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1. CONVERGENZE E DIVERGENZE TRA I DUE APPROCCI

1.1. Il contesto

La prima considerazione che avanzo è riferita al contesto. Il Social Investment originariamente nasce come soluzione ad un periodo di stagnazione economica e demografica della Svezia. Al lettore risulterà un contesto familiare. L’Europa sta ancor’oggi cercando di uscire dalla profonda crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007, che ha portato i livelli di crescita delle economie nazionali a cifre esigue. Inoltre la popolazione europea, secondo dati riferiti all’anno 2015, attraversa una fase in cui il saldo naturale è appena in equilibrio, con un tendenziale aumento della componente anziana over 65. Questa situazione demografica deriva dal fatto che, da un lato i tassi di natalità e di fecondità sono in calo con 10,1 nascite ogni 1000 abitanti e 1,58 figli nati vivi per donna secondo dati riferiti al 2014. Considerato che il tasso naturale di ricambio generazionale, ovvero quello che permette alla popolazione di rigenerarsi e mantenere una stabilità numerica nel lungo periodo al netto dei movimenti migratori, è di 2,10 figli per donna, è evidente che la popolazione europea è una popolazione che sta progressivamente diminuendo e invecchiando. L’invecchiamento della popolazione è accompagnato da con un contemporaneo aumento della speranza di vita, che per un europeo nato nel 2014 si assesta a 80,9 anni.158

Questo crea nuove sfide per il Welfare State, alcune delle quali già sono in atto. È evidente che una diminuzione della natalità e un aumento della speranza di vita comporteranno nel breve-medio periodo un aumento della componente di popolazione in età pensionabile, senza avere la stessa base di popolazione giovane che subentri nel mercato del lavoro e sia in grado di sostenere le politiche pensionistiche e l’ingente spesa pubblica attraverso la fiscalità. Questo ovviamente non è solamente prodotto del

158 Commissione Europea

www.ec.europa.eu/eurostat/statisticsexplained/index.php/Population_statistics_at_regional_leve l_it

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mutamento demografico, ma anche della congiuntura storica di crisi che l’Europa sta attraversando, portando con sé alti tassi di disoccupazione soprattutto giovanile, che al 2016 ha lasciato senza lavoro il 18,8% dei giovani in età compresa tra i 15 e i 24 anni.159

Queste dinamiche comportano inesorabilmente un aumento delle spese sociali per la vecchiaia. Ad oggi questa voce di spesa rappresenta già la più onerosa delle spese sociali per le casse degli stati dell’Unione Europea.160

La situazione economica e demografica in cui le politiche pubbliche sono oggi chiamate ad operare sembra avere le stesse tendenze di quella che ha dato origine al concetto di politiche sociali come investimento. Il Social Investment sembra ancora pienamente conforme alle sfide che l’attuale situazione economica e demografica pongono, in particolare per dare una svolta ai problemi di sostenibilità finanziaria che il Welfare State oggi si trova a dover affrontare e per programmare azioni capaci di far fronte alla nuova fase del capitalismo, dove la rapidità del cambiamento e la necessità di innovazione sono fattori sempre più rilevanti.

Come il Social Investment risulta adatto alle sfide socio-economiche attuali, allo stesso modo l’Economia di comunione sembra adattarsi pienamente ad un'altra grande e grave dinamica della contemporaneità: la polarizzazione della ricchezza e l’aumento delle disuguaglianze. L’Economia di comunione nasce proprio dall’esperienza della povertà e del contrasto tra ricchezze enormi ed altrettanto enorme miseria. Ancora oggi dopo 25 anni, anche se in termini certamente meno marcati dal momento che a livello globale la povertà assoluta sta diminuendo, come anche le disuguaglianze internazionali grazie all’ascesa di diversi paesi di nuova industrializzazione, il contesto si ripresenta conforme a quello in cui il modello è nato. I tassi sulla povertà assoluta e le diseguaglianze sono in calo a livello internazionale, ma in aumento entro le realtà nazionali di molti stati del mondo.161 Potremmo dire dunque che se l’economia presenta fasi alterne di crescita,

decrescita e stabilità, la povertà e le disuguaglianze hanno rappresentato una problematica

159 Corte dei conti europea

www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR17_5/SR_YOUTH_GUARANTEE_IT.pdf

160 Campomori, F., Slides corso Politiche di inclusione sociale, anno accadeico 2015-2016

161 Zamagni, S., Intervento di all’evento “Mondiale dei giovani per la pace”, organizzato da

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costante, sebbene tendenzialmente in diminuzione sul piano internazionale.162 Secondo

dati riportati dalla Onlus Oxfam l’1 % più ricco della popolazione mondiale detiene circa la metà della ricchezza mondiale. Ciò significa che metà della ricchezza mondiale è in mano all’1% più ricco della popolazione mondiale, la restante metà è distribuita in modo altrettanto diseguale tra il restante 99%. Il reddito degli 85 uomini più ricchi al mondo equivale al reddito di metà della popolazione mondiale.163 Le disuguaglianze determinate

da questa eccessiva polarizzazione e concentrazione delle ricchezze sono ad oggi una delle maggiori sfide per le politiche sociali ed è obiettivo sia dell’Economia di comunione che del Social Investment farvi fronte. L’Economia di comunione, attraverso un nuovo modo di pensare e di agire economico all’interno dell’azienda e del mercato, nonché attraverso progetti di sviluppo volti all’attivazione delle persone attraverso la partecipazione al mercato del lavoro e la costruzione di legami punta ad agire alle fondamenta di queste ingiustizie globali.

Il contributo dell’Economia di comunione vuole essere proprio questo: utilizzare una istituzione data, forte e condivisa globalmente (il mercato) al fine di veicolare attraverso politiche di mercato e politiche aziendali effettive, un nuovo modo di intendere l’economia, il suo operato, le sue finalità e il suo ruolo nei confronti delle persone e dei territori. Il fine ultimo, il bersaglio centrale dell’EdC è proprio quello di promuovere ed operare questo tipo di logica nella semplicità del quotidiano, di ciò che deve essere fatto, ma che può essere fatto in diversi modi e per diversi scopi. Cambiando la cultura economica a partire dall’azienda, l’EdC vuole portare principi di giustizia sociale, equità, inclusione sociale proprio in quelle strutture che generano disuguaglianze. In primis la redistribuzione della ricchezza operata dall’economia.

La differenza sostanziale tra il contesto degli anni ’30, in cui è sorto il Social Investment, e quello attuale che i due approcci devono considerare sta nel fatto che l’urbanizzazione e l’industrializzazione sono ormai processi consolidati e passati, oggi si parla piuttosto di società postindustriale, dove il settore dei servizi e le nuove tecnologie sono sempre più

162 ONU Italia

www.onuitalia.it/sdg/10-ridurre-le-disuguaglianze/

163 Oxfam Italia

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diffuse e determinanti per l’economia nazionale e globale. Si parla infatti di knowledge- based economy, ovvero di un’economia in cui l’investimento nella conoscenza ricopre un’importanza sempre maggiore. Di più, la nuova fase del capitalismo viene definita learning economy, ad indicare che una serie di fattori quali la globalizzazione, la finanziarizzazione dell’economia e l’esponenziale crescita dell’utilizzo dell’informazione e delle tecnologie comunicative stanno rendendo molto più rapidi i cambiamenti, necessitando sempre più e sempre più velocemente di innovazione e di aggiornamento delle conoscenze.164