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– Riassunto –

Il presente contributo ha come obiettivo l’analisi delle trasforma- zioni avvenute nelle produzioni ceramiche circolanti a Roma tra X e XIV secolo, partendo dai dati quantitativi di alcuni casi di studio (Vicus ad Carinas, Colosseo, chiesa di S. Omobono). Questo appro- fondimento si basa, infatti, sulle quantificazioni dei reperti ceramici di epoca medievale provenienti dai tre siti citati e solo parzialmente editi. I tre contesti sono cronologicamente distinti, permettendo dunque lo studio diacronico dei cambiamenti avvenuti durante tale arco cronologico, sia per quanto riguarda le classi in fase che quelle residuali. Il fine ultimo è quello di ricollocare i risultati ottenuti nella più ampia storia economica di Roma medievale, dimostrando l’importanza dell’analisi quantitativa nell’ottica di una più ampia ricostruzione storica volta alla comprensione delle complesse dina- miche economiche del periodo preso in esame.

Parole chiave: Ceramica medievale, residui, quantificazioni, economia medievale, Roma.

– Abstract –

The aim of this paper is to analyse the transformations of ceramics circulating in Rome between the tenth and the fourteenth cen- tury. The medieval ceramics from three chronologically different sites (Vicus ad Carinas, Colosseum and church of S. Omobono) has been studied using quantitative methods, which have allowed to recognise some main features. For example, it has been possible to notice some differences between the percentages of the residual ceramics from each site; moreover, the quantity of the in-phase ceramics changed as well, considering both glazed and unglazed classes. Finally, such results have been compared to the major eco- nomic transformations that affected Rome during this chronolog- ical frame: in fact, the final aim of this work is demonstrating the importance of ceramics data for a diachronic and wider analysis of the medieval economy.

Keywords: Medieval ceramic, residuality, quantification, medieval economy, Rome.

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1. Introduzione

L’oggetto della presente analisi sono i cambiamenti che interessano la produzione ceramica romana tra X e XIV secolo, partendo dai dati ottenuti dallo studio quan- titativo di tre contesti parzialmente inediti (Vicus ad Ca- rinas, Colosseo e chiesa di S. Omobono) e confrontando i risultati ottenuti con i cambiamenti sociali ed econo- mici che interessano Roma nel periodo preso in esame. Per permettere un tipo di analisi diacronica, si è scelto di studiare i contesti utilizzando i medesimi metodi di quantificazione: conteggio dei frammenti, pesatura e in- dice EVE (evaluated vessel equivalent) 1. In questo modo

è stato possibile creare una base statisticamente affidabi- le che rappresenta un importante punto di partenza per analisi di più ampio respiro sul Medioevo romano.

2. I contesti ceramici

2

Il primo contesto, tuttora in corso di studio, com- prende i materiali di epoca medievale provenienti dal Vicus ad Carinas e datati tra X e XI secolo (14.669 frammenti totali). Le classi datanti analizzate sono la vetrina pesante, la vetrina sparsa e la ceramica acroma da fuoco, mentre per quanto riguarda i materiali resi- duali, si tratta principalmente di classi di epoca romana (96%). Il secondo contesto è invece datato tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo e viene dai cunei IX e X dell’Anfiteatro Flavio (10.789 frammenti totali). Le classi in fase sono la ceramica a vetrina sparsa, la ce- ramica acroma da fuoco e l’acroma depurata, mentre sono state considerate residuali la vetrina pesante e tutte le classi di epoca romana (50% circa). Infine, il terzo contesto analizzato (15.065 frammenti totali), è costi- tuito dagli interri della fase medievale della chiesa di S. Omobono e comprende materiali in fase datati al XIV

1 Orton, Hughes 2013, pp. 17-22; Ceci, Santangeli Valenzani

2016.

2 Per quanto riguarda i metodi di quantificazione, la scelta di non utiliz-

zare il numero minimo di individui (NMI) è legata al tipo di contesti. Per il

Vicus e l’Anfiteatro Flavio si tratta di contesti aperti, con forte residualità e

poche parti diagnostiche (caratteristiche che possono alterarne l’affidabilità); per S. Omobono, lo studio dei materiali ceramici, avvenuto su stratigrafie solo parzialmente edite, è stato uniformato ai primi due.

secolo, mentre i residui sono scarsamente rappresenta- ti (meno del 5%). È evidente che i tre contesti sono cronologicamente distinti e ciò ha permesso di realiz- zare uno studio diacronico dei cambiamenti avvenuti nella produzione ceramica tra X e XIV secolo. Infatti, dall’analisi complessiva dei materiali emergono alcune considerazioni generali:

− A partire dalla fine del XII secolo si assiste all’aumen- to della produzione di classi comuni, sia da mensa e dispensa, sia da cucina (fig. 1a);

− Nello stesso periodo è possibile notare sensibili dif- ferenze anche per quanto riguarda la percentuale di attestazione delle classi residuali (soprattutto anfore di epoca romana), che diminuiscono in modo piuttosto repentino (fig. 1b);

− Il repertorio morfologico cresce sensibilmente, pas- sando da classi quasi ‘monoforma’, come la vetrina pe- sante, la vetrina sparsa e la produzione di acrome da fuoco di X-XII secolo, a classi caratterizzate da un’am- pia varietà, come le smaltate di XIII e XIV secolo e le invetriate da fuoco (fig. 2).

3. Discussione

Ma come possono essere interpretati tali risultati nel più ampio contesto socio-economico? Per quanto riguarda l’incremento delle classi comuni, il suo apice si colloca alla fine del XII secolo, quando la standardiz-

fig. 1 – a. Confronto tra classi comuni e fini, basato sul conteggio; b. Confronto tra classi residuali e in fase, basato sul conteggio.

fig. 2 – Attestazione delle forme nei vari periodi, definiti dalle rispettive classi fini.

zazione raggiunge livelli mai raggiunti in precedenza: un chiaro esempio di questo fenomeno sono le brocche con becchi trilobati e anse a nastro complanari studia- te da Marco Ricci per il cuneo XXXVI dell’Anfiteatro Flavio e prodotte con impasti analoghi sia in vetrina sparsa sia in ceramica acroma depurata 3. Tale aumen-

to nella disponibilità delle classi comuni riflette, senza dubbio, la corrispondente crescita della popolazione e, di conseguenza, della richiesta sul mercato di ceramica che potesse soddisfare il bisogno cittadino. La maggiore variabilità delle forme, invece, è attestata soprattutto a partire dal XIII secolo e corrisponde a quanto noto sui cambi delle abitudini alimentari che avvengono negli ultimi secoli del Medioevo: la dieta si diversifica e ciò ha come inevitabile conseguenza l’aumento delle forme ce- ramiche, sia da mensa, che da cucina e da dispensa, evi- dente soprattutto per XIII e XIV secolo 4. Ad esempio,

l’olla smette di essere la forma principale della ceramica da fuoco, ora affiancata anche da casseruole, scodelle e tegami. Quando, infine, si prende in considerazione il rapporto tra classi in fase e residuali, è possibile notare come i residui abbiano un’alta percentuale fino al XII secolo, prima di iniziare un progressivo declino. Consi- derando la diversa natura degli strati, se da una parte la maggiore presenza di residui sembra connessa con una fase, ben nota, di grande espansione edilizia, dall’altra considerare la diminuzione di tali residui semplicemen- te come un momento di stasi costruttiva è troppo sem- plicistico; al contrario, nonostante in generale le per- centuali di materiali residui siano più basse a partire dal

3 Ricci 2002, pp. 344-403.

4 Ricci 2002, pp. 344-403; Ricci 1998, pp. 34-42.

XII secolo, esse comprendono principalmente classi più recenti, evidenziando quindi l’incremento della produ- zione ceramica in quel periodo – tanto che gli stessi materiali ‘recenti’ vengono massicciamente riutilizzati in vespai, terrapieni e strati di bonifica.

4. Conclusione

In conclusione, lo studio diacronico della cerami- ca proveniente da diversi contesti ha permesso di evi- denziare come i dati materiali riflettano chiaramente i maggiori cambiamenti sociali ed economici del perio- do oggetto di studio. In particolare, è emerso come la fine del XII e l’inizio del XIII secolo rappresentino un momento di grande trasformazione, caratterizzato sia dall’aumento e dalla standardizzazione della produzio- ne, sia dall’introduzione di nuove forme. Contempora- neamente, si assiste alla diffusione di nuove tecniche di rivestimento: le ceramiche con vetrina a base piombi- fera vengono completamente sostituite dalle ceramiche rivestite con smalto a base stannifera proprio a partire dal XIII secolo 5. In generale, il quadro di crescita e mi-

glioramento della produzione è ben visibile dallo studio dei materiali ceramici e si accorda con quanto noto sulla crescita dell’economia romana di questo periodo 6. Un

approccio diacronico, dunque, si rivela fondamentale per l’analisi di trend economici più ampi, che permetta- no di far luce su cambiamenti e trasformazioni ancora poco note per la storia economica di Roma medievale.

5 Molinari 1990, pp. 357-484; Rascaglia, Russo, 2015, pp. 279-

308.

6 Wickham 2014, pp. 112-180.

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Consumi e scambi della ceramica a Terlizzi (BA)