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Considerazioni conclusive

Riflessioni in tema di retroversione degli utili

6. Considerazioni conclusive

L’analisi condotta a ridosso dell’esperienza giuridica italiana induce ad una con-statazione obbligata: le problematiche sottese alla quantificazione del danno non si prestano ad essere cristallizzate in una scarna disposizione normativa. Pur ricono-scendo la sineddoche propria nell’approccio normativo civilian, non si può ignorar-ne l’inidoignorar-neità a fronteggiare il ventaglio di ipotesi in cui il rinvio alle voci di danno emergente e lucro cessante non riesce di per sé ad assicurare alla vittima della con-dotta illecita (sia esso in ambito contrattuale o extra-contrattuale) un effettivo risto-ro per il danno subito. Sicché, restando ancorati alla tradizionale impostazione nor-mativa secondo cui l’autore dell’illecito è obbligato a risarcire la vittima nei limiti del danno patito, dovremmo rassegnarci all’infittirsi disperante di situazioni in cui ‘il danno c’è ma non si vede (rectius, quantifica)’50.

49 Si pensi al caso in cui un costruttore – dopo aver stipulato con un cliente un contratto per la costruzione di un immobile fissando un prezzo elevato in ragione dell’impiego di un materiale di qualità particolarmente pregiata – decida di sostituirlo con uno di qualità assai più scadente (realizzando, perciò, un rilevante rispar-mio di spesa), senza peraltro ridurre l’ammontare inizialmente pattuito. In un quadro di tal fatta i problemi sorgono quando l’acquirente, al l’atto di rivendere l’immobile, venga a sapere che non solo il prezzo di mer-cato – a causa dell’impiego del materiale alternativo ‘furbescamente’ scelto dal costruttore – ha subito una sostanziosa riduzione, ma anche che un eventuale ripristino del materiale originario richiederebbe (a causa dei costi necessari per la parziale demolizione e ricostruzione dell’immobile) una somma pari alla metà del valore dello stesso. Ecco che, come prospettato da E.A. Farnsworth, op. cit., 1382, muovendo dal presuppo-sto che l’organo giudicante (con ogni probabilità) provvederà a risarcire la somma corrispondente alla dimi-nuzione del prezzo di mercato subito dall’immobile, l’attore correrebbe il serio rischio di ritrovarsi con una prestazione difettosa e nella pratica impossibilità alcuna di recuperare il pregiudizio.

50 In questa tipologia di controversie, la palma dell’attenzione spetta, con ogni probabilità, al celebre caso Meroni (Cass. 26 gennaio 1971 n. 174, Foro it., 1971, I, 342, e. 29 maggio 1978 n.1459, id., 1979, I, 827),

Il confronto con l’esperienza di common law risulta, allora, prezioso. A ben vede-re, il tema del risarcimento da breach of contract si colloca in una realtà giuridica in continua evoluzione, diretta ad assicurare alla vittima dell’inadempimento la mi-glior forma di risarcimento in relazione alle peculiarità caratterizzanti il singolo caso di specie. L’aver annoverato il disgorgement interest all’interno del contract law (facen-done un interesse meritevole di tutela) testimonia, una volta di più, la propensione ad affrontare senza timori le difficoltà connesse alla delicata materia della quantifi-cazione del danno51.

Naturalmente, la disponibilità di quell’esperienza ad arricchire il novero di tecni-che utili ad apprezzare la consistenza del pregiudizio contribuisce a denunciare il carattere di ‘camicia di forza’ di indici normativi cristallizzati sul principio di com-pensazione (quali l’art. 1223 c.c. o l’art. 2043 c.c.). In questa prospettiva, un sugge-rimento imprescindibile parrebbe quello di superare con decisione tali costrizioni normative (per esempio, in ambito contrattuale, avvalendosi degli spiragli risarcito-ri collegabili all’impiego più dinamico della voce delle opportunità perdute). Prende infatti corpo l’esigenza di (ri)definire che cosa si abbia ad intendere per risarcimento del danno o, meglio ancora, quali prospettive funzionali esso debba perseguire: col risultato di convogliare l’attenzione sui percorsi logici (in parte già conosciuti dai formanti dottrinale e giurisprudenziale) in forza dei quali le corti potrebbero prov-vedere alla liquidazione del danno con sfumature variegate a seconda delle partico-larità prospettate da ogni singola controversia. Pertanto, sulla scorta del più elastico modello di common law, si tocca con mano la possibilità di superare il limite

tralati-che ovviamente attiene al versante della responsabilità extracontrattuale, ma è sintomatico di un più gene-rale disagio. In quella sofferta vicenda si materilizzò un duplice risultato: per un verso (sotto il profilo dell’an), si affermò e consolidò la possibilità di dare ingesso, nel novero degli interessi tutelati ex art. 2043 c.c., alla tutela aquiliana del credito, mentre, per ciò che concerne il quantum, si sortì un totale fallimento.

Facendo riferimento alla impostazione tradizionale in tema del danno positivo, il Supremo collegio non riuscì a liquidare alcun tipo di risarcimento: in primo luogo, perché –rispetto all’anno in cui giocava Mero-ni– gli abbonamenti erano aumentati e, in seconda battuta, poiché il Torino, sostituendo un giocatore fa-moso (e costoso) quale Meroni con il più modesto Facchin, aveva finito per conseguire addirittura un van-taggio in termini di risparmio sull’ingaggio.

51 Per un approfondimento di tali profili si rinvia ai due percorsi teorici che – almeno per ciò che concerne il riscontro conseguito – meritano la palma dell’attenzione: ovvero quelli posti in essere, rispettivamente, da Kull intorno alla forzatura del concetto di restitution (A. Kull, op. cit., 2021) e da Eisenberg sull’interpreta-zione estensiva della section 344 del Restatement Second of Contracts (M. A. Eisenberg, op. cit., 599). In se-conda battuta, occorre porre l’accento sul piano (più propriamente pragmatico) dell’effettivo recepimento dello strumento dei disgorgment damages come rimedio da breach of contract: a ben vedere, infatti, nelle pieghe del Restatement [Third] of Restitution and Unjust Enrichement (American Law Istitute, St. Paul, MN, 2011), trova diritto di cittadinanza la section 39, che espressamente prevede la concessione del bold remedy dei disgorgement damages per fronteggiare le ipotesi in cui si verifichi un “profit derived from opportunistic breach”. Per una succinta ricognizione sulla section in parola si rinvia a P. Pardolesi, Contratto e nuove fron-tiere rimediali cit., 78 ss.

ziamente rieditato in vista di una finalità esclusivamente compensativa, che lo stesso sistema giuridico italiano pone in discussione là dove mostra di optare risolutamen-te per una deriva punitiva/sanzionatoria52.

Siffatte considerazioni testimoniano (una volta di più) come, nonostante i rile-vanti passi in arile-vanti compiuti dal nostro legislatore in materia di risarcimento del danno, la strada da percorrere sia ancora molto lunga.

52 Si pensi alla prevedibilità del danno e alla sua irrilevanza quante volte l’inadempimento risulti doloso.

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