Con il mutamento del soggetto protagonista della relazioni economico-sociali, che non
viene più identificato nel singolo individuo, ma in aggregazioni di individui che
divengono autonomi centri di imputazioni di interessi
143, si assiste nel Novecento ad una
nuova fase del contratto, i cui effetti si propagano fino ai nostri giorni e come tali
possono essere oggi immediatamente percepibili.
139 Cfr. E. REDENTI, Massimario della giurisprudenza dei probiviri, Roma, 1906, 7, secondo cui «la
santità del contratto, salvaguardando in diritto libertà ed uguaglianza fra i contraenti, copre e giustifica […] lo scambio, con cui l’industriale acquista, a prezzo di fame, il lavoro umano. E quando i lavoratori cercano istintivamente di lottare contro il processo fatale, che li immiserisce, coll’azione e pressione collettiva, i legislatori della libertà, con una incosciente perversione di concetti, concepiscono questi tentativi come un attentato alla libertà stessa e fulminano divieti civili e penali».
140 Cfr. G.CAZZETTA, Scienza giuridica e trasformazioni sociali, cit., 362, che evidenzia come «facendo
proprie analisi diffuse da decenni nella letteratura politico-sociale, la critica dei giuristi alle ingiustizie del contratto di lavoro indicò con forza il contrasto esistente tra la situazione sociale particolare dei lavoratori e un impianto codicistico affidato al solo strumento della libertà contrattuale. E contro la legge ingiusta, contro il sacrale rispetto della formale volontà delle parti invocò l’intervento dello Stato e una funzione sociale della legge». La portata di simile affermazione può essere estesa ad ogni settore giuridico- economico e – dunque – non rimanere confinata solo al rapporto contrattuale tra lavoratori e datori di lavoro.
141 M.C.DIENER, Il contratto in generale, cit., 8.
142 V.ROPPO, voce Contratti e atti giuridici in generale, cit., 397. 143 V.ROPPO, Diritto privato, cit., 73.
Tale tendenza aggregativa è osservabile a tutti i livelli della società e per il
perseguimento di scopi molteplici, a volte persino contrapposti
144.
Così il mercato viene dominato dalla grande impresa, ossia una struttura collettiva che
riveste la forma di società
145; le finalità non lucrative vengono perseguite tramite diverse
tipologie di organizzazioni no profit, che tutelano interessi superindividuali
146; l’attività
dei pubblici poteri si articola in una pletora di enti amministrativi, che in modo capillare
raggruppano competenze omogenee, individuando i diversi livelli ai quali si esplica
l’intervento statale
147.
Comune denominatore di simili organizzazioni è lo strumento giuridico con cui queste
svolgono la propria attività: il contratto. Questo inevitabilmente viene condizionato dal
contesto associativo nel quale deve spiegare le proprie funzioni, sia internamente sia
esternamente ai confini della struttura propria dell’organizzazione
148.
Con riferimento alla funzione “interna”, prodromica ad ogni altra, si pensi al contratto
istitutivo di una società o di una associazione, che condiziona l’esistenza stessa
dell’organizzazione, ovvero a quegli altri contratti
149, che incidono sulla disciplina per
così dire in itinere della struttura associativa.
La dimensione superindividuale di tali contratti è facilmente comprensibile, poiché
questi sono funzionali alla sussunzione in una autonoma istituzione di un interesse
comune ad una pluralità di soggetti.
144 Si pensi alla contrapposizione tra associazioni dei consumatori ed imprese. Entrambe costituiscono
forme organizzate volte a tutelare gli interessi comuni degli individui che le compongono, tuttavia gli interessi dei consumatori sono perlopiù antitetici a quelli delle imprese produttrici di beni e servizi destinati al consumo.
145 Cfr. F. GALGANO, Le società in genere. Le società di persone, Milano, 2007, 100 ss.; ID., Lex
mercatoria. Storia del diritto commerciale, Bologna, 1998.
146 Cfr. A.SANTUARI, Le organizzazioni non profit, Padova, 2012, 1 ss.
147 Cfr. C.FRANCHINI –G.VESPERINI, L’organizzazione, in S. Cassese (a cura di), Istituzioni di diritto
amministrativo, Milano, 2012, 73 ss.
148 Cfr. V.ROPPO, voce Contratti e atti giuridici in generale, cit., 397, il quale evidenzia come prima di
parlarsi di «contratti delle organizzazioni», si debba prodromicamente analizzare il moltiplicarsi dei «contratti per le organizzazioni».
149 Il riferimento immediato è ai c.d. patti parasociali, che L.FARENGA, I contratti parasociali, Milano,
1987, 185 definisce come «quel contratto avente ad oggetto una disciplina di situazioni giuridiche derivanti dalla stipulazione di (o dalla partecipazione ad un contratto di) società». Nello stesso senso cfr. anche A.FUSI, I patti parasociali alla luce della nuova disciplina societaria e le possibili applicazioni dei
voting trust, in Società, 2007, 689, secondo il quale «con il termine patti parasociali si intendono quegli
accordi non vincolanti per la società con i quali i soci o alcuni di essi regolamentano determinati rapporti in modo difforme o complementare rispetto a quanto previsto dall’atto costitutivo della società».
In questo senso il “contratto delle organizzazioni”, nella prospettiva c.d. interna, non
presenta particolari elementi di criticità sotto un profilo di bilanciamento di interessi,
proprio in quanto esso è destinato a realizzare un interesse condiviso dai contraenti.
A conclusioni – invece – diametralmente opposte si giunge ove si consideri la funzione
“esterna” del “contratto delle organizzazioni”.
Invero, le caratteristiche proprie dell’organizzazione ed il maggior rilievo assunto da
questa nei confronti del singolo individuo conducono ad un contratto poco, se non per
nulla, “contrattato”
150, con clausole unilateralmente predisposte dall’organizzazione e
scarsamente modificabili
151.
Per quanto concerne gli effetti – dunque – il “contratto delle organizzazioni”, se
analizzato da una prospettiva monolaterale, non condurrebbe a risultati differenti dal
contratto individuale del liberalismo ottocentesco, in cui l’esasperazione del principio
autonomista della sanctity of contract si risolveva, a livello sostanziale, in una
negazione di quello stesso principio, poiché la sperequata allocazione dei mezzi di
produzione forzava il contraente debole ad accettare acriticamente quanto proposto dalla
controparte
152.
Tuttavia, nel “contratto delle organizzazioni” cambiano entrambi gli attori del rapporto
negoziale, sicché all’organizzazione, intesa come contraente forte, non si contrappone
sic et simpliciter un singolo individuo, ma un’altra organizzazione.
Si noti, però, che la contrapposizione tra organizzazioni non avviene solamente ove i
contraenti siano strutture organizzate stricto sensu, ma altresì qualora i contraenti siano
singoli individui.
150 Cfr. V.ROPPO, Il contratto, cit. 42, che propone la distinzione tra «contratti negoziati», in cui le parti
hanno eguale potere contrattuale, e «contratti non negoziati», nei quali il contraente debole aderisce alla proposta contrattuale unilateralmente predisposta dal contraente forte.
151 Sulla diversa ampiezza dell’autonomia privata delle organizzazioni, in particolare delle società
commerciali, rispetto a quella dei singoli cfr. D.GIORDANO, Le limitazioni all’autonomia privata nelle società di capitali, cit., 10, secondo il quale «se per quanto concerne il diritto civile le ideologie
giusnaturaliste prima e liberiste poi hanno riconosciuto, sia pure in varia misura, come espressione dell’uomo la possibilità di autodeterminarsi liberamente, agendo quasi come legislatori decentrati, in materia societaria l’esercizio dell’autonomia privata, soprattutto per quanto concerne le formazioni societarie di maggior rilievo economico, è sempre stato compresso ed incanalato in argini stretti e ben definiti».
152 Cfr. M.MANTOVANI, Le nullità e il contratto nullo, in V. Roppo (diretto da), Trattato del contratto,
IV, Rimedi, a cura di A. Gentili, Milano, 2006, 9; S.RUSCICA, La nullità del contratto, in L. Viola (a cura
di), Il contratto, cit., I, 707. Particolarmente significative sono le parole di G.ALPA, I Principles of
European Contract Law predisposti dalla Commissione Lando, in Riv. crit. dir. privato, 2000, 484, il
quale ha parlato di «inesorabile tramonto della sanctity of contract» a favore «della subordinazione dell’autonomia privata alla giustizia del contratto».
Anche questi ultimi – infatti – non vengono più intesi in una accezione strettamente
individualistica, bensì collettiva
153, poiché afferenti ad un gruppo organizzato di
individui portatori dei medesimi interessi
154.
Gli esempi relativi ad entrambe le fattispecie non sono difficili da scorgere.
Così, con riferimento ai contraenti che siano anche formalmente organizzazioni, si pensi
ai contratti collettivi di lavoro, che, come rilevato da autorevole dottrina, possono
ritenersi l’emblema del «passaggio del contratto verso una dimensione collettiva-
istituzionale»
155.
Nella contrattazione collettiva il rapporto negoziale non è più tra individui, ma tra
organizzazioni di lavoratori e di datori di lavoro, sì da poter appianare le sperequazioni
conseguenti alla diversa allocazione dei mezzi di produzione
156e giungere ad un
contemperamento di interessi tale da non frustrare de facto l’autonomia contrattuale, la
quale non si svolge più a livello individuale, ma collettivo.
Considerazioni simili possono essere compiute anche per quanto concerne i contratti in
cui una delle parti sia un singolo individuo.
Basti indugiare – in merito – sui contratti che involgano la nozione di consumatori
157.
153 Cfr. G. ALPA, La responsabilità civile. Parte generale, cit., 165, il quale, con riferimento
all’imputazione delle conseguenze dannose di un danno, osserva come «ciascuno» rilevi «in quanto appartenente ad una determinata categoria (di “automobilista”, ad esempio, oppure di “lavoratore”, quando non di “contribuente”)».
154 Si pensi al fenomeno della c.d. autonomia assistita, in cui il contratto non viene stipulato a livello
collettivo, bensì dal singolo, il quale – tuttavia – viene assistito nella contrattazione dall’organizzazione cui appartiene. Così, ai sensi dell’art. 410 c.p.c., le transazioni sulle controversie di lavoro debbono essere concluse tramite l’assistenza del sindacato; gli accordi che concernono i rapporti agrari si stipulano in presenza delle organizzazioni dei lavoratori agricoli e dei proprietari (cfr. art. 23, terzo comma, L. 11 febbraio 1971, n. 11, recante la Nuova disciplina dell’affitto di fondi rustici). Analoga disposizione era prevista dalla L. 8 agosto 1992, n. 359 in materia dei c.d. patti in deroga, che potevano essere conclusi solo mediante l’intervento delle associazioni degli inquilini e dei proprietari, disciplina oggi sostituita dall’art. 2, L. 9 dicembre 1998, n. 431, che consente deroghe alla tutela legale in favore dell’inquilino solo ove il regime derogatorio sia conforme al contratto tipo concordato in sede locale fra le contrapposte organizzazioni di categoria. Per un’analisi delle diverse applicazioni pratiche della c.d. autonomia assistita cfr. A.GENTILI, L’autonomia assistita del diritto privato, in G. Perone – A. Vallebona (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, Torino, 2004, 387 ss.
155 V.ROPPO, voce Contratti e atti giuridici in generale, cit., 397.
156 Cfr. G.GIUGNI –S.SCIARRA, voce Contrattazione collettiva, in Noviss. Dig. it., Torino, 1980, II, 606
ss.;S.LIEBMAN, Usi aziendali, volontà negoziale dell’imprenditore e autonomia collettiva, in Giust. civ., 1997, I, 1347; F. SCARPELLI, Autonomia collettiva e autonomia individuale nella regolazione del
rapporto dei lavoratori parasubordinati, in Lavoro e diritto, 1999, 553;C.SCOGNAMIGLIO, L’autonomia privata assistita, in Riv. giur. sarda, 1999, 645.
157 Cfr. G. ALPA, I contratti dei consumatori e la disciplina generale dei contratti e del rapporto
obbligatorio, in Riv. dir. civ., 2006, 352; G. BENEDETTI, La tutela del consumatore e autonomia contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 17; G.MINERVINI, La dichiarazione di contrarre in qualità di consumatore o di professionista e la nuova disciplina in tema di clausole vessatorie, in Studi in onore
Questi, all’interno dello schema negoziale, non rilevano nella propria dimensione
individuale, bensì in quella di categoria
158, ossia come componenti di un’organizzazione
di individui accomunati dai medesimi interessi
159.
In tal caso l’organizzazione imprenditoriale deve confrontarsi con un’altra
organizzazione che persegue finalità antitetiche alla prima. Così, se per l’imprenditore
lo scopo è quello del maggior profitto, per il consumatore sarà quello del massimo
risparmio; se il primo ha interesse ad allargare il novero di ipotesi di esclusione della
propria responsabilità, il secondo opterà per una restrizione delle stesse
160.
di P. Rescigno, Milano, 1998, III, 459; G.STELLA RICHTER, Il tramonto di un mito: la legge uguale per tutti (dal diritto comune dei contratti al contratto dei consumatori), in Giust. civ., 1997, II, 757.
158 Cfr. G.ALPA, Il codice del consumo, in Contratti, 2005, 1056; V.CUFFARO, Codice del consumo,
Milano, 2008, 37 ss.; E.MINERVINI, La dimensione collettiva della tutela in materia contrattuale, in F.
Macario – M.N. Miletti (a cura di), Tradizione civilistica e complessità del sistema: valutazione storiche e
prospettive della parte generale del contratto, cit., 383 ss.
159 Il rilievo assunto dai gruppi organizzati di consumatori viene suggellato anche dal legislatore che
all’art. 137, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 istituisce un apposito elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale.
160 Tale contrapposizione, come rilevato da D. GIORDANO, Le limitazioni all’autonomia privata nelle
società di capitali, cit., 8 si traduce in un intervento riequilibrativo che «assolve, indirettamente, anche la
funzione di migliorare l’efficienza delle imprese che non potendo acquisire una posizione di forza facendo leva sull’abuso di una posizione dominante saranno costrette a migliorare la loro concorrenzialità razionalizzando il processo produttivo, abbassando i prezzi e investendo in rinnovamento tecnologico». I benefici della peculiare tutela di cui godono i consumatori si possono – inoltre – cogliere anche sotto altro profilo. Invero, la possibilità di inserire dei correttivi ad un potere contrattuale sbilanciato in favore di una sola parte, nata con riferimento ai contratti conclusi dai consumatori, è stata estesa anche ai contratti tra professionisti. Ha – infatti – rilevato P.SANNA, L’attuazione della dir. 2000/35/Ce in materia di lotta
contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali: introduzione al d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231,
in Resp. civ. e prev., 2003, 265 ss. «Se in un primo tempo gli interventi comunitari sembravano interessare esclusivamente l’area dei contratti del consumatore, creando un moto centrifugo di questi ultimi rispetto alla disciplina dei contratti commerciali, alla luce degli sviluppi attuali la divaricazione tra transazioni commerciali bilaterali pure, business to business, ed unilaterali qualificate, business to
consumer, sembra si vada sempre più riducendo nel segno unificante di una esigenza generale di
correttezza nei rapporti contrattuali di cui è teatro il mercato nella sua concezione più evoluta. Si assiste all’emersione del nuovo “paradigma” dei contratti caratterizzati da “asimmetria di potere contrattuale”, che pur edificato originariamente sulle discipline dei contratti del consumatore manifesta una forza espansiva che lo proietta al di là di quel campo e che prescinde da una riduttiva e rigida categorizzazione socio-economica delle parti contraenti. Il segno tangibile del new deal in campo contrattuale è rappresentato dai Principles of European Contract Law dove il ricorre quasi ossessivo del principio di buona fede in senso oggettivo rappresenta una sorta di rito propiziatorio finalizzato alla introduzione di un controllo giudiziale di tutti quegli scambi che fuoriescono dagli usuali parametri mercantili proprio attraverso una correzione del contratto tale da renderlo conforme a buona fede e correttezza. In questo senso si inscrive anche la previsione dell’art. 7, d.lgs. cit., che, nell’affidare al giudice il compito di ricondurre ad equità il contenuto dell’accordo gravemente iniquo, sembra vulnerare il principio della
sanctity of contract proprio all’interno del suo sancta sanctorum rappresentato dai rapporti contrattuali tra
La dimensione superindividuale del consumatore trova un precipuo riscontro a livello
normativo, laddove il legislatore non si limita ad indicarlo genericamente come parte
del contratto, ma lo identifica specificamente rispetto alla categoria cui appartiene
161.
La tendenza di ricondurre i singoli contraenti alle organizzazioni (ovvero ai centri di
imputazioni di interessi) cui appartengono, rappresenta – dunque – lo strumento per
tentare di recuperare, almeno potenzialmente e sul piano sostanziale, un’autonomia
contrattuale che l’esperienza liberale non era riuscita a salvaguardare
162.
Tuttavia, tale autonomia più che sul piano proprio del contratto, si ritiene più corretto
ricondurla al livello normativo
163.
Invero, non può sottacersi che, nell’età contemporanea, ai tradizionali attori del rapporto
contrattuale si è aggiunto anche lo Stato
164.
Oggi il diritto dei contratti è fortemente condizionato dall’ampio intervento statale, che
in nome di precise politiche di welfare svolge un ruolo attivo nelle dinamiche del
mercato
165. Rappresentando il contratto il principale strumento operativo di tali
161 Così il Titolo I della parte terza del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, ovvero l’art. 1469 bis c.c. fanno
espresso riferimento ai contratti conclusi tra «consumatore» e «professionista» e non, genericamente, ai contratti stipulati da due parti non identificate come avviene per la maggior parte delle disposizioni contenute nel Titolo II del Libro IV del Codice Civile.
162 Con precipuo riferimento alla tutela dei consumatori sono particolarmente efficaci le parole di E.M.
LOMBARDI, Garanzie e responsabilità nella vendita dei beni di consumo, Milano, 2010, 127-128, secondo cui «l’ordinamento comunitario ha cercato, così, di assicurare l’obiettivo di una maggiore giustizia del contratto, mediante la predisposizione di una serie di garanzie dell’equilibrio contrattuale delle parti la cui applicabilità al caso concreto è stata subordinata alla presenza, in capo alle parti, delle qualificazioni soggettive di “consumatore” e “professionista” e non alla semplice sussistenza di uno squilibrio contrattuale tra i contraenti. Ne è seguito che, per imprescindibili esigenze di tutela, quel processo di spersonalizzazione del contratto iniziato agli albori del XX secolo, ha subito una evidente compressione, in quanto la condizione di “consumatore” è divenuta elemento fondante l’applicazione della disciplina, di derivazione comunitaria, che a questi si riferisce, comportando che dalla centralità della dichiarazione di volontà si è passati alla centralità della veste soggettiva della parte contraente. L’iter sviluppatosi e affermatosi negli ultimi anni è stato, quindi, diretto all’introduzione di una “giustizia contrattuale settoriale” che, rinnegando il tradizionale sistema incentrato sull’irrilevanza della qualificazione economica delle parti contraenti, ha comportato l’inevitabile frammentazione e diversificazione della disciplina applicabile alla contrattazione tra consumatori e imprese».
163 Osserva V.ROPPO, Il contratto, cit., 64 che «l’affermarsi di un modello di società “neocorporativa”
allarga l’area entro cui le decisioni formalmente pubbliche sono, in realtà, negoziate informalmente con i destinatari delle stesse (i vari ceti e gruppi d’interesse o di pressione). Il fenomeno investe la stessa attività legislativa: si parla di legge “contrattata”, proprio a indicare che spesso il contenuto delle norme peodotte dal Parlamento riflette trattative e accordi che hanno luogo, fuori della formale sede parlamentare, con le categorie sociali o comunque coi centri di interesse che saranno toccati dalle norme medesime» (corsivo dell’A.).
164 Qui la nozione di Stato è intesa in senso ampio, comprensiva di qualsiasi organismo pubblico dotato di
potere normativo. A ciò è naturalmente necessario aggiungere il legislatore comunitario.
165 L’intervento statale sul piano dell’autonomia negoziale privata è – infatti – in larga parte giustificato
dal mutato assetto costituzionale, sicché detto intervento trova precisa legittimazione proprio nei precetti contenuti nella Costituzione. Sui rapporti tra diritto privato e Costituzione cfr. A.CERRI, La Costituzione e il diritto privato, in P. Rescigno (a cura di), Trattato di diritto privato, Torino, 1999, I, 127 ss.; A.
dinamiche, è inevitabile che esso rappresenti anche il luogo di sintesi di suddetto
intervento, che si svolge sia sul piano prodromico della formazione del contratto, sia su
quello successivo della sua esecuzione e dei suoi effetti.
In simile contesto è naturale che l’autonomia contrattuale si esplichi a monte del singolo
contratto, ossia in sede normativa. Questa diventa il momento ed il luogo di silloge delle
contrapposte “autonomie private” delle diverse organizzazioni coinvolte da un
determinato modello contrattuale, cui lo Stato tenta di dare composizione e
funzionalizzare in base al proprio indirizzo politico.
Si assiste così ad una legislazione in materia contrattuale sempre più “contrattata”
166.
Il gioco di parole riflette efficacemente l’attuale tendenza in tema di autonomia privata:
i singoli contraenti “delegano”
167la propria personale autonomia alle organizzazioni cui
appartengono, in quanto solo queste dispongono dell’adeguata rappresentatività ed
FALZEA, La costituzione e l’ordinamento, in Riv. dir. civ., 1998, I, 261 ss.; A. LISERRE, Tutele costituzionali della autonomia contrattuale, Milano, 1971; F.S.MARINI, Il «privato» e la costituzione,
Milano, 2000;L.MENGONI, Autonomia privata e Costituzione, in Banca, borsa e tit. cred., 1997, I, 1; ID.,
Persona e iniziativa economica privata nella costituzione, in G. Vettori (a cura di), Persona e mercato,
Padova, 1996, 33 ss.; M.NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1975; P.RESCIGNO, Il principio di uguaglianza in diritto privato, in Persona e comunità, Bologna, 1966, 335 ss. Tuttavia,
bisogna rilevare che, anche in epoca antecedente alla promulgazione della Costituzione, il legislatore del 1942 aveva predisposto, agli artt. 1341 e 1342 c.c., alcune garanzie a tutela della parte “debole” nella contrattazione uniforme sulla spinta di una parte della dottrina nazionale, tra i quali F. Carnelutti, che aveva preconizzato i pericoli insiti in un contratto per adesione unilateralmente predisposto. Per una approfondita trattazione, anche sul piano storico, della tematica cfr. V.FRANCHI, Le condizioni generali
di contratto ed i contratti conclusi mediante moduli o formulari. La tutela della parte debole non predisponente nei confronti delle clausole vessatorie ed abusive, in P. Fava (a cura di), Il contratto, cit.,
833.
166 Sul concetto di legge “contrattata” cfr. P.BARCELLONA, La Repubblica in trasformazione. Problemi
istituzionali del caso italiano, Bari, 1978, 70; ID., Stato e magistratura nella crisi. Forma della
conflittualità e apparati di mediazione, Venezia, 1979, 34 ss.; ID., Dallo stato sociale allo stato immaginario. Critica della «ragione funzionalista», Torino, 1994, 206.
167 Si tratta naturalmente di una delega impropria, non equiparabile all’istituto privatistico della
rappresentanza, ma piuttosto assimilabile al concetto di democrazia rappresentativa, poiché, come osservato da F. DAL CANTO, I principi fondamentali, in R. Romboli (a cura di), Manuale di diritto costituzionale italiano ed europeo, Torino, 2011, I, 124, «con riguardo agli istituti di democrazia