Si sintetizzano di seguito i principali risultati emersi dall’analisi effettuata, con particolare riferimento agli obiettivi conoscitivi dichiarati nell’introduzione a questo lavoro.
• La formazione individuale
Nel periodo 2000-2008 il numero di voucher erogati per la formazione individuale degli occupati supera le 16mila unità.
Dall’analisi dei dati contenuti negli archivi amministrativi emerge che la maggioranza dei beneficiari è costituita da occupati che partecipano a un solo corso, integralmente finanziato da Regione Toscana. Le scelte dei lavoratori si orientano su corsi relativi a skill generici, quali l’apprendimento delle lingue e dell’informatica. Ciò nonostante, si ha un nucleo non trascurabile di lavoratori che svolgono una formazione legata all’acquisizione di competenze più specifiche e direttamente connesse all’attività professionale svolta (servizi alle persone, vendite e marketing, tecniche e tecnologie di produzione). Una quota considerevole di lavoratori è impegnata in attività formative a carattere semi-obbligatorio (ambiente e sicurezza sul lavoro, servizi anti-incendio): in questo caso si può presumere che le imprese abbiano trasferito sui voucher parte degli oneri legati a progetti di formazione aziendale.
Dall’analisi delle informazioni ricavate attraverso l’indagine diretta si delinea un profilo dei beneficiari dei voucher caratterizzato da una elevata scolarizzazione rispetto alla popolazione toscana occupata, che è invece polarizzata sui titoli di studio medio-bassi.
Un altro elemento da evidenziare concerne le caratteristiche demografiche dei destinatari dei voucher: i più istruiti concentrano i periodi di formazione in giovane età, all’ingresso nel mercato del lavoro; mentre sono i meno scolarizzati coloro che più frequentemente degli altri posticipano la formazione dopo i cinquant’anni, quando entrano a far parte del segmento della popolazione attiva che più di altri necessita di un sostegno specifico per mantenere il proprio profilo professionale attrattivo per un mercato del lavoro in continua evoluzione.
I fruitori dei voucher svolgono per lo più un lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato e con mansioni impiegatizie in imprese di medie dimensioni: emerge, pertanto, una caratterizzazione, come sottolineato anche nel corso del focus group, che penalizza coloro che hanno contratti di lavoro a termine, chi svolge professioni poco qualificate e chi, la maggioranza in Toscana, è occupato in aziende di piccole e piccolissime dimensioni.
La decisione di effettuare un investimento in formazione continua si origina per lo più da un’iniziativa personale, come conseguenza di un’autovalutazione delle proprie conoscenze o competenze, come confermato anche dai partecipanti al focus group. Anche se la scelta di frequentare un corso di formazione è per lo più presa in modo autonomo, il motivo prevalente che vi soggiace è di solito di tipo professionale: nello specifico prevale il desiderio di implementare le proprie competenze per svolgere al meglio l’attuale attività lavorativa. È, però, probabile che riuscire a svolgere meglio il proprio lavoro sia percepito dai lavoratori come un viatico per raggiungere altri obiettivi in un secondo momento: dall’ottenimento di una promozione nell’azienda in cui si è occupati all’aumentare le probabilità di trovare un nuovo e più profittevole impiego.
Tra i fattori che disincentivano la partecipazione ad attività di lifelong learning prevalgono l’elevato carico di lavoro e la ridotta disponibilità di tempo: ciò è sicuramente riconducibile al fatto che chi decide di seguire corsi di formazione in modo autonomo rispetto all’impresa nella
quale lavora può incontrare maggiori difficoltà di conciliazione tra i due impegni (il lavoro e la formazione) rispetto ai colleghi che frequentano corsi aziendali. Tra i fattori disincentivanti più rilevanti devono essere inclusi anche gli elevati costi dei corsi, problematica che con l’erogazione dei voucher formativi può essere considerata in gran parte risolta, poiché il finanziamento pubblico copre mediamente il 90% della spesa totale.
Da sottolineare, inoltre, vi è il fatto che tra coloro che hanno utilizzato i voucher formativi nel periodo di osservazione (2000-2008), la quasi totalità se ne è avvalso un’unica volta. Questa evidenza empirica trova una parziale giustificazione in alcune delle considerazioni emerse nel corso del focus group: per i partecipanti, infatti, la formazione non favorirebbe in modo evidente nuove possibilità di impiego né progressioni nell’azienda in cui lavorano. In sintesi, pertanto, a disincentivare un nuovo investimento in formazione potrebbe contribuire la carenza di feedback positivi, in termini sia di maggiori opportunità nel mercato del lavoro, sia di maggiori probabilità di ottenere una promozione o una stabilità contrattuale nell’attuale posto di lavoro.
Scarso è l’interesse verso i corsi destinati a categorie specifiche di occupati (donne, laureati, occupati in mobilità): ciò potrebbe essere imputabile in parte alla domanda, caratterizzata da profili con un’età giovane e un titolo di studio medio-alto, in parte all’offerta formativa, che è strutturata in modo più generalista al fine di incontrare l’interesse di un numero di persone più ampio possibile a scapito di target tradizionalmente più deboli.
Il focus ha confermato quanto emerso dall’indagine quantitativa relativamente al buon grado di soddisfazione di coloro che hanno intrapreso un percorso formativo utilizzando i voucher, nonostante le aspettative e le finalità iniziali relative alla mobilità professionale siano state soddisfatte solo in parte. Discriminante risulta anche in questo caso il titolo di studio: sono, infatti, i meno scolarizzati i più soddisfatti, a conferma del fatto che è più difficile sensibilizzare questa categoria di lavoratori rispetto all’importanza della formazione continua per il percorso lavorativo individuale. Quando, però, questa operazione riesce, ne viene particolarmente apprezzata l’utilità.
Attraverso l’utilizzo di indicatori più analitici si evidenzia particolare soddisfazione per quanto riguarda la definizione dei requisiti richiesti per l’accesso al finanziamento e l’entità dell’importo finanziato. Relativamente più critico è, invece, il giudizio relativo ai canali di comunicazione e di diffusione nel territorio della presenza e delle modalità di utilizzo dei voucher formativi. A dimostrazione di ciò vi è il fatto che gran parte degli utilizzatori ne è venuto a conoscenza tramite canali informali, come familiari, amici, conoscenti, siti internet e quotidiani; canali, cioè, il cui accesso può essere più difficile per alcune categorie di persone, come i meno scolarizzati e coloro che svolgono professioni meno qualificate.
Come per altri aspetti precedentemente analizzati, ancora una volta il titolo di studio determina sostanziali differenze nell’approccio alla formazione e si conferma una maggiore propensione dei più scolarizzati a frequentare corsi co-finanziati.
Se, quindi, l’attività di lifelong learning si dimostra più efficace per chi ha un basso titolo di studio, fondamentale per l’approccio a questo tipo di attività rimane il background culturale:
investire in capitale umano rende consapevoli delle proprie conoscenze ma anche dei propri limiti e fa comprendere meglio le potenzialità di continuare a investire in formazione anche dopo l’ingresso nel mondo del lavoro al fine di aumentare il proprio sapere e renderlo spendibile nel percorso di crescita professionale.
• La formazione aziendale
Nel periodo di tempo analizzato (2000-2008) sono circa mille le imprese che hanno presentato direttamente domanda di co-finanziamento per la realizzazione di corsi di formazione. Un numero simile di imprese si è avvalso invece, nella fase di accesso ai benefici della politica,
dell’intermediazione di un’agenzia formativa. In realtà la numerosità di questo secondo gruppo è di gran lunga superiore; tuttavia essa non è al momento determinabile, essendo il relativo archivio in fase di completamento a cura di Regione Toscana.
La modalità di accesso alla formazione -intermediata o non, dalle agenzie formative- non influisce sulle scelte delle tipologie di corsi attivati.
In entrambi i casi, infatti, gran parte della formazione realizzata riguarda i corsi semi-obbligatori (ambiente e sicurezza). Al netto di questa componente, le imprese si orientano verso l’acquisizione di skill specifici (gestione aziendale e imprenditorialità, tecniche e tecnologie di produzione, vendita e marketing), anziché verso corsi che offrono competenze più generalistiche (lingue straniere, informatica).
Esiste invece una marcata differenziazione fra i due gruppi di imprese per ciò che riguarda il numero medio di corsi attivati. È interessante, infatti, notare come le imprese che hanno usufruito della mediazione di agenzie formative abbiano effettuato un numero più elevato di corsi rispetto alle imprese che hanno presentato direttamente domanda di finanziamento. Questa evidenza può essere connessa all’attività di promozione svolta dalle agenzie formative con riferimento ai corsi da loro offerti.
In generale, si rileva che, rispetto alle distribuzioni delle imprese private toscane, si ha una sovra-rappresentazione delle componenti a dimensione maggiore e a livello tecnologico più elevato, sia nell’industria che nei servizi. Questa circostanza è riconducibile al fatto che queste tipologie di impresa, che non sono propriamente rappresentative del tessuto produttivo toscano, hanno maggiori capacità di autodiagnosi dei bisogni formativi e una maggior propensione, ex ante, all’investimento in formazione (autoselezione).
L’analisi attraverso le interviste dirette ha consentito di delineare meglio il fenomeno dell’autoselezione e le sue determinanti. Anche qui, i soggetti più rispondenti al modello di piccola o microimpresa tradizionale accedono ai benefici della politica in modo relativamente meno frequente di quanto non accada per imprese dotate di capitale umano qualificato, a maggior intensità tecnologica o caratterizzate da una certa articolazione organizzativa.
L’intermediazione delle agenzie formative, pur interessando maggiormente le piccole imprese dei settori tradizionali e con un capitale umano meno qualificato, non rappresenta un significativo elemento di riequilibrio della politica rispetto a questo target. In sintesi, il fenomeno dell’autoselezione nell’accesso ai benefici garantiti dalle politiche pone alcuni interrogativi rispetto all’effettiva capacità delle politiche medesime di raggiungere le parti più deboli del sistema economico regionale.
Le politiche attuate hanno talvolta prodotto effetti di spiazzamento degli investimenti privati.
Ancora con riferimento alle piccole e piccolissime imprese, che in genere presentano le maggiori difficoltà di accesso alla formazione continua, si è rilevato come solo il 40% delle intervistate dichiara che, in assenza di un aiuto pubblico, nessun investimento in formazione continua avrebbe avuto luogo; meno del 30% dichiara che avrebbe avuto luogo solo in parte;
mentre un terzo delle intervistate, avrebbe comunque effettuato un investimento di pari entità.
Non sorprendentemente, per le imprese più grandi il livello di addizionalità è molto inferiore.
Va altresì sottolineato come le imprese non appaiano sempre orientate a rinforzare, attraverso la formazione co-finanziata, i soggetti professionalmente più deboli, ma anzi tendano a premiare gli elementi relativamente più forti e skilled, come gli operai specializzati e gli impiegati (anche ad alta qualifica). A tale proposito, l’approfondimento realizzato mediante il focus group ha consentito di evidenziare come la tipologia dei corsi finanziabili, costituita da formazione in aula, contribuisca a disincentivare il ricorso al finanziamento pubblico per la formazione dei soggetti meno qualificati. La formazione in aula è ritenuta, infatti, poco adeguata per tali categorie di lavoratori, per i quali è preferibile il ricorso al training on the job.
In seguito alla formazione, l’aumento salariale è più frequente per il lavoro impiegatizio che per quello operaio; molto raro per il lavoro operaio non specializzato, nonostante l’incremento salariale per questa categoria sia tipicamente meno gravoso per le casse aziendali di quello relativo ai lavoratori qualificati.
La formazione sembra inoltre offrire, in diversi casi, un contributo alla capacità innovativa e competitiva delle imprese, pur non rappresentandone una delle principali determinanti. In merito all’efficacia della formazione sui percorsi di mobilità interna all’azienda e sull’azienda nel suo complesso, occorre, tuttavia, evidenziare che nel caso della formazione più generalistica, le ricadute in termini di produttività e competitività risultano difficilmente quantificabili.
In continuità con quanto osservato, e nell’ottica di offrire spunti per la futura implementazione di analoghe politiche pubbliche, sembra opportuno richiamare due considerazioni generali emerse nel focus group. In primo luogo, la semplificazione delle procedure di presentazione della domanda e di rendicontazione è ritenuta essenziale al fine di agevolare l’accesso e la fruizione del finanziamento pubblico da parte delle imprese di più piccole, rispetto alle quali gli oneri burocratici possono costituire un ostacolo determinante. Secondariamente, è stato osservato che l’offerta formativa finanziabile risulta non sempre adeguata alle esigenze delle aziende che, in diversi casi, sarebbero disponibili ad abbandonare la formazione in aula in favore di nuove forme di training più adattive rispetto ai profili professionali cui sono destinate, dai ruoli manageriali a quelli più esecutivi.