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"Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo

stesso che vi è entrato"

Haruki Murakami

Sono giunta alla conclusione del mio elaborato. Spero che sia stato interessante conoscere quanto riportato, che possa servire come spunto di riflessione per approcciare in maniera differente il lavoro delle Assistenti Sociali, facendo capire inoltre come gli Enti Locali stiano cercando di muoversi in maniera differente rispetto al passato, intercettando nel migliore dei modi i bisogni attuali delle famiglie, soprattutto con la volontà e l’intenzione di ridurre gli interventi putativi, miranti soltanto alla riduzione del danno. Il Programma P.I.P.P.I. è orientato sicuramente a tutto questo, anche se comunque è ancora presto poter parlare di efficacia degli interventi, in quanto è necessario dover aspettare ancora qualche anno.

La famiglia ha sicuramente subito una trasformazione nel corso degli anni, che l’ha portata ad avere molte più sfaccettature rispetto al passato, tanto che oggi è più corretto usare il termine al plurale: famiglie e non più solo famiglia. E’ cambiata, sì, ma il suo lato oscuro che molte volte può uscire allo scoperto è sempre lo stesso: non voglio certo generalizzare, non sarebbe corretto, in quanto moltissime famiglie sono composte da persone che donano amore e affetto ad ogni suo componente, soprattutto ai più piccoli, proteggendoli dai pericoli e dalle brutte cose che la vita può riservare. Però purtroppo, ci sono anche famiglie in cui i problemi e i disagi diventano insormontabili, impadronendosi sempre di più della quotidianità, impedendo una sana relazione fra i suoi membri. Molto spesso, coloro che ci rimettono sono proprio i bambini, che rischiano di diventare una valvola di sfogo per i genitori, i quali possono mettere in atto comportamenti violenti nei loro confronti. E sono proprio questi i bambini con cui le Assistenti Sociali della Tutela Minori hanno a che fare ogni giorno: bambini maltrattati, abusati e/o anche solo trascurati, che necessitano di essere protetti e curati, fisicamente ed emotivamente.

137 Ci sono però delle differenze: alcuni bambini vivono in famiglie multiproblematiche in cui è molto difficile lavorare per riportare l’equilibrio famigliare necessario al corretto sviluppo psicofisico del minore, per cui si arriva, prima o dopo, ad allontanare il minore dal nucleo, proprio perché ritenuto dannoso per la sua crescita e molte volte anche pericoloso. Poi, invece, ci sono famiglie che stanno attraversando un momento di fragilità, di crisi, in cui non riescono ad occuparsi in maniera ottimale del bambino: queste sono le famiglie che il Programma P.I.P.P.I. definisce negligenti. Famiglie che sarebbero in grado di far fronte alla gestione corretta del bambino, ma che sono fragili, stanno attraversando una fase in cui non riescono a far fronte autonomamente alle cure necessarie. Sono famiglie che hanno delle risorse latenti, che hanno bisogno di essere aiutate per farle emergere. L’Assistente Sociale deve essere in grado di individuare le potenzialità nascoste di queste famiglie per supportarle nella maniera più consona possibile, arrivando ad evitare l’allontanamento. Certo, è un percorso non facile, che può riservare delle sfide, però può diventare anche uno stimolo per la famiglia stessa a non arrendersi, a non accettare l’intervento in maniera passiva, bensì in modo collaborativo. Il Programma P.I.P.P.I. prevede di selezionare delle famiglie ritenute negligenti e di sottoporle a dei microprogetti personali, che prevedono servizi di educativa famigliare con un intervento di home visitng da parte di operatori qualificati. La costituzione dell’equipe multiprofessionale per monitorare e supervisionare sul singolo caso è composta da operatori che fanno riferimento ai servizi specialistici del territorio (ad es. Assistente Sociale Comune, Assistente Sociale dei vari servizi ASL, psicologi, educatori, ecc.). Una volta terminata la presa in carico, tramite la somministrazioni di questionari (questionario de Il Mondo del Bambino, questionario di Preassessment e Postassessment, questionario sui punti di forza e di debolezza del bambino) si cerca di valutare l’andamento del progetto, verificando se determinati obiettivi sono stati raggiunti.

Per quanto riguarda il contesto locale, ossia il territorio spezzino, come già riportato nei capitoli, il Programma è stato adottato dal biennio 2015-2016, con l’intenzione di proseguire negli anni successivi. Le famiglie che sono state scelte erano 8, per le quali però non è ancora possibile delineare se il Programma abbia perseguito gli obiettivi che si era preposto e soprattutto se l’intervento in sé possa considerarsi efficace. Solo il tempo saprà dircelo. Intanto però quello che posso dire è che il Programma P.I.P.P.I. non sarà la risposta ai problemi delle famiglie negligenti, ma,

138 quantomeno, come dice Paola Milani (2016), con il tempo potrebbe diventare una risposta in più per ogni territorio intenzionato a provare a diversificare le misure e i dispositivi di intervento.

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RINGRAZIAMENTI

Se sono arrivata fino a questo punto, devo ringraziare tante persone che sono state al mio fianco, hanno creduto in me e mi hanno permesso di diventare ciò che sono.

Grazie ai miei genitori, a mio fratello e a tutto il resto della mia famiglia, che mi hanno supportato e incoraggiato lungo tutto il mio percorso universitario; grazie a Luca, che è stato il mio confidente, e che nei momenti di difficoltà è riuscito a darmi la forza per andare avanti e non arrendermi; grazie a tutti i miei amici che nelle giornate passate insieme, mi hanno permesso di “staccare la spina”.

E infine, ma non di certo per importanza, un grazie di cuore va a Concetta, senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile.

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