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2. Il differimento dell’esecuzione della pena

2.2. Il differimento obbligatorio

L’art. 146 c.p. dispone che l’esecuzione della pena detentiva deve essere differita in tre casi, di cui i primi due, riferendosi alla donna incinta e alla madre di prole di età inferiore ad un anno, rispondono ad esigenze di tutela della madre e del bambino268, mentre il terzo caso, prevedendo il differimento nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata, grave deficienza immunitaria o altra malattia grave, le cui condizioni di salute siano incompatibili con la detenzione, quando la malattia sia così avanzata da non rispondere più ai trattamenti disponibili e alle terapie curative, è volto a tutelare la salute e la dignità del

264

Così DOLCINI E., GATTA G. L., sub art. 146, Codice Penale Commentato, I, IV ed., Milano, 2015, p. 2059.

265

CANEPA M.,MERLO S., op. cit., p. 222.

266

PRELATI G., Il Tribunale di Sorveglianza, Milano, 2001, p. 63.

267

CANEPA M.,MERLO S., op. cit., p. 222.

268

DOLCINI E.,GATTA G.L., sub art. 146, op. cit., p. 2059; in giurisprudenza C. Cost. 2009, n. 145.

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malato269. I casi che qui interessano sono i primi due, che prendono in considerazione il periodo che va dall’inizio della gravidanza fino al compimento del primo anno d’età del figlio. Il legislatore ha stabilito che in questi casi il rinvio sia obbligatorio, il che significa che nel momento in cui il Tribunale di Sorveglianza accerti la sussistenza di uno dei due presupposti,

deve disporre il differimento, con il divieto tassativo per la donna

di permanere in carcere270.

In entrambi i casi tuttavia, l’ultimo c. dell’art. 146 prevede che il differimento non operi o, se concesso, sia revocato, in presenza di alcune cause ostative, quali: l’interruzione della gravidanza, purché siano trascorsi oltre due mesi; la decadenza della responsabilità genitoriale271 sul figlio ai sensi dell’art. 330 c.c.; la morte, l’abbandono o l’affidamento ad altri del figlio, purché il parto sia avvenuto da oltre due mesi.

Si osservi come la l. n. 40 del 2001 sia intervenuta sul rinvio obbligatorio manifestando un interesse crescente del legislatore alla tutela della maternità e della prole, estendendo il periodo in cui la detenuta madre può godere del beneficio. La precedente versione permetteva infatti il rinvio dell’esecuzione della pena detentiva se la madre avesse partorito da meno di sei mesi (ovvero fino a sei mesi di età del bambino), mentre in seguito alla riforma il termine è attualmente di un anno272.

269

CANEPA M., MERLO S., op. cit., p. 225, in giurisprudenza ad es. C. 27.10.2010; C. 1.10.2009.

270

CANEPA M.,MERLO S., op. cit., p. 223.

271

In precedenza “potestà”, modifica ad opera del d. lgs. 154/2013, art. 93 c. 1 lett. g).

272

ZUCCALÀ G., PATRONO P., FORTI G., sub art. 146, Codice Penale e leggi collegate, Milano, 2014, p. 960.

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In riferimento all’ipotesi della decadenza dalla responsabilità genitoriale come causa ostativa alla concessione del rinvio (art. 146 2° c. c.p.) da più parti si rileva come tale previsione appaia in contrasto con l’art. 7 della l. n. 40 del 2001, in quanto mentre la prima norma prevede la decadenza dalla responsabilità genitoriale come elemento che impedisce di accedere al beneficio, la seconda al contrario prevede che se il condannato abbia ottenuto il rinvio si avrà la sospensione della pena accessoria della decadenza dalla responsabilità genitoriale273. Di tale contraddizione si prese atto anche negli stessi lavori preparatori alla l. n. 40 del 2001, ma non vi si pose rimedio e tuttora permane nell’ordinamento.

L’istituto del rinvio obbligatorio, sollevando la donna dalla permanenza in carcere durante qualsiasi fase della gravidanza e per tutto il primo anno di vita del bambino, vuole permetterle di dedicarsi completamente alla preparazione al parto e alla cura del neonato, anteponendo la tutela della maternità e della prole all’esigenza statale di infliggere la pena274.

Se certamente lodevole e soddisfacente è tale previsione nei confronti della maternità, lo stesso non può dirsi nei confronti della paternità, non prevedendo la norma la possibilità di concedere il beneficio del rinvio dell’esecuzione al padre del nascituro e fino al primo anno di vita di quest’ultimo. Alcuni sostengono che tale impianto normativo sarebbe in contrasto con le norme costituzionali a tutela dell’infanzia e della famiglia, escludendo il padre dal processo di sviluppo del bambino, potendo

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CANEPA M.,MERLO S., op. cit., p. 224.

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con ciò arrecarvi pregiudizi, e disgregando il nucleo familiare275. Si ritiene infatti che le figure genitoriali siano in posizione paritaria nel processo educativo ed entrambe necessarie alla stabilità del nucleo familiare. La presenza paterna può inoltre rivelarsi di sostegno alla madre nel delicato periodo precedente e successivo al parto. La norma, tutelando solo il rapporto tra madre e figlio ed escludendo quelli tra padre e figlio e tra i genitori, rivela un’attenzione alla mera “dimensione biologico-materiale” che ricomprende gli aspetti della gestazione, del parto e dell’allattamento, ignorando il pur necessario contributo “spirituale, psicologico, morale e materiale” del padre nei confronti della madre e del bambino276. Che tale impostazione sia poco condivisibile è inoltre evidente dalla presenza di norme nell’ordinamento, che al contrario di questa, prevedono una responsabilità del padre nei confronti del bambino al pari della madre, nell’educazione, istruzione, sostegno morale e materiale. L’istituto del rinvio obbligatorio si applica alla pena che consegue ad una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo esclusa dall’applicazione dell’art. 146 c.p. la custodia cautelare in carcere277, come ha ritenuto la Corte Costituzionale278. La disciplina applicabile nel caso di custodia cautelare nei confronti di donna incinta è data dall’art. 275 c. 4 c.p.p. Questo prevede che tale misura custodiale non possa essere adottata nei confronti di donna incinta o madre di bambino di età inferiore a sei anni con lei convivente, nonché nei confronti del padre nel caso in cui la madre

275

Così ad es. LIBIANCHI S., in MASTROPASQUA G., op. cit., p. 48.

276

MASTROPASQUA G., op. cit., p. 48-49.

277

ZUCCALÀ G.,PATRONO P.,FORTI G., sub art. 146, op. cit., p. 961.

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è deceduta o è assolutamente impossibilitata ad assistere il figlio, salvo che ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Anche in questo caso il legislatore è intervenuto a tutela della maternità e dell’infanzia, innalzando il limite di età del bambino, da tre anni a sei, con la l. n. 62 del 2011, a decorrere dal 01.01.2014.

Il rinvio dell’esecuzione della pena, sia quello obbligatorio di cui all’art. 146 c.p. che quello facoltativo di cui all’art. 147 c.p., hanno perso rilevanza nella prassi, dal momento che per opera della l. n. 165 del 1998 le ipotesi di applicazione della detenzione domiciliare ex art. 47 ter ord. pen., coincidono quelle del rinvio ex 146 e 147 c.p.279 Il legislatore non ha stabilito criteri di coordinamento né di orientamento per l’interprete, e la sovrapponibilità dell’ambito di applicazione dei due istituti è riconosciuta da dottrina e giurisprudenza280. Ciò lascia al Tribunale di Sorveglianza il compito di scegliere quale dei due istituti applicare nel singolo caso, con un ampio margine di discrezionalità, e con le conseguenze che da un lato è il Tribunale e non più la legge ad operare il bilanciamento tra tutela della salute e della maternità ed esigenza di difesa sociale, e dall’altro che il rinvio dell’esecuzione ha perso nei fatti la sua obbligatorietà281

. La scelta fra i due istituti non è da sottovalutare, perché si tratta di decidere fra uno strumento che sospende l’applicazione della pena,

279

Recita infatti l’art. 47 ter c. 1 ter ord. pen.: “ Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza (…) puo' disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che puo' essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.

280

C. 3.10.2007; C. 28.8.2014.

281

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lasciando o rimettendo il reo in libertà, ed un altro che invece applica la pena, seppure con modalità diverse da quella ordinaria della detenzione in carcere282. In dottrina c’è chi sostiene che l’applicazione della misura alternativa dovrebbe prevalere sul differimento della pena, sia perché il periodo trascorso ai domiciliari vale come espiazione della pena, sia perché nella netta opzione fra detenzione e libertà la detenzione domiciliare rappresenterebbe una via intermedia283. Inoltre, si afferma, da un punto di vista logico prima che giuridico, sarebbe preferibile una misura che permetta di controllare un soggetto colpevole, portatore di pericolosità sociale, ad una che sospendendo l’applicazione della pena impedisca qualsiasi tipo di controllo, dovendosi escludere l’applicazione del principio astratto del favor

libertatis in questo caso284. Di conseguenza, secondo tale dottrina, la detenzione domiciliare si applicherà in quei casi in cui le condizioni di salute del reo siano incompatibili con la detenzione in carcere ma compatibili con quella domiciliare, realizzando un bilanciamento fra tutela del condannato ed esigenza di difesa sociale285. Infatti nonostante la sovrapponibilità dei presupposti, mentre il rinvio ha solamente una finalità umanitaria e di tutela della salute e della maternità, la misura alternativa persegue anche uno scopo di reinserimento sociale, pertanto se nonostante le sue condizioni di salute il condannato risulti in grado di recepire gli effetti del trattamento rieducativo ed in presenza di una sua residuale pericolosità sociale, appare preferibile l’applicazione

282

CANEPA M.,MERLO S., op. cit., p. 236.

283

CESARIS L., La detenzione domiciliare come modalità alternativa dell’esecuzione

penitenziaria, p. 344, in GREVI V., op. cit., 1994.

284

CANEPA M.,MERLO S., op. cit., p. 237.

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della detenzione domiciliare, tanto nell’interesse del reo che della collettività286. Un diverso orientamento dottrinale ritiene che la detenzione domiciliare non debba essere preferita in ogni caso al rinvio della pena, ma dovendo essere il Tribunale ad individuare lo strumento più idoneo alle esigenze del soggetto, caso per caso287. In giurisprudenza si riscontra una prevalente applicazione della detenzione domiciliare rispetto al rinvio dell’esecuzione. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, il rinvio dell’esecuzione trova spazio nei casi in cui l’infermità sia talmente grave da compromettere la vita del reo, tale che da un lato l’applicazione della pena sarebbe contraria al senso di umanità e dall’altro sarebbe impossibile proiettarne l’effetto rieducativo nel futuro. Al contrario, la detenzione domiciliare sarebbe applicabile se le condizioni di salute del condannato lascino ancora spazio ad una possibilità di reinserimento e siano compatibili con la finalità rieducativa.

E’ da segnalare la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 146, 1° c., n. 1 e 2, rispetto agli artt. 3, 27 c. 3 e 30 Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità per il giudice di negare il rinvio se lo ritenga in contrasto con la finalità di prevenzione generale e la detenzione domiciliare non sia idonea a prevenire il rischio di recidiva. La Corte ha respinto la questione, ritenendo che la funzione di intimidazione e dissuasione della pena non sia vanificata dal rinvio, dal momento che semplicemente si ritarda l’applicazione della pena e non la si elimina totalmente, ed

286

ZUCCALÀ G.,PATRONO P.,FORTI G.,sub art. 146,op. cit.,p.962.

287

ROMANO M., sub art. 146, Commentario sistematico del codice penale, ROMANO M., GRASSO G., II, Milano, 2005, che però antepone l’applicazione della detenzione domiciliare al rinvio facoltativo.

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inoltre rivelando ancora una volta la natura dell’istituto, ha sostenuto che il legislatore ha ritenuto di far prevalere la tutela della donna incita e del bambino sull’interesse statale all’esecuzione immediata della sanzione288

.

Il rinvio obbligatorio dell’esecuzione può essere revocato se vengono meno le condizioni che lo hanno legittimato (quindi in caso di interruzione della gravidanza, decadenza dalla responsabilità genitoriale, morte, abbandono o affidamento del figlio ad altri, miglioramento delle condizioni di salute)289. Non comporta la revoca la commissione di nuovi reati290.