• Non ci sono risultati.

I principali attori istituzionali della tutela minor

PARTE SECONDA

2. Quando la rete familiare non funziona più: interventi messi in atto per cercare di riabilitarla

2.3. I diritti dei minori e la loro tutela

2.3.1. I principali attori istituzionali della tutela minor

Per quanto riguarda la tutela dei minori uno dei primi attori istituzionali presenti sulla scena è sicuramente il servizio sociale professionale, il quale ha il ruolo appunto di tutelare i diritti dei minori, rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono il pieno esercizio. Per perseguire quest’obiettivo il lavoro dei servizi è finalizzato, innanzitutto, al potenziamento delle risorse familiari, di modo che se un nucleo dovesse trovarsi eventualmente in uno stato di difficoltà, abbia modo di recuperare le sue funzioni educative, affettive e genitoriali, al fine di favorire la permanenza del minore presso la famiglia d’origine.

I servizi pubblici preposti a tale funzione sono gli Enti Locali e i Servizi territoriali materno-infantili19, con funzioni di (Cesaroni, Lussu, Rovai, 2000):

- facilitazione, consulenza, sostegno, mediazione, attraverso la messa in atto di interventi di prevenzione;

- consulenza psicosociale, supporto alle famiglie finalizzate alla promozione delle capacità genitoriali, consulenze su problemi di coppia e genitoriali;

18 www.camera.it

19

I Servizi territoriali materno-infantili presentano organizzazioni e denominazioni differenti sul territorio a seconda degli ordinamenti regionali e delle aziende sanitarie, ma comprendono di norma almeno in consultori familiari e i servizi di salute mentale dell’età evolutiva.

65 - interventi per il contrasto della dispersione scolastica e di promozione di attività

extrascolastiche;

- interventi sul disagio e sulla devianza minorile;

- attivazione di assistenza educativa domiciliare e di appoggio temporaneo diurno

Nei casi in cui la famiglia sia carente nelle sue funzioni genitoriali, devono essere messi in atto interventi di tutela del minore, anche in applicazione di provvedimenti amministrativi e civili del Tribunale per i Minorenni emessi ad esempio per inidoneità dei genitori, situazioni di rischio, disagio, maltrattamento, abuso, abbandono morale e materiale (Cesaroni, Lussu, Rovai, 2000). Il D.P.R. 616/1977 assegna queste funzioni all’Ente Locale di residenza del minore. In tali situazioni il ruolo del servizio sociale professionale è quello di lavorare con l’Autorità Giudiziaria in un rapporto di collaborazione e con un’autonomia tecnico-professionale per le funzioni di valutazione, diagnosi e proposta. Per conto dell’Autorità Giudiziaria i servizi sociali territoriali (servizi sociali comunali e sanitari) svolgono indagini socio-ambientali sulle condizioni personali e familiari dei minori, che si concludono con la formulazione di un parere professionale (Bernardi, Castelfranchi, 2013). A seguito di tali indagini, l’Autorità Giudiziaria potrà assegnare un incarico ai servizi sociali territoriali che si potrà concretizzare in una vigilanza o in un affido del minore ai servizi stessi; si tratta comunque di misure che rappresentano forme di limitazione all’esercizio della potestà genitoriale. La vigilanza dà al servizio sociale professionale un compito di monitoraggio della situazione familiare e sociale del minore, mentre l’affido “coniuga i tratti distintivi del mandato autoritario e della responsabilità di cura”(Bernardi, Castelfranchi, 2013), perché questi provvedimenti presentano termini relativi a obblighi di controllo e vigilanza per l’operatore nei confronti della famiglia, abbinate ad azioni di sostegno.

Gli interventi sui minori in situazioni di disagio richiedono un lavoro di rete con altri professionisti, istituzioni e soggetti del privato sociale: questo perché il rilevamento, la segnalazione all’Autorità Giudiziaria e il trattamento del maltrattamento all’infanzia sono attività molto complesse che necessitano di una notevole professionalità in tutte le fasi (Bernanrdi, Castelfranchi, 2013). La complessità del lavoro di tutela è determinata anche dall’impatto emotivo che il maltrattamento o il rischio di un maltrattamento di un bambino esercita sull’adulto. La violenza sui minori si presenta ancora come un fenomeno sommerso e impensabile e la natura del disagio è

66 multifattoriale: infatti l’inadeguatezza di una famiglia può dipendere da una molteplicità di fattori socio-culturali, ma anche da patologie psichiatriche, conflitti di coppia o familiari, grave incapacità educativa (Bernardi, Castelfranchi, 2013). Pertanto è necessario che nell’organizzazione dei Servizi Sociali siano presenti profili professionali che si occupino con competenze specifiche di famiglie e minori, con un impegno complessivo di lavoro che permetta di lavorare in una logica di prevenzione, rimozione degli ostacoli e di integrazione socio-sanitaria.20

Inoltre il personale, oltre che stabile, deve avere anche una formazione continua e aggiornata, deve essere specializzato e poter accedere alla supervisione professionale.21 Infatti, non si deve sottovalutare l’impatto emotivo che le situazioni riguardanti i minori hanno sugli operatori (oltre che sugli interessati e le loro famiglie), i quali necessitano di spazi per poter leggere e rielaborare sentimenti e vissuti, sia a garanzia di una correttezza professionale (poiché le emozioni incidono sul pensiero), sia per prevenire il burn out.22

Un altro attore presente di rilevanza significativa è il Tribunale per i Minorenni (T.M.), istituito nel 1934 (R.D.L. 20/7/1934 n.140423) affinché i soggetti minori di età che avevano compiuto reati, venissero giudicati da un organo specializzato, a composizione mista, formato cioè da giudici professionali (togati) e da cittadini esperti in scienze umane (giudici onorari). A questo Tribunale, successivamente viene attribuita anche una competenza civile, che nel corso del tempo si è notevolmente ampliata (Ciaschini, 2012). Il T.M. ha sede presso i distretti di Corte d’Appello, di solito uno per Regione. Ogni decisione del Tribunale viene adottata da un collegio, presieduto da un magistrato togato con funzioni di Presidente, cui si affiancano un altro giudice togato (denominato giudice a latere, con funzioni istruttorie) e due giudici onorari (un uomo e una donna). Le decisioni vengono prese nel corso di udienze che si possono tenere in camera di

20 Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali (CNOAS), Linee Guida per la regolazione dei processi di

sostegno e allontanamento del minore, 2010.

21

Ibidem

22 Il burn out è una malattia professionale che colpisce chi esercita una professione di aiuto. Comporta

un logoramento psicofisico che rende incapaci di sostenere lo stress accumulato e porta alla perdita della motivazione al lavoro, o ad un eccessivo invischia mento. In generale chi è colpito da questa patologia non riesce più a svolgere efficacemente il proprio lavoro in relazione con gli altri (utenti, colleghi, ecc.).

23

Il R.D.L. è stato convertito in legge 27 maggio 1935 n.835, modificata e integrata con la legge 90/1939, il D.P.R. 982/1951, il D.P.R. 4486/1952, la legge 888/1956.

67 consiglio (senza l’intervento delle parti e del pubblico) o essere udienze collegiali ma non pubbliche (con l’intervento delle parti, ma pur sempre senza il pubblico, poiché relative a minorenni). Attualmente il T.M. ha competenze penale, civile e amministrativa; tutte le decisioni prese dal Tribunale possono essere impugnate di fronte alla Corte d’Appello (Ciaschini, 2012).

La Procura della Repubblica Ordinaria e quella presso il Tribunale per i Minorenni, sono uffici del Pubblico Ministero, organismi diversi e distinti dal Tribunale. Nei procedimenti penali hanno il compito di iniziare l’azione penale; nei procedimenti civili, invece, richiedono al Tribunale i provvedimenti di protezione dei minori, anche dietro segnalazione dei servizi sociali. Il Pubblico Ministero (P.M.) è un magistrato, ma non è un giudice: la sua posizione è quella di parte, sia pure pubblica e qualificata (Ciaschini, 2012).

La Procura ordinaria si occupa di reati commessi da maggiorenni e di procedimenti civili di interesse collettivo (ad esempio adozioni); la Procura minorile si occupa invece di reati commessi da minori e di procedure civili o amministrative che vedono coinvolti minorenni. Nei procedimenti civili minorili (del T.M. o del T.O. – Tribunale Ordinario), il P.M. deve sempre intervenire. Il P.M. può fare anche istanza al Giudice Tutelare, ad esempio segnalandogli uno stato di abbandono di minorenne o chiedendo un’autorizzazione urgente in mancanza di rappresentante legale, tutore o genitore (Ciaschini, 2012). Il Giudice Tutelare (G.T.) è una figura prevista dall’art. 344 c.c., ed è un organo monocratico con Ufficio presso il T.O. Si occupa di tutele di persone maggiorenni dichiarate interdette o inabilitate con sentenza del T.O., ma anche di tutele di persone naturalmente incapaci, in quanto minorenni e in assenza di una rappresentanza legale. Tale mancanza può essere dovuta a vari fattori, come morte dei genitori, loro decadenza dalla potestà o loro impossibilità ad esercitarla. In questi casi quindi il G.T., ricevuta dai soggetti preposti (es. servizi sociali) notizia della situazione in cui si è venuto a trovare il minorenne, nomina un tutore. Tale nomina può anche avvenire ad opera del T.M. all’interno di un decreto di decadenza di potestà (Ciaschini, 2012).

68