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Tentiamo di sintetizzare i dati che emergono dagli studi finora condotti sui contesti dal LLF e di inter- pretarli anche alla luce delle notizie provenienti dalle ricerche storiografiche e documentarie.

loza valenciana dorada Pula). Per l’alfabeguer, cfr. Arbace 1999, pp. 366-367

(Manises): ringrazio Francesca Agrò per il suggerimento.

28 Dedicheremo alle produzioni post medievali uno studio specifico;

abbiamo comunque voluto inserire i dati quantitativi per completezza di documentazione.

– 35 –

Nel corso della prima età normanna, la prevalenza di ceramiche importate dalla Sicilia occidentale e me- ridionale può essere interpretata, semplicemente, come conferma del loro successo, peraltro ben documentato dalla larga diffusione in Sicilia e nella penisola; ma po- trebbe anche essere collegata all’assenza in questo arco temporale di produzioni locali di ceramiche da mensa di pregio. In ogni caso, l’alta specializzazione raggiun- ta dagli artigiani islamici nella produzione ceramica è l’elemento chiave per comprenderne il successo anche a Messina.

Alla metà del XII secolo si nota un’inversione di tendenza nelle importazioni di vasellame da mensa, con il grande successo delle ingobbiate bizantine, che probabilmente danno l’avvio, forse con la stessa pre- senza di ceramisti provenienti dalla Grecia 29, alle pri-

me produzioni locali di ingobbiate dipinte in verde, in bruno, in verde e bruno. La grande quantità di in- gobbiate dipinte in verde testimoniata dai contesti del LLF al momento resta di incerta spiegazione; le ipote- si al momento sono due: una produzione locale, pro- babilmente a imitazione delle importazioni dall’area egea (Cipro) o dalla costa micrasiatica; oppure, una o più produzioni da quelle aree, forse da ricollegare alle vicende che coinvolsero lo scalo di Messina all’epoca della terza crociata 30.

A partire dalla seconda metà del XII secolo Messina è un centro di riferimento per la produzione e l’esporta- zione di ceramiche da dispensa acrome o dipinte a ban- de, nonché di ceramiche da cucina invetriate; il quadro di diffusione di queste ultime si va rivelando sempre più ampio, seguendo una linea che dalla Sicilia occidentale va alla Toscana centrale e in Oriente.

Lo studio sulle ceramiche di età sveva conferma le fitte relazioni commerciali tra la città e la Calabria e l’Italia meridionale, relazioni che proseguiranno anche nei due secoli successivi e che ben si integrano con i dati storiografici sul flusso di immigrazione dall’Italia meridionale in tali secoli, e allo stesso tempo smentisce la presunta cesura seguita ai Vespri 31: la fine del XIII

secolo vede al contrario un intensificarsi delle relazioni con le regioni dell’Italia meridionale, come dimostra il volume delle importazioni delle protomaioliche poli- crome dalla Puglia e dalle regioni vicine e anche delle ingobbiate policrome dalla Calabria.

29 Scibona metteva in diretta relazione l’avvio di produzioni locali di

ingobbiate con l’arrivo di “artigiani greci deportati da Corinto, Tebe ecc. dopo i saccheggi effettuati da Ruggero II nel 1147-48 in territorio greco” (Scibona 2003, p. 506). Tuttavia, Chalandon parla unicamente di de- portazione di artigiani da Tebe esperti nella coltivazione dei bachi e nella lavorazione della seta, presumibilmente condotti a Palermo per avviare la produzione serica della corte, mentre da Corinto les Normands firent un

butin énorme et emmenèrent un grand nombre de prisonniers (Chalandon

1907, pp. 136-137).

30 Si potrebbe ipotizzare per la città dello stretto anche in funzione come

centro di stoccaggio di merci da e per l’oriente; o di smistamento per pro- dotti ma anche ceramiche destinate ad essere esportate. Contro quest’ultima ipotesi sta la media qualità delle ingobbiate dipinte in verde, che non si possono certo considerare una produzione di pregio.

31 Già Epstein notava come il flusso di relazioni tra Sicilia e Italia me-

ridionale non si interruppe dopo la guerra dei Vespri: Epstein 1996, p. 92 e 252.

Al tempo stesso, proseguono gli scambi con l’O- riente, ben documentati dalle fonti almeno fino al XVI secolo, con particolare riguardo a quelli con Cipro e Rodi, dove è attestata la presenza di mercanti e cittadi- ni messinesi che svolgevano i loro affari in quelle isole. Gli studi recenti sui documenti d’archivio chiariscono il ruolo attivo dei mercanti messinesi, nonché dei mer- canti Genovesi residenti a Messina, nel promuovere i legami commerciali tra Sicilia e Cipro, e tra Sicilia e la costa micrasiatica in età sveva e aragonese 32. Altri dati

sulla presenza di mercanti messinesi in Oriente sono forniti da un gruppo di pergamene custodite presso l’Archivio di Stato di Messina, che provano che la par- tecipazione diretta dei messinesi al commercio orien- tale era massiccia e che tra Messina e Acri e viceversa fluiva una corrente commerciale continua 33. Messina

esportava il vino, di cui era la principale produttrice in Sicilia, e importava dall’oriente prodotti di lusso come sete, tessuti, pepe e altre spezie; in questo commercio è noto il ruolo dei mercanti pisani e genovesi, alcuni dei quali stanziati a Messina, che evidentemente aveva anche la funzione di centro di stoccaggio per merci che poi venivano indirizzate altrove 34.

Sotto il regno aragonese continuano ad essere utiliz- zate come vasellame di uso comune le ingobbiate, sia monocrome che policrome, probabilmente prodotte nelle officine della città o in quelle di centri vicini come Patti, centro di fondazione normanna la cui produzione di ceramiche da cucina e da mensa è nota al momento solo per l’età post medievale, ma del quale recenti ricer- che vanno evidenziando una precoce inizio dell’attività figulina 35.

Le ceramiche confermano il quadro di una città in fermento, dall’economia proiettata verso il porto e i viaggi per mare. I dati finora disponibili, associati alle ricerche documentarie, parlano di una città aperta ai traffici commerciali in transito lungo lo Stretto, ma anche recettiva delle novità tecnologiche che prove- nivano da Ovest, con le invetriate islamiche, e da Est, con le ingobbiate bizantine; la tecnica dell’ingobbio, fatta propria dai ceramisti locali, registrerà un successo destinato a proseguire nei secoli, con le ingobbiate cir- colanti accanto alle maioliche siciliane e quelle d’im- portazione, presenti in quantità minoritarie e proba- bilmente non raggiungibili da tutti gli strati sociali della popolazione.

32 Coureas 2006.

33 Alibrandi M. 1972, p. 100: nel testamento datato 1279, conte-

nente le volontà di un mercante messinese, tal Petrono, morto ad Acon (S. Giovanni di Acri) in Siria, si fa cenno ai viaggi che egli aveva fatto con la nave della quale era in parte proprietario, ma anche ad altri mercanti messinesi presenti in quegli anni ad Acri. Sul commercio tra Messina e i porti del Levante, si vedano i recenti contributi di Figliuolo 2013 e Figliuolo 2014.

34 Si vedano a tale proposito: Abulafia 1993; Epstein 1996.

35 Le produzioni pattesi di ceramiche da mensa e da cucina sono in

parte note per l’età post medievale; ma riteniamo che sin dal XV secolo sia- no stati attive officine specializzate nella produzione di ceramiche da mensa ingobbiate policrome. Si veda D’Amico in press b.

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