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La rottura con il passato: il Montreal Agreement del 1966 ed il Protocollo del Guatemala

Una ulteriore importante tappa nell’evoluzione del sistema è rappresentata dal Montreal

Agreement del 1966 (o CAB 1966), concluso fra le compagnie aeree aderenti alla

I.A.T.A. e l’ente federale statunitense preposto all’aviazione civile. Tale iniziativa ha

tracciato un solco in cui si sono – poi – andate inserendo le iniziative di altre compagnie

aeree, dietro le sollecitazioni delle autorità amministrative dello Stato in cui esse

operavano in via principale

47

.

Scopo dell’intesa era di evitare la denuncia alla Convenzione di Varsavia (come

emendata in base al Protocollo del 1955) da parte degli Stati Uniti d’America, i quali

contestavano, come si è accennato, soprattutto l’esiguità dei limiti risarcitori in essa

stabiliti, inferiori ai risarcimenti corrisposti per i voli interni USA e – pertanto –

considerati inidonei in caso di danno o morte al passeggero

48

. L’ostilità degli Stati Uniti,

46 T. BALLARINO S.BUSTI,Diritto aeronautico e spaziale, cit., 611 ss.; M.COTTONE,Il trasporto aereo

di persone, cit., 35.

47 Per un’ampia e dettagliata ricognizione delle vicende storiche che hanno accompagnato la transizione

tra il sistema di Varsavia alla convenzione di Montreal, cfr. S. BUSTI,Contratto di trasporto aereo, cit.,

735.

48 La lamentata inadeguatezza dei limiti risarcitori era, in realtà, connessa anche alle sorti dell’unità di

conto utilizzata nella Convenzione di Varsavia, il franco-oro (o franco Poincaré). Fino a quando il valore dell’oro rimase elevato, i massimali previsti dalla normativa uniforme risultarono soddisfacenti. A partire dagli anni ’50 la perdita di valore della moneta statunitense si ripercosse negativamente sul valore

le cui Corti avevano già esperito vari tentativi volti ad eludere l’applicazione del regime

uniforme e che da soli rappresentavano un quarto del traffico aereo internazionale, era

ritenuto motivo di preoccupazione soprattutto in relazione alla possibilità che da parte di

altri Paesi potessero sollevarsi analoghe iniziative

49

.

É in tale circostanza che il 13 maggio 1966 fu sottoscritto l’accordo CAB 1966 tra le

compagnie aeree che operavano nel territorio statunitense ed il Civil Aeronautical

Board (CAB).

Sotto il profilo formale, benché si trattasse, prima facie, di un’intesa di carattere

meramente amministrativo e come tale non suscettibile di derogare al regime già fissato

nella Convenzione di Varsavia

50

, a conferire particolare autorevolezza a suddetto

accordo fu la circostanza che il suo contenuto fosse destinato ad essere trasfuso nelle

condizioni generali di contratto delle stesse Compagnie contraenti

51

.

In particolare, nell’agreement del 1966 fu stabilito – relativamente ai voli in partenza,

sosta o transito negli USA – in primo luogo l’innalzamento volontario del limite

risarcitorio per i danni alla persona (che venne fissato a 75.000 USD) e, in secondo

luogo, la rinuncia per il vettore ad avvalersi della prova liberatoria prevista dall’art. 20.1

della Convenzione di Varsavia

52

.

Come è agevolmente intuibile la peculiarità dell’agreement del 1966 risiede proprio

nelle innovazioni introdotte in tema di prova liberatoria, consistenti nella rinuncia e,

quindi, nella preclusione, per il vettore, della possibilità di provare di aver posto in

essere tutte le misure idonee ad evitare il danno. A tale proposito è stato sostenuto che,

de facto, con tale accordo sarebbe stato, seppur con qualche contrasto

53

, abbandonato il

dell’oro, determinando così uno squilibrio nelle transazioni. Sul punto cfr. T. BALLARINO – S.BUSTI,

Diritto aeronautico e spaziale, cit., 641 ss.

49 Cfr. Ivi, 612; M.COTTONE,Il trasporto aereo di persone, cit., 36.

50 Si tratta, cioè, di uno strumento che non modificava, ma soltanto affiancava il sistema di Varsavia. Cfr.

S. BUSTI,Contratto di trasporto aereo, cit., 735.

51 In dottrina sono stati formulati dubbi in relazione alla validità dell’accordo, in particolare, con riguardo

alla possibilità che di fatto, attraverso una deroga pattizia al regime convenzionale, si fosse venuto a prevedere un sistema nel complesso meno favorevole per il passeggero rispetto ai principi del sistema di Varsavia. Cfr. T. BALLARINO –S.BUSTI,Diritto aeronautico e spaziale, cit., 628.

52 In base al primo paragrafo dell’art. 20 della Convenzione di Varsavia, «le transporteur n’est pas

responsabile s’il prouve qui lui et ses préposés ont pris toutes les mesures nécessaires pour éviter le dommage ou qu’il leur état impossibile de les prendre». Il secondo paragrafo, contenente l’esenzione da

responsabilità per «faute de pilotage, de conduite de l’aéronef ou de navigation», era (già) stato soppresso con il Protocollo dell’Aja del 1955, art. X.

53 T. BALLARINO S.BUSTI,Diritto aeronautico e spaziale, cit., 637; A. ANTONINI, La responsabilità del

precedente regime di responsabilità per colpa presunta, in favore di un regime di

responsabilità oggettiva, limitata

54

.

La conseguenza più immediata del Montreal Agreement si tradusse – tuttavia – nella

coesistenza di tre differenti regimi giuridici in materia di responsabilità vettoriale,

segnatamente costituiti dalla Convenzione di Varsavia, con e senza gli emendamenti

introdotti con il Protocollo dell’Aia 1955, nonché dall’Accordo CAB 1966. La

confusione normativa e giurisprudenziale che ne seguì suggerì la necessità di pervenire

ad un nuovo testo uniforme in grado di ripristinare l’omogeneità del caotico regime

legislativo esistente.

L’obiettivo, almeno formalmente, venne raggiunto con l’adozione del Protocollo del

Guatemala dell’8 marzo 1971, con il quale fu sancito in via definitiva l’abbandono della

filosofia “protettiva” (per il vettore) di cui alla Convenzione di Varsavia. Con il

Protocollo del Guatemala

55

, in particolare, fu stabilito – oltre all’introduzione del

predetto regime di responsabilità oggettiva del vettore per i danni subiti dal

passeggero

56

– l’aumento del massimale per il risarcimento danni alle persone,

consistente in un limite risarcitorio invalicabile fissato (dall’art. VIII) in 1.500.000

franchi-oro

57

.

Montreal, Varsavia-Montreal, Regolamento comunitario, cit., 626; M.COTTONE,Il trasporto aereo di persone, cit., 36.

54 Come ampiamente illustrato supra (v. paragrafo 1.6), mentre il criterio della responsabilità soggettiva

(o per colpa) si fonderebbe, secondo l’oponione tradizionale, sul rispetto di un canone di diligenza imposto al vettore (il quale, qualora non ottemperi a tali canoni di diligenza, pone in essere un comportamento colposo o doloso), la responsabilità oggettiva è basata sulla prova dell’esistenza di uno specifico fattore esonerativo della responsabilità e del nesso causale tra danno ed evento, non essendo sufficiente la prova del rispetto dei canoni di diligenza imposti al debitore della prestazione. Sul punto, è stato osservato come la presenza nella normativa uniforme di fattispecie tassativamente elencate, esonerative dalla responsabilità, sia superflua all’interno di sistemi normativi improntati sul solo principio di responsabilità per colpa. Così, G. BOI, Diritto uniforme e diversi modi di trasporto: riflessioni comparate, cit., 658.

55 Sull’argomento cfr. N.MATEESCO MATTE,Traité de droit aérie-aeronautique, cit., 427.

56 È stato osservato, comunque, che il passaggio dal regime di responsabilità soggettiva per colpa presunta

(caratteristico della Convenzione di Varsavia 1929) al regime di responsabilità oggettiva (fondato sulla rilevanza del nesso causale) si era già verificato con il Montreal Agreement del 1966, in base al quale la rinuncia alla prova liberatoria per il vettore (ex art. 20 della Convenzione di Varsavia) ha permesso l’attribuzione della responsabilità al vettore per i fatti dannosi sulla base del solo nesso causale. Sul punto cfr. A. ANTONINI, La responsabilità del vettore aereo per il trasporto di persone e cose nella più recente

evoluzione normativa: protocolli di Montreal, Varsavia-Montreal, Regolamento comunitario, cit., 626. Contra, T. BALLARINO –S.BUSTI,Diritto aeronautico e spaziale, cit., 637. In merito al Protocollo del

Guatemala è stato – invece – notato come questo (al pari del Protocollo dell’Aja 1955) abbia introdotto pochissime norme autonome, essendosi limitato a modificare il regime della Convenzione di Varsavia e lasciando, quindi, che tale Convenzione restasse in vigore, seppur «amendée». In tale senso cfr. Ivi, 612.

57 I massimali per i risarcimenti furono – inoltre – considerati insuperabili («infranchissables»). Tale

Gli artt. IV e V, contenenti emendamenti ai rispettivi artt. 17 e 18 della Convenzione,

prevedevano – infatti – una certa enfatizzazione dell’obbligo di protezione del vettore.

Infatti, il sorgere della responsabilità vettoriale era subordinato «upon condition only»

che l’evento causativo del danno alla persona, della morte del passeggero o del

danneggiamento delle cose trasportate si fosse verificato a bordo dell’aeromobile o

durante le operazioni di imbarco, di sbarco o, comunque, strumentali al trasporto

stesso

58

.

In merito alle eventuali irregolarità contenute nel biglietto di passaggio, nell’art. II

(contenente la riformulazione dell’art. 3 della Convenzione) era stata sancita, in ogni

caso, la validità del contratto di passaggio e la sua sottoposizione – anche per quanto

concerneva il regime di responsabilità ivi previsto – alla normativa uniforme.

59

Quanto all’art. 20 del sistema di Varsavia, l’art. VI del Protocollo del 1971 lo aveva

sostituito integralmente, prevedendo, per i soli danni da ritardo nel trasporto di

passeggeri e bagagli, un’ipotesi di esenzione da responsabilità del vettore che fosse in

grado di offrire la prova della due diligence vettoriale. Quanto alle merci – invece –

l’esenzione da responsabilità era stata riferita anche ai danni «resulting from

destruction, loss» e «damage»

60

.

L’art. X, nel riformulare l’art. 25 della Convenzione, aveva previsto, comunque, la non

applicazione della limitazione della responsabilità vettoriale per il caso in cui fosse stato

provato «that the damage resulted from an act or omission of the carrier, his servants

or agents, done with intent to cause damage or recklessly and with knowledge that

damage would probably result». Era stato così riproposto il canone di responsabilità

colpa grave o per altri elementi estranei alla Convenzione. Così Ivi, 645. I delegati statunitensi, in particolare, proposero un sistema di integrazioni al risarcimento per la morte o le lesioni alla persona, applicabile singolarmente dagli Stati, attraverso piani supplementari di indennizzo. Cfr. M.COTTONE,Il trasporto aereo di persone, cit., 37.

58 Per i bagagli il lasso di tempo utile a far sorgere la responsabilità vettoriale è quello «during any period

within which the baggage was in the charge of the carrier», mentre – con riguardo alle merci – si ha

riguardo all’evento prodottosi «during the carriage of air». Nel paragrafo 2 del così emendato art. 18 della Convenzione viene altresì precisato che «the carriage of air within the meaning of the preceding

paragraph comprises the period during which the cargo is in the charge of the carrier, whether in an airport or board an aircraft, or, in the case of landing outside an airport, in any place whatsoever».

59 L’art. 3 (come emendato dal Protocollo di Guatemala City), al par. 3 dispone – infatti – che «non-

compliance with the provisions of the foregoing paragraphs shall not affect the existence or the validity of the contract of carriage, which shall, none the less, be subject to the rules of this Convention including those relating to limitation of liability».

60 L’art. 20, riformulato in base all’art. VI del Protocollo del 1971, dispone che, per il trasporto di

vettoriale fondato sul dolo o sulla colpa temeraria e consapevole, con l’ulteriore

precisazione che, trattandosi di un preposto del vettore, fosse offerta l’ulteriore prova

che questi avesse agito nell’esercizio delle sue funzioni

61

.

Una novità introdotta con il Protocollo di Guatemala City riguardava l’introduzione di

un ulteriore foro, oltre a quelli già indicati nell’art. 28 della Convenzione di Varsavia.

62

L’art. XII emendava – infatti – l’art. 28, indicando come competente anche il tribunale

del luogo di residenza o domicilio del passeggero, qualora il vettore avesse ivi una sede

e si trattasse del territorio di una delle parti contraenti del Protocollo.

In base al nuovo regime del 1971, il meccanismo di responsabilità (oggettiva e limitata)

del vettore incontrava – tuttavia – delle deroghe, contenute negli articoli IV e VII

(modificativi del regime contenuto negli artt. 17 e 21 della Convenzione di Varsavia)

63

e

disciplinanti, rispettivamente, l’esclusione della responsabilità per i casi specifici di

morte o lesione personale dovuti allo stato di salute del passeggero

64

o di contributory

negligence del danneggiato

65

. Si trattava di due elementi che, in ogni caso, non erano

riferiti all’elemento psicologico (cioè alla colpevolezza del vettore), ma al nesso

causale.

and his servants and agents have taken all the necessary measures to avoid the damage or that it was impossible for them to take such measures». Analogamente è disposto per il trasporto delle merci.

61 Il tenore letterale dell’emendato art. 25 del testo uniforme è, infatti, il seguente: «provided that, in the

case of such act or omission of a servant or agent, it is also proved that he was acting within the scope of his employment».

62 In base all’art. 28 (non emendato) della Convenzione, l’azione per responsabilità deve essere promossa

a scelta del richiedente, nel territorio di uno degli Stati contraenti, sia davanti al tribunale del domicilio del vettore, della sede principale del suo servizio o del luogo in cui egli possiede uno stabilimento attraverso il quale il contratto è stato concluso, sia davanti al tribunale del luogo di destinazione. A tale proposito è stato osservato che i redattori della Convenzione di Varsavia hanno privato il passeggero internazionale di ricorrere «to the jurisdiction of its personal law». Così J.HERMIDA, The new Montreal

convention: The International Passenger’s Perspective, in Air&Space Law, XXVI/3, 2001, 151.

63 Secondo l’art. 17 della Convenzione di Varsavia 1929, «le transporteur est responsable du dommage

survenu en cas de mort, de blessure ou de toute autre lésion corporelle subie par un voyageur lorsque l’accident qui a causé le dommage s’est produit à bord de l’aéronef ou au cors de toute opérations d’embarquement et de débarquement».

64 Nell’art. IV del Protocollo del Guatemala è previsto che «the carrier is liable for damage sustained in

case of death or personal injury of a passenger upon condition only that the event which caused the death or injury took place on board the aircraft or in the course of any of the operations of embarking or disembarking. However, the carrier is not liable if the death or injury resulted solely from the state of health of the passenger». Analogamente, per le cose trasportate, è prevista una esenzione di responsabilità

«if the damage resulted solely from the inherent defect, quality or vice of the baggage», comprendendo, il termine «baggage», sia il bagaglio registrato sia gli altri oggetti trasportati dal passeggero.

65 Nell’art. VII del Protocollo del Guatemala è stabilito che «if the carrier proves that the damage was

caused or contributed to by the negligence or other wrongful act or omission of the person claiming compensation, the carrier shall be wholly or partly exonerated from his liability».

Per tale motivo, come si è già precisato, il regime di responsabilità espresso dal

Protocollo del Guatemala, rispetto ai canoni espressi dalla Convenzione di Varsavia, è

stato considerato oggettivo e non più soggettivo

66

.

Il Protocollo del 1971 – tuttavia – ebbe un successo ancor più limitato rispetto al

Protocollo dell’Aja 1955 (il quale, invece, fu rifiutato soltanto dagli USA), non avendo

ottenuto il numero necessario di ratifiche per la sua entrata in vigore

67

.

Successivamente, gli Stati membri della Convenzione e del Fondo Monetario

Internazionale si riunirono a Montreal nel tentativo di modificare ancora una volta il

sistema di Varsavia. Furono così conclusi i c.d. quattro Protocolli di Montreal del 25

settembre 1975

68

.

Anche questi accordi andarono incontro all’insuccesso, avendo raccolto un numero

insignificante di ratifiche

69

(l’unica novità di rilevo è data dalla sostituzione dell’unità di

conto, prevista dalla Convenzione di Varsavia, con i diritti speciali di prelievo

70

).