Molti interventi legislativi dal 1996 in poi hanno ridotto la libertà di scelta dei con-tribuenti circa l’età in cui percepire la pensione. Sebbene l’obiettivo di aumentare la sostenibilità di questi provvedimenti fosse comprensibile e condivisibile, viene da chiedersi se potesse essere raggiunto mediante una transizione più rapida al siste-ma contributivo e alla flessibilità sostenibile che questo consente. Questo avrebbe evitato molte delle iniquità fra generazioni di contribuenti e segnatamente le per-verse penalizzazioni nei confronti dei lavoratori con carriere discontinue poste in essere da quelle misure. L’eliminazione delle pensioni di anzianità con le quote, uni-to al brusco innalzamenuni-to dell’età pensionabile soprattutuni-to per le donne, nel mezzo di una pesante recessione e crisi finanziaria come avvenuto nel 2011, sembra inoltre avere avuto effetti rilevanti e in gran parte indesiderabili sul mercato del lavoro creando problemi sia a chi perde il lavoro tra i 55 e i 65 anni di età, che fra i giovani. Alla luce di questi effetti, riforme così brusche tendono ad essere seguite da una serie di misure correttive che creano ulteriori iniquità e ridimensionano i risparmi ottenuti con l’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi. Questa è la prin-cipale lezione da trarre dall’esperienza delle sette salvaguardie a oggi concesse. Se è chiaro l’obiettivo iniziale della prima salvaguardia, l’esperienza complessiva del-le sette misure succedutesi dal 2013 ha messo in luce una serie di criticità. I primi interventi di salvaguardia potevano apparire come necessari perfezionamenti della riforma, sollevavano problemi operativi relativamente limitati e rispondevano a un chiaro obiettivo di politica economica: introdurre aggiustamenti al margine dopo un intervento drastico e urgente per fronteggiare la crisi, adottati una volta superata la fase acuta e tenuto conto delle nuove condizioni dell’economia e del bilancio pubblico.
La sequenza delle ulteriori salvaguardie, con ritmo ravvicinato e inframmezzate anche da aggiustamenti ex post, evidenzia invece due aspetti tra loro connessi: qualche incertezza nell’obiettivo di politica economica, cioè nella definizione di chi dovesse essere considerato esodato, e la difficoltà nell’individuare la consistenza della corrispondente platea. Questo circuito vizioso si è riproposto sino alla legge di stabilità per il 2016 e non appare ancora concluso se si tiene conto che nel di-battito riaffiora periodicamente il tema della necessità/opportunità di una ottava salvaguardia.
Se la sequenza degli interventi di salvaguardia dovesse protrarsi, emergerebbe con sempre maggiore chiarezza il progressivo cambiamento di obiettivo di queste mi-sure: non un esonero indirizzato in maniera specifica ai lavoratori che si trovano in difficoltà economica negli anni tra la cessazione dell’attività e la percezione della prima pensione a causa delle modifiche introdotte dalla legge n. 214 del 2011 (gli esodati in senso stretto), ma un surrogato di politiche passive del lavoro o di altri istituti di welfare oggi sottodimensionati o assenti per tutelare platee più ampie e non necessariamente, o non tutte, danneggiate in maniera diretta dalla riforma. Per completezza si ritiene opportuno rappresentare che ogni intervento di deroga su specifiche categorie di lavoratori ha oneri per la macchina amministrativa. I costi
amministrativi per le salvaguardie sono stati stimati in circa 34 milioni di euro con un assorbimento di risorse pari a 181 persone - anno impiegate nelle verifiche dei requisiti a livello locale e centrale.
Indipendentemente dalla valutazione di merito, questa tendenza rende meno tra-sparente il disegno delle politiche e le priorità dell’azione pubblica. Si sovrappone, soprattutto, ai progetti in discussione di revisione complessiva della riforma del 2011 con reintroduzione di flessibilità nelle regole di pensionamento. Le salva-guardie rappresentano, di fatto, una soluzione di pensionamento flessibile senza penalizzazioni dedicata a specifiche categorie di lavoratori. Deroghe di questo tipo possono essere giustificate solo per particolari categorie di lavoratori (come, ad esempio, gli usuranti).
Ci sono forme di flessibilità sostenibile alla nostra portata, che darebbero risposte sia a coloro che vogliono uscire dal mercato del lavoro, pur consapevoli che una scelta anticipata ridurrebbe per sempre il loro trattamento pensionistico sia a co-loro che devono entrare nel mercato del lavoro. Un sistema previdenziale flessibile favorirebbe il turnover tra vecchie e nuove generazioni e darebbe impulso ad un mercato del lavoro asfittico per effetto di una crisi economica dalla quale si fa fatica ad uscire definitivamente.
Perpetrare il ritardo nel trovare soluzioni sostenibili rischia di alimentare ancora il ricorso a soluzioni inique e onerose, ovvero a soluzioni estemporanee e scarsamen-te efficaci.
INTRODUZIONE 128
LA MIA PENSIONE 128
• Accessi alla procedura e simulazioni 129
• La busta arancione 130
• Valutazione del servizio online “La mia pensione” 131
INPS A PORTE APERTE 134
• Il giudizio degli assicurati su trasparenza ed efficienza dell’Inps e sull’equità 134
del sistema previdenziale
I NUMERI DELL’INPS 141
• Come si legge il bilancio dell’inps: la sostenibilità del sistema di protezione sociale 143
LE ENTRATE E LE PRESTAZIONI ISTITUZIONALI 144
• Le entrate contributive 146
• Le prestazioni istituzionali 147
IL BILANCIO GESTIONALE 151
INTRODUZIONE
A partire dal marzo del 2015 l’Inps ha messo in atto una grande operazione di trasparenza con lo scopo di mettere in luce le implicazioni delle regole che la legge chiede all’Istituto di mettere in pratica. Lo abbiamo fatto per permettere ai cittadini di comprendere queste regole e di giudicarle in tutte le loro effettive implicazioni. È una questione di democrazia, di quella che gli inglesi chiamano accountability, prima ancora che di tutela dell’immagine esterna del nostro Istituto.
Abbiamo cercato, da un lato, di fare maggiore chiarezza sui conti collettivi: grazie all’operazione “A porte aperte” abbiamo documentato, per determinate gestioni o categorie di lavoratori, le particolari regole di calcolo della pensione o di accesso a prestazioni assistenziali di cui beneficiano. Dall’altro, grazie al servizio “la mia pensione”, e ai primi invii delle buste arancioni a casa, abbiamo dato l’opportunità ad ogni contribuente di sapere quanto ha sin qui versato, di capire a fondo le regole del sistema pensionistico vigente e di stimare quella che potrebbe essere presumibilmente la sua pensione futura.
Infine, abbiamo messo in luce i costi di gestione della macchina dell’Inps, il cosiddetto “bilancio gestionale”, evidenziando gli sforzi di maggiore efficienza e il conseguente contributo alla riduzione del debito pubblico conseguito annualmente dall’Istituto. In questo capitolo rendiamo conto di tutte queste operazioni di trasparenza avviate e ancora in corso, e riportiamo i risultati di due questionari, somministrati ad un campione di utenti dell’Inps sull’utilità dell’operazione “Inps a porte aperte” e “la mia pensione” che, più in generale, consentono di comprendere le opinioni degli assicurati Inps riguardo alle regole del sistema pensionistico e riguardo all’efficienza dell’operato dell’Inps.