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Capitolo 4: Commento traduttologico ai capitoli tradotti

4. Il contenuto cognitivo

Dopo aver esaminato tipologia e funzione testuale così come emittente e destinatario del prototesto, procediamo con un’analisi del contenuto cognitivo del testo d’origine, ovvero dell’argomento trattato nell’opera e, soprattutto, nei capitoli in seguito tradotti.

Come è stato più volte affermato l’opera tratta della dinastia Ming (1368-1644) anche se in realtà, prima di approfondire questo specifico argomento, l’autore torna indietro di qualche decennio e si sofferma sui fatti pre-Ming.

Sono 31 i capitoli che compongono “Ming chao na xie shi er”, suddivisi in ulteriori cinque sezioni da cinque capitoli l’una e da un’ultima sezione da sei capitoli.

Si è scelto di tradurre i primi quattro capitoli per poi passare al settimo per un motivo ben preciso: i primi capitoli delineano un profilo puntuale del futuro primo imperatore Ming, Zhu Yuanzhang, protagonista incontrastato del primo libro. L’autore fornisce addirittura dettagli e delucidazioni sui legami di parentela della famiglia Zhu (tornando indietro per secoli e secoli), focalizzando poi sullo status sociale dei genitori del futuro imperatore, sulle calamità che si erano abbattute sulla Cina in quel periodo e sulle tragiche vicende familiari che ne conseguirono.

Zhu Chongba (questo il suo vero nome prima di diventare imperatore) dovette farsi monaco per sopravvivere, ma dati gli sconvolgimenti socio-politici e la crisi della dinastia

Yuan, descritta anche nella sua struttura, optò (per volere del fato e di sua spontanea volontà) per aggregarsi ad uno dei numerosi eserciti ribelli che andavano via via formandosi allo scopo di opporsi al regime degli oppressori stranieri.

Il caso vuole che Zhu Chongba fosse un ottimo funzionario militare: preciso, diligente ed efficiente, godeva del rispetto di tutti tranne Guo Zixing, guardiano delle mura di Haozhou, ai vertici dell’esercito ribelle, nonché padre adottivo della consorte di Zhu Chongba. Guo Zixing non sopportava l’idea che il genero fosse così capace e forte: ecco perché decise di farlo prigioniero per poi liberarlo, in realtà, poco dopo, sperando in un suo allontanamento volontario. Così fu, in effetti: il giovane decise di costituire un suo piccolo esercito personale costituito da aiutanti fidati ed infallibili che lo sostennero, poi, durante la sua scalata al successo.

Il personaggio di Zhu Chongba, che dopo essere entrato nell’esercito cambiò il suo nome in Zhu Yuanzhang, viene esaminato soprattutto a livello interiore, con le sue sofferenze, i suoi pensieri, le sue delusioni, le sue aspettative, le sue aspirazioni: il suo astio nei confronti dei regnanti stranieri, condiviso da buona parte della popolazione cinese locale, lo spinse a diventare sempre più accanito e desideroso di un nuovo regime, di una vita tranquilla, di cui lui e lui solamente poteva essere il fautore.

Nel settimo capitolo, l’ultimo tradotto, viene presentato un altro personaggio importante: Chen Youliang, degno avversario del futuro primo imperatore.

Di bassa estrazione sociale, come del resto Zhu Yuanzhang, nel corso della sua vita aveva subìto discriminazioni e vessazioni di ogni tipo. D’indole spietata e crudele, non aveva mai superato il complesso d’inferiorità che lo attanagliava: il suo desiderio più grande era quello di emergere e fare capire a tutti di cosa fosse capace pur di raggiungere i vertici del sistema. Solo in quel modo chi s’era preso gioco di lui avrebbe capito veramente con chi aveva a che fare e sarebbe stato duramente punito per averlo ostacolato nel suo percorso di crescita.

Zhu Yuanzhang e Chen Youliang, ad un primo sguardo così simili, in realtà erano diversi in tutto: Zhu Yuanzhang aveva affrontato la perdita di una casa, dei familiari, di un tozzo di pane sicuro con cui sfamarsi.

Aveva dovuto convivere con la solitudine, che poi era diventata la sua migliore amica; aveva dovuto camminare per chilometri e chilometri nelle aree più desolate e povere della Cina del sud per andare a chiedere l’elemosina; si era dovuto rivolgere alla divinazione per

scegliere il proprio destino, mentre il suo unico desiderio sarebbe stato quello di crearsi una famiglia e vivere una vita monotona ma appagante.

Si era fatto da solo, aveva imparato ad avere fiducia in se stesso, a contare sulla sua persona e sulle proprie capacità, a dimostrare il suo valore senza nuocere a nessuno, abbassando la testa e lavorando sodo. La sua evidente menomazione fisica, di cui si parla nella traduzione, non lo ostacolò nella sua scalata al successo, né tantomeno nel trovarsi una moglie.

Non si può dire lo stesso di Chen Youliang: un giovane fisicamente prestante ed eccezionalmente bello che aveva sofferto le angherie dei suoi coetanei a scuola e dei suoi pari e superiori nella vita professionale. Anche lui aveva sicuramente sofferto la solitudine, ma non aveva mai imparato a conviverci, rigettandola in ogni modo.

L’arrivo dell’esercito dei Turbanti Rossi, capitanato da Xu Shouhui, nel suo paese natale fu l’occasione che aspettava per dimostrare a tutti quanti di cosa era capace. Dopo essersi conquistato la fiducia dei vertici Taiping (in particolare di Xu Shouhui, generale supremo, e di Ni Wenjun, primo ministro del regime Tianwan), trovò un modo per farsi strada tra i pezzi grossi del governo e dell’esercito.

Come viene spiegato nel libro, però, il codice di lealtà e fratellanza all’interno dell’esercito di Xu Shouhui era fondamentale: sgarrare avrebbe voluto dire essere additati pubblicamente nonché puniti. Questo punto diventa fondamentale per lo svolgimento delle vicende di Ni Wenjun e di Chen Youliang, essendo rispettivamente maestro ed allievo l’uno dell’altro. Il primo aveva sempre vissuto nell’ombra di Xu Shouhui nonostante l’erudizione e le grandi capacità: decise, quindi, di voltargli le spalle ed assassinarlo, per poi prendere il suo posto a capo del regime Taiping; sfortunatamente per lui, venne smascherato prima ancora di macchiarsi le mani e decise di fuggire per sempre, recandosi dal suo allievo prediletto Chen Youliang. Come anticipato, però, quest’ultimo era una persona estremamente violenta ed egoista: “tale maestro, tale allievo” dice Dangnian Mingyue per descrivere la situazione, ed infatti Chen Youliang non ebbe nessuno scrupolo ad uccidere il suo mentore pur di avvicinarsi al successo.

Le vicende di Xu Shouhui, Ni Wenjun e Chen Youliang vengono raccontate nel settimo capitolo, in cui si comincia a parlare, tra l’altro, di un altro personaggio, anch’egli nemico di Zhu Yuanzhang: Zhang Shicheng, contrabbandiere di sale e ribelle nella città di Taizhou, che poi occupò assieme ai suoi fratelli, proclamandosi re Cheng del regno di Dazhou.

Questi sono indicativamente gli argomenti trattati nei capitoli tradotti dell’opera. Più in generale, il primo volume raccoglie gli avvenimenti che vanno dal 1328, anno di nascita del futuro primo imperatore Ming, ai primi anni del 1400, quindi ben dopo la fondazione dell’impero Ming ad opera di Zhu Yuanzhang.

Ovviamente l’argomento del libro, che può sembrare quasi banale ed approssimativo ad un lettore non cinese, in realtà è estremamente ben strutturato; come menzionato precedentemente le fonti di cui l’autore si è servito sono tutte autorevoli ed egli non si limita ad elencare i fatti in semplice ordine cronologico, descrivendoli en passant: è sicuramente un’eccellente opera di narrazione, ma l’analisi dei personaggi e dei fatti la caratterizza totalmente. In nessun libro di storia si riusciranno a trovare elementi narrativi e descrittivi in proporzioni perfettamente bilanciate, che raccontano gli eventi storici di quasi 700 anni fa, delineando anche i profili dei personaggi che sono rimasti nella storia della Cina.

Mao Peiqi, eccelso storico esperto del periodo Ming e professore di storia alla Renmin Daxue di Pechino, intervistato in molteplici occasioni proprio riguardo a “Ming chao na xie shi er”, ha sempre espresso commenti favorevoli e positivi, precisando che sebbene nelle biblioteche e nelle librerie cinesi ci fossero numerosissimi libri riguardanti la storia della dinastia Ming, nessuno di questi è mai stato in grado di appassionare i lettori come, invece, Dangnian Mingyue e la sua opera sono riusciti a fare. Nessuno, infatti, si sarebbe mai aspettato di poter leggere un libro di storia così scorrevole ed interessante (allo stesso tempo, per di più). Come si vedrà nell’analisi della lingua e dello stile, l’autore si è senza dubbio servito di alcuni accorgimenti per far sì che la storia risultasse più fluida e comprensibile ad un pubblico molto vasto ed il Professor Mao accoglie favorevolmente questo approccio, in generale molto ben accettato nei circoli accademici storici e letterari, affermando che tutto è concesso purché la storia non venga distorta o travisata da chi la legge ma, soprattutto, da chi la scrive.

Questo non è certamente il caso, considerato che Dangnian Mingyue si è servito di fonti storiche totalmente attendibili come riferimenti, unite alla ricerca di ogni informazione a disposizione sul conto dei protagonisti dei libri; il lavoro è stato, ovviamente, arduo, in quanto nella storia possono tranquillamente comparire versioni diverse dello stesso avvenimento.