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Contenuto, procedimento di concessione e revoca della

3. La detenzione domiciliare

3.3. Contenuto, procedimento di concessione e revoca della

La misura della detenzione domiciliare è concessa dal Tribunale di sorveglianza, che nello stesso provvedimento è tenuto a disporre anche le modalità, secondo i criteri fissati dall’art. 284 c.p.p. per gli arresti domiciliari (4° c. art 47 ter). Il riferimento all’art. 284 c.p.p., introdotto con l. n. 165 del 1998 e che conferma la già indicata analogia tra i due istituti, permettendo di imporre limitazioni volte a assoggettare il sottoposto alla misura a maggiore controllo, allarga il campo di applicazione della stessa, oltre che la discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, potendo questo modellare il contenuto in base alle personali esigenze e alla pericolosità del soggetto342.

Le prescrizioni a cui l’art. 284 c.p.p. fa riferimento riguardano la facoltà del Tribunale di imporre al condannato divieti o limiti di comunicare con persone diverse da quelle che vivono con lui o lo

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CESARIS L., sub art. 47 quinquies, in DELLA CASA F., GIOSTRA G., Ordinamento

penitenziario commentato, 2015, p. 603.

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assistono, ovvero di autorizzarlo ad allontanarsi dal luogo della detenzione domiciliare per provvedere ad indispensabili esigenze di vita, se nessuno può farlo per lui, o svolgere un’attività lavorativa se versi in assoluta indigenza. Infatti, come afferma il 5° c. dell’art. 47 ter per la detenzione domiciliare ordinaria e il 2° c. dell’art. 47 quinquies per quella speciale, l’Amministrazione penitenziaria non sopporta alcun onere per il suo mantenimento. Il Tribunale, sempre ai sensi del 4°c., oltre a questo tipo di prescrizioni, può anche impartire disposizioni per l’intervento del servizio sociale, il cui intervento è maggiore nel caso della detenzione domiciliare speciale, la cui norma relativa prevede che esso controlli la condotta del soggetto e lo aiuti a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale anche mettendosi in contatto con la famiglia e gli ambienti di vita, e che riferisca periodicamente al magistrato di sorveglianza del suo comportamento. Inoltre, sempre in questo caso, l’ordinanza deve prevedere anche il periodo di tempo che il condannato genitore può trascorrere fuori dal proprio domicilio per provvedere all’assistenza dei figli. Le prescrizioni inizialmente impartite dal Tribunale, possono essere modificate nel corso dell’esecuzione della misura, dal magistrato di sorveglianza competente nel luogo dove si svolge la stessa, senza un nuovo intervento del primo organo (4° c. art. 147 ter). Per quanto riguarda la necessità di verificare il rispetto da parte del beneficiario della misura, delle prescrizioni impostegli, il p.m. e la polizia giudiziaria anche di propria iniziativa, possono in ogni momento procedere al controllo343. A questo proposito, il Tribunale o il magistrato di

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sorveglianza, ai sensi dell’art. 58 quinquies ord. pen, per garantire un maggiore controllo sul rispetto delle prescrizioni imposte, può anche prevedere il ricorso a strumenti tecnici o elettronici, se disponibili presso la polizia giudiziaria, e si applicano le disposizioni di cui all’art. 275 bis c.p.p. per l’uso di tali mezzi in caso di arresti domiciliari, in quanto compatibili. In particolare ci si riferisce al cosiddetto “braccialetto elettronico”, una forma di controllo più invasiva della sfera personale e pertanto ai fini della sua applicazione l’art. 275 bis c.p.p. richiede il consenso del soggetto alla sua applicazione. Tale previsione, aumentando l’efficacia dei controlli, ha permesso una più ampia applicazione della misura, perché proprio la difficoltà di verifica del rispetto delle prescrizioni era stata il motivo della scarsa efficacia e dello scarso ricorso ad essa344.

Per quanto riguarda il procedimento di ammissione alla misura, in ogni caso l’istanza può essere presentata dal condannato o da un suo prossimo congiunto, ai sensi dell’art. 57 ord. pen., mentre per il resto è necessario distinguere in base alla condizione in cui si trovi l’interessato. Se il soggetto si trova in stato di libertà, la procedura è dettata dall’art. 656 c.p.p., che dispone che il p.m. competente, dopo che è stata emessa la condanna, emetta l’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione, notificandoli al condannato e al difensore, con l’avviso che entro trenta giorni possono presentare istanza per ottenere la misura alternativa. L’istanza dovrà essere presentata al Tribunale di sorveglianza competente per il luogo in cui ha sede l’ufficio procedente,

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corredata dalla documentazione necessaria. Se invece l’interessato non è in stato di libertà perché l’esecuzione ha già avuto inizio, la norma di riferimento è l’art. 47 ter c. 1 quater, secondo il quale l’istanza va presentata al Tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione. La norma prevede tuttavia che nei casi in cui vi sia “grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione” l'istanza (in relazione solo alle ipotesi di cui ai commi 01, 1, 1 bis e 1 ter) è rivolta al magistrato di sorveglianza, che può disporre l'applicazione provvisoria della misura, e trasmettere immediatamente gli atti al Tribunale di sorveglianza, che prenderà la decisione definitiva, entro quarantacinque giorni.

In tutti e tre i casi la misura può essere revocata. Ciò avviene quando il soggetto ha viola la legge o le prescrizioni dettate, manifestando un comportamento incompatibile con la prosecuzione della misura (c. 7 art. 47 ter ord. pen.), ma la revoca non è automatica, per cui il Tribunale dovrà valutare l’entità e la rilevanza della violazione345. Un'altra ipotesi è data dal venir meno delle condizioni che hanno causato l’applicazione della misura (nelle ipotesi di cui agli art. 47 ter c. 1 e 1 bis), e l’ultima causa di revoca è la condanna per il reato di evasione ex art. 385 c.p. (art. 47 ter c. 8), al pari di quanto avviene nel caso degli arresto domiciliari e della semilibertà e licenze. L’allontanamento del soggetto dal luogo di applicazione della misura determina la punibilità per tale reato e la possibilità che si attivi il relativo procedimento penale in seguito a denuncia. Ora tuttavia, la

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semplice denuncia comporta più la revoca automatica, com’era invece previsto dalla norma prima della sentenza 174/1997 della Corte Costituzionale, ma può dar luogo alla sospensione della misura se il magistrato lo ritenga opportuno in base alla valutazione del comportamento del soggetto (sempre secondo le indicazioni della Corte).