti tipologie di obbligazioni, infatti, la
prova liberatoria non si sostanzia nella dimostrazione della conformità della condotta
debitoria ad un determinato standard di diligenza, bensì nel «fatto che ha impedito
l’esecuzione della prestazione, non imputabile soltanto se causalmente estraneo al
controllo del debitore»
198. Pertanto, laddove una presunzione di colpa possa essere
superata solo con la prova di eventi rarissimi o imprevedibili, si annida – de facto – una
forma di responsabilità oggettiva
199.
Conferma della validità di tale assunto proviene dalla ripartizione e dal contenuto
dell’onere probatorio nell’eventualità della c.d. causa ignota
200.
parametri normativi di riferimento in quel tipo di rapporto obbligatorio, “vestendo” la loro decisione con le argomentazioni teoriche che meglio sembrano attagliarsi alla fattispecie».
194 Cfr., ex multis, Cass. civ., sez. III, 1 giugno 2004, n. 10484 in Contratti, 2005, 691; Cass. civ., sez. III,
5 agosto 2002, n. 11717, in Giust. civ. mass., 2002, 4168; Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2001, n. 4799, in
Giust. civ. mass., 2001, 670; Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 2000, n. 14124, in Giust. civ. mass., 2000,
2183.
195 Si rimanda supra alla nota 187.
196 Sulla effettiva portata dei principi declamati nelle massime giurisprudenziali in tema di responsabilità
contrattuale cfr., ex multis, F.GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, 55.
197 Cfr. M.FRANZONI, L’illecito, in M. Franzoni (diretto da) Trattato della responsabilità civile, Milano,
2010, I, 212.
198 G.PIGNATARO, La colpa contrattuale, in P. Stanzione (a cura di), Trattato della responsabilità civile,
Padova, 2012, 287.
199 Cfr. L.CABELLA PISU, Garanzie e responsabilità nelle vendite commerciali, Milano, 1983, passim; M.
FRANZONI, Colpa presunta e responsabilità del debitore, cit., 329 ss.;
200 Secondo F.BUSONI, L’onere della prova nella responsabilità del professionista, Milano, 2011, 142 «la
sopportazione della causa ignota rappresenta uno dei segni più visibili del confine che corre tra responsabilità soggettiva e quella oggettiva». Nello stesso senso cfr. anche Cfr. M.FRANZONI, L’illecito,
Come noto – infatti – quest’ultima rimane a carico del debitore, il quale sarà
responsabile anche qualora abbia dimostrato di aver utilizzato la massima diligenza
esigibile, ma non sia – tuttavia – riuscito ad individuare la precipua causa
dell’inadempimento
201. Ciò implica che tanto più la responsabilità tende ad oggettivarsi,
quanto maggiormente complessa diviene la struttura organizzativa del debitore (come
avviene nell’organizzazione industriale)
202, poiché in questa risulta difficile ricostruire
lo svolgimento dei fatti che hanno dato luogo all’inadempimento, sicché il
malfunzionamento causa del danno sarà difficilmente
203identificabile.
È lo stesso dato normativo che offre diversi indizi riguardo alla rilevanza assunta dalla
natura dell’obbligazione e dalla struttura organizzativa del debitore per dimensionare la
diligenza dovuta da quest’ultimo nell’esecuzione della prestazione e – di conseguenza –
valutare il relativo regime di responsabilità contrattuale
204. Così, accanto alla regola
generale del bonus pater familias
205, il secondo comma dell’art. 1176 c.c. introduce una
specifica diligenza professionale
206, che è funzionalizzata alla «natura dell’attività
esercitata», il cui contenuto è tendenzialmente oggettivo qualora concerna i processi
standardizzati tipici delle organizzazioni industriali e delle obbligazioni di risultato
207.
Allo stesso modo, una valenza schiettamente oggettiva, che si riconnette alla
201 Come rilevato da P.TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, cit., 312, per quanto concerne l’onere
probatorio di cui all’art. 1218 c.c. «la giurisprudenza richiede, di regola, che il debitore identifichi la causa impeditiva dell’adempimento e dimostri che essa non gli è imputabile. Ne segue che, se tale causa resta ignota, il debitore è tenuto al risarcimento del danno. Così questa regola, pur attenendo a un problema di prova, finisce per determinare una conseguenza di carattere sostanziale: quella di spostare sul debitore il rischio delle disfunzioni anonime o di origine dubbia, le quali costituiscono, nell’organizzazione di impresa, un fenomeno di dimensioni rilevanti».
202 Ivi, 318-319.
203 La difficoltà non è da intendersi solo in senso prettamente tecnico, ma anche economico. È evidente,
inoltre, che, laddove i costi dell’inadempimento risultino inferiori rispetto alle spese necessarie per accertare le cause dell’inadempimento stesso, il debitore non avrà alcun interesse ad identificare le cause esonerative di responsabilità.
204 Significative in tal senso sono le parole di V.ROPPO, Impossibilità sopravvenuta, eccessiva onerosità
della prestazione e «frustation of contract», in Riv. trim. dir. proc. civ., 1973, 1240, secondo cui «gli
sforzi diretti a ricostruire il sistema di responsabilità contrattuale secondo moduli più articolati e duttili di quello implicito nell’art. 1218 c.c., lungi dal denunciare un’aperta ribellione alla legge, costituisce piuttosto l’esito di una scelta tra norme in conflitto: una scelta (dunque un atto di “autonomia”) che appare giustificata dal ruolo stesso dell’interprete e che non perde la sua legittimità per il fatto di scaturire dall’ideologia di questo».
205 Per un’analisi della nozione cfr., ex multis, A.DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, cit., 415 ss.;
M.GIORGIANNI, voce Buon padre di famiglia, in Noviss. dig. it., cit., II, 596 ss.;A.LA TORRE, Diritto civile, cit., I, 41 ss.; R.PARTISANI, La diligenza nell’adempimento delle obbligazioni. La clausola di diligenza ex art. 1176 c.c., in P. Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato, cit., 168 ss.
206 Sulla creazione giurisprudenziale francese delle distinte nozioni di debitore particulier e professionnel
cfr.R.MARTIN, Le faute professionnelle, spécialement dans les professions libérales, Lyon, 1934, 247 ss.
strutturazione ed alla complessità dell’organizzazione, si rinviene nella responsabilità
del debitore per il fatto degli ausiliari ex art. 1228 c.c. Invero, la norma richiama la
nozione di colpa esclusivamente per valutare la condotta dell’ausiliario, ma non per
imputare quest’ultima alla responsabilità del debitore, che – dunque – ne risponde in
termini obiettivi
208.
La stretta correlazione esistente tra tipologia dell’obbligazione, stratificazione
dell’organizzazione del debitore ed oggettivazione della responsabilità contrattuale, del
resto, si accorda perfettamente con la tendenza alla “oggettivazione del contratto” di cui
si è ampiamente trattato supra
209.
Come si è visto, anche in quest’ultima tendenza è la valorizzazione dell’elemento
organizzativo a condurre verso caratterizzazioni del contratto in senso tipicamente
oggettivo, poiché quanto più composite divengono le organizzazioni ed i rapporti interni
a queste, tanto più viene avvertita la necessità di perseguire effetti contrattuali certi e
non sottoposti all’arbitrio del solo contraente “forte”. Si può – pertanto – affermare che
il “contratto delle organizzazioni”, oggettivandosi, condiziona anche la responsabilità di
queste, poiché il debitore della prestazione – rilevando nella propria dimensione
professionale e collettiva – oggettivizza la propria responsabilità
210, essendo soggetto ad
una prova liberatoria che esula dalla valutazione della condotta soggettiva
211.
208 In questo senso cfr. F.GALGANO, Trattato di diritto civile, cit., II, 71, secondo il quale «l’art. 1228 c.c.
addossa al debitore una responsabilità oggettiva, che non ammette prova liberatoria: il debitore risponde del fatto degli ausiliari quantunque li avessi scelta con accuratezza e ne avesse vigilato l’operato; subisce per il solo fatto di essersi avvalso di essi, il rischio dei loro fatti dolosi o colposi». In termini analoghi si è espressa anche la Suprema Corte: «il principio, in base al quale l’imprenditore, che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi ausiliari, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, definisce una forma di responsabilità oggettiva, estendendo alla sfera contrattuale la disciplina in materia di tale responsabilità, va ravvisato nell’allocazione dei rischi d’impresa, secondo la quale i danni cagionati dal dipendente devono rimanere a carico dell’impresa stessa, come componenti effettivi dei costi gravanti su quest’ultima» (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2003, n. 5329, in Giust. civ. mass., 2003, 4; Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2001, n. 6756, in Giur. it., 2002, 101).
209 Si rinvia ai paragrafi 1.4 e 1.5.
210 In questo senso sembra esprimersi anche A.SCARPA, Attività bancaria e responsabilità della banca, in
A. Scarpa – G. Fortunato (a cura di), Banche e responsabilità civile, Milano, 2008, 2, il quale osserva come «è in atto un processo di oggettivazione della responsabilità contrattuale che si manifesta come “scomparsa del soggetto debitore”, ossia scomparsa del debitore guardato quale soggetto individuale dell’esperienza, quale soggetto che fa esperienza e organizza conoscenze. Il debitore del singolo rapporto obbligatorio viene trascinato dal processo di oggettivazione dello scambio, e si tramuta in soggetto generalizzato, adatto in astratto a quel tipo di rapporto. I bisogni dell’economia hanno ormai incorporato il sapere privato, e così i lavori, le posizioni professionali, assumono le sembianze di ruoli che gli individui impersonano come maschere. Le nozioni di “prestazione” e di “responsabilità” si ricollegano unicamente al fatto oggettivo del mancato soddisfacimento dell’interesse del creditore, e giammai alla considerazione di un determinato contegno utile del debitore».
211 Come già esposto, la ratio della “oggettivazione del contratto” risiede, in primis, nella tutela del
I riflessi di una simile impostazione si colgono – in particolare – proprio con riferimento
al settore dei trasporti, sia a livello di disciplina generale sia con specifico riferimento al
trasporto aereo di persone.
A livello di teoria generale si pensi – infatti – a quei rapporti contrattuali che includano
un’obbligazione ex recepto
212. In questi non rileva la diligenza del debitore, ma
esclusivamente l’imputabilità della causa dell’inadempimento al debitore, il quale,
danneggiato è ben evidenziato da F. MACARIO, L’autonomia privata, cit. 133., secondo il quale
«s’impone ormai la prioritaria considerazione – rispetto allo schema tradizionale della responsabilità per colpa – della posizione del danneggiato, in una dimensione sempre più oggettiva della responsabilità civile che va coniugandosi con la spersonalizzazione e l’oggettivazione dei processi produttivi. Questa forma di oggettivazione delle fonti dell’obbligazione riscontrabile nel campo tanto del contratto e del negozio quanto dell’illecito, viene rappresentata come processo, in parte culturale (nel senso delle evoluzioni interpretative) e in parte normativo (se si guarda alle evoluzioni legislative)». In senso analogo cfr. U.RUFFOLO, Forma e ideologie nelle categorie giuridiche: volontà negoziale e colpa aquiliana. L’autonomia negoziale nella pianificazione privata, in C. Salvi (a cura di), Categorie giuridiche e rapporti sociali. Il problema del negozio giuridico, cit., 146 ss.
212 Secondo un orientamento dottrinale – peraltro – la specialità del regime di responsabilità ex recepto,
rispetto ai canoni generali dell’art. 1218 c.c., rappresenterebbe una conferma del carattere soggettivo di quest’ultima norma. In questo senso sono da intendersi i contributi di C.CASTRONOVO, Tra rischio e caso fortuito. La responsabilità da cassette di sicurezza, cit., 479;M.GIORGIANNI, L’inadempimento, cit., 254; L.MENGONI, voce Responsabilità contrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., Varese, 1988, XXXIX, 1087. Al contrario secondo altri Autori, che qui si condividono, il regime di responsabilità ex recepto non differirebbe da quello consacrato nell’art. 1218 c.c. Così, O. CAGNASSO – G. COTTINO, I contratti commerciali, Padova, 2009, 501 affermano che «la responsabilità ex recepto non pare costituire più, come
nel diritto romano classico, un’esplicita deviazione dai principi generali (non esente da finalità punitive nei confronti dei soggetti cui si riferiva), anche perché si è corrispondentemente accentuato il rigore del regime della liberazione del debitore», sicché «sembra inutile e distorsivo ritagliare a tutti i costi una disciplina speciale dal corpo delle norme vigenti. Si afferma comunemente che il vettore, essendo tenuto a provare specifici eventi liberatori, risponde delle cosiddette cause ignote, non individuabili e non dimostrabili. Ma il discorso non è sostanzialmente diverso per qualsiasi debitore, dal quale si esige, agli effetti degli artt. 1218 e 1256 cod.civ., la prova che l’impossibilità di prestare è stata provocata da una causa non imputabile e cui toccherebbe pertanto la stessa sorte qualora tale causa non gli riuscisse di identificare». La medesima tesi è condivisa, tra gli altri, da S.BUSTI, Contratto di trasporto terrestre, Milano, 2007, 926; M.IANNUZZI, Del trasporto, in A. Scialoja – G. Branca (a cura di), Commentario del Codice Civile, cit., 267 ss.; U. MAJELLO, Custodia e deposito, Napoli, 1958, 232; G. VISINTINI, La responsabilità contrattuale, Napoli, 1979, 345 ss. Simile orientamento viene ottimamente ribadito da
E.G.ROSAFIO, Il trasporto aereo di cose. Riflessioni sul nuovo regime legale, Milano, 2007, 102-103 secondo la quale «l’equivalenza tra il funzionamento dell’art. 1218 c.c. e dell’art. 1693 c.c. affonda le sue radici nella preferenza accordata a quelle ricostruzioni di stampo oggettivistico […] inclini a non ricondurre la prima delle due disposizioni, così come l’art. 1256 c.c., ad una situazione generica e negativa di non colpa, ma ad esigere espressamente la presenza e, quindi, la prova della causa non imputabile che ha determinato l’impossibilità. Occorre invece che egli dimostri per quale ragione a lui