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Il consumatore medio e il superamento della concezione paternalistica

La valutazione dell’idoneità “effettuale”734 della pratica commerciale scorretta va

realizzata con riferimento al consumatore medio la cui nozione costituisce “un decisivo elemento di comprensione della disciplina in commento”735. La proposta

di direttiva presentata dalla Commissione nel 2003736 conteneva già una definizione di consumatore medio assumendo come parametro di riferimento non già il consumatore debole e vulnerabile737, ma critico e consapevole. In particolare, aderendo all’interpretazione giurisprudenziale della Corte di giustizia738 il consumatore medio è “il consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto”. Nonostante il timore del Comitato economico e sociale739, il Parlamento europeo accettò in prima lettura la proposta

733 M. LIBERTINI, Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche

commerciali scorrette, cit., p. 73 ss.

734 A.GENOVESE, La normativa sulle pratiche commerciali scorrette, in Giur. Comm., I, 2008, p.

767.

735 A.GENOVESE, op. ult. cit., p. 767.

736 Commissione europea, Proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa alle

Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno, cit., p. 4 ss.

737 NADIA ZORZI GALGANO, Il Consumatore medio ed il consumatore vulnerabile nel diritto

comunitario, in Contratto e Impresa/Europa, 2, 2010, p. 549 ss. Secondo l’A., il consumatore vulnerabile è il consumatore sprovvisto delle conoscenze e delle informazioni indispensabili per agire con piena consapevolezza della portata e della convenienza delle proprie decisioni, nonché privo della razionalità e del senso critico necessari per operare scelte ponderate.

738 Corte di Giustizia, sent. 6 luglio 1995, causa C-470/93, Mars, in Racc. giur. Corte di giustizia,

1995, p. 1923; sent. 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide GmbH c. Oberkreisdirektor des Kreises Steinfurt, in Racc., 1998, I, p. 4567; sent. 13 gennaio 2000, causa C- 220/98, Estèe Lauder c. Lancaster, in Racc., 2000, I, p. 117.

739 Il Comitato economico e sociale riteneva che l’utilizzazione del parametro del consumatore

medio, così come definito dalla Commissione, avrebbe potuto privare la politica di tutela dei consumatori del proprio carattere protettivo.

della Commissione, limitandosi a suggerire l’inserimento nella definizione di consumatore medio dell’espressione “tenuto conto delle circostanze sociali, culturali e linguistiche che avrebbe dovuto rendere la definizione più elastica e adattabile alle peculiarità specifiche delle concrete fattispecie. Il testo così integrato fu approvato anche dal Consiglio che, tuttavia, decise di non inserirlo tra le definizioni di cui all’art. 2 della Direttiva 2005/29/CE, ma di “confinarlo”740 nel considerando 18.

Guardando al testo definitivo della Direttiva, il considerando 18 statuisce che “conformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’efficace applicazione delle misure di protezione […], la presente direttiva prende come parametro il consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali, e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia […]”. In fase di recepimento, il legislatore italiano ha preferito non inserire alcuna disposizione recante la nozione di consumatore medio741.

Di questa non vi è traccia né nell’elenco di definizioni generali in materia di tutela del consumatore contenuto all’art. 3, Codice del consumo, né per quanto concerne la disciplina delle pratiche commerciali scorrette di cui all’art. 18 del medesimo codice742. Soffermandoci sul contenuto del considerando 18 della Direttiva, si rileva la portata assai ampia e generica della definizione in commento che comporta, necessariamente valutazioni di natura discrezionale743. Infatti, il quantum e la qualità delle informazioni disponibili da parte di un consumatore medio e il grado di attenzione e avvedutezza che ci si può ragionevolmente attendere dallo stesso sono parametri che per loro stessa natura non possono

740 EZIO GUERINONI, Le pratiche commerciali scorrette. Fattispecie e rimedi, cit., p. 126 ss. 741 La scelta di non riportare nel contesto normativo di recepimento della Direttiva 2005/29/CE la

definizione di consumatore medio è stata adottata dalla maggioranza degli Stati della Comunità. Tra le eccezioni si registra la Francia che ha inserito la nozione in commento nell’art. L 120-1 del Code de la Consommation.

742 Sebbene il riferimento al consumatore medio non sia esplicitato nel testo del Codice del

consumo, nella Relazione annuale per il 2008 (p. 18), l’Autorità ha chiarito che “il riferimento al consumatore medio quale parametro di valutazione della scorrettezza di pratiche commerciali non sembra destinato a incidere significativamente su una prassi già seguita dall’Autorità in materia di pubblicità ingannevole, che ha sempre valorizzato la considerazione delle caratteristiche soggettive dei destinatari della comunicazione di impresa in relazione alla decodifica del messaggio pubblicitario.

743 T. WILHELMSSON, The informed consumer vs. the vulnerable consumer in European unfair

essere rigidi e prefissati, ma devono essere interpretati alla luce di una molteplicità di fattori tra cui quelli “sociali, culturali e linguistici” richiamati dallo stesso considerando 18744.

Inoltre, la stessa nozione di consumatore medio deve essere modulata a seconda che la pratica commerciale sia diretta alla generalità dei consociati ovvero a un determinato gruppo di consumatori. In quest’ultimo caso, è necessaria ai fini della valutazione della condotta in termini di scorrettezza la sua attitudine a falsare il comportamento economico del “membro medio del gruppo determinato di consumatori”745 al quale la pratica è diretta746.

Ne consegue un necessario adattamento del parametro alle peculiari caratteristiche dello specifico gruppo di consumatori cui il professionista indirizza i messaggi pubblicitari, le dichiarazioni e le comunicazioni relative al prodotto offerto. E’ in considerazione di siffatte caratteristiche che potrà stabilirsi quale sia il livello qualitativo e quantitativo di informazioni di cui dispongono i destinatari della pratica commerciale e quale grado di attenzione ci si possa da essi ragionevolmente attendere747.

Pertanto, il criterio del membro medio del gruppo troverà applicazione “laddove un gruppo di consumatori esista e sia “chiaramente individuabile e sempre che il professionista possa ragionevolmente prevedere che la pratica commerciale cui fa ricorso sia idonea a influenzare in misura apprezzabile le decisioni delle persone suscettibili di essere ricomprese nel gruppo in questione”748. La disciplina in esame individua all’art. 20, comma 3, del codice del consumo, un ulteriore

744 T. WILHELMSSON, The informed consumer vs. the vulnerable consumer in European unfair

commercial practices law – A comment, cit., p. 211 ss.

745 Cfr. art. 20, Codice del consumo.

746 Il membro medio di un gruppo di consumatori è, duque, il soggetto dotato di conoscenze e di

capacità critiche mediamente possedute dagli altri componenti del gruppo.

747 P. BARTOLOMUCCI, L’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali scorette e le

modifiche al codice civile, cit., p. 273 ss. Cfr. in proposito anche TAR Lazio, sent. 25 marzo 2009, n. 3722. Secondo il TAR, “se è vero che l’individuazione del consumatore medio non può conseguire a una valutazione condotta in termini meramente statistici (quanto, piuttosto, devono essere necessariamente presi in considerazione fattori di ordine sociale, culturale ed economico, fra i quali il contesto di mercato nell’ambito del quale il consumatore si trova ad agire), deve essere attribuita rilevanza alle caratteristiche proprie dei beni e/o dei servizi offerti coniugate con le (eventuali) peculiarità del settore merceologico di riferimento.

748 CHIARA ALVISI, Il consumatore ragionevole e le pratiche commerciali sleali, in Contratto e

temperamento del grado di ragionevolezza richiesto al consumatore destinatario della pratica commerciale.

In particolare, la norma fa riferimento al gruppo di consumatori particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità. In questo caso, i consumatori dovranno essere adeguatamente tutelati attraverso una valutazione condotta con riferimento al “membro medio di tale specifico gruppo”749. Nonostante l’utilità di tale ulteriore riferimento specifico a categorie di soggetti particolarmente vulnerabili, resta comunque il dubbio da taluni750 discusso in merito alla tutela di quei consumatori che, pur senza fondare la propria debolezza sull’età o sullo stato mentale o fisico, siano comunque al di sotto del parametro della ragionevole attenzione e avvedutezza.

Tale dubbio, sembrerebbe essere risolto dall’art. 20, comma 3, Codice del consumo751, che accanto all’età e all’infermità fa riferimento anche all’ingenuità da intendersi come “la condizione di particolare vulnerabilità che prescinde da fattori specifici e che più genericamente dovrebbe sussumere le condizioni di distrazione e disinformazione”752. Ovvie ragioni ostative a un atteggiamento eccessivamente paternalistico da parte del legislatore, comunitario e nazionale, richiedono di non sopravvalutare il ruolo da assegnare a questo termine753. Tale riferimento, infatti, trova un bilanciamento nel richiamo alla necessaria “prevedibilità”754, da parte del professionista, delle condizioni di particolare vulnerabilità dei consumatori, compresa l’ingenuità755.

Se mancasse il correttivo della prevedibilità, il riferimento al consumatore vulnerabile ex art. 20, comma 3, Codice del consumo, assorbirebbe la nozione di consumatore medio, e di conseguenza, tutte le prassi imprenditoriali sarebbero soggette al concreto rischio di divenire illegittime e di essere sanzionate perché

749 NADIA ZORZI GALGANO, Il Consumatore medio ed il consumatore vulnerabile nel diritto

comunitario, cit., p. 549 ss.

750 CHIARA ALVISI, Il consumatore ragionevole e le pratiche commerciali sleali, cit., p. 700 ss. 751 Cfr. anche l’art. 5, comma 3, Direttiva 2005/29/CE.

752 NADIA ZORZI GALGANO, Il Consumatore medio ed il consumatore vulnerabile nel diritto

comunitario, cit., p. 549 ss.

753 M. LIBERTINI, Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche

commerciali scorrette, cit., p. 93 ss.

754 Cfr. art. 20, comma 3, Codice del consumo.

755 M. LIBERTINI, Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche

inaspettatamente distorsive per le scelte economiche dei destinatari delle pratiche756.

Nel quadro di una visione liberale e non paternalistica del diritto dei consumi757, una soluzione volta ad assicurare un’incondizionata tutela del consumatore risulterebbe anacronistica758. La standard del “consumatore più debole” finirebbe per privare il mercato di buona parte di quel flusso di informazioni che contribuiscono a tenere vivo il gioco della concorrenza.

E’ questa la ragione che ha indotto la giurisprudenza comunitaria già negli anni ’90 a elaborare il criterio del consumatore medio il quale più che fissare uno “standard oggettivo/statistico759, pone un onere di diligenza anche a carico del consumatore. Tale scelta, recepita dal legislatore comunitario760, si giustifica nel

contesto di un mercato comune caratterizzato da un certo attivismo dei consumatori protagonisti e non più meri spettatori del gioco della concorrenza761.

756 T. WILHELMSSON, The informed consumer vs. the vulnerable consumer in European unfair

commercial practices law – A comment, cit., p. 212 ss.

757 T.WILHELMSSON,Scope of the Directive,in European Fair Trading Law, 2006 p. 49 ss. 758 P.FATTORI,M.TODINO, La disciplina della concorrenza in Italia, cit., p. 357.

759 In proposito cfr. il considerando 18 della Direttiva 2005/29/CE nel quale si precisa che “la

nozione di consumatore medio non è una nozione statistica”.

760 Cfr. considerando 18 della Direttiva 2005/29/CE.

761 M. LIBERTINI, Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche

Parte II

I poteri e il modus operandi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato